Provincia di Torino

Pancalieri (TO) : Cappella cimiteriale di Santa Maria della Pieve

Storia e descrizione del sito:
La Pieve fu citata per la prima volta nel diploma imperiale di Federico I del 26 gennaio 1159, nel quale si confermava al Vescovo di Torino la concessione delle donazioni fatte alla chiesa dai suoi predecessori. Dunque è stato ipotizzato che la piccola chiesa, in posizione soprelevata e strategica rispetto alle vie di comunicazione, potesse essere presente già nel IV-V secolo. L’antica Pieve di Pancalieri era situata con tutta probabilità nel luogo dell’attuale cimitero, perché il ponte che vi conduce si chiama ancora adesso “Punt d’la Piè” (Ponte della Pieve) e la Commenda che sorse in seguito era detta “Commenda della Plebe”.
Anticamente presso le Pievi sorgeva il cimitero, e probabilmente la Pieve di Pancalieri era già dedicata alla Madonna perché nella carta di donazione del 1157 del marchese Giacomo Romagnano e di sua moglie Agnese alla Chiesa di S. Giacomo dell’ospedale di Cortevecchia è nominata «una pezza di terra in cui si trova un cimitero dedicato a S. Maria con una casa situata in un luogo detto Rivoira che è in Pancalieri.» (Gabotto, Carte inedite e sparse del Pinerolese, S. S. S.)
Non si hanno successive notizie della Pieve di Santa Maria fino al 1364 quando compare fra le chiese della diocesi di Torino che pagavano il cattedratico al vescovo. Nella seconda metà Trecento la chiesa fu declassata a semplice ecclesia ed esclusa dalle dipendenze dirette del clero secolare legandola alla Commenda Gerosolimitana di Pancalieri, cui diede il nome.
“Commenda” era il termine usato dagli ordini cavallereschi per definire il capoluogo di una circoscrizione entro cui potevano essere incluse una o più case ed edifici, nel caso di Pancalieri, probabilmente anche una struttura ospedaliero-assistenziale.
La cappella rimase sotto il priorato generale dell’Ordine Gerosolimitano fino al 1956, poi passò al patrimonio del Comune di Pancalieri.

I lavori di restauro, conclusi nel 2019, hanno permesso di riportare alla luce un’ampia porzione dell’abside romanica all’esterno, celata da un muro di collegamento tra la cappella e l’adiacente fabbricato ad uso servizi, che nascondeva anche una monofora murata e la tipica decorazione ad archetti in laterizio
Così sono state restituite alla cappella le originarie cromie contrastando nello stesso tempo il processo di degrado che rischiava di portare alla perdita irreparabile degli elementi decorativi.
Durante il secondo lotto di interventi, dopo che fu rimosso un recente altare in muratura e l’intonaco dell’abside che era stata ridipinta con una velatura di un acceso color azzurro, è stato recuperato l’originario apparato murario in laterizio romanico, sono state riaperte le due splendide monofore simmetriche rispetto all’altare e restaurata la porzione riaffiorata di affresco della metà del XIV secolo, raffigurante una Madonna in trono con Bambino. Dell’affresco si è conservata solo la porzione inferiore, ma il ritrovamento è importantissimo poiché, per affinità stilistica, tecnica pittorica e materiali, potrebbe essere attribuito a Dux Aymo/Aimone Duce.
A questo pittore pavese, documentato tra il 1417 e il 1444, è anche attribuito, sulla parete sud, un piccolo ma preziosissimo frammento di affresco quattrocentesco raffigurante la “Messa di san Gregorio”. Si tratta di un’iconografia abbastanza rara in Piemonte, che rappresenta la miracolosa apparizione di Gesù Cristo a san Gregorio Magno mentre celebra la Messa.

Relativamente alle altre partiture architettoniche si è deciso, in accordo con la Soprintendenza, di recuperare la fase decorativa interna risalente al 1925. Si è così attuato un mutamento completo dell’aspetto estetico della chiesa, con la ridipintura totale di pareti e volta, ad esclusione dell’affresco della Messa di san Gregorio Magno e della porzione absidale.
Le pareti sono decorate con finti drappi trattenuti al centro delle campate da sorte di grandi bottoni o borchie, mentre l’elegante decorazione fitomorfa in volta concilia la vocazione terrena di Pancalieri dedita alla produzione di erbe officinali con la funzione di Cappella cimiteriale. Le essenze rappresentate hanno valenze simboliche religiose: la passiflora nel catino absidale, rimanda agli eventi della Passione Pasquale, al centro dei tondi in volta i soffioni del tarassaco simboleggiano la fugacità della vita umana, i fiori affascinanti, ma ingannevoli dello stramonio, perché velenosi, rappresentano l’erba del diavolo o delle streghe.

Informazioni:
A destra dell’ingresso del Cimitero, Via Circonvallazione.
Aperta per le festività dei Defunti e Ognissanti. Info Comune, tel. 011 9734102

Links:
https://www.lastampa.it/torino/appuntamenti/2019/03/16/news/pancalieri-la-chiesa-di-santa-maria-della-pieve-torna-all-antico-splendore-1.33688318/

https://artbonus.gov.it/1548-cappella-cimiteriale-santa-maria-della-pieve.html

http://www.comune.pancalieri.to.it/Home/Guida-al-paese?IDDettaglio=28090

Fonti:

Fotografie e notizie dai siti sopra elencati

Data compilazione scheda:
29-4-2022

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:

Angela Crosta – G.A.Torinese


Bussoleno – Foresto (TO): Cappella della Madonna delle Grazie

Storia e descrizione del sito:
La Cappella della Madonna delle Grazie si trova ai margini della frazione Foresto, in un’area detta della Posta, a memoria del fatto che in questo luogo avveniva la sosta ed il cambio dei cavalli e delle carrozze che percorrevano la via Francigena. Ignota l’origine della cappella, però il ciclo di affreschi ne prova l’esistenza almeno a partire dall’ultimo quarto del XV secolo.
Presenta all’esterno un affresco con l’Annunciazione realizzata nell’ultimo quarto del XV.
Conserva al proprio interno un ciclo di affreschi quattrocenteschi, dedicato alle Storie dell’infanzia della Vergine o della Vita di sant’Anna e san Gioacchino tratte dall’apocrifo Protovangelo di Giacomo. La sua realizzazione è attribuita alla mano di Antoine de Lonhy, residente nel 1462 ad Avigliana. Il tema iconografico principale è distribuito sulle quattro volte della cappella, nelle quali sono visibili le scene di Gioacchino al Tempio, il Sogno di Gioacchino nel deserto, l’Incontro tra Gioacchino ed Anna alla Porta d’Oro di Gerusalemme, la Nascita della Vergine.
L’area absidale è occupata da un’intensa raffigurazione della Pietà o Compianto sul Cristo morto, mentre le pareti laterali ospitano due teorie di santi; a nord, da sinistra a destra: santa Caterina d’Alessandria, san Bartolomeo, san Pietro Martire, un santo benedettino (san Mauro?), san Sebastiano; sulla parete sud: santa Barbara, un santo benedettino (san Giusto?), sant’Antonio abate, un santo vescovo (san Biagio?), san Rocco.
Gli affreschi sono stati restaurati tra 2005 e 2006.

Informazioni:
Frazione Foresto – regione Polveriera 8, Cascina della Posta, Via gran Porta 1 . Visite guidate su richiesta. Su prenotazione per gruppi e scuole. Informazioni: tel. 0122/622640 www.centroculturalediocesano.it
Da non confondere con un’altra omonima cappella novecentesca sita in Borgata Argiassera.

Links:
https://www.cittaecattedrali.it/it/bces/13-cappella-della-madonna-delle-grazie

https://www.chieseromaniche.it/Schede/709-BUSSOLENO-MADONNA-DELLE-GRAZIE.htm

https://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/bussoleno/cappella-della-madonna-delle-grazie-foresto

Bibliografia:
Ludovici A.M., Pitture murali in Valle di Susa. I cicli affrescati al servizio della fede, Graffio, Borgone di Susa 2014, pp. 200-205

Fonti:
Immagini dai siti sopraindicati.

Data compilazione scheda:
25 novembre 2021

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Novalesa (TO). Museo di Arte Religiosa Alpina

Storia del Museo:
Il Museo di Arte Religiosa Alpina a Novalesa è parte del Sistema Museale Diocesano di Susa ed è nato allo scopo di conservare e valorizzare le numerose ed importantissime testimonianze artistiche, alcune delle quali sono significative a livello europeo, ospitate presso la parrocchiale di Novalesa. Ospitato nei locali della cappella della Confraternita del SS. Sacramento, adiacenti alla seicentesca chiesa parrocchiale di Santo Stefano.

Descrizione delle collezioni:
Nel Museo vi è una straordinaria raccolta di oggetti d’arte dal VI al XVIII secolo, tra i quali spicca per importanza l’urna reliquiario di Sant’Eldrado, abate di Novalesa nel IX secolo, opera di argentiere renano-mosano del XII secolo.

La visita, oltre che nei locali rinnovati della Cappella della Confraternita, comprende anche l’adiacente parrocchiale, che ospita tra l’altro preziose tele della scuola del Caravaggio, del Rubens, di Le Moyne e di Daniele da Volterra, trasferite per volontà di Napoleone da Parigi all’ospizio del Moncenisio e di lì a Novalesa.


Informazioni:

Ex Cappella del SS. Sacramento, accanto alla Parrocchiale. Via Maestra, 19, Novalesa . Tel. 0122 622640
Prenotazioni sul sito http://www.centroculturalediocesano.it/museo-di-novalesa.html

Link:
http://www.centroculturalediocesano.it/museo-di-novalesa.html

https://vallesusa-tesori.it/it/luoghi/novalesa/chiesa-parrocchiale-di-santo-stefano

Fonti:
Fotografia dal sito https://vallesusa-tesori.it

Data compilazione scheda:
27 settembre 2021

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

Novalesa (TO). Museo Archeologico dell’Abbazia della Novalesa

Storia del Museo:
Inaugurato nel 2009, il Museo Archeologico dell’abbazia della Novalesa è ospitato nelle sale dell’antico refettorio dei monaci e nel portico prospettante sull’antico cortile dei novizi. Esso espone gran parte dei più significativi reperti emersi dalle campagne di scavo che hanno interessato il complesso monastico dal 1978 ad oggi, oltre a due sezioni dedicate alla storia monastica e al restauro del libro.

Descrizione delle collezioni :
Il primo nucleo museale è collocato nel portico coperto, chiuso da vetrate e collocato sul lato orientale del cortile dei novizi; qui sono collocati i materiali lapidei di dimensione più ragguardevole quali rocchi di colonne romane, un coevo miliario, capitelli e frammenti di colonnine provenienti dall’antica struttura della chiesa abbaziale. La prima sezione espone inoltre un nucleo significativo di laterizi romani, testimonianza della frequentazione del sito in epoca precedente alla fondazione del monastero.
La prima sala ospita invece la sezione dedicata al restauro del libro, arte ancora oggi praticata nel laboratorio annesso all’abbazia. Essa illustra le tipologie dei supporti scrittori, l’evoluzione della scrittura, le tecniche di incisione e stampa, le tecniche di restauro.
La prima sala ospita anche la sezione dedicata alla Storia del monachesimo e alla vita monastica, con riproduzioni dell’atto di fondazione del monastero e del Chronicon Novaliciense, oltre ad una selezione di ceramiche, vasellami in vetro e da mensa, i quali testimoniano la vita quotidiana del monastero tra basso Medioevo e Settecento.
La terza sala, ubicata nella manica meridionale del chiostro, dove era un tempo collocato il refettorio dei monaci, ospita la porzione più cospicua di reperti: raggruppati per fasce cronologiche diverse, essi sono testimonianza di varie tipologie di manufatti e sono datati tra l’epoca tardo imperiale romana e quella gotica. All’interno della collezione spiccano frammenti di statue, iscrizioni funerarie, parti di sarcofagi e di elementi architettonici antichi e altomedievali, ma anche oggetti di uso quotidiano quali un pettine in osso di epoca longobarda, e i frammenti di decorazioni pittoriche ad affresco assegnati all’intervento del tolosano Anthoyne de Lonhy realizzato nella seconda metà del XV secolo.
Vedi.  Abbazia_Museo_Novalesa.pdf

Informazioni:
Frazione San Pietro 4, Novalesa. Tel. 0122 622640

Link:
https://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/novalesa/museo-archeologico-dellabbazia

https://www.abbazianovalesa.org/wp/museo/

Fonti:
Fotografia dai siti sopracitati.

Data compilazione scheda:
27 settembre 2021

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

Salbertrand – Oulme (TO). Cappella dell’Annunciazione

Storia del sito:
A circa 1 km dall’abitato di Salbertrand si trova la borgata Oulme, la cui cappella fu costruita nel XV secolo con la facciata esposta a sud-est, lungo l’antica “Via di Francia”.
All’esterno e all’interno fu decorata da affreschi nel terzo trentennio del Cinquecento. Dopo la peste degli anni 1629-30 le pitture all’interno furono ricoperte di calce, previa martellatura.
Nel 2003, durante i grandi ed impegnativi lavori di restauro della Chiesa parrocchiale di Salbertrand, venne richiesto un sopralluogo congiunto della Soprintendenza del Piemonte, nella persona del professor Claudio Bertolotto, della professoressa Clara Bertolini della Facoltà di Architettura di Torino e dei restauratori Magda Barrera e Riccardo Moselli per verificare le possibilità di recupero degli affreschi esterni, ormai quasi illeggibili, e l’eventuale presenza, sotto l’intonaco degradato delle pareti interne, di tracce più antiche. Alcuni sondaggi rilevarono successivamente la presenza di tracce di affreschi sulla parete absidale e su quella laterale. Un “fortunato” tassello eseguito accanto all’altare svelò una data: 1534… Nulla avrebbe lasciato presagire che, nell’arco di breve tempo, sarebbe stato scoperto il ciclo di affreschi cinquecenteschi più rilevante, per bellezza e vastità, degli ultimi decenni in Alta Valle di Susa.
Anche se opera negli anni ’30 del XVI secolo, il pittore mostra una formazione nella cultura artistica quattrocentesca dell’area di Piemonte – Savoia – Delfinato.
Tra il 2007 e il 2009, grazie ad ingenti finanziamenti provenienti dalle fondazioni bancarie CRT e San Paolo, dalla Regione Piemonte, dall’Ecomuseo Colombano Romean, sono stati realizzati importanti interventi di restauro che hanno riguardato le strutture architettoniche, gli affreschi, le componenti lignee ed hanno restituito alla Comunità un “Tesoro ritrovato” e la cappella è stata inserita dal 2007 nel percorso di visita dell’Ecomuseo Colombano Romean.

Descrizione del sito:

La Cappella è a pianta quadrata, con volta a crociera.
A livello della strada si vede un piccolo portale con la porta coeva, armata di fregi, e di fianco, un po’ più in alto, una piccola finestra monofora. Una finestra più bassa e più grande, che a metà Novecento era stata murata, ma che ora è stata ripristinata, è rivolta a sud-ovest, di fronte all’altare. A ridosso di questa parete, all’interno, in alto, è sistemata una tribuna alla quale si accede mediante una ripida scaletta. Di fronte, il presbiterio e l’altare sono protetti da una cancellata lignea. Porta, tribuna, cancellata e banchi, in legno, sono stati sottoposti a restauro riacquistando l’originaria colorazione.

Gli affreschi.
All’esterno sono visibili, in facciata, una bella Annunciazione del 1533 e, soprattutto, una gigantesca immagine di san Cristoforo: protettore dei viandanti, dei pellegrini, di tutti i viaggiatori. Grazie a questa presenza, la cappella è anche indicata come “Cappella di San Cristoforo”.
All’interno l’intera area absidale ospita un raro ciclo pittorico interamente dedicato a scene della Vita della Vergine, datato al 1534. Gli episodi si dipanano in quindici riquadri disposti su quattro registri sovrapposti e con un andamento inconsueto. Vedi schema.
In basso, accanto all’altare, a sinistra (1) l’immagine di una Santa martire (forse santa Barbara) e a destra (2) di un santo Vescovo (del cui nome sono rimaste solo le lettere “S. EN…”. Le storie di Maria iniziano in basso a sinistra (3) con l’Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta Aurea; all’estrema destra, (4) la Nascita di Maria.
Nel secondo registro, dal basso, all’estrema sinistra (5) la Presentazione di Maria al Tempio. Centralmente le scene (6) dell’Annunciazione e (7) del Congedo della Vergine, quest’ultimo e i seguenti episodi sono narrati nei Vangeli apocrifi e poi nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. All’estrema destra (8) la Morte della Vergine.
Nel terzo registro dal basso, a destra (9) il Funerale della Vergine col il miracolo del soldato che cerca di rovesciare la cassa, ma san Michele gli taglia le mani sacrileghe, che nel dipinto sono raffigurate attaccate al feretro mentre l’uomo è a terra.(Poi il soldato avrà le mani riattaccate per intercessione di san Pietro). Da destra, centrali, (10) la Sepoltura e (11) l’Assunzione della Vergine. All’estrema sinistra del terzo registro, la scena (12) con gli Apostoli attorno al sepolcro vuoto.
Nel registro superiore, al centro (13) l’Incoronazione della Vergine da parte della Trinità. Ai lati due angeli musicantim: a sinistra (14) con uno strumento ad arco e a destra (15) con un’arpa.
L’intero ciclo pittorico è stato assegnato dalla critica ad un anonimo frescante, identificabile con l’autore del ciclo pittorico di San Sebastiano a Plampinet presso Névache, ora in Francia, ma che al tempo, come la valle di Susa, faceva parte del Delfinato. A questo ciclo si apparentano anche le cappelle di N.D. du Coignet les Arnaud vedi scheda e dei SS. Andrea e Giacomo di Horres, a Bardonecchia vedi scheda

Informazioni:
In frazione Oulme, Via Luigi Gros, 35. Info tel: 0122 854720; email: segreteria.alpicozie@ruparpiemonte.it



Links:

https://www.e-borghi.com/it/sc/torino-salbertrand/2-castelli-chiese-monumenti-musei/1376/cappella-dell’annunciazione-di-oulme.html

https://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/salbertrand/cappella-dellannunciazione-localita-oulme

Bibliografia:
AA.VV., Lä Chäpella dl’Ulm – Un tesoro ritrovato, Quaderni dell’Ecomuseo Colombano Romean – N° 9, Regione Piemonte, 2010

Fonti:
Immagini e notizie dai siti sopra indicati.

Data compilazione scheda:
4 maggio 2021

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Casalborgone (TO): Chiese di San Siro e di Santa Maria di Trebea

Storia del sito:
CHIESA DI SAN SIRO  Il colle ove, in epoca imprecisata, sorse la chiesa della parrocchia S. Siro era un’area strategica di transito; presumibilmente qui si incontravano i confini dei municipi romani di Industria e di Chieri, e si intersecavano i confini delle diocesi di Ivrea, di Torino e di Asti. Il colle era già collegato in epoca romana da un percorso stradale con Industria, Vercelli e Casale da un lato e dall’altro con Chieri e Torino e una diramazione da Cinzano e Moncucco immetteva nella via Fulvia, come confermano rinvenimenti di tratti di strada lastricata non lontano dalla chiesa. Il documento più antico ad oggi noto, che cita la chiesa di San Siro, è il testamento dell’anno 1320 di Isabella de Maloxellis, moglie di Enrico di Cocconato, figlio di Alemanno, signore di Casalborgone. Ella, chiedendo di essere sepolta accanto al marito già tumulato a Vezzolano, dispose un lascito ad alcune chiese fra cui quelle di Casalborgone: S.Maria Trebea e San Siro. Per secoli furono i vescovi, e poi gli arcivescovi, di Torino ad assegnare la tutela della parrocchia di San Siro, su proposta dei signori del luogo, che ne rivendicavano il patronato. Alterne fortune segnarono l’esistenza della chiesa, ove i sacerdoti non erano propensi ad accettare l’incarico, lasciando la parrocchia spesso vacante, per l’estrema povertà del beneficio che non ne consentiva il mantenimento. Nel 1630, morti di peste i membri della famiglia Cocconato, e molti parrocchiani, le sorti della chiesa, rimasta abbandonata, e dei suoi parroci furono temporaneamente risollevate dal nuovo signore del luogo, conte Pietro Luigi Broglia.
L’antica parrocchia di San Siro fu sottoposta alla diocesi di Torino sino al 1673, quando, nel tentativo di sanare le controversie fra i parroci, fu ceduta alla diocesi di Ivrea, dalla quale dipendeva l’altra parrocchia di Casalborgone intitolata a S. Maria Trebea che diverrà l’unica parrocchia di Casalborgone nel 1737.
Dopo la soppressione della parrocchia di San Siro nel 1737, la chiesa campestre, ove il tetto e un muro perimetrale erano crollati e mancava il pavimento, corse il rischio di venir demolita; così, nel 1771, un gruppo di famiglie l’acquistò per ricostruirla, prendersene cura e poter continuare a seppellirvi i defunti. Nel secolo scorso, venuti a mancare gli antichi protettori, la chiesa cadde nuovamente nell’abbandono.
Nel 2011 è stata restaurata, rifatto il tetto crollato nel 1985, e riaperta al culto grazie all’interessamento dell’Associazione Trebea, con il contributo della CRT, della popolazione e con l’assiduo lavoro di numerosi volontari di Casalborgone.

Descrizione del sito:
L’attuale chiesa di San Siro, a navata unica, è frutto della ricostruzione settecentesca di una precedente chiesa a tre navate descritta in una visita pastorale dell’anno 1669, a sua volta rifacimento della chiesa romanica.
Al fondo della chiesa resta l’abside semicircolare, unico residuo romanico, ma anch’essa è la probabile ricostruzione poco dopo l’anno Mille di una cappella precedente. Come scrisse Angelo Marzi, è composta da ciottoli, da scampoli di pietra alla rinfusa, derivanti dallo spietramento dei campi e da frammenti di mattoni e tegole di spoglio provenienti da qualche edificio o tomba romana che erano posti nei pressi. L’abside, per i suoi caratteri costruttivi, deve essere attribuita al secolo XI. È fra le più antiche murature romaniche fino ad oggi descritte nel Chierese e nell’Astigiano.
Al centro della navata, i recenti lavori di restauro hanno messo in luce un antico muro perimetrale della fossa murata, che è ora visibile al di sotto di una lastra di vetro.
Nella relazione della visita pastorale del 1584 viene detto che, sopra l’altar maggiore, vi era la volta affrescata; oggi restano solo tracce della sinopia dove si vede debolmente la mitra sul capo di san Siro.
Nel 1977, con l’intervento della Soprintendenza, l’affresco absidale è stato staccato e trasferito su un apposito supporto in fondo alla navata sinistra della chiesa parrocchiale S. Carlo. Sul catino, i simboli degli Evangelisti ed il Cristo in maestà, al centro la Vergine con il Bambino, attorniata dai santi Siro, Giovanni Battista e Bernardo. Sul lato sinistro del cilindro absidale, una pittura più antica raffigura san Bartolomeo e san Bernardo da Mentone (o d’Aosta, XI secolo), individuabile dalla scritta parzialmente leggibile, “S BERN […]” e dal demonio che, secondo la tradizione, tiene legato alla catena. Sulla parete destra, molto rovinata, sono visibili mura merlate di una città


Storia e descrizione del sito
:
CHIESA DI SANTA MARIA DI TREBEA
L’antica chiesa cimiteriale di Casalborgone dedicata alla Vergine Maria, che fu parrocchia dai tempi più remoti e sino all’assegnazione del titolo parrocchiale alla chiesa di S. Carlo Borromeo nell’anno 1986, ha il toponimo – Trebea – tramandato nei soli documenti ecclesiastici secoli dopo che la località era scomparsa; era l’antica Trebledum, citata in un diploma dell’imperatore Ottone III alla fine del X secolo, e che sorgeva nelle vicinanze della chiesa. Ritrovamenti di epoca romana fanno supporre che già nel I secolo d.C. vi fosse un piccolo centro abitato sulle rive del Leona alla confluenza di strade che conducevano ad Industria. La chiesa stessa lo rivela nelle sue fondamenta ove furono utilizzati mattoni di epoca romana, probabile spoglio di preesistenti edifici.
L’abside conserva alcune caratteristiche romaniche, labili tracce della costruzione originaria. Nella seconda metà del ‘600 l’edificio venne prolungato di sedici passi ed allargato di altrettanti, prendendo l’aspetto che conserva tuttora.


Luogo di custodia dei materiali:

Gli affreschi staccati dalla chiesa di San Siro sono conservati nella chiesa parrocchiale di San Carlo, piazza Carlo Bruna, 5

Informazioni:
Chiesa di San Siro, Strada Mongallo, isolata su un poggio a sud ovest dell’abitato. Per accedere alla chiesa, ritirare le chiavi presso la casa canonica adiacente alla parrocchiale di San Carlo, piazza Carlo Bruna 5 a Casalborgone, dove è anche possibile ammirare gli affreschi staccati dalla chiesa di S. Siro, tel. Parrocchia 011 9174308

Chiesa di Santa Maria di Trebea, nel cimitero.

Links:
https://trebea.wordpress.com/home/
http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/risorse/territorio/dwd/urbanistica/schede_comunali/1060.pdf

Bibliografia:
MAISTRELLO MORGAGNI M.G, San Siro di Casalborgone. Storia di un’antica parrocchia e della sua chiesa, Unitre di Chivasso, Quaderni, Dicembre 2008
Depliant Chiesa San Siro, Casalborgone.pdf
Scheda comune Casalborgone

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dai siti e documenti sopra indicati.

Data compilazione scheda:
14 ottobre 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Casalborgone SAN SIRO abside

Nichelino (TO): Castelvecchio di Stupinigi

Storia e descrizione del sito
Il castello detto “Castelvecchio” si trova in località Stupinigi, a lato della Palazzina di caccia juvarriana. E’ un grande edificio di fondazione basso medievale, pesantemente rimaneggiato nel Settecento a pianta vagamente quadrata, con al centro un ampio cortile, affiancato da una tettoia per il ricovero di attrezzi agricoli e animali, costruito in mattoni rossi e sormontato da tre torri dello stesso materiale. La muratura è decorata a rilievo con mensole scalari in laterizio.

Il primo nucleo del castello è già documentato nel 1288. Passò in diverse mani: la famiglia Sili, i cistercensi dell’Abbazia di Staffarda. Nel 1396 il castello e il territorio di pertinenza vennero venduti a Pietro de Caburreto. In seguito la proprietà fu acquisita dalla principessa Bona di Savoia e alla sua morte nel 1431, con gli altri beni degli Acaia, tornò al primo duca Amedeo VIII. Poi per più di un secolo resterà in feudo ai marchesi Pallavicino, subendo diverse modifiche e rifacimenti e assumendo le fattezze di fortezza quattrocentesca. Nel 1556 vi si insediò il governatore francese del Piemonte Carlo di Cossè, signore di Brissac. Dopo la vittoria di San Quintino il castello tornò brevemente ai Savoia, finché Emanuele Filiberto nel 1573 lo cedette all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro da lui appena fondato. Nel Settecento con la costruzione della Palazzina di Caccia il paesaggio di Stupinigi cambiò radicalmente: alcune case e la chiesa del borgo furono abbattute e il castello, decisamente ridimensionato, assunse il suffisso di “vecchio”. Di fatto per tutto l’Ottocento divenne un popolato condominio che ospitava decine di affittuari, personale, militari e guardiacaccia di servizio a Stupinigi. Mantenne però gli elementi del castello quattrocentesco: le torri quadrate, i cortili interni, gli spettacolari soffitti a botte e le tracce dell’impianto medievale.

Dal 2005 è in stato di completo abbandono.

Informazioni
L’immobile fa parte dei beni inalienabili della Fondazione Ordine Mauriziano, è sito nella frazione Stupinigi di Nichelino.

Links:
http://www.parchireali.gov.it/parco.stupinigi/punti-interesse-dettaglio.php?id_pun=1466
https://www.nichelino.com/news/index.php/come-eravamo/22-c-era-una-volta/2531-castelvecchio-degrado-irreversibile

Bibliografia:

Atlante castellano, Viglino Davico M., Bruno A., Lusso E., Massara G., Novelli F. a cura di, Torino, 2007.
TORINOstoria“, Anno 4 n. 37 marzo 2019: Castelvecchio, Patrito P., a cura di.

Fonti:

Notizie e fotografie dai testi e dai siti web sopra indicati.

Data compilazione scheda:
1 ottobre 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – G.A.Torinese

Rivalta (TO) : Cappella dei SS. Vittore e Corona

Storia del sito:
La cappella dei SS. Vittore e Corona è menzionata per la prima volta nel 1047, quando l’imperatore Enrico III la donò ai canonici di San Solutore di Torino. Nel corso del XII secolo, periodo al quale risale probabilmente l’attuale edificio, appartenne a San Giusto di Susa. Dal XIII secolo fece parte dei possedimenti del Monastero di Rivalta, al quale fu sottoposta sino alla sua soppressione, alla fine del XVIII secolo.
Pesanti rimaneggiamenti hanno alterato l’impianto medievale dell’edificio: intorno al 1681 furono aggiunti il portico di ingresso, le due cappelle laterali simmetriche, il campanile e un imponente altare barocco, che limita l’accesso all’abside. Nel 1833 fu destinata a lazzaretto in seguito ad una epidemia di colera e le pareti interne ricoperte da uno spesso intonaco di color rosa. A tali interventi si deve la perdita di una parte dei preziosi affreschi quattrocenteschi che decoravano la navata, riportati alla luce da un restauro nel 1998. I restauri degli affreschi dell’abside erano già stati eseguiti nel 1996-1997.

Descrizione del sito:
Rivelano l’originaria struttura romanica, a navata unica, la decorazione ad archetti pensili in facciata e l’abside semicircolare, spartita da lesene. Sulla parete esterna, sotto il portico, un affresco del 1709 con san Vittore a cavallo.
La decorazione dell’abside,che risale al XV secolo, segue il modello romanico con la rappresentazione, nel catino, di Dio Padre con la barba bianca, con la mano destra nel gesto della benedizione, racchiuso da una “mandorla” e dei simboli degli Evangelisti. Ai lati, nella parte inferiore, le figure di san Vittore con la spada, a sinistra, e di santa Corona con la palma del martirio, a destra.
Nel cilindro absidale, come di consueto, vi sono le figure degli Apostoli, contornate da una fascia decorativa a tessere alternate bianche e nere sullo sfondo bordeaux, della quale si trovano esempi analoghi in opere di Jaquerio e della sua scuola a Sant’Antonio di Ranverso, a Fénis, nel presbiterio di Pianezza e nel chiostro dell’Abbazia di Abondance (Donato G. in: Canavesio, 2000, pag.79-80). Gli Apostoli sono solo nove, i tre mancanti non furono mai dipinti.
L’inserimento del grande altare barocco distrusse l’affresco della “Messa di San Gregorio” di cui rimane solo un frammento.
Gli affreschi nella navata narrano le vicende e il martirio dei santi Vittore e Corona, culto nel Medioevo assai diffuso nel Monferrato e attestato a Rivalta anche dagli Statuti del 1247. Il ciclo è disposto sulla parete sud, su due registri, divisi in riquadri di diversa larghezza che si inseriscono, per la loro forza drammatica in un contesto pittorico di scuola jaqueriana. Notevole la crudezza della raffigurazione di alcune scene, come quella di alcune delle molte torture cui è sottoposto Vittore e dello smembramento di Corona. Per l’iconografia rimandiamo ai testi di Coden e di Gallo.
Sono raffigurati, sulla parete nord, mutili per l’apertura di una cappella, san Sebastiano, di cui si è conservato solo il bel volto, san Martino a cavallo, san Bernardino, san Grato e san Giovanni Battista.
Entrando nell’abside, a destra, sul piedritto dell’arco trionfale si trova una “Madonna del latte” di iconografia rara perché sta spruzzando il latte in bocca al Bambino che si agita e pare rifiutarlo, secondo Albrile, per probabile influsso gnostico; sullo sfondo è dipinta una struttura architettonica, con due alte bifore gotiche. Anche queste figure sono state attribuite da Augusta Lange ad un abile maestro ispirato ai modelli jaqueriani.
Nello sguancio sinistro della finestrella che si apre tra la figura di san Paolo e il gruppo di apostoli di destra, si trova una natura morta di carattere liturgico: due piccole ampolle per l’Eucarestia, un rotolo di pergamena, un aspersorio, il libro dei Vangeli ed una scatoletta per le ostie. Dietro le ampolle ci sono delle piccole candele e un cero votivo, riposto diagonalmente e dipinto ancora fumante con tutte le gocce della colatura della cera. Lungo l’asta del cero si vedono delle monete conficcate, poste in sequenza verticale. Osservandole con un forte ingrandimento risulta riconoscibile anche il loro conio […] Queste monete sono del tempo di Ludovico di Savoia (1434-1465)(Malafronte). Lo stesso motivo, leggermente variato, si ritrova nella cappella del castello di Fénis in Valle d’Aosta, che conserva opere di scuola jaqueriana (Gallo, 2003, pp. 68-69).

Sull’altare barocco è custodita in una nicchia, dietro la piccola pala, la statua del san Vittore che ogni anno viene portata in solenne processione alla chiesa parrocchiale.

Informazioni:
La chiesa dei Santi Vittore e Corona sorge fuori dal centro storico, a nord-est, su un’altura raggiungibile dalla strada che collega Rivalta e Rivoli.
Per le visite contattare l’Associazione Partita di San Vittore, tel. 011 9091186.

Links:
http://www.comune.rivalta.to.it/il-comune/territorio/beni-storici/cappella-dei-santi-vittore-e-corona

http://www.jaquerio.afom.it/rivalta-di-torino-to-chiesa-ss-vittore-e-corona/

https://www.academia.edu/229880/Agiografia_e_iconografia_dei_santi_Vittore_e_Corona

https://www.facebook.com/watch/?v=527292971508185

Bibliografia:
ALBRILE E., Maternità incestuose e Madri visionarie. Due rappresentazioni anomale di religiosità femminile, in: «Mediaeval Sophia». Studi e ricerche sui saperi medievali, E-Review semestrale dell’Officina di Studi Medievali n° 15-16, gennaio-dicembre 2014, pp. 1-21
CANAVESIO W. et alii (a cura di), Jaquerio e le arti del suo tempo, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino 2000
CODEN F. (a cura di), Il santuario dei Ss. Vittore e Corona a Feltre. Studi agiografici, storici e storico-artistici in memoria di mons. Vincenzo Savio, Belluno, Diocesi di Belluno-Feltre, Santuario dei Santi Vittore e Corona, 2004. (Gli affreschi di Rivalta sono trattati nelle pp. 229-49)
GALLO L., La chiesa dei Santi Vittore e Corona, in: Tesori del Piemonte – Rivalta di Torino. Guida-ritratto della città, Editris, Torino 2002, p. 89 ss.
GALLO L., Gli affreschi quattrocenteschi della Chiesa dei Santi Vittore e Corona di Rivalta di Torino, in «Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti» N.S. 54-55, 2003-2004, p. 69
GALLO L., I Santi Vittore e Corona. Un’antica tradizione cultuale a Rivalta di Torino, in : R. Comba-L. Patria (cur.), L’Abbazia di Rivalta di Torino nella storia monastica europea, Torino 2007, pp. 571-596.
LANGE A., Gli affreschi di San Vittore a Rivalta Torinese [S.l. : s.n., 1983?!. – 7 p. (Estr. da: Bollettino della Società piemontese di belle arti, n.s., 35-37, 1981-1983
MALAFRONTE P., Gli affreschi di San Vittore a Rivalta di Torino, Tesi di laurea rel. G. Romano, Università degli studi di Torino – Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2007-2008, pp. 83-84-85
PEDRANI  G., La cappella dei santi Vittore e Corona. Rivalta di Torino, Alzani, Pinerolo TO 2012
Crosta articolo-Taurasia_2020

Fonti:
Notizie e foto dai siti sopra citati.

Data compilazione scheda:
4 luglio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Val della Torre – Brione (TO): Chiesa di Santa Maria della Spina

Storia del sito:
Le prime notizie della presenza umana sul territorio comunale risalgono all’epoca romana, come testimonia una lapide funeraria rinvenuta nei dintorni di Brione e conservata nella chiesa di Santa Maria della Spina sino alla fine del XIX secolo. La lapide, alta 1,78 m, ricorda un certo Valerio Vinissio, figlio di Anfione (VALIIRIVS / VINISSIVS / AMPHIONIS / F), ed è  conservata nei depositi del Museo di Antichità di Torino (2020).
Lo stesso idronimo del torrente che solca la valle, il Casternone, potrebbe avere un’origine romana, forse riconducibile a castrum nonum.

La storia di Val della Torre è profondamente legata ai monasteri di San Martiniano, citato in un documento del 904, che andò in rovina attorno all’anno 1000 e, soprattutto, a quello femminile cistercense di Brione (attuale Chiesa di Santa Maria della Spina), che raggiunse il massimo dello splendore nei secoli XIII e XIV.

La costruzione della chiesa è ascrivibile agli inizi del XII secolo, citata per la prima volta in un documento datato 1118, nell’elenco dei beni posseduti dall’Abbazia di San Solutore di Torino.
In un documento datato 26 novembre 1200 si legge che Remota è la “priorissa ecclesiae Sancte Marie de Briono”. Le monache cistercensi precedentemente occupavano, come si evince da un documento datato 30 giugno 1197, il monastero di San Martiniano. Consacrata il 30 dicembre 1283 dal Vescovo di Torino Goffredo di Montanaro, è da ascrivere allo stile romanico-lombardo e realizzata a cavallo del 1200. Nel secolo XIII il Priorato femminile Cistercense di Brione era l’ente più forte che comandava in Val della Torre, estendeva la sua influenza anche fuori della valle e persino in Torino; imprestava anche denari e faceva operazioni bancarie di depositi e prestiti.
Verso il Trecento comincia la decadenza del monastero, che si accentua nel secolo seguente. Nella relazione della visita pastorale di Mons. Peruzzi (vescovo di Sarsina) del 1584, si legge che la chiesa è “ampia ma fieramente desolata e con parecchi altari indecentissimi”. In seguito alla visita pastorale viene aggiunta la specifica “della Spina”. Quando il Concilio di Trento vietò ai monasteri femminili di stare fuori dell’abitato, il monastero di Santa Maria, in cui era già sostituita la regola di Santa Chiara a quella Cistercense, passò a Moncalieri. Il 1° dicembre 1601, con decreto dell’Arcivescovo di Torino, Monsignor Broglia, viene definitivamente chiuso e le monache trasferite presso le Clarisse di Torino; la chiesa di Brione venne poi costituita in parrocchia.
Classificata monumento nazionale il 15 luglio 1903.

Descrizione del sito:
la Chiesa, in stile romanico-lombardo nel suo più completo sviluppo, è sita lungo la strada provinciale che collega Alpignano a Givoletto, in corrispondenza della frazione di Brione. L’edificio presenta tutti i fronti liberi, ad esclusione di quello a nord, ove si collocano i locali ad uso parrocchiale, e con facciata rivolta ad ovest.

Pianta: la Chiesa ha pianta a T, costituita da tre navate, di cui le laterali molto strette: quella a sinistra è larga circa 1,50 metri, quella a destra 1,30 metri concluse da transetto (che sporge esternamente di circa 2 metri) e absidi; la lunghezza complessiva interna della chiesa è di circa 25 metri. La navata centrale e quella destra sono concluse da absidi semicircolari. L’abside che concludeva la navata sinistra è stata sostituita con l’attuale sacrestia. Il presbiterio è collocato nella crociera del transetto.

Struttura: l’edificio ha struttura portante mista in pietrame e mattoni, completamente intonacata internamente, parzialmente all’esterno; il tetto è a falde, con struttura lignea e manto di copertura in coppi. Le campate della navata centrale sono coperte da volte a botte unghiate, mentre la quinta campata e le navate laterali sono coperte da volta a botte; le absidi sono coperte da semicupole; i bracci del transetto sono coperti da volta a botte a destra e volta a padiglione a sinistra. Il tetto è a falde, con struttura lignea e manto di copertura in coppi.

Facciata: la facciata, volta a occidente, è con fronte a capanna e salienti, tutta di mattoni in vista e ci presenta nella cornice un’elegante e ben fatta archeggiatura a tutto sesto in cotto.
Le pendenze del frontone formano al vertice un angolo di 135°. La parte centrale è conclusa con una cornice in cotto ad archetti, mentre le pendenze delle navatelle laterali sono fregiate da cornici in cotto dentellate. Il portale d’ingresso, in legno a due battenti, con arco a tutto sesto, è inserito in una struttura muraria in aggetto rispetto il filo di fabbrica. Al di sopra del portale si apre un rosone con fregi in cotto, a sua volta sovrastato da una apertura a forma di croce. Sulle navatelle laterali, nella parte alta, si aprono una finestrella quadrilobata a sinistra, e ad oblò a destra.
Da un documento datato 10 febbraio 1247 si desume che sul fronte della chiesa era presente un portico, di cui oggi non rimane traccia: “actum est subter porticum in Sancta Maria da Briono”.

Prospetti laterali: sul prospetto est si trovano le due absidi affiancate dal volume della sacrestia. L’abside centrale è ornato da archetti di ronda su fondo di calce bianca e presenta dimensioni e altezza maggiore di quella laterale; sopra gli archetti corre una cornice in mattoni disposti a dente di sega; su ambo le absidi si apre una monofora romanica tipo feritoia a forte sguincio interno ed esterno, limitata superiormente da arco a tutto sesto poggiante su colonnette a capitello cubico.
I fronti esterni presentano tessitura muraria in parte a vista, in parte ricoperta da uno strato di intonaco grezzo di cui alcune zone tinteggiate. I prospetti evidenziano la consistenza volumetrica dell’interno, con la navata centrale più alta di quelle laterali. Sui fianchi sono visibili tracce di un’antica cornice in cotto, a testimonianza della sopraelevazione in occasione della realizzazione delle volte interne. Il prospetto sud, in corrispondenza della navata laterale, presenta il muro scandito da lesene; in corrispondenza delle campate centrali si aprono tre finestrelle arcate a tutto sesto, strette come feritoie, con accentuata strombatura interna ed esterna. Sullo stesso prospetto sono presenti tracce di due antiche aperture, ora tamponate, una posta tra la torre campanaria e la seconda campata, l’altra in corrispondenza della quarta campata, quest’ultima racchiusa entro una ghiera in mattoni. In corrispondenza del cleristorio si aprono tre finestre quadrangolari. Sul transetto sud sono visibili tracce di archetti a tutto sesto, mentre nel sottogronda è presente una cornice in cotto; centralmente si apre una finestra rettangolare.

Campanile: realizzato nel 1601 in probabile sostituzione di un campaniletto preesistente. Collocato sul lato destro dell’edificio e inglobato nella parte iniziale della navata destra, si eleva su base a pianta rettangolare, con cella campanaria aperta su tutti i lati e sottostanti quadranti dell’orologio. Sul lato sud, a metà altezza, è dipinta una meridiana.

Interni: le campate della navata centrale sono scandite da arconi impostati su alta trabeazione e lesene. In corrispondenza della prima campata, al di sopra della bussola d’ingresso, è posta una tribuna con soletta in muratura, protetta da ringhiera in ferro; il rosone, che si apre in facciata, è corredato di vetrata artistica, raffigurante Santa Maria della Spina. Le navatelle laterali si aprono sulla centrale mediante arcate a tutto sesto. Nella seconda campata della navata di sinistra è collocata una statua del Sacro Cuore di Gesù, mentre nella terza campata è collocata una tela raffigurante la Crocefissione. Nella seconda campata della navata destra si trova l’altare in marmo dedicato alla Madonna della Spina, mentre nella quarta campata si trova una nicchia con la statua di San Giuseppe. Nel transetto sul lato sinistro si trovano due teche contenenti le statue di San Rocco e Sant’Antonio Abate, oltre ad una tela raffigurante la Madonna, Sant’Antonio da Padova e Santa Chiara. Nell’abside della navata destra è collocata una mensa lignea e la statua della Madonna. La chiesa presenta pavimentazione omogenea in pietra di Barge. L’antico apparato pittorico è stato interamente ricoperto da intonaco a base cementizia. I fronti delle arcate, in corrispondenza del transetto, e le strombature delle finestrelle arcate, sono stati riportati a finitura originaria in cotto a vista. La copertura della chiesa era in origine il tetto in vista oppure, in seguito, un soffitto di legno sostenuto dalle catene delle capriate; pare che di tale soffitto si riscontrino le traccie nel solaio sopra le volte; anche le volte delle navatelle laterali sono posteriori. Nel XIX secolo vengono realizzate volte a botte a copertura delle navate, nonché applicate lesene contro i pilastri antichi. Il pavimento viene rialzato di 1,25 metri per combattere l’umidità del suolo, talvolta invaso delle piene del torrente Casternone.
Nel 2015 è stato effettuato un restauro di consolidamento e adeguamento dell’impianto di riscaldamento con la realizzazione di intercapedine areata a pavimento, la posa del pavimento scaldante, il rimontaggio del pavimento in pietra di Barge. Viene anche sostituita la pavimentazione in marmo nel presbiterio e in cementine nella cappella laterale con pietra di Barge.

Descrizione dei ritrovamenti:la Chiesa di Santa Maria della Spina ha conservato sino alla fine del XIX secolo la lapide funeraria, rinvenuta nella frazione Brione, risalente all’antico Impero Romano (II secolo d.C.).
La lapide tombale misura cm. 178 di altezza ed è larga circa cm. 60, ed è attualmente conservata presso i depositi del Museo di Antichità di Torino.

Informazioni:
La Chiesa è sita nella frazione Brione di Val della Torre, in Piazza Santa Maria della Spina. Telefono: 011 968 8225

Links:
https://www.comune.valdellatorre.to.it/it-it/

http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/

Bibliografia:
Olivero E., L’antica parrocchia di Brione (Val della Torre), in ID., Architettura religiosa preromanica e romanica nell’archidiocesi di Torino, Torino 1941, pp. 326-336
Cartario del Monastero di S. Maria di Brione fino all’anno 1300, a cura di G. SELLA, Pinerolo 1913 (Biblioteca della Società storica subalpina)
Teofilo Rossi di Montelera, Per una futura storia di Torino, G. Brignolo, Pinerolo 1913
Prato Pietro, Alcune notizie storiche riguardanti Val della Torre raccolte e ordinate dal Teologo Cav. P. Prato, Prevosto di S. Donato, Tipografia e Legatoria Conte, Savigliano (CN) 1913
Ferrua Luciana, Il Monastero Femminile di S. Maria di Brione, Comune di Val della Torre. Fusta Editore, Saluzzo (CN) 2010
Chiarle Giancarlo, Fondazioni monastiche e organizzazione del territorio. Il caso di Brione. Parte prima: (secoli X-XIII), in: Bollettino storico-bibliografico subalpino 108 (2), 2010, pp. 325-416

Fonti:
Fotografie di Nicolò Vogogna
Foto degli interni di Antinea Scala.

Data compilazione scheda:
10 maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Nicolò Vogogna – G.A.N.V. (Gruppo Archeologico Naturalistico Valtorrese)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Villar Focchiardo (TO): Cascina Roland

Storia del sito:
È un’antica casaforte della Val Susa, testimone di grandi leggende. La Cascina deve il suo nome ad un grande masso erratico situato accanto alle sue mura. E’ spaccato di netto in due parti; la leggenda narra che sia stato tagliato dalla magica spada Durlindana del paladino Orlando, furioso per la perdita della donna amata.
Nel secolo XI il territorio di Vllar Focchiardo apparteneva alla chiesa di San Giusto di Susa e, per un periodo non molto lungo, anche l’antica certosa di Montebenedetto (vedi scheda) vi ebbe giurisdizione. Tra il XII ed il XIII secolo governarono i visconti di Baratonia, fedeli sudditi sabaudi, e dopo di loro furono i potenti nobili Bertrandi a dominare in valle: a loro si devono con probabilità le opere di rinforzo di una struttura già esistente in precedenza, come denunciano le sopraelevazioni del coronamento merlato.
In epoca napoleonica la Cascina Rolando era diventata azienda agricola e tale rimase, con frazionamenti progressivi di proprietà fino alla fine degli anni Novanta del secolo scorso quando fu acquistata dalla Provincia di Torino.
Nel 2012 è stata riaperta e adibita a ristorante.

Descrizione del sito:
La planimetria del complesso è assimilabile ad un recinto pressocchè quadrato mancante di una porzione nello spigolo sud-est; le mura presentano l´antica tessitura muraria in pietra e il coronamento di merli ancora per lunghi tratti; all´interno si distinguono quattro nuclei fabbricati.
L´accesso principale avviene al centro del fronte nord, prospiciente la statale 24, in corrispondenza di un tratto di cinta ancora merlato che presenta chiari segni di sopraelevazione e che separa due fabbricati. Quello a sinistra, preceduto dal leggendario “masso di Rolando” ha caratteri di edificio residenziale ed è qualificato da due finestre archiacute con corniciature decorative in cotto che orientano verso una datazione tra il XIV ed il XV secolo. Sulla superficie intonacata si leggono ancora pochi lacerti di figurazioni affrescate di cui non è possibile identificare il soggetto. Una porta, recentemente riaperta, permette l´accesso diretto al fabbricato, probabile sede di soste temporanee del signore o degli ospiti più illustri.
Gli altri fabbricati denunciano la destinazione rurale cui erano stati adibiti con successivi adattamenti.

Informazioni:
Via Antica di Francia, 11; mail: info@cascinaroland.com
tel.3335377434 – 3335235659

Links:
http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-vfocchiardo1

https://www.cascinaroland.com/

Fonti:
Notizie e fotografie dal sito www.cittametropolitana.torino.it

Data compilazione scheda:
13 maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese