Provincia di Torino

Valprato Soana (TO) : Torre di Campiglia

Valprato CAMPIGLIA torre

Storia e descrizione del sito:
Il campanile della frazione Campiglia venne ricavato da piccola torre di difesa costruita su masso erratico alto m 4-5 con pareti a strapiombo. La torre era alta tre piani, di forma quadrata con i lati di circa m 4. La sua tessitura muraria è realizzata con pietre tagliate in modo regolare; i cantonali solidi e squadrati sono ben connessi; la malta presenta stilature precise. Una porta a triliti di buona fattura sul lato ovest era l’accesso alla torre. Sul lato sud vi è una finestrella con doppia strombatura.
Accanto alla torre sorgeva piccolo castello, di cui non rimane traccia.
Una chiesa esisteva nel 1329, ma venne ricostruita nel XVIII secolo.

Informazioni:
Comune di Valprato Soana, frazione Campiglia,  tel. 0124 812908

Links:
http://www.vallesoana.it

http://www.comune.valpratosoana.to.it/

Bibliografia:
CIMA M., Uomini e terre in Canavese tra età Romana e Medioevo, Ed. Nautilus, Torino, 2003

Data compilazione scheda:
16/09/2007 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Valperga Canavese (TO) : Insediamento di Belmonte

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Storia del sito:
La sommità dell’altura è un belvedere naturale che, fin dai tempi preistorici, fu sede di insediamenti umani. Sono stati ritrovati infatti, oltre ai resti di un villaggio longobardo fortificato, anche quelli di uno stanziamento più antico (età del bronzo finale – età del ferro) e testimonianze dell’epoca tardo-romana. Le presenze religiose risalgono al secolo XI e registrano il susseguirsi di vari ordini: i Francescani, giunti nel 1602 edificarono le cappelle della Via Crucis e del sacro Monte. Le edicole religiose sono inserite in una paesaggio boscoso di grande suggestione. Nelle cappelle si trovano statue in terracotta di buona fattura, anche se non tutte sono originali

Descrizione del sito:
L’INSEDIAMENTO LONGOBARDO: Il sito fu scavato negli anni tra il 1968 e 1975 mettendo in luce su un’area di più di due ettari racchiusa in una cinta muraria articolata in più fasi, un esteso abitato con edifici, per lo più a pianta rettangolare in pietra e legno, all’interno dei quali furono recuperate cospicue quantità di reperti metallici. La ripresa dei lavori dal 1986, ed un programma di consolidamento delle strutture già emerse, insieme allo studio dei materiali, consentì, sulla base anche del riesame delle vecchie relazioni di scavo, una puntualizzazione delle vicende insediative , che parrebbero scaglionarsi a partire dalla metà del V secolo sino a tutto il VII. La cortina muraria che difende l’abitato, individuata in più punti per una lunghezza complessiva di 300 metri, presenta al margine nord occidentale della sommità rocciosa tre momenti costruttivi; alla cerchia più antica che raggiunge un metro di larghezza, costruita con blocchetti di granito legati da malta povera, furono giustapposte nel tempo altre due murature parallele, la più recente delle quali è estesamente conservata. Essa interseca nel settore occidentale una serie di cellule edilizie che si addossavano alla cortina primitiva. Le prime case del castrum presentavano un perimetro rettangolare piuttosto allungato, con muri in blocchetti di granito analoghi a quelli della cinta. Le fasi più tarde si caratterizzano per una minore cura nell’apparecchio lapideo

Descrizione dei ritrovamenti:
Significativi i manufatti metallici rinvenuti (picconi, treppiedi, un morso, un’ascia, tenaglie, utensili da miniera e ben sei vomeri di aratro “a ferro di lancia”. L’altura è stata stabilmente occupata in età longobarda, come provano due umboni di scudo, uno dei quali da parata, un bacile in bronzo, una fibula a forma di croce sormontata da una colomba. I materiali non consentono di ipotizzare una frequentazione oltre il VII secolo.

Luogo di custodia dei materiali:
Gli utensili in ferro sono custoditi al Museo Archeologico di Torino

Informazioni:
L’altura di Belmonte, che raggiunge i 727 metri di altezza, è posta all’imbocco della valle Orco, sulle prime colline dominanti la piana del Canavese ed è costituita da un singolare affioramento granitico. Il sito non è visibile. Tel. 0124/510605-510599-514114 ; email parchi.canavese@reteunitaria.piemonte.it

Link:
http://www.parks.it/riserva.sacro.monte.belmonte/contatti.php

Bibliografia:
MERCANDO L., MICHELETTO E. (a cura di), 1998, Archeologia in Piemonte – Il medioevo, Torino

Data compilazione scheda:
15 luglio 2004 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

Vaie (TO) : Museo laboratorio di archeologia sperimentale sulla Preistoria

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Storia del sito:
Il sito archeologico RIPARO RUMIANO, dal nome del suo scopritore alla fine del 1800, si trova su un asse di transito verso la Francia fin dal Neolitico finale. Reperti sporadici, rinvenuti presso la cava di gneiss dei Fratelli Pent, indussero il Taramelli, allora ispettore, ad effettuare due campagne di scavo, nel 1900 e 1901, in alcuni ripari che si aprivano nel fronte della cava. Le indagini riportarono in luce frammenti ceramici e manufatti in pietra verde di notevole qualità riferibili al periodo Eneolitico.

Il MUSEO LABORATORIO, situato in un edificio risalente al XVII secolo, già sede Municipale, fu concepito nell’anno 2000 per volontà dell’Amministrazione Comunale con precisi obiettivi: far conoscere e rendere accessibile al pubblico il sito archeologico e attivare un Laboratorio di Archeologia Sperimentale sulla Civiltà Neolitica, con una forte vocazione divulgativa per promuovere e ampliare una struttura didattica rivolta ad un pubblico sia adulto, sia in età scolare.

Descrizione del materiale esposto:
L’esposizione presenta la fedele riproduzione di alcuni reperti e di oggetti di uso quotidiano tra tardo neolitico ed età del bronzo, costruiti rispettando le tecniche ed i materiali in uso in quell’epoca: pietra, osso, argilla, scorza di betulla. Tavole a colori illustrano le attività del villaggio.
L’impianto divulgativo, oltre all’apporto di altre discipline, essendo sostanzialmente impostato sullo studio ed analisi delle tecnologie antiche, necessita dell’Archeologia Sperimentale. Per la gestione e lo sviluppo, il Museo si avvale della collaborazione ed assistenza del Centro di Archeologia Sperimentale Torino. Particolare riguardo è destinato all’utenza scolastica e alla possibilità di effettuare attività di laboratorio su: – L’argilla: partendo dalla materia prima si riproducono vasi neolitici secondo le tecniche studiate dall’archeologia sperimentale
– La tessitura: attraverso l’utilizzo di piccoli telai si comprendono le tecniche di tessitura del periodo preistorico e si realizzano campioni di tessuto in fibra naturale.
– Il lavoro dell’archeologo: attraverso simulazioni di scavo in laboratorio si comprendono i principi dell’archeologia stratigrafica applicati al periodo storico.
– È stato attrezzato, dotandolo anche di cartelli esplicativi, un percorso didattico che parte dall’area della Pradera, sull’antica strada di Francia, raggiunge il sito neolitico del Riparo Rumiano, prosegue attraverso sentieri nei boschi che permettono attività di riconoscimento di specie arboree, arriva all’area palustre e si conclude al Museo. I reperti, asce in pietra verde (materiale locale facilmente lavorabile e resistente all’uso) e frammenti di vasi in ceramica, sono presso il Museo Archeologico di Torino.

Informazioni:
Municipio Vecchio. Via S Pancrazio, 4  ; email: info@museopreistoriavaie.it
Comune tel. 011 9649020; cell. 339 8274420 –
Visite guidate e laboratori didattici a cura di Mediares www.didatticatorino.it

Link:
http://museopreistoriavaie.it/

http://www.comune.vaie.to.it/

Fonti:
Fotografie tratte nel 2006 dal sito del Comune

Data compilazione scheda:
14/05/2006 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Usseglio (TO) : Museo Civico Alpino Arnaldo Tazzetti

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Storia del Museo:
Il museo, sorto in via sperimentale nel 2002, oltre al lavoro di ricerca, valorizzazione e catalogazione, provvede alla manutenzione, alla sicurezza e all’integrità dei beni culturali e ambientali presenti sul territorio.
Il museo è sito in un antico complesso monumentale, che comprende vari edifici: l’antica parrocchia cimiteriale dell’Assunta, ricostruita nel 1635 e ampliata nel XVIII-XIX secolo; il campanile di origine romanica, che risale al secolo XI o XII e ha mantenuto solamente i due piani inferiori della costruzione originaria; il portico detto «Ala», del 1768, la cappella-oratorio della confraternita, già esistente nel 1547.
Museo consta di sei sezioni: archeologia rupestre; archeologia mineraria e storia delle risorse economiche; scienze naturali e ambientali; storico-artistica; vita, cultura, lavoro e tradizioni locali; didattica.

Descrizione delle collezioni:
Le collezioni del Museo comprendono attualmente una raccolta faunistica, una botanica, una di riproduzioni di funghi, una mineralogica e materiali e pannelli didattici su alcune delle attività tradizionali e sulla storia del territorio.
La sezione dedicata all’archeologia rupestre comprende alcune espressioni grafiche rupestri, su pietra o su legno, recuperate nel territorio comunale. Il Museo ospita inoltre due mostre documentarie permanenti sulla ”Archeologia mineraria a Usseglio» e sull’ «ARCHEOLOGIA RUPESTRE A USSEGLIO E NELLE VALLI DI LANZO».

Descrizione dei ritrovamenti:
Già pertinenza dell’omonima cappella di Malciaussìa almeno dal 1843, il BASSORILIEVO IN PIETRA ollare del sec. XV rappresentante s. Bernardo di Mentone (o d’Aosta) che tiene avvinto il diavolo, rappresentato come una piccola figura con i piedi palmati.

Incisioni preistoriche si trovano nel “Vallone delle lance”.

LOSONE GRAFFITO (in frazione Panetto): posto in una zona di probabile antichissimo insediamento, è un grande lastrone di pietra che sulla superficie presenta segni antropomorfi e cruciformi, coppelle, affilatoi e simboli rituali.

Collegamenti con altri Musei:
Nel Museo delle Genti delle Valli di Lanzo a Ceres si trovano calchi delle incisioni rupestri della zona, vedi scheda.

Informazioni:
Nel Complesso Monumentale; tel. 0123 83818 oppure 338 61.84.408 ; e-mail: museocivicoalpinousseglio@antropologiaalpina.it

Link:
https://www.beniculturali.it
http://www.vallediviu.it/museocivicotazzetti/

Bibliografia:
Sulle incisioni rupestri della zona: Usoei, Uxellos, Usseglio, a cura della Pro Loco Usseglio, Neos Edizioni 2003
DRAPPERO N. 1973. Usseglio, III: Incisioni rupestri. Cirié: Capella.
DRAPPERO N. 1974. La roccia dei giochi presso Andriera (m 1568) di Usseglio. Bulletin d’Études Préhistoriques Alpines VI: 179-184. Aosta: Société de Recherches et d’Études Préhistoriques Alpines
DRAPPERO N. 1977. Usseglio, IV: Altri segni sulle rocce. Torino: Scaravaglio
FEDELE F. 1977. Presentazione. N. Drappero, Usseglio, IV: Altri segni sulle rocce: 7-11. Torino: Scaravaglio

Fonti:
Fotografie e notizie tratte dal sito sopra indicato.

Data compilazione scheda:
16/07/2007 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Usseglio (TO) : Are Romane

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Storia e descrizione del sito:
Il toponimo, presente nella forma Uxeillo in documenti del 1224, Uxello nel 1269, nonché Uxellis nel 1288, viene fatto risalire al celtico uxeilos, col significato di “alto”, “sublime”, L’origine di Usseglio è antica. A testimoniare il fatto che già in epoca imperiale romana esistevano insediamenti nella zona, di nome Ocelum, sono state ritrovate, oltre a numerose monete, due ARE VOTIVE.
La PRIMA ARA, che fu rinvenuta sopra Bellacomba, ai piedi del colle di Arnas, reca scritto : “HERCULI M. VIBIUS MARCELLUS”. La famiglia dei Vibi era illustre, la scritta probabilmente è il ringraziamento per un felice transito alpino. L’ara è databile al II secolo a.C.
La SECONDA ARA fu rinvenuta nel 1850 nei pressi della cappella di San Desiderio e reca inciso “..OVI OP(TIMO) M(AXIMO) CLODIUS CASTUS VECATI F(ILIUS) VETERANUS V(OTUM) S(OLVIT) L(AETUS) L(IBENS) M(ERITO) MIL(ITAVIT) AN(NOS) XXVI” che significa: A Giove Ottimo Massimo da parte di Claudio Casto figlio di Vecato e veterano, che scioglie il voto contento e soddisfatto, avendo servito nell’esercito per 26 anni. L’ara è databile tra la fine del I sec a.C. e l’inizio del I sec. d.C. Oggi è collocata sulla facciata della Cappella di San Vito.

CAPPELLA DI SAN DESIDERIO: situata su un’altura presso la frazione Piazzette, è la più antica della valle di Viù e forse la primitiva parrocchia di Usseglio. La sua presenza è testimoniata da un documento del 1168, quando fu ceduta dal vescovo di Torino Milone di Cardano, che teneva signoria sulle Valli, a Simeone, abate di s. Giacomo di Stura. Rimaneggiata nei secoli, è in corso di restauro.

Informazioni:
Un’ara dedicata a Ercole è murata sulla facciata dell’antica parrocchiale dell’Assunta, la seconda, dedicata a Giove, è oggi collocata davanti alla cappella di San Vito in borgata Piazzette.

Link:
http://www.antropologiaalpina.it/MCA/ARCHEOLOGIA%20RUPESTRE/poster15.htm

Bibliografia:
Usoei, Uxellos, Usseglio, a cura della Pro Loco Usseglio, Neos Edizioni, Usseglio TO, 2003

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra citato.

Data compilazione scheda:
04/10/2007 -aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Trofarello (TO) : Chiesa di San Pietro di Celle

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Storia del sito:
L’esistenza di un edificio plebano è attestata per la prima volta nel documento con cui Federico I nel 1159 conferma al vescovo Carlo “curtem de Cellas cum castello, districto et plebe”. In questo periodo il vescovo di Torino esercitava la sua giurisdizione sulla corte, il castello e la pieve di San Pietro e probabilmente tali diritti erano già contenuti in un diploma ottoniano del 981, che concedeva alla chiesa torinese tra le altre corti anche quella di Celle. Il titolo dell’edificio plebano viene riportato solo più tardi in un documento dell’inizio del XIII secolo (1218), in cui viene citato un “dominus Saxel, plebanus ecclesie Sancti Petri de Cellis”. Non sembra, a differenza di quanto sostenuto da alcuni autori, che la pieve di San Pietro abbia subito interferenze monastiche. Essa rimase sempre soggetta alla giurisdizione del vescovo di Torino, il quale si limitò a concederla in avvocazia (protezione esercitata dal signore feudale nei confronti dei beni della pieve) ai signori di Trofarello. La facoltà più importante del patrono di una chiesa era quella di presentare all’autorità diocesana il chierico prescelto per ricoprire l’ufficio vacante. San Pietro di Celle era l’antica chiesa parrocchiale del borgo di Celle. Le lotte fra i Comuni di Chieri e Testona provocarono il progressivo abbandono di molti piccoli centri abitati indifesi sulla collina torinese, mentre i conti Vagnone aumentarono il loro potere politico e il loro territorio: così tra il XIII e il XIV secolo attorno al loro castello in Trofarello crebbero le case ed anche la chiesa che con il tempo sostituì la pieve di San Pietro di Celle. San Pietro mantenne il titolo plebano fino alla metà del XIV secolo, quando infatti venne sostituita dalla chiesa dei SS. Quirico e Giulitta di Trofarello. Nel cattedratico (elenco delle chiese che pagavano un tributo al vescovo) del 1386 S. Pietro è ridotta al rango di “ecclesia”, descritta come “antica sede di pieve” ed enumerata fra le chiese dipendenti da S. Maria di Chieri

Descrizione del sito:
L’edificio di San Pietro Celle sorge su un poggio a nord ovest della chiesa di Santa Maria di Celle. Della costruzione originaria restano solo, molto alterate, l’abside e l’absidiola sinistra, mentre la terza abside a sud venne asportata e ricostruita grazie all’interessamento di Alfredo d’Andrade,  ora è esposta a Palazzo Madama. La muratura originale è composta da filari di grossi conci di arenaria, alternati a file di mattoni disposte a spina di pesce. Annesso alla chiesa si trova ora un robusto corpo di fabbrica rettangolare, decorato con formelle gotiche in cotto. In base ai caratteri stilistici e soprattutto per la presenza del loggiato cieco dell’abside maggiore, che precede stilisticamente gli archetti pensili in cotto o in arenaria caratteristici del romanico lombardo, la chiesa, o meglio ciò che ne rimane, è stata datata all’inizio del XII secolo. Nell’alto dell’abside centrale si aprono per ogni campo tre fornici ciechi con piedritti formati da colonnette tozze di arenaria e cotto sormontate da capitelli scolpiti, che purtroppo l’inclemenza del tempo e degli uomini ha ormai irrimediabilmente sfigurato. Nel muro sottostante si aprono strette finestrelle arcate con forte strombatura. Nell’abside laterale di sinistra archetti ciechi sostituiscono i fornici di quella centrale. Del muro di facciata rimane solo un tratto ove è visibile una delle due mezze colonne, che la dividevano in tre parti.

Informazioni:
Sulla collina tra Moriondo (frazione di Moncalieri), Trofarello e Revigliasco – da Moriondo (frazione di Moncalieri) si dovrà percorrere Via San Pietro verso Revigliasco per circa 1,5 chilometri, seguendo la strada asfaltata e ignorando le deviazioni sterrate laterali fino a raggiungere cascina S. Pietro.

Trofarello-SPietro-Celle

Link:
http://www.archeogat.it/archivio/zindex/Mostra%20Collina/collina%20torinese/pag_html/celleSP.htm

Bibliografia:
G. CASIRAGHI, La Diocesi di Torino nel Medioevo, BSS 196, Torino 1979
A. A. SETTIA, Insediamenti abbandonati sulla collina torinese, in “Archeologia Medievale”, II (1975)
G. CASSANO, A proposito di San Pietro di Celle, in “Boll. SPABA” XVI (1930)

Fonti:
Fotografie archivio GAT.

Data compilazione scheda:
10 ottobre 2000 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

Abside San Pietro di Celle

Trofarello (TO) : Chiesa di S. Maria di Celle

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Storia del sito:
Il 5 dicembre 1318 Guglielmo di Revigliasco è nominato “rector ecclesie Sancte Marie de Cellis” dal prevosto del Capitolo della cattedrale di Torino, che aveva su di essa il diritto di collocazione (o collazione – diritto di nomina). Si tratta della più antica attestazione documentaria della chiesa di S. Maria. Non è certa l’epoca della prima costruzione dell’edificio. Dallo stile architettonico del campanile, che però presenta evidenti tracce di rifacimenti, può essere databile alla seconda metà del XII secolo o più verosimilmente al XIII secolo. Da recenti studi sarebbero stati i Vagnone, signori di Trofarello, a promuoverne la ricostruzione nel XIII secolo, dal momento che questa famiglia signorile parrebbe molto legata alla chiesa di Santa Maria. Rimane qualche perplessità a questo proposito poiché il documento citato evidenzia che se vi furono interferenze laiche, queste sono da attribuire ai signori di Revigliasco e non a quelli di Trofarello. Non si puó infatti pensare che i Vagnone di Trofarello avessero fatto erigere la chiesa, se già nella seconda metà del secolo XII i signori di Revigliasco ottennero dai marchesi di Romagnano la giurisdizione sul castello di Celle e se nel 1318 rettore della Chiesa di S. Maria, significativamente definita “prope Ruviglascum”, era Guglielmo “ex dominis de Ruvigliasco”.

Descrizione del sito:
La chiesa, ad una navata, ricoperta da una volta a botte a sesto molto ribassato, ha perso ogni interesse architettonico. Il campanile invece, nonostante evidentissime tracce di rifacimenti e restauri costituisce la parte di maggior interesse dal punto di vista artistico della chiesa. È a tre ordini, di cui i primi due separati fra loro da una fila di archetti di cotto a tutto sesto e da una fascia a denti di sega, mentre verticalmente sono separati da una lesena. L’ordine superiore presenta due aperture a sesto acuto, separate da un pilastrino. Fra il secondo ed il terzo ordine è chiaramente visibile una differenza di spessore nelle murature denunciata da una risega esterna la cui esecuzione deve ritenersi contemporanea al restauro della torre. Santa Maria appare di epoca successiva a San Pietro di Celle, sia dal punto di vista stilistico, sia dal punto di vista dei materiali impiegati per la costruzione, sia per la tecnica muraria (mattoni a spina di pesce alternati a conci di arenaria per la chiesa di San Pietro; filari regolari di mattoni di fattura accurata per quella di Santa Maria). Ad una attenta osservazione il campanile presenta un particolare interessante: una lettera “T”, incisa sul montante di un archetto del lato nord. Il “Tau” era il segno distintivo dei “Canonici regolari (Frati Ospedalieri) di S. Antonio eremita” detti anche semplicemente “Antoniani”. Questa congregazione, fondata in Francia intorno al 1090, si dedicava alla cura dei malati, in particolar modo delle persone colpite da ergotismo, un’affezione cutanea dovuta all’ingestione di sostanze alimentari inquinate da segala cornuta. Gli ospitalieri di Sant’Antonio crearono numerosi luoghi di cura in Piemonte, di cui certamente il più famoso è Sant’Antonio di Ranverso sulla strada di Francia. Alcune chiese dell’alta Val Susa portano scolpito sui capitelli un “tau”, come Santa Maria, e ciò permette di supporre che vi fossero annessi piccoli ospedali antoniani. Numerosi quadretti votivi erano stati appesi nel corso degli anni alle mura della Chiesa, ma di questi ex voto non ne rimane che una piccola parte.

Informazioni:
Da Trofarello dirigersi verso la chiesa parrocchiale SS. Quirico e Giulitta imboccando Viale della Resistenza; seguire quindi le indicazioni: Santuario S. Maria di Celle. Parrocchia tel. 011 6497162


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 Links:
http://www.archeogat.it/archivio/zindex/Mostra%20Collina/collina%20torinese/pag_html/celleSM.htm

Bibliografia:
FISSORE, I protocolli di Tedisio, docc. 209 e 210, pp.263-266, 5 dicembre 1318
G. CASIRAGHI, La Diocesi di Torino nel Medioevo, BSS 196, Torino 1979
A. CAVALLARI MURAT, Antologia monumentale di Chieri, Torino 1969, p. 20
A. A. SETTIA, Insediamenti abbandonati sulla collina torinese, in “Archeologia Medievale”, II (1975)
G. CASSANO, A proposito di San Pietro di Celle, in “Boll. SPABA” XVI (1930)

Fonti:
Foto archivio GAT.

Data compilazione scheda:
7 ottobre 2000 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

Traversella (TO) : “Sentiero delle Anime”

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Storia del sito:
Il “Sentiero Delle Anime”, Santér dij Anime, è così denominato per le leggende sul transito delle anime dei defunti. Nel 1971 erano state descritte 7 rocce incise, salite a 12 nella documentazione del GRCM, nella quale sono state contate 136 figure (coppelle, croci, figure antropomorfe ecc.).

Descrizione del sito:
Tra le più interessanti rocce:
A) ROCH ED TONI, quota 1093. La superficie, inclinata in senso contrario al versante, denota spaccature e stacchi da gelo. E’ situata in un punto particolarmente panoramico verso il torrente di fondovalle, poco a valle del sentiero. La parte incisa è larga 2.30 m, mentre l’intera superficie è larga 13 metri e presenta 2 croci; 1 antropomorfo schematico a braccia abbassate; 1 antropomorfo femminile schematico con gambe divaricate; la scritta, ovviamente recente, “toni”. Tutte le incisioni sembrano ripassate e hanno scarsa profondità. Al margine destro é stata rilevata (non inserita nel pannello illustrativo) una figura femminile con coppellina tra le gambe e piedi divaricati.
B) TRAUNT, quota 1141. Sperone roccioso fortemente aggettante e panoramico. Il gruppo è situato pochi m a valle del sentiero in corrispondenza di un costone, dove si apre un limitato spazio piano (terrazzo naturale). Sono presenti 16 croci; 2 lettere o cerchi (nel settore indicato con B); 1 antropomorfo asessuato; 6 piccole coppelle. La superficie è divisa in 4 settori, con predominanza di croci di varia forma (greche, latine, pomate e ricrociate). Incisioni relativamente poco profonde, che lasciano in alcuni casi intravedere colpi da strumento metallico. Sezioni arrotondate, larghe soprattutto nel settore C. Il settore D è sostanzialmente diverso, con croci più piccole ed estremità arrotondate.
C) MONT ED RIVELLE, quota 1180. Il masso si presenta come un grosso parallelepipedo la cui superficie superiore assume la forma di un trapezio suddiviso in quattro sezioni da profonde fenditure. Si possono individuare 15 croci a braccia quasi uguali; 1 segno confinario; 1 quadrato reticolato; 1 griglia; 1 antropomorfo femminile. Il settore destro ospita quasi unicamente grandi croci. Il settore sinistro, più riccamente inciso, oltre a numerose croci presenta due interessanti quadrati reticolati, unici in zona. Il primo racchiude un simbolo balestriforme evidenziato da quattro tratti a d angolo ben pronunciati, il secondo una griglia che forma sedici caselle su quattro file regolari. Una probabile figura antropomorfa a braccia aperte e gambe a triangolo e coppellina tra le gambe è giustapposta al reticolo grigliato. L’antropomorfo (dimensioni 21×12 cm) è marginalmente sottoposto alla griglia superiore.
D) BECH DEL FES-CÈI, quota 1420. Sito particolarmente suggestivo, sia per la panoramicità che per la posizione aggettante. La superficie incisa si divide in tre blocchi poligonali (A 140×70 cm, B 160×100, C 190×120) tutti orientati in contropendenza. Chi li fronteggia guarda a sud ovest. Roccia spaccata a lastre dall’azione del gelo. Di fronte alla roccia un piccolo terrazzo naturale. Sia la roccia che la posizione sembrano particolarmente adatti a confermare l’ipotesi cultuale delle rocce coppellate. Sulla roccia si possono identificare 6 coppelline allineate ad angolo retto (sett. A), 3 coppelle svasate, 1 reticolo di canaletti (sett. B), 1 croce latina. Al centro si nota una profondoa coppella (diam. 7.5 cm prof. 6) nella quale convergono e dalla quale si dipartono 5 canaletti. L’intero reticolo ha uno sviluppo massimo di 60×40 cm. Le pareti quasi verticali della coppella fanno pensare a un’esecuzione tramite strumento metallico.
E) PIANI DI CAPPIA, quota 1340. Il masso ha forma di un triangolo isoscele. Punta sbozzata. Potrebbe essere stato precedentemente eretto come stele. Sulla base si notano tracce di sbozzatura. L’unica figura è costituita da un antropomorfo, orientato verso il costone a est del Colle Loetto, giace al limitare del pianoro erboso; è schematico a braccia aperte, gambe divaricate-arcuate, piedi all’infuori. Sesso staccato dal corpo costituito da una coppellina allungata. La sezione è non troppo svasata, il solco è largo 18 mm. Altezza cm 35, apertura gambe cm 24, apertura braccia cm 21. Sul fondo della testa sembra di poter riconoscere colpi di picchiettatura a 2-3 mm di diametro, in alcuni casi con segni di rotazione e probabile utilizzo di punteruolo metallico.

Informazioni:
Il “Sentiero” è un itinerario attrezzato sul cui percorso si incontra una dozzina di rocce con incisioni; parte da Traversella e raggiunge in circa 2 ore e 30, senza tener conto delle soste per studiare le incisioni, l’abitato di Piani di Cappia, superando un dislivello di quasi 600 m. La Comunità Montana Valchiusella ha collocato lungo il percorso dei pannelli illustrativi numerati, che riportano il rilievo schematico delle incisioni, la distanza che separa dalle incisioni successive, la posizione dei petroglifi dal pannello, l’altitudine e il nome popolare delle varie rocce.

traversella valchiusella1cartinadettaglio

Links:
http://www.rupestre.net/archiv/2/ar12.htm- roccia A

http://www.rupestre.net/archiv/2/ar13.htm-roccia B

http://www.rupestre.net/archiv/2/ar14.ht-roccia C

http://www.rupestre.net/archiv/2/ar15.htm-roccia D

http://www.rupestre.net/archiv/2/ar16.htm-roccia E

http://www.inalto.org/relazioni/escursionismo/sentiero_delle_anime ( per un dettaglio dell’intinerario)

Bibliografia:
BBOVIS; PETITTI, Valchiusella archeologica, Soc. Accad. di storia e Arte Canavesana, Ivrea TO, 1971
CAMETTI G. M., Il sentiero delle Anime, in Sui Sentieri dell’Arte Rupestre, CDA, Torino, 1995
FERRERO I., Passeggiate archeologiche in Canadese ed in Valle d’Aosta. Cossavella Editore ,1994
RICCHIARDI P. (a cura di ) su note di B.Bovis e R. Petitti, Incisioni rupestri nella Valchiusella, da Arte Rupestre nelle Alpi Occidentali, Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi, C.A.I. Torino 1987

Fonti:
Notizie e fotografie sono state tratte dal sito ww.rupestre.net, sopra indicato.
Cartina da http://www.traversella.net/npasseggiate.html

Data compilazione scheda:
18/07/2007 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Traversella (TO) : “Pera dij Cros”

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Storia del sito:
La pera dij Cros, la “pietra delle croci” in accezione dialettale, fu studiata da Rossi – Micheletta nel 1980: l’intera superficie fu ripulita e furono svuotate dalla terra le fessure della roccia, all’interno di una delle quali fu rinvenuto un frammento di ceramica protostorica. Nel 1995 un capitolo curato da G. M. Cametti del volume “Sui Sentieri dell’Arte Rupestre” viene dedicato alla Pera dij Cros e al non lontano Sentiero delle Anime; infine nel 1996 il Gruppo Ricerche Cultura Montana (GRCM) ha effettuato un nuovo rilievo integrale della superficie incisa, siglata, come CHL-PCR1.
La presenza di figure antropomorfe sulla pera dij Cross, avvalora l’attribuzione preistorica, articolata nella possibile alternativa tra età del Rame e un arco cronologico Bronzo Recente-Prima età del Ferro; la presenza di croci è pienamente compatibile con una fase storica di cristianizzazione del masso medesimo. L’idea che ne risulta è quella di un complesso omogeneo ma non completamente unitario, probabilmente suddiviso in vari gruppi di poche unità, che possono forse corrispondere a fasi incisorie ripetute ma non troppo distanti.

Descrizione del sito:
È uno gneiss micascisto con vene di quarzo e roccia verde, delle dimensioni di 1230 x 1000 cm circa, di forma ovale, con evidenti larghe strie glaciali in senso nord-sud (direzione valle). Al di sotto del grande masso si apre un piccolo riparo. Le incisioni, concentrate lungo fascia mediana superiore ed orientate lungo l’asse maggiore che punta verso la cascata e le cime sovrastanti, sono state sottoposte a ripetute gessature e graffiti vandalici. I petroglifi sono ben visibili solo con luce radente.
Le incisioni sono: 2 antropomorfi schematici a braccia abbassate; 35 antropomorfi. schematici a braccia orizzontali e gambe a triangolo; 3 antropomorfi schematici a braccia levate; 3 coppelle isolate; 17 antropomorfi incompleti; 8 cruciformi a braccia uguali; 4 cruciformi a braccia diseguali; 42 segmenti o pseudo-coppelle inclassificabili; 29 colpi di incisione a strumento metallico.

Informazioni:
La pera dij Cross (o Crus), è un masso isolato che emerge dal versante orografico destro del Vallone di Dondogna in Valchiusella a 1620 m s.m. dall’abitato della frazione di Fondo, per un sentiero che, con 530 m di dislivello, arriva alla roccia.

Links:
http://www.rupestre.net/archiv/2/crosart.htm

http://www.rupestre.net/archiv/2/ar17.htm  (e pagine seguenti)

Bibliografia:
BOVIS B.; PETITTI R., Valchiusella Archeologica, Ivrea, 1971
ROSSI M., Incisioni rupestri in alta Valchiusella: metodologia della ricerca e storicizzazione dei reperti. In: Bulletin d’Etudes prehistoriques et archéologiques Alpines, vol. III-IV, Aosta, 1992-93
ARCÀ A.; FOSSATI A.; MARCHI E., Le figure antropomorfe preistoriche della Pera dij Cros in Valchiusella e dell’arco alpino occidentale: metodi di rilevamento e considerazioni stilistiche, in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Archeologia e Arte in Canavese, 1998

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra indicato.

Data compilazione scheda:
17/07/2007 – aggiorn. febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Torre Pellice (TO) : Museo storico Valdese

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Storia del Museo:
Il museo di Torre Pellice è il capofila dell’intero Sistema museale eco-storico delle Valli valdesi che comprende una decina di musei e alcuni luoghi simbolo della storia valdese. Nel 1889, in occasione delle celebrazioni del bicentenario del “Glorioso Rimpatrio” dei valdesi dall’esilio svizzero, fu inaugurato il Musée Vaudoise, destinato alla conservazione del patrimonio e della memoria culturale valdese, sistemato originariamente negli ampi locali al secondo piano della Casa Valdese che ospita l’aula sinodale e gli uffici della Tavola Valdese. Quattro anni più tardi la gestione del Museo fu affidata alla Société d’Histoire Vaudoise. Nel 1939 in occasione del 250° anniversario del Rimpatrio il Museo venne trasferito in uno stabile di proprietà della Tavola valdese. Seguono nel corso degli anni numerosi ampliamenti e ristrutturazioni, fino al 1989, quando, nel III centenario del “Rimpatrio” la Società di Studi Valdesi e la Tavola valdese diedero vita alla Fondazione Centro Culturale Valdese con lo scopo di conservare e gestire in modo unitario il patrimonio bibliotecario, archivistico e museale valdese.
Il Museo fu trasferito nell’attuale sede dell’ex convitto valdese costruito nel 1922 e che alla fine degli anni Settanta aveva cessato la sua attività.

Descrizione delle collezioni:
Il museo è suddiviso in una parte storica, che presenta la storia dei valdesi a partire dalle origini (1170 circa) ai giorni nostri, e una etnografica, in cui sono ricostruiti ambienti tipici della vita quotidiana della fine del 1800 nelle valli valdesi.
Il Museo conserva alcuni reperti archeologici ritrovati nella zona dalla fine dell’Ottocento: una lama in selce, tre asce neolitiche in pietra, un ciottolo-pendaglio, una collana, una piccola stele da Miandassa di Villar Perosa con una figura antropomorfa dalla testa semicircolare e il corpo romboidale, di probabile età neolitica.
Nel Museo è esposta la collezione, donata nel 1995 dal marchese Ippolito, di oltre 200 reperti archeologici provenienti dall’area mediterranea: ceramiche greche a figure rose e nere (VI-III sec a. C.); vasi dipinti di produzione romana e italica, bronzi e oreficerie, statuette e scarabei dell’antico Egitto e reperti del Vicino Oriente; un piccolo numero di reperti precolombiani e oggetti di epoca medievale.

Informazioni:
Tel. 0121 932179; e-mail: il.barba@fondazionevaldese.org

Links:
http://www.fondazionevaldese.org

Bibliografia:
MANDOLESI A, Paesaggi archeologici del Piemonte e della Valle d’Aosta, Antichità e arti Subalpine e Fondazione CRT, Torino, 2007

Fonti:
Notizie e fotografia tratte dal sito sopra indicato.

Data compilazione scheda:
27/06/2007 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A. Torinese