Provincia di Torino

Baldissero Canavese (TO): Cappella di Santa Maria di Vespiolla

Storia del sito:
La Cappella, o Pieve, di Vespiolla, dedicata a Santa Maria, è sita nel comune di Baldissero Canavese lungo l’asse stradale che collega Castellamonte con i piccoli borghi di Campo e Muriaglio. Essa giace solitaria in mezzo ai prati e ai campi e isolata rispetto al centro abitato. Il suo nome, di chiara etimologia latina, unito alla notizia di ritrovamenti, purtroppo scarsamente documentati, di epigrafi e manufatti di età romana, rivela una continuità d’uso millenaria e potrebbe ricondursi ad un toponimo prediale, così come altri, diffusi nelle campagne circostanti.
Annoverata tra le pievanie della diocesi di Ivrea, Vespiolla ricopriva quindi il ruolo di chiesa matrice per il territorio circostante, che si espandeva fino alla riva sinistra del fiume Orco comprendendo le parrocchie di Castellamonte, Cintano, Borgiallo, Salto e Priacco, oltre ovviamente a Baldissero, così come risulta dai registri della raccolta delle decime del 1368. Tuttavia, un plebanus dal nome Bon Giovanni è citato in un atto datato al 1122 firmato presso la cappella del castello di Baldissero, spingendo così la fondazione della pieve alla fine del IX secolo all’interno del processo più ampio e complesso che riguarda la formazione della diocesi di Ivrea nel territorio eporediese.
Nel corso dei secoli l’antica cappella finì per perdere entrambi i ruoli di chiesa matrice per i fedeli dei paesi limitrofi e di chiesa parrocchiale per gli stessi baldisseresi. Infatti a partire dal 1396, il pievano prese a dire messa in una cappella più vicina al centro abitato che abbandonò a sua volta, nel corso del XV sec., quando fu eretta la nuova chiesa parrocchiale. Tuttavia la cappella non fu abbandonata del tutto, e rimase sede di culto ed era prescelta per la festività più importanti, specie quelle dedicate alla Vergine e alla Madonna delle Grazie. Ancora oggi, si celebra messa in occasione della celebrazione dell’Ascensione.
Dell’antica costruzione romanica rimangono oggi solo l’abside rettangolare, segno delle sue origini altomedievali, e l’arco santo. Le restanti parti della chiesa sono state rimaneggiate verso la metà del XVIII secolo.
Gli affreschi del XV secolo furono scoperti negli anni ’70 del secolo scorso, ma solo nel 2000 vennero iniziati i lavori di restauro, conclusi nel 2004.

Descrizione del sito:
La cappella è sita all’interno di una piccola corte. Un portico sostenuto da tre colonne di recente edificazione precede l’ingresso nella piccola navata che termina con un vistoso altare in graniglia, risalente agli anni ‘30 del secolo scorso. Esso, mediante un’edicola in marmorino che racchiude al suo interno la statua della Madonna, sostiene la volta dell’abside.
L’antica abside è decorata da un ciclo di affreschi dedicato ai dodici Apostoli. Nella volta, inoltre, sono dipinti i simboli dei quattro Evangelisti, con al centro, delimitato dalla tradizionale mandorla, il Cristo. Grazie ai restauri sono venuti alla luce antichi affreschi, che erano stati ricoperti da intonaco nel corso dei secoli. Così, sulla superficie dell’arco santo si possono ammirare al centro la scena dell’Annunciazione con la Madonna e l’Angelo, sul lato sinistro la rappresentazione della Madonna che allatta e sul lato destro la figura di un giovane soldato con libro, armi, stemma e con il capo avvolto da raggi luminosi. Lo storico dell’arte Claudio Bertolotto, della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Piemonte, identificò nel ritratto di questo giovane il beato Bernardo di Baden, nobiluomo tedesco morto di peste a Moncalieri nel 1458 in odore di santità, dopo essersi speso in delicate missioni diplomatiche presso le corti d’Europa per conto dell’Imperatore Federico III d’Asburgo.
Il rinvenimento e la conseguente identificazione del ritratto, favorita dalla presenza di raggi luminosi intorno al capo del beato e non dell’aureola, hanno permesso di fissare cronologicamente le pitture di Vespiolla al XV secolo, in parallelo con la diffusione del culto del giovane tedesco, che ebbe inizio con la sua morte. I raggi luminosi si adattano ad un personaggio la cui beatitudine non è ancora stata ufficialmente riconosciuta dalle autorità religiose. Infatti la canonizzazione ufficiale di Bernardo di Baden avvenne nel 1769.
Al contrario, risulta difficile stabilire l’identità dell’artefice degli affreschi che decorano l’arco santo e l’abside. Tuttavia, la critica è concorde nell’accostare le soluzioni pittoriche adottate a Baldissero alla bottega di Giacomino di Ivrea, pittore molto attivo tra il 1426 ed il 1469 nell’area canavesana, valdostana e della Savoia. Nella teoria dei dodici Apostoli, i volti e le pose appaiono abbastanza semplici e ripetitive, ad eccezione dei ritratti di san Pietro e di san Giacomo Maggiore. Il primo è animato da uno sguardo bonario con un sorriso dove spiccano due piccoli denti, il secondo si presenta con il viso irsuto e un’ammiccante posa della mano sinistra atta a sollevare il tipico cappello del pellegrino a mo’ di saluto. Pregevole e più elaborata è invece la fattura degli affreschi dell’arco santo. In questo caso, una mano più attenta ai dettagli, consapevole di soluzioni artistiche di derivazione fiamminga, sembra aver realizzato sia l’Annunciazione sia il ritratto del beato Bernardo di Baden.
Per approfondire: Vespiolla-articolo

Informazioni:
Strada provinciale di Campo.
Info: Comitato Antica Cappella di Vespiolla, tel. 3496060188, 3482689782. Tel. Comune 0124 512401; email: responsabileanagrafe.baldissero.canavese@ruparpiemonte.it

Links:
https://it-it.facebook.com/Vespiolla/
https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Pieve_di_Santa_Maria_di_Vespiolla
http://www.percorsiartestoriafede.it/it/vespiolla
https://www.comune.baldisserocanavese.to.it/

Bibliografia
Bertolotto C., Pievi in Valchiusella: Cappella di Santa Maria di Vespiolla, in FAI. Guida ai beni aperti in Piemonte, 2009, pp. 42-45
Cappa A., Sacri affreschi medievali in Canavese. Aspetti iconografici e iconologici, Tricase, 2015, pp. 11-31
Forneris G., Romanico in terre di Arduino, Ivrea 1995, pp. 65-66.
Mascheroni G., La pieve romanica di Vespiolla in Baldissero Canavese, in: Quaderni di Terramia, Castellamonte 2004, pp. 4-14.
Moretto A., Indagine aperta sugli affreschi del Canavese, Stabilimento tipo-litografico G. Richard, Saluzzo, 1973, p. 110-114.
Moretto A., La pieve di Santa Maria di Vespiola a Baldissero, ne: Il risveglio popolare, Ivrea, edizione del 22 febbraio 2008, p. 7
Moretto A., Arte medievale e subalpina, Ivrea 2013, pp. 81-82.
Naretto G., Parrocchia di Baldissero Canavese. Notizie Storiche, Ivrea 1912.
Ravera G. , Vignono I., Il “Liber decimarum” della diocesi di Ivrea (1368-1370), Roma 1970
Scalva G., Bertolotto C., Segreti affreschi ad Oglianico, Torino 2005.
Settia A., L’alto medioevo, in Storia della Chiesa di Ivrea dalle origini al XV secolo, a cura di G. Cracco, Roma 1998, pp. 99-109.
Venesia P., Il Medio Evo in Canavese. Parrocchie, parroci e parrocchiani, Ivrea 1989, pp. 261-264
Vignono I., Visite pastorali in diocesi di Ivrea negli anni 1329 e 1346, Roma 1980

Fonti:
Immagini di Placido Currò.

Data compilazione scheda:
5 maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Placido Currò – Comitato Antica Cappella di Vespiolla

 

 

 

 

 

 

 

Giaveno (TO): cappella di San Sebastiano


Storia del sito:
Si hanno poche notizie sulla storia della cappella. La sua posizione ai confini del borgo, addossata al muro perimetrale del cimitero, potrebbe far ipotizzare un suo utilizzo come riparo per i pellegrini diretti verso la via Francigena oppure come lazzaretto.
Solo nel 1689 si ha la prima testimonianza documentaria sulla cappella, il recente ritrovamento degli affreschi quattro-cinquecenteschi posti nell’area presbiteriale rende San Sebastiano l’edificio religioso esistente più antico di Giaveno e permette di datare la costruzione della cappella tra il XV e il XVI secolo.
L’occasione della scoperta del ciclo si deve alla volontà della comunità locale di far restaurare la pala d’altare settecentesca. Rimossa la tela è fortunosamente emersa la Madonna col Bambino, risparmiata alle imbiancature seicentesche. Successivi interventi di restauro nel 2007 hanno recuperato gli affreschi sulla parete di fondo. Nel 2010 è stata eseguita una manutenzione ordinaria delle pareti esterne.

Descrizione del sito:
La cappella, a pianta rettangolare ad aula unica, è suddivisa in tre campate voltate a vela; sul lato destro della seconda campata vi è la sacrestia. L’edificio presenta struttura in muratura portante mista, in pietrame e mattoni; il tetto è a falde con copertura in tegole portoghesi. La facciata è riquadrata da lesene e cornice, conclusa con timpano triangolare; al centro si apre la porta d’ingresso, affiancata da due finestre rettangolari, e sormontata da rosone ovale.
Il campanile si eleva sul lato destro dell’edificio, in corrispondenza dell’angolo creato tra la sacrestia e la terza campata e ha base a pianta quadrata; è suddiviso in cinque registri da cornici in mattoni: il basamento è intonacato, il secondo e terzo registro presentano muratura mista di pietra e mattoni a vista, il quarto e la cella campanaria hanno struttura in mattoni, anch’essa a vista. Il quarto registro presenta, su tutti i lati, sfondati ad intonaco grezzo, le sedi dei vecchi quadranti dell’orologio, non più presente. La cella campanaria è aperta su tutti i lati con monofore ad arco. Il campanile si conclude con copertura a quattro falde in coppi.
All’interno, sul lato sinistro della seconda campata è collocata l’ex pala d’altare, raffigurante la Madonna col Bambino, san Sebastiano, san Grato, san Filippo Neri e san Biagio.
Le volte della prima e seconda campata sono dipinte a tinta unita, nella tonalità rosata, con riquadrature di tonalità grigia; la volta della terza campata è decorata a finto cielo, con raffigurati i quattro Evangelisti negli angoli.
La parete di fondo, che presumibilmente apparteneva al più antico edificio, presenta gli affreschi quattro-cinquecenteschi recuperati: al centro, sotto il rosone, è raffigurata una Madonna col Bambino; la restante parete è affrescata, in alto, con scene del Martirio di Marco e Marcellino e la decollazione di Tiburzio; san Sebastiano tradotto davanti all’imperatore Diocleziano; in basso, san Sebastiano ucciso a colpi di bastone e, a destra della Madonna, san Sebastiano appare alla nobile romana Lucina.
Per approfondire vedi  RESTALDI_Le-campagne-decorative-della-chiesa-riscoperte-dai-restauri.pdf

Informazioni:
via San Sebastiano angolo via Ruata Fasella.
La storica e corretta intitolazione è “San Sebastiano”. 
Visitabile installando l’app: https://play.google.com/store/apps/details?id=it.cittaecattedrali.chieseaporteaperte&hl=it

Links:
http://www.bonvivre.ch/2018/02/cultura/cappella-di-san-sebastiano-a-giaveno.html

http://www.doneuxesoci.it/

Fonti:
Informazioni e fotografie dai siti sopra citati.

Data compilazione scheda:
11 giugno 2019

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

 

Mombello di Torino (TO): chiesa di San Lorenzo

Storia e descrizione del sito:
La chiesa di San Lorenzo rappresenta l’unica testimonianza materiale dell’antico insediamento di Ognanum, ancora esistente nel secolo XII ma probabilmente quasi del tutto scomparso nel ‘400.
La parte certamente originale della prima edificazione è l’abside, la cui muratura è composta da blocchi di arenaria e da mattoni, ascrivibile per confronto al secolo XII.
Il basamento dell’abside è stato oggetto di rifacimento e rinforzo, così come anche sarebbero da riferire ad un successivo intervento le ultime due campate, verso la facciata settentrionale, dove si ritrova una tessitura assai particolare, che non trova corrispondenze stilistiche con altre chiese romaniche del territorio.
All’interno, in corrispondenza dell’abside, vi è un lacerto di muratura con un accenno di curvatura, forse superstite della struttura originaria. Sulla superficie si è conservato un affresco, datato 1661, che rappresenta la Vergine e sant’Antonio Abate: è stato recentemente scoperto che proprio nel corso del Seicento il luogo era abitato da alcuni eremiti, probabilmente devoti al Santo.
La struttura interna è stata pesantemente modificata e potrebbe ricondursi al XVIII secolo. I rifacimenti hanno riguardato la creazione di una volta a botte e di un semicatino sull’abside, oltre alla formazione di alcune paraste segnate in sommità da una cornice.
Proprio lo sviluppo della volta absidale ed il venire a mancare la necessità funzionale dei contrafforti laterali tra il presbiterio e l’aula, potrebbero aver dato origine all’anomala conformazione della copertura, tamponata tra il tetto e la muratura romanica dell’abside, che ricorda la prua di una nave.
Dei contrafforti laterali ne rimane una parte sul lato nord, mentre risulta assente sul lato meridionale, dove è ritrovabile un intervento di raccordo e rabbercio tra la facciata e l’abside.
Nel corso degli anni Ottanta è stata consolidata la volta ed è stato ripassato il tetto, ripristinando come manto di copertura i coppi. Un consistente intervento di riqualificazione, che ha sostanzialmente rinnovato la chiesa, è stato infine operato negli anni 2014/2015, con la sistemazione della copertura, il restauro delle facciate esterne, il ripristino degli intonaci e delle tinteggiature interne, la revisione dei serramenti e la pulizia del pavimento in cotto.

Informazioni:
La cappella romanica sorge nei pressi del confine tra Mombello di Torino e Barbaso, frazione di Moncucco T.se. Info Comune tel. 0119925117 ; email: segreteria@comune.mombelloditorino.to; Parrocchia tel. 011 9925113

Links:
http://www.studiomaccagno.it/

Fonti:
Testo e foto in alto e in basso, affresco, tratti dal sito dello Studio Maccagno che ha eseguito gli ultimi restauri.
Ultima fotografia in basso di M. Actis Grosso 2018 dal sito
www.chieseromaniche.it.

Data compilazione scheda:
6 maggio 2019 – aggiorn. maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

 

 

 

 

 

 

Vigone (TO): chiesa di Santa Caterina

Storia e descrizione del sito:
La chiesa, talora definita oratorio, fu fatta costruire intorno agli anni 1460 in stile gotico lombardo da G. Fasoli utilizzando anche materiali provenienti dalla chiesa di Santa Maria de Hortis, di cui era pievano, ormai diroccata a causa del trasferimento degli abitanti dal primitivo borgo di Santa Maria a quello attuale di Santa Caterina.
Circa 50 anni dopo la costruzione la chiesa era ormai cadente: grazie all’abate Scaglia, in visita pastorale, fu ordinato il restauro.
Agli inizi dell’800 ebbero luogo ristrutturazioni e modifiche: i fratelli Gautiero di Saluzzo eseguirono gli affreschi, mentre nel 1836 furono preparati dall’architetto Luigi Formento i progetti per il restauro della facciata e per il campanile.

La facciata presenta belle decorazioni in cotto, ma non tutte originali. L’interno ha tre navate rette da pilastri cruciformi. L’abside è rettangolare con volta a raggiera, interessante soluzione architettonica.
La chiesa contiene una raccolta di dipinti del XVII e XVIII secolo.

Informazioni:
Via Fiocchetto. Sempre visibile esternamente.

Links:
https://www.comune.vigone.to.it/ita/pagine.asp?id=144&idindice=5&title=Chiese

Fonti:
Notizie e foto in alto in libero dominio da Wikipedia.
Fotografa in basso di M.Actis Grosso dal sito www.chieseromaniche.it

Data compilazione scheda:
3 maggio 2019

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Arignano (TO): La Rocca

Storia del sito:
Il primo documento certo che cita l’esistenza di una rocca ad Arignano è un diploma dell’imperatore Enrico III del 1047 nel quale si dichiara che Arignano è affidata ai Canonici torinesi del Convento di San Salvatore, in quel periodo molto potenti. In questo diploma si cita espressamente il castrum Alegnani ed una cappella dedicata a San Remigio. In questo periodo la rocca è molto probabilmente una torre quadrata addossata ad un piccolo palazzo e difesa da un muro di cinta.
Nel 1158 è assediata e quasi del tutto distrutta dall’esercito dell’imperatore Federico I di Hohenstaufen. In un diploma imperiale del 1159 firmato dallo stesso imperatore viene citata la curtem de aliniano e sappiamo che Anselmo e Oddone di Arignano cedono al vescovo di Torino tutto ciò che possiedono in questo luogo.
Nel 1231 il comune di Chieri dona la somma di quaranta libbre ai Bosio, signori di Arignano, per la costruzione di una torre per la quale hanno un anno di tempo per portare a termine i lavori. I Bosio, famiglia chierese signora di Arignano tra la fine del XII secolo e la prima metà del XIV secolo, ne approfittano per realizzare parallelamente una generale ristrutturazione della rocca stessa. Nel 1341 c’è un atto di infeudazione nei confronti di Milone Gribaudo o Gribaldo. Non sappiamo quando i Gribaldo subentrano ai Bosio, ma Arignano e la rocca rimangono una proprietà di questa famiglia chierese per una sessantina d’anni.
Nel XIV secolo i Visconti di Milano, appoggiati dai marchesi di Saluzzo e dai marchesi di Monferrato, cercano di ampliare il proprio potere e dominio nella pianura del Po, scontrandosi con i Savoia-Acaja fiancheggiati dagli Angiò. Ed è in questo contesto che, nel 1396, la rocca subisce l’assedio del soldato di ventura Facino Cane che conquista Vernone, Vergnano e Tondonico mentre il marchese di Monferrato si impadronisce di Andezeno, Arignano, Marentino, Mombello e Moriondo.
La rocca è seriamente danneggiata tanto che è necessaria un’ampia e profonda ristrutturazione. Nel 1397 la famiglia Gribaldo inizia la realizzazione della ristrutturazione e ricostruzione del castello ma i lavori si interrompono quasi subito e non se ne conosce la ragione.
Il 2 aprile 1400 Giacomo Milone e Giovanni Milone vendono la rocca, per 1100 fiorini d’oro, a Giovanni Broglia dei Gribaldengis. La rocca rimane una proprietà dei Broglia per pochi anni perché nel 1407 è acquistata da Ludovico Costa degli Albussani. Dal momento che la rocca è non solo in pessimo stato manutentivo ma i gusti architettonici stanno cambiando, i Costa decidono di costruire un secondo castello, quello delle “Quattro Torri”, (vedi scheda) e non si preoccupano di risistemare la rocca tanto che in molti documenti dei secoli successivi è chiamato castello vecchio o castellasso. Vedi ultima foto in basso per l’insieme delle due costruzioni.

Descrizione del sito:
La rocca si erge in cima ad una collina e con la sua notevole mole domina la zona circostante. Gli interventi di ampliamento e ristrutturazione della fine del Trecento sono parzialmente leggibili ancora oggi. Il progetto, piuttosto ambizioso e costoso, prevede la costruzione di una cortina di difesa su tutti e quattro i lati con un terrapieno e un fossato pieno d’acquea; l’ampliamento del palazzo signorile di forma rettangolare; la risistemazione del massito posto nell’angolo di sud est; la realizzazione di tre torri quadrate sugli angoli di nord est, nord ovest e sud ovest.
A est del dongione si notato ancora i collegamenti murari fra l’antica struttura della rocca e le nuove strutture del palazzo, utili e necessari a legare l’opera già compiuta con quella ancora da compiere. È in questo punto dell’ampliamento centrale con la costruzione dell’ambiente a sud che è chiara l’ipotesi della ristrutturazione della rocca ipotizzata, ristrutturazione che però non venne terminata. Non si conosce la vera ragione per cui la e sua edificazione si interrompe, molto probabilmente per gli alti costi o probabilmente per la volontà del nuovo signore di Arignano di costruire un nuovo castello, quello delle quattro torri.
Per questo motivo non è possibile sapere come era stato ideato il collegamento del palazzo con il dongione e non è possibile capire quale sia la funzione del vano nel muro.
L’entrata alla rocca oggi come nel XV secolo, si trova nella manica di levante dove vengono realizzati due ponti levatoi. All’interno del palazzo si accede dalla manica di ponente, attraverso una scala, in parte all’esterno e in parte all’interno del basamento, che conduce all’interno del piano semi-interrato. La pianta del palazzo è rettangolare ed in tutti i tre piani è suddivisa in tre ambienti divisi da due muri di spina che hanno l’orientamento da est a ovest.
Interessante è, nel lato di levante del piano semi-interrato, la presenza di una piccola scala coperta da volta a botte rampante che conduce ad una apertura recentemente allargata ma anticamente molto angusta aperta a metà del terrapieno di levante. A metà della scala è stata realizzata una seconda scala anch’essa coperta da volta a botte rampante, che conduce non all’esterno ma ai piedi del lato del basamento orientato a mezzanotte sul quale, nella prima metà del XIX secolo, è stato addossato il lato sud delle scuderie neogotiche.
Una scala ad elica, che all’esterno ha la forma di una torretta rotonda, mette in comunicazione tra loro i tra piani del palazzo e il palazzo con la torre di sud-ovest, l’unica torre ancora oggi esistente.
Nel 2017 la rocca è stata venduta e i nuovi proprietari stanno portando avanti una serie e profonda ristrutturazione della stessa per riportarla al suo splendore originario.

Informazioni:
 via Gino Lisa, 6. (La via è senso unico a salire, da piazza Vittorio Veneto fino all’incrocio con via Garibaldi; la rocca si trova di fronte alla chiesa parrocchiale di Arignano.) Di proprietà privata, non visitabile.

Bibliografia:
Cavallari Murat,  A., Antologia monumentale di Chieri, 1968, Torino
De Bernardi, A., La rocca di Arignano, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura. Edizioni dell’Istituto di Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti, 15 ottobre 1968
Fornaca, S., I Castelli della provincia di Torino, Edizioni Gribaudo, 2005
Viglino Davico, M., Bruno, A., Lusso, E., Massara, GG, Novelli, F., (a cura di), Atlante Castellano. Strutture fortificate della provincia di Torino, edizioni Celid, 2007

Fonti:
Fotografie e testi di Vittoria Zucca

Data compilazione scheda:
5 /03/2019

Nome del rilevatore:
Vittoria Zucca

 

 

Arignano (TO): Castello delle quattro torri

Storia del sito:
Questo castello è stato edificato a nord della rocca, in una posizione defilata e quasi invisibile a chi non ne conosce l’esistenza.  Vedi ultima foto in basso dei due edifici.
Non si conosce la data precisa della sua costruzione né si conosce l’architetto, ma sicuramente è opera di maestri locali. Costruito tra il 1407, anno in cui Arignano diventa feudo di Ludovico Costa degli Albussani, ed il 1430 ha una forma quadrangolare anche se inizialmente realizzato solo su tre lati: sud, ovest e nord. La manica di levante è costruita tra la fine del XVI e i primissimi anni del XVII secolo. Il castello diventa quadrato, con un cortile interno e quattro torri rotonde poste ai quattro angoli.

Descrizione del sito:
Quando, a inizio del XV secolo, il castello è costruito la manica ovest risulta essere la facciata principale perché l’ingresso alle quattro torri avviene attraverso la leja, un viale alberato che dall’attuale strada provinciale per Castelnuovo don Bosco, all’altezza dell’ingresso della rotonda, porta al cancello del “casino” l’ingresso principale alle quattro torri. Qui, verso la metà del XX secolo viene installato il primo telefono arignanese con il quale i dipendenti avvertivano i conti Costa dell’arrivo degli ospiti. Un vialetto interno, tuttora esistente, conduce al portone d’ingresso del castello posto nella manica sud e che è attualmente l’ingresso principale.
La manica est si differenzia dagli altri tre lati innanzitutto perché ha una larghezza inferiore rispetto agli altri tre lati ma anche per la presenza di un cordolo torico e da una serie di fori usati un tempo per la posa delle impalcature in legno necessarie alla costruzione di questo lato del castello.
La manica nord, assai deteriorata, è priva di interesse architettonico. Al piano terreno ci sono piccoli ambienti di servizio, mentre al primo piano vi è un grande salone probabilmente adibito ad uso della servitù. Un secondo portone, più piccolo rispetto a quello sud, apre sulla campagna. Numerosi interventi di adattamento nei secoli scorsi non ci permettono oggi una lettura dell’originaria struttura di questa manica. Gli unici decori presenti sono quelli di una grande finestra a croce vicino alla torre di nord-ovest e sopra il portone d’ingresso alle cantine. Il cortile interno è la parte centrale del castello. Sia il portico a piano terra che la loggia del primo piano sono coperti da volte a crociera non intonacate. Sotto la sporgenza del tetto, le maniche a sud e a ovest sono caratterizzate da una decorazione in cotto mentre quelle a nord e a est hanno una decorazione intonacata e squadrata. Nell’angolo di nord-ovest del cortile una scala piuttosto ampia permette l’accesso alle stanze del primo piano e al loggiato.Per tradizione in questo cortile annualmente, il giorno di Ognissanti e dopo aver celebrato una messa nella Cappella della Madonna della Visitazione a Tetti Chiaffredo, conosciuta in paese come La Capela, veniva consumato un pranzo cui intervenivano i dipendenti ed i mezzadri a servizio della famiglia Costa, cui la contessa serviva personalmente a tutti un piatto di minestra con pasta e fagioli. Tutto il castello è cantinato e i quattro lati sono tutto comunicanti fra loro. L’ingresso alle cantine avviene da due scale all’interno del cortile, una a est e l’altra a ovest, e da un portone situato nella manica di mezzanotte accanto alla torre di nord-ovest da cui era possibile accedere all’interno delle cantine con carri e trattori. Da un inventario legale del 1576 risulta che il castello è ancora abitato dai Costa ed in particolare da Caterina Roero vedova di Bongiovanni Costa conte di Arignano e dai loro figli. Dal consegnamento del 1615 sappiamo che il castello non è più dimora stabile della famiglia e in una sua parte sono state ricavate il fienile, le stalle e le scuderie. A partire dal XVII secolo, quindi, il castello non ha più un uso residenziale ed è trasformato in cascinale ed abitazione dei dipendenti dei Costa perché la famiglia risiede ormai abitualmente a Torino. Nello stesso periodo i conti Costa iniziano la costruzione di una villa barocca sullo stile delle “vigne” molto in uso presso la nobiltà sabauda di Torino.
Gli attuali proprietari hanno provveduto, tra il 1980 ed il 1995, ad una profonda ristrutturazione del castello con la supervisione della Sovrintendenza delle Belle Arti di Torino.

Informazioni:
Via Garibaldi, 4. Proprietà privata, non visitabile.

Bibliografia:
Cavallari Murat, A., Antologia monumentale di Chieri, 1968, Torino
De Bernardi, A., Il castello di Arignano, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura. Edizioni dell’Istituto di Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti, 15 ottobre 1968
Fornaca, S., I Castello della provincia di Torino, Edizioni Gribaudo, 2005
Montanaro, M., Il castello delle quattro torri e le costruzioni neogotiche di Arignano, Politecnico di Torino, I Facoltà di Architettura, Corso di Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura, Relatore Prof. Luciano Re, A.A. 2008/2009

Fonti:
Fotografie e testi di Vittoria Zucca

Data compilazione scheda:
5 /03/2019

Nome del rilevatore:
Vittoria Zucca

Rivalta (TO) : Castello degli Orsini

13978_120_ZZPCT

Storia del sito:
vedi Comune di Rivalta

Descrizione del sito:
L’interno della corte mostra un’affascinante commistione tra gli elementi medievali autentici e quelle aggiunte, settecentesche prima e neogotiche poi, che hanno contribuito nel tempo a conferire all’insieme l’aspetto della villa di campagna: piccoli loggiati, finestre ad arco e la torre con bertesche aggettanti testimoniano della moda del tempo del Brayda e del D’Andrade.
A sud, il torrione rettangolare, rappresenta sicuramente la parte più antica del castello, precedente alla stessa cinta muraria. La sua struttura rispecchia le caratteristiche tipiche del “mastio” o “dongione”, posto normalmente in posizione dominante rispetto agli altri edifici del castello. Nonostante la prima menzione del Castello sia del 1062, gli elementi costruttivi del torrione orienterebbero verso una datazione leggermente più tarda: la tessitura muraria presenta infatti piani di posa regolari, realizzati prevalentemente in ciottoli di fiume posati a “spina di pesce”, con fasce marcapiano e decorazioni in cotto, secondo una tecnica costruttiva che si afferma meglio intorno al XII secolo.
Il castello, nato  con funzioni prevalentemente difensive, con asse maggiore est-ovest, in osservazione della strada verso Piossasco e verso la val Sangone, presenta ora caratteri più marcatamente residenziali, prevalsi probabilmente nel momento in cui gli furono addossate le mura e nella parte inferiore ricavata una elegante cappella.

La cappella del torrione, a pianta rettangolare,  ha due volte ogivali costolonate e chiavi di volta scolpite in pietra, divisa da un arco a tutto sesto che separa la zona presbiteriale dalla più ampia aula centrale. Le pareti conservano affreschi restaurati tra 2018 e inizio 2019, tra cui una Crocifissione sovrastante l’altare (parete est): a sinistra della croce Maria e a destra san Giovanni, in alto Sole e Luna e due angeli. Nella parete sud, la nascita della Vergine, rappresentata in fasce in una culla a fianco dei genitori sant’Anna e san Gioacchino, e l’annunciazione. Le caratteristiche delle aureole, realizzate in stucco a rilievo, orienterebbero verso una datazione intorno al XIII secolo, che troverebbe ulteriore conferma nella decorazione a stelle dorate su fondo blu delle lunette  della volta a crociera della zona presbiteriale, nota in ambito piemontese nello stesso periodo. Il committente potrebbe essere stato Guglielmo da Rivalta intorno alla metà del 1200. L’insieme rivela (come scrive E. Brezzi Rossetti ne La cappella di Guglielmo da Rivalta) “interessanti tratti stilistici, riferibili a modelli che in Val Padana andavano proponendo formule ancora mutuate dal repertorio bizantino, rinfrescati tuttavia da una maniera che già si stava elaborando in area transalpina”.
Nella seconda campata, figure di difficile interpretazione: un uomo con l’aureola disteso nudo sopra un carro trainato da un altro uomo, su cui aleggia un angelo ed una figura con aureola; una figura con corona affiancata da due uomini stanti; due figure ai lati dell’accesso occidentale, l’una con copricapo a due punte e l’altra velata, probabilmente una donna.

L’insieme degli ambienti della zona residenziale del castello conserva in alcuni casi volte a cassettoni, tappezzerie e decori di ispirazione neogotica, e testimonia l’evoluzione dell’edificio che oggi conta tre piani fuori terra e un piano sotterraneo con ghiacciaia, avvenuta per aggregazione intorno al corpo della torre settentrionale. Il complesso si dispone intorno ad un cortiletto interno che, nonostante le tracce di innumerevoli rifacimenti e l’aggiunta di una scala esterna, conserva un fascino tipicamente medievale, rafforzato dalla presenza di un pozzo centrale con vera decorata da una scritta in caratteri gotici.  Sulla parete occidentale si notano le tracce di una porta, ora tamponata, sormontata da un arco con decorazione in cotto a losanghe, tipica dell’architettura piemontese di XIII-XIV secolo.
Oltre a due dipinti in stile neogotico, raffiguranti san Giorgio e san Michele Arcangelo e ispirati a pitture presenti nel castello di Fénis (AO), il cortile conserva una lapide dedicata a Honoré De Balzac che ricorda il passaggio dello scrittore francese, che qui soggiornò nel 1836, ospite del conte Cesare Benevello, interessante figura di intellettuale e mecenate che acquistò il Castello dall’ultimo dei conti Orsini nel 1823 e ospitò anche Massimo d’Azeglio, che ricorderà Rivalta nelle lettere alla moglie, in alcuni quadri e nel suo libro I miei ricordi.
Uscendo nuovamente nel parco attraverso un corridoio con un’elegante pavimentazione in mosaico veneziano, si costeggia la manica occidentale, realizzata in una più recente fase di aggregazione costruttiva e addossata all’interno della cinta muraria medievale. La manica è conclusa sulla sua estremità meridionale dalla cappella settecentesca.  Sul retro della manica occidentale, si costeggia l’alto muro di contenimento che delimita la parte inferiore del parco e vicino all’accesso al cortiletto delle scuderie si nota l’attacco delle mura del ricetto, ancora oggi perfettamente leggibile nel tessuto urbano, costruito a protezione del borgo tra XIII e XIV secolo, quando ormai il castello rappresentava il fulcro della vita del paese e il suo riferimento politico e amministrativo era ormai consolidato, nonostante la concessione degli Statuti, avvenuta nel 1297.
Nel 2006 fu acquistato dal Comune di Rivalta; dopo un intervento di restauro degli edifici principali, dal dicembre 2017 ospita la biblioteca comunale.

Informazioni:
via Orsini, 7 – Tel. 0119045557/85/86

Link:
Comune di Rivalta
facebook -castello di Rivalta  (fotografie degli affreschi restaurati)

Bibliografia:
Gallo, L. e Martino, E., La «vie de château». Il castello di Rivalta tra Ottocento e Novecento, Comune di Rivalta di Torino, 2012
Brezzi Rossetti E., La cappella di Gugliemo di Rivalta, in:  Per Giovanni Romano scritti di amici a cura di Giovanni Agosti, L’Artistica, Savigliano CN 2009

Fonti:
Foto in alto da www.parcopotorinese.it,  foto in basso dal sito del Comune di Rivalta, seconda e terza foto in basso da  www.rivaltainforma.it.
Testo tratto dai siti sopra indicati.

Data compilazione scheda:
17 marzo 2016 – aggiornam. aprile 2019

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

castello Rivalta- cortile
castello Rivalta- cortile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Volvera (TO) : Chiesa di San Giovanni

volvera esternocimitero1

Storia del sito:
La Chiesa di San Giovanni o “del cimitero”, costruita intorno all’anno 1000, per influenza del monastero di San Giusto di Susa, fu la prima chiesa parrocchiale. La costruzione in origine era probabilmente a navata unica; successivamente venne ampliata nella parte anteriore con l’aggiunta di due navate laterali, assumendo una struttura di base con pianta a croce latina.
Utilizzata come parrocchia fino al 1617, la chiesa subì nel tempo un lento, progressivo ed inesorabile degrado che portò alla demolizione delle navate laterali ed a discutibili interventi di restauro conservativo. L’edificio, già in stato di precaria conservazione, patì ulteriori danni sul finire del secolo XVII, allorché nell’ottobre del 1693, le operazioni di guerra condotte dal Maresciallo Catinat devastarono il paese e, sebbene avessero risparmiato in linea di massima gli edifici di culto, danneggiarono gravemente la torre campanaria, che venne poi ricostruita nel 1868. A questo periodo risalgono opere di restauro sulla chiesa con l’aggiunta di due altari laterali e la costruzione del muro che separa l’antico nucleo della chiesa con la parte restante dell’edificio.
La chiesa conserva pregevoli AFFRESCHI realizzati dal cosiddetto “maestro di Volvera” nel XV secolo (per volere del prevosto della cattedrale di Chieri, Antonio Piossasco de Rubeis) ed altri affreschi del XVI secolo e del XX secolo, eseguiti in occasione dei restauri prima ricordati. Recentemente la cappella è stata restaurata.

Descrizione del sito:
La costruzione è semplice, in tema con il carattere rurale del contesto ambientale; si presenta con un disegno architettonico dalle linee gotiche molto pacate in perfetta coerenza con il persistere della tipologia romanica. Tracce di archetti romanici binati sull’esterno della navata centrale.
Sulla facciata esterna sono affrescate immagini che richiamano la fragilità della vita umana. Sempre esternamente alla chiesa, sulle due pareti laterali della navata principale, sono dipinte le immagini di sant’Apollonia, san Giobbe, santa Lucia e san Michele.
All’interno della cappella, a navata unica, si possono osservare, sulle pareti del piccolo presbiterio poligonale, le figure dei dodici apostoli sopra i quali campeggiano, nel catino absidale, al centro l’immagine del Cristo Pantocratore inserita in una mandorla con ai lati la Madonna in preghiera, san Grato e san Giovanni Battista.
Il soffitto a crociera, scandito da costoloni in muratura di mattoni intonacati e affrescati con motivi floreali e geometrici, è diviso in quattro vele che conservano gli affreschi raffiguranti i quattro Evangelisti mentre, seduti su scranni, scrivono il loro Vangelo. Nella cappella laterale di destra è conservato un affresco isolato che raffigura i santi Cosma e Damiano, i due fratelli medici che praticavano questa scienza senza alcun compenso.
La pittura parietale, oltre gli archi che delimitano il transetto, rappresenta nelle lunette il Compianto sul Cristo morto sulla parete di destra e l’Assunta su quella di sinistra. Questi ultimi affreschi denunciano nella rappresentazione pittorica l’uso della prospettiva e quindi sono da ritenersi opere del tardo periodo rinascimentale. Infatti la composizione pittorica del paesaggio è molto dettagliata e vi compaiono città, castelli e gruppi di figure con abiti dal disegno cinquecentesco. Su un arco è rappresentato lo stemma dei Conti di Piossasco, feudatari di Volvera: uno scudo con nove merli sormontato da un cappello vescovile con cordoni e fiocchi. L’antico stemma del Comune, che è costituito da uno scudo raffigurante una pianta di lauro su campo azzurro, si staglia sull’arco di fronte.
Nella cappella di destra sono visibili alcune tracce dell’affresco ottocentesco che raffigura l’immagine dell’Immacolata; nella cappella di sinistra la parete principale sopra l’altare è interamente occupata da una crocifissione e da un insieme di altre figure che rappresentano come il sacrificio di Cristo purifichi e salvi le anime del purgatorio e nella parete laterale è affrescata la figura di san Filippo Neri. L’intero ciclo di questi ultimi affreschi è stato realizzato nel corso dei restauri del 1859.
Gli affreschi sono stati tutti restaurati recentemente.

Informazioni:
Nel Cimitero. Ufficio Tecnico del Comune, tel. 011 9857200 ; email: info@comune.volvera.to.it

Links:
http://www.battagliadellamarsaglia.it/visitavol.htm

http://www.comune.volvera.to.it/turismo-e-sport/cosa-visitare/la-chiesa-di-s-giovanni-o-del-cimitero/

https://www.chieseromaniche.it/Schede/283-Volvera-San-Giovanni-Battista.htm (foto affreschi)

www.prolocovolvera.it
www.centrostudisilviopellico.it

Bibliografia:
Gonella L., La chiesa di San Giovanni Battista in Volvera: problemi di architettura e di decorazione, tesi di laurea, relatore: Giovanni Romano, s.n. Università Studi Torino, Facoltà di Magistero, a.a. 1987-88
Altre info in: volvera.pdf

Fonti:
Notizie e fotografie dai siti sopra indicati.

Data compilazione scheda:
21/01/2008 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

volvera cimitero2

volvera evangelisti

Villar Dora (TO) : Torre del colle

Villardora_Torre_del_Colle

Storia del sito:
Vedi scheda sul “Castello” di Villar Dora.
La TORRE DEL COLLE è stata edificata alla fine del XIII secolo per proteggere il nuovo insediamento in località Molare del Ponte (Villardora), voluto dal conte di Savoia. La formazione di questo insediamento fu dovuto alla necessità di creare un attraversamento della Dora. Ai piedi della Torre sorgeva la chiesetta romanica di San Lorenzo, ormai scomparsa.

Descrizione del sito:
La suggestiva torre, una delle costruzioni valsusine meglio conservate, si erge isolata.
Ha pianta circolare, strette feritoie e una decorazione sommitale di quattro fasce degradanti. La torre termina con merli dritti.

Informazioni:
Comune, tel. 0119350231

Link:
http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-villardora2

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_del_Colle_(Villar_Dora)

Bibliografia:
AA.VV., I castelli della bassa valle di Susa tra IX e XV secolo: S. Mauro di Almese, Villardora, Avigliana, S. Ambrogio, Caprie [coordinamento del progetto e revisione dei testi Paolo Denicolai, Ugo Gherner, Piero Del Vecchio], Editrice Morra, Condove, TO, 1998
F. Antonielli d’Oulx, L. Chiariglione, M. Franchino, P. Scarzella, A. Viarengo (Gruppo Culturale Villardorese), Villar Dora. Contributi per una storia, Melli, Susa 1989

Fonti:
Foto da wikipedia

Data compilazione scheda:
2/10/2006 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

Villar Dora (TO) : Castello

Villardora_castello1

Storia del sito:
Di origini romane, Villar Dora è l’antica “Villar Almese” cresciuta ai piedi della Rocca Sella nel triangolo tra la Dora e il torrente Messa. Il paese, sormontato dalla cappella collinare di San Pancrazio con i suoi affreschi quattrocenteschi e dalla medievale Torre del Colle, cambiò il proprio nome in Villar Dora soltanto nel 1885, quindi nel 1928 fu declassato a semplice frazione di Almese per poi riacquistare la propria autonomia municipale nel 1956.
CASTELLO DI VILLAR DORA
I primi documenti in cui è citato il Castello risalgono al 1287 e lo descrivono come formato da tre edifici distinti, ognuno abitato da una diversa famiglia feudale, titolare di un terzo del feudo, i signori Mont Vernier, Thouvet e Aiguebelle. Nel XIV secolo i Savoia affidarono il complesso alla famiglia Provana, che lo ristrutturò trasformandolo da costruzione difensiva a dimora signorile in stile gotico. Nel XVII secolo il Castello fu nuovamente oggetto di modifiche, che gli diedero la sua forma attuale; in parte fu anche danneggiato da un incendio durante la campagna del maresciallo Catinat per la presa di Avigliana (1691).
Il castello è passato dai Provana agli attuali proprietari, i conti Antonielli d’Oulx, che hanno provveduto recentemente a un restauro che ha riportato l’edificio agli antichi splendori.

Descrizione del sito:
IL CASTELLO é costruito in mattoni, ha un’ala con merlature a coda di rondine, invece in un’altra ala le merlature sono state tamponate. Il castello ha finestre bifore ornate da una cornice in cotto.
Ai restauri quattrocenteschi della famiglia Provana è da attribuirsi anche la costruzione della torre tonda e merlata, con monofore, nella cui parte terminale erano situati 15 bacini ornamentali di ceramica (oggi ne rimangono solo più 8).

Informazioni:
Il castello è di proprietà privata.  Comune, tel. 011 9350231

Links:
http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-villardora1

http://www.comune.villardora.to.it

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Villar_Dora

Bibliografia:
AA.VV., I castelli della bassa valle di Susa tra IX e XV secolo: S.Mauro di Almese, Villardora, Avigliana, S. Ambrogio, Caprie, [coordinamento del progetto e revisione dei testi Paolo Denicolai, Ugo Gherner, Piero Del Vecchio], Editrice Morra, Condove, TO, 1998
F. Antonielli d’Oulx, L. Chiariglione, M. Franchino, P. Scarzella, A. Viarengo (Gruppo Culturale Villardorese), Villar Dora. Contributi per una storia, Melli, Susa 1989.

Fonti:
Fotografia in alto, tratta nel 2014 dal sito, non più esistente nel 2020: www.cmvss.it.
Foto in basso da http://it.wikipedia.org/wiki/File:Villar_Dora-Castello.jpg

Data compilazione scheda:
2/10/2006 – aggiornamento febbraio 2014 – maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

Villar_Dora-Castello