Provincia di Novara
Romagnano Sesia (NO) : Chiesa di San Silvano e “Cantina dei Santi”
Storia del sito:
L’abbazia benedettina di Santa Croce venne fondata intorno al 1008 da Bosone, figlio di Arduino IV e fratello del capostipite dei Marchesi di Romagnano e, almeno dal 1040, mutò titolo, divenendo Abbazia di San Silvano o Silano, perché, secondo la tradizione, vi erano state portate le spoglie del Santo. La chiesa abbaziale, documentata nel 1008 e nel 1040, venne ricostruita verso la metà del XVI secolo, con struttura a tre navate, e successivamente sottoposta a nuovi interventi nel 1692. Danneggiata da un incendio, fu edificata nelle forme attuali dal 1845 al 1856. Il campanile è un resto delle fortificazioni distrutte dalle truppe francesi nel 1447. Attualmente è la chiesa parrocchiale, intitolata alla Ss. Annunziata e a San Silvano. All’interno conserva pregevoli opere di varie epoche.
Nei pressi della chiesa esistono resti di edifici che costituivano, probabilmente, il nucleo originario benedettino, tra questi la cosiddetta “Cantina dei Santi”, un fabbricato seminterrato, circondato e sovrastato da altri edifici. Data la scarsità di documentazione rimane incerta la sua originaria destinazione d’uso, anche se pare sia stata usata dai monaci in un primo momento come aula capitolare e in seguito come cantina. Viene nominato per la prima volta come “Cantina dei Santi” nel 1777 in un documento dei “Beni dell’Abbazia di San Silvano di Romagnano”; si sa tuttavia che le sue origini sono ben più antiche. Nel corso dei secoli l’utilizzo improprio dell’edificio lo ha portato ad un grave degrado tanto da essere utilizzato come deposito agricolo. Solo in questi ultimi anni, grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale, della Pro-loco e dei romagnanesi, l’edificio ha riacquistato dignità. Conserva interessanti frammenti di un ciclo di affreschi del XV secolo.
Descrizione del sito:
Nella CHIESA DI SAN SILVANO vi sono due arredi liturgici di marmo bianco molto antichi: un sarcofago paleocristiano del V secolo utilizzato come altare e un cippo votivo risalente al II-III secolo, impiegato come ambone.
Il sarcofago è decorato con motivi architettonici sia sul fronte anteriore sia su quello posteriore: davanti, tra due arcate, vi è il fregio che simboleggia il martirio cristiano, mentre dietro si trova una striscia decorata a sbalzo e scalpellata nella parte a destra. Anticamente il sarcofago era sepolto sotto l’altare maggiore della chiesa, e fu riportato alla luce nel 1770 in occasione dei lavori intrapresi per sostituire il vecchio altare con uno nuovo e si scoprì che all’interno conteneva un’urna di legno che custodiva le reliquie del martire romano San Silvano.
Il cippo votivo, anch’esso originariamente svuotato per ospitare le reliquie di Santa Felicita, presenta su ciascuno dei lati decorazioni quali colonne tortili, capitelli corinzi piuttosto deteriorati e una fascia di motivi floreali nella parte superiore. Interessanti sono le due figure maschili in rilievo sui fronti anteriore e posteriore: la clamide (specie di lunga veste) indica probabilmente la raffigurazione di due magistrati romani, curiosamente con gli occhi non paralleli, forse per un’approssimazione dell’artista oppure per un intervento successivo.
Nella sacrestia della chiesa sono conservate opere pittoriche cinquecentesche di notevole valore tra cui: una Madonna con Bambino del 1513, opera di Macrino d’Alba; un “Ecce Homo” eseguito intorno al 1575 da Bernardino Lanino; una tavola di grandi dimensioni raffigurante la Pentecoste, attribuita al Lanino.
La “CANTINA DEI SANTI” è situata nell’antica contrada denominata “badia”, si presenta con le mura originali del sec. XI, costituite da ciottoli disposti a spina di pesce e pietre distribuite in corsi orizzontali. Da un ampio atrio a doppio portico, sostenuto da sette pilastri in cotto con soffitto di tavole sostenute da travi e, da un altro portico, con volte a vela, di epoca settecentesca, si accede a due locali: quello più in fondo non presenta particolare interesse artistico, mentre quello che si incontra per primo sulla destra conserva su tutte le pareti un ciclo di affreschi databili al XV secolo, per lo più in buono stato di conservazione.
Gli AFFRESCHI che decorano la “Cantina dei Santi” sono di grande importanza perché rappresentano un ciclo di iconografia inconsueto per la zona: in origine, si succedevano ventotto riquadri, ora ne rimangono leggibili una decina e rappresentano episodi della vita di Re Davide, tratti dal I e II libro di Samuele. Le scene sono corredate da una serie di scritte didascaliche in parte ancora leggibili. L’autore degli affreschi è incerto, da alcuni critici sarebbe Bartulonus da Novara, pittore attivo in zona nella seconda metà del Quattrocento. Si segnalano: una scena agreste rappresenta Davide pastore che difende il suo gregge uccidendo una belva feroce; l’esercito nemico dei Filistei accampato di fronte a quello d’Israele; la vestizione di Davide da parte di Saul; la lotta con Golia; la fuga dei Filistei sconfitti; Davide che presenta la testa di Golia a Saul; Davide che uccide i Filistei; le nozze con Micol. Uno stemma compare nella parete interna d’ingresso alla sala affrescata, ripetuto anche sopra la porta: sei bande verticali, con alternanza dei colori rosso e bianco, sormontate da una stilizzata aquila nera coronata in campo giallo, con ai lati le lettere P e T (si pensa riconducano al committente abate Pietro Tizzoni) e sei bastoni inclinati ciascuno con cinque tizzoni accesi.
Altre notizie e cartina dettagliata nel PDF: CANTINA-DEI-SANTI
Informazioni:
In Via Ragni si trova la chiesa Parrocchiale.
La “Cantina dei Santi” è nei pressi della Parrocchiale, in Via Abbadia, e vi si accede tramite un piccolo vicolo collegato al parco IV Novembre.
Comune di Romagnano Sesia, tel. 0163 826869
Links:
http://www.comune.romagnano-sesia.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=2012
http://www.uciimtorino.it/cantina.htm
Bibliografia:
BRUGO C., L’abbazia di San Silvano in Romagnano, Comune Parrocchia SS. Annunziata e S. Silvano, Romagnano Sesia, 2000
Fonti:
Notizie e immagini in basso dai siti sopra indicati. Foto in alto da web.tiscalinet.it
Data compilazione scheda:
04/06/2007 – aggiornamento maggio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
Romagnano Sesia (NO) : Chiesa di San Martino di Breclema e resti del Castellazzo
Storia del sito:
Il “castrum” di Breclema è documentato a partire dall’XI secolo e confermato in documenti datati 1219 e 1221. Sorgeva in pianura e doveva essere un importante presidio per il controllo e la difesa del vicino guado del fiume Sesia.
Il villaggio di Breclema venne distrutto nel XIV secolo a seguito di complesse vicende politiche tra i Conti di Biandrate, signori di Breclema, e il Comune di Novara. Dalla distruzione si salvò la chiesa di San Martino, che risale all’XI secolo, e parte delle fortificazioni di cui ancora oggi sono visibili i resti, denominati “Castellazzo”. Il territorio fu aggregato a Romagnano.
Si deve arrivare al Seicento per avere altre notizie dell’edificio religioso in quanto venne trasformato in una sorta di lazzaretto durante le guerre e le pestilenze che infierirono a Romagnano in quell’epoca.
Risulta, da atti parrocchiali, che nel 1693 fu rinnovato l’antico dipinto raffigurante la Vergine Maria e Sant’Ilario.
Significativi per la conoscenza dell’oratorio romanico sono stati gli scavi archeologici effettuati a partire dal 1996 fino al 2001, disposti dal Comune.
Descrizione del sito:
Le murature della CHIESA DI SAN MARTINO sono costituite da ciottoli di fiume e da alcuni laterizi romani di reimpiego. Il campanile a pianta quadrata sembrerebbe essere stato ricavato dalla struttura di un’antica torre. Presenta piccole monofore e ripiani decorati da archetti doppi.
All’interno della chiesa, a navata unica, sulla parete sopra l’altare, si trova il dipinto raffigurante la Vergine Maria e sant’Ilario.
Altre notizie nel PDF: M.Omodei Zorini – San Martino di Breclema
Il cosiddetto “CASTELLAZZO” di Breclema presenta le caratteristiche tipiche dei castelli anteriori al Mille ed è costituito da due recinti murari a pianta quadrilatera: uno più ampio (circa 34 x 40 m) a cui si appoggiano gli edifici dell’interno, e l’altro più ristretto (circa 11 x 23 m) che presenta finestrelle strombate, merlature e tracce di camminamenti. È una costruzione massiccia, caratterizzata dai muri realizzati con ciottoli di fiume, disposti in parte a spina di pesce e in parte irregolarmente.
Il 30 aprile 1524 Pierre Terrail di Bayard, (Baiardo, il “cavaliere senza macchia e senza paura”), fu ferito a morte nei pressi di San Martino di Breclema, nel corso di un fatto d’armi tra l’esercito francese di Francesco I e quello spagnolo di Carlo V.
Descrizione dei ritrovamenti:
Gli scavi nei pressi della chiesa di San Martino hanno rivelato sul lato est una doppia abside e sul lato ovest un’area cimiteriale entro un ampio recinto, probabilmente un antico nartèce. Si presume che la prima costruzione fosse di età Carolingia.
Informazioni:
La chiesa di San Martino dista tre chilometri dal centro storico di Romagnano in direzione di Novara. Parrocchia tel. 0163 833409
Nelle vicinanze della chiesa vi è un cascinale denominato “Castellazzo”, residuo dell’antica fortificazione. Vedi foto su :https://www.google.com/maps/place/Castellazzo+di+Breclem
Links:
http://www.centocastellinovara.it/castle?id=65
http://www.comune.romagnano-sesia.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=25063
Bibliografia:
M.R. FAGNONI (a cura di), Alla scoperta di antichi Oratori campestri, Provincia di Novara, Novara. 2003
E. ISAYEV, Scavi a san Martino di Breclema, Bollettino Storico Prov. Novara, 1, 1996, Soc. Storica Novarrese, Novara, 1996
M.G. VIRGILI, R. FUMAGALLI, Intorno a Breclema, Asoc. Musei della storia etnografica bassa Valsesia, Romagnano Sesia NO, 1974 (estr da Bol. Storico, 1964)
Fonti:
Per San Martino vedi anche http://www.provincia.novara.it/Editoria/EditoriaDoc/oratori/romagnano.htm, sito da cui sono tratte le fotografie. Prima foto in basso da Wikipedia.
Data compilazione scheda:
3/5/2007 – aggiornamento maggio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Recetto (NO) : Resti del ricetto
Storia del sito:
Il 7 febbraio 1266, Bonsignore da Arborio, giurava cittadinatico al Comune di Vercelli e citava le proprie fortificazioni situate ad est della Sesia, nel luogo chiamato Cerreto (località che denuncia l’esistenza di un querceto, di un bosco a cerri, probabilmente un “gualdo”) costituite dal castello, dal ricetto e da case in muratura. Il ricetto dovette essere di grande impatto sull’area, in quanto, nel giro di pochi decenni, fu in grado di mutare il toponimo del luogo; nel 1348 il villaggio non è più indicato Cerreto ma Recetto. Dapprima si sviluppò un villaggio in prossimità della regione Cerreto servito dalla chiesetta dedicata alla Madonna delle Nevi; in seguito, eretto il castello ad ovest – a 200 metri, in posizione leggermente rialzata e separata da un avvallamento – l’abitato finì per gravitare sui due poli chiesa-castello (est-ovest).
Col trattato di Torino del 2 dicembre 1427, il territorio di Vercelli veniva ceduto dal Visconti al Savoia; i diritti di confine erano sanciti lo stesso giorno proprio nel castello di Recetto, che, anche se posto sulla sponda milanese del fiume Sesia, rimaneva sotto la piena giurisdizione di Amedeo VIII. Nell’atto è menzionato il castello ma non il ricetto. Solo con la pace di Milano, del 30 agosto 1454, i castelli di Recetto e Cassinale ritornarono sotto il dominio sabaudo; stessa dichiarazione si ripeté nell’accordo di Torino del 9 novembre 1467. È presumibilmente in questo periodo, caratterizzato da lotte e calme apparenti, che l’espansione di Recetto si indirizzò in direzione diversa nord-sud, formando la nuova “villa” e abbandonando la direttrice est-ovest.
Il 22 settembre 1513, Mercurino Arborio di Gattinara, riconosciuto discendente della casa Arborio, per ricompensa dell’opera svolta a favore della Casa Imperiale d’Asburgo, ottenne dall’imperatore Massimiliano, la concessione dei diritti feudali assieme al titolo comitale sui luoghi di Gattinara, Greggio, Arborio, Ghislarengo, Lenta, Recetto, Giardino, San Colombano. Da un documento del 1515 si deduce che il fortilizio di Recetto era costituito da un recinto in muratura, circondato da fossato e con un torrione presso la porta d’ingresso e con all’interno 13 case coerenti fra loro, la via, la “plathea castri “ e la “fovea castri”.
Il Contado fu poi innalzato a Marchesato il 19 settembre 1621; Recetto e Cassinale quali terre feudali del Gattinara, entrarono a far parte della provincia di Vercelli. In documenti del 1582 e del 1620, si rileva che vi erano il castello, ancora case dell’antico ricetto, ma anche spazi vuoti, canapifici, cantine e magazzini segno che parte degli edifici vertevano in rovina. Nelle ricognizioni si parla sempre di “castrum”, mentre il termine “recetto” compare nei documenti del Cinquecento e Seicento solo per indicare l’intera struttura e non una parte privilegiata di essa. È comunque indubbio che a partire dal 1515 esisteva un solo fortilizio denominato negli atti delle ricognizioni con il termine “castrum”. Il ricetto continuava ad essere di pertinenza signorile, non vi fu accolta la popolazione nel 1636, quando, per mano degli Spagnoli, Recetto venne distrutto.
Nel consegnamento del 25 gennaio 1666 il luogo era descritto “uno scito dirrochatto”. Dell’antica struttura fortificata rimase perciò solo parte del muro di cinta e il basamento del torrione quadrato d’ingresso che venne riadattato, presumibilmente dalla stessa Congregazione religiosa di S. Spirito, ricavando una cellula edilizia ad uso caritativo. Fu probabilmente allo scadere del primo decennio della seconda metà del Settecento che si procedette alla riplasmazione dei due edifici sacri centrali, compiendo inoltre il riordino urbanistico dell’area per adattarla a unico polo primario del paese: “la piazza di sotto”, che divenne piazzale-sagrato denominato ancora oggi localmente “piazza grande” (attuale piazza S. Domenico) per distinguerlo dalla “piazza di sopra” presso i resti del fortilizio (attuale piazza Castello) denominata “piazza pita” (piccola). A riguardo dell’area del castello si evince che la proprietà era passata alla Parrocchia di Recetto, che a sua volta la mantenne fino a quando, dopo diverse liti, fu ceduta definitivamente al Comune di Recetto con atto di permuta del 4 gennaio 1943.
Descrizione del sito:
L’antica cortina difensiva perimetrale aveva forma pseudorettangolare, m 75×63, con spigoli smussati e con torre d’ingresso in asse al fronte di ponente, e costruita in mattoni con zone in ciottoli alta circa m 5 e di scarso spessore (m 0,75-0,60). Oggi ne rimane un muro con feritoie intervallate regolarmente ogni due metri. Lungo il piano perimetrale dell’antico nucleo, è situato un antico edificio, di difficile datazione, di forma rettangolare con struttura portante in muratura continua di mattoni pieni e pietra naturale, dislocato su tre piani collegati da una scala esterna.
All’interno dell’area del ricetto vi è un’ampia zona libera, sistemata a pubblico giardino. La totale mancanza di edifici interni ha indotto anche studiosi a classificare il manufatto come tipo di nucleo difeso a struttura urbanistica semplice, ma l’analisi delle vicende storiche conferma che gli spiazzi aperti sono dovuti alle demolizioni degli edifici antichi. Molto semplice dal punto di vista architettonico è la chiesa di Santa Maria o Madonna delle Grazie. La sua origine risale probabilmente al XII secolo; anticamente intitolata alla Madonna delle Nevi, modificò l’antica attribuzione intorno alla metà del Cinquecento.
Nella frazione Cascinale, tra Recetto e San Nazzaro, un tempo chiamata Cassinale del Bosco, si trova ancora visibile un complesso fortificato già esistente nella prima metà del ‘400. Il nucleo era un tempo articolato su due poli insediativi: il castrum, castello con le abitazioni dei nobili e la villa, il villaggio. All’interno del castello si apriva la platea, un vasto cortile in comune sul quale si affacciavano magazzini e cantine.
Informazioni:
Nel centro storico. Comune tel. 0321 836119
Link:
http://www.comune.recetto.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=1990
Bibliografia:
M. VIGLINO DAVICO, I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medioevale, Edialbra, Torino, 1978
Fonti:
Le informazioni riportate nella scheda e la fotografia sono state tratte dal sito del Comune.
Data compilazione scheda:
14/1/2007 – aggiornamento maggio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Pombia (NO) : Resti della chiesa di San Giorgio
Storia del sito:
In origine la chiesetta era un piccolo edificio costituito da un’unica navata rettangolare terminante con tre absidiole. Planimetricamente richiama alcune chiese retiche del Cantone dei Grigioni. Il suo orientamento è canonico, ossia con il lato absidale rivolto a levante. Venne edificata sul sedime di una necropoli romana di cremati attribuita al I secolo a.C.
La dedicazione a San Giorgio, protettore dei “milites Longobardi” cristianizzati, la rilevanza politica di Pombia nella età Longobarda e le caratteristiche architettoniche dei resti hanno fatto attribuire la costruzione dell’edificio al primo quarto dell’VIII secolo, mentre l’affresco, più tardo, risalirebbe al IX secolo.
Descrizione del sito:
Dell’edificio rimangono pochi resti formati da rozze murature costituite da pietrame e laterizi di spoglio e la volta dell’absidiola a sud costruita con laterizi romani. Sono visibili uno spezzone del muro in elevazione del lato di mezzodì, tracce delle fondazioni e i muri perimetrali della absidiola a nord e di quella centrale. L’absidiola a sud conserva la volta traforata a livello di imposta da una finestrella strombata dall’interno verso l’esterno, che rimarca l’antichità del monumento. Questa absidiola era affrescata: dell’affresco rimangono frammenti che pare rappresentino il Salvatore fra due angeli. Il volto del Cristo è contornato da una aureola crocesegnata.
Descrizione dei ritrovamenti:
Reperti romani sono stati trovati nelle vicinanze.
Informazioni:
Presso la frazione di San Giorgio, in una zona isolata. Comune di Pombia tel. 0321 95333
Links:
http://www.comune.pombia.no.it
https://flaviaplumbia.jimdofree.com/monumenti/san-giorgio-chiesa/
Fonti:
Le notizie sono state tratte nel 2005 dal sito del Comune di Pombia.
Immagine dal sito Flaviaplumbia sopra indicato.
Data compilazione scheda:
04/11/2005 – aggiornamento maggio 2014 e febbraio 2023
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
Pombia (NO) : reperti protostorici e romani
Siti e ritrovamenti:
Pombia è rica di reperti archeologici, per una rassegna vedi il testo in bibliografia.
Le schede riguardano i seguenti siti:
Via Vittorio Veneto
Zendone
Tra le cascine Campore e Pisnago (3 schede)
Pisnago
Monticello, cimitero, proprietà Pplanca e Baù
San Giorgio, presso il canale regina Elena
Motto di Montelamo o Monte lame
Lungo la strada centro abitato-stazione
Regione Castello
Chiesa di San Martino (proprietà Meloni)
San Giorgio, chiesa e cascina omonima
Località Sant’Andrea, a ovest della frazione Quara
Regione Castello, zona detta “porta ferro”
Regione Castello (castro), parrocchiale di San Vincenzo
San Giorgio, cascina Guzzetta (2 schede)
Bibliografia:
SPAGNOLO GARZOLI G.; GAMBARI F.M., Tra terra e acque. Carta archeologica della Provincia di Novara, Novara 2004
Fonti:
Fotografia di reperti dal sito presso le rovine dell’oratorio di San Giorgio, tratte nel 2014 da pagine, non più esistenti nel 2020, del sito web www.sitbiella.it.
Data compilazione scheda:
4 maggio 2014 – aggiornam. maggio 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico torinese
Pombia (NO) : Oratorio di San Martino
Storia del sito:
Viene menzionata per la prima volta nell’anno 1048 e faceva parte del Convento dei SS. Graziano e Felino di Arona, ma la sua edificazione è precedente e risale al X-XI secolo.
Nell’anno 1758, durante la visita del vescovo Balbis Bertone, la chiesa viene trovata mal ridotta e, da quel momento, ne viene dichiarata la sospensione dal culto.
Successivamente diventa privata e viene trasformata in cantina (1785).
Descrizione del sito:
L’oratorio di S. Martino è un edificio di piccole dimensioni, diviso in tre navate, le due laterali molto piccole. Da un documento del 1112 pare esistessero anche tre absidi semicircolari, di cui si è conservata solo quella centrale, e un chiostro sul lato nord, di cui non rimane nulla.
La facciata, trasformata nel corso degli anni, è a salienti e dell’antica decorazione si notano due coppie di archetti pensili larghi e profondi, forse due piccole finestre. Una scala in muratura nella parte destra della facciata permette di salire al piano superiore, che serviva da fienile.
Le navate sono divise da pilastri in muratura e supporti monolitici che reggono archi a sesto ribassato. La seconda colonna a sinistra è formata da un monolito ricavato da una costruzione funeraria romana; su di esso sono visibili alcune lettere (probabilmente del II sec.) e tre boccali di vino, ciascuno di diversa capacità, che rappresentano antiche misure utilizzate nel Novarese.
Nel catino absidale e nelle pareti sono rimasti intonaci affrescati a più strati.
La navata centrale venne divisa in due piani da una soletta in ferro e laterizio, costruita tra fine 1800 e inizi 1900. Attualmente la soletta è stata eliminata e continuano i lavori di restauro.
Descrizione dei ritrovamenti:
Nell’edificio sono reimpiegati diversi frammenti di materiale da costruzione di epoca romana: nelle murature si riscontra la presenza di frammenti di tubature in terracotta (fistulae), così come nel tetto dell’abside sono riutilizzati tegoloni; un ulteriore frammento di cippo in granito è, poi, inserito in un muro della vicina abitazione. Nel cortile della cascina, era impiegato come abbeveratoio per il bestiame un sarcofago rettangolare in granito,privo di coperchio. Questo presenta un’iscrizione funeraria poco leggibile, priva di cornice, di cui è ancora leggibile il nome del defunto, un Crispinus Crescens vissuto per dieci anni.
Una delle brevi colonne che delimitano la navata sinistra poggia su una stele funeraria in calcare di età romana, oggi imbiancata e lacunosa nella porzione sinistra e nella parte superiore. La lastra, del tipo ad edicola, presenta sui lati una decorazione a pilastri, nella fascia inferiore tre tazze cilindriche con manico (modioli, misure di capacità) ed in quella superiore tre lettere finali di tre righe (F F F), ognuna delle quali doveva contenere solo un nome di defunto con il relativo patronimico. Sia stele funeraria che sarcofago sono verosimilmente provenienti da una necropoli non meglio identificabile, ma che si doveva estendere nei campi circostanti l’edificio. L’ipotesi è suffragata dal rinvenimento di tombe a inumazione di epoca tardoantica e altomedievale.
Informazioni:
All’interno di una proprietà privata. Via XXV Aprile. Tel. 0321 95220
Links:
http://www.ssno.it/html/arno/aromnov65.htm
Fonti:
Notizie e foto ricavate nel 2005 dal sito del comune di Pombia e dai siti sopra indicati.
Foto in basso di Roberto Bellosta da http://www.panoramio.com/photo/113623
Data compilazione scheda:
14/11/2005 – aggiornamento maggio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
Pombia (NO) : Ninfeo
Storia e descrizione del sito:
Il “ninfeo” presso i greci era il luogo di culto delle ninfe, grotta naturale o artificiale, con acqua sorgiva; nel mondo ellenistico e romano divenne una fontana monumentale con giochi d’acqua, formata da un ambiente rettangolare, poligonale o circolare con volta, talora con colonnato e arricchito di portici, statue, pitture e mosaici.
Il ninfeo di Pombia é una costruzione su pianta ottagonale, secondo uno schema classico, coperta da una volta cupoliforme. La tradizione locale comunemente lo denomina “vasca romana”.
La parte inferiore ed il pavimento dell’edificio risalgono al IV sec., mentre è più difficile datare le pareti verticali.
Si tratta di una costruzione per la raccolta delle acque provenienti da una sorgente naturale, elegantemente decorata fino ad un’altezza di un metro dal pavimento. Una passerella di pietra avente il bordo sagomato, larga 60 cm e sostenuta da piedritti di mattoni di carattere dorico romano, permette il periplo della vasca. Le nicchie esistenti nelle pareti con ogni probabilità contenevano statue raffiguranti delle dee Matrone, delle quali vi era largo culto nel Novarese e in altre zone del Piemonte, per esempio in Val di Susa.
Il ninfeo originariamente era fuori terra. In età basso-medievale, come si rileva dai muri di sostegno, vennero fatti dei terrazzamenti del declivio, così la costruzione venne interamente interrata e vennero chiuse le cinque aperture ovali della cupola, le quali fornivano l’illuminazione e l’aerazione. Molto probabilmente in età romana, per rispondere alle necessità del culto, esisteva un piccolo piazzale che scomparve con l’interramento.
Informazioni:
L’edificio si trova nascosto tra le piante ed interrato, all’interno di una proprietà privata in via Castello. Localmente conosciuto come fonte Rigolina. Comune tel. 0321 95333
Link:
https://flaviaplumbia.jimdofree.com/monumenti/ninfeo-romano/
Bibliografia:
DONNA D’OLDENICO G., Pombia tardo romana, Noseda, Como, 1955
SPAGNOLO GARZOLI G.; GAMBARI F.M., Tra terra e acque. Carta archeologica della Provincia di Novara, Novara 2004
Fonti:
Le notizie e le fotografie sono state tratte nel 2005 dal sito del comune di Pombia e dai testi in bibliografia. piantina in alto dal sito sopra indicato.
In Piemonte non risultano altri ninfei; nell’Italia settentrionale sono state localizzate rovine di probabili ninfei nella “villa romana” di Desenzano (BS), e alcuni resti a Verona e a Ravenna.
Data compilazione scheda:
18/11/2005 – aggiornamento maggio 2014 e febbraio 2023
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
Pombia (NO) : Chiesa di San Vincenzo in Castro
Storia del sito:
Pombia risale all’età romana, fu importante centro durante il Medioevo, probabile sede di un ducato longobardo, comitatus in età carolingia e per un breve periodo comprese sotto la sua giurisdizione anche Novara.
La chiesa di San Vincenzo è di origine antichissima: costruita sul luogo del “castrum”, è di tipo basilicale a tre navate originariamente terminanti con tre absidi di cui rimangono solo alcuni resti. La datazione è controversa, probabilmente risale al secolo VIII per alcuni caratteri arcaici (tipo di muratura, archetti binati, nartece, decorazioni a girali), ma non è stata ancora condotta una campagna di scavi per verificare queste ipotesi.
Notevole caratteristica è il NARTECE (esonartece) che fu costruito successivamente alla chiesa, sul lato a ovest, secondo la tradizione per seppellirvi Litulfo figlio di Ottone I il Grande morto a Pombia nel 957. È databile al penultimo quarto del X secolo. Nella chiesa e nel nartece sono conservati AFFRESCHI DEL X SECOLO.
Il campanile, la cui parte inferiore era un torrione del castrum romano, è addossato alla navatella a nord.
Trasformata in età barocca, 1754-56, ne è stato alterato radicalmente l’interno (di cui sono visibili pochissime parti romaniche) e la parte orientale esterna.
Descrizione del sito:
Il paramento murario è costituito da pietrami e pezzi di recupero con spessi giunti di malta. La muratura esterna sul fianco a nord – dove è l’attuale accesso alla chiesa con un piccolo portico aggiunto – presenta sulla parete della navata minore gli archetti accoppiati su lesene che poggiano su uno zoccolo; su quella della navata centrale gli archetti sono a gruppi di tre, sulla facciata e sul nartece la fila di archetti è continua.
Le aperture superstiti sono monofore piuttosto basse e molto strombate, spesso decorate a girali, mentre quella sul fronte sopra il nartece, e nascosta da questo, presenta spalle rette.
La navata centrale è più larga e più alta delle laterali. La copertura della chiesa – in cui sono presenti alcuni tegoloni romani – è con volte a crociera di disegno irregolare che, all’interno, sono state coperte da uno spesso strato di intonaco in età barocca.
Sul lato minore della prima fila di pilastri di sinistra vi è un affresco che rappresenta la Madonna che allatta il Bambino.
Sulla parete di controfacciata della chiesa, ai lati e sopra il luogo in cui è attualmente collocato l’organo, sono stati scoperti frammenti di un affresco di età romanica che raffigura il Giudizio Universale: in alto figure di angeli che facevano corona alla mandorla ove si trova il Cristo giudice; alla destra del Cristo, più in basso, vi sono i quattro Apostoli; su un registro inferiore, alla sinistra dell’organo, un gruppo di eletti. Notevole la gamma cromatica sui toni del rosso e del giallo, le teste sono piccole con grandi aureole gialle, i tratti e le lumeggiature nette e decise. Lo stile è più raffinato rispetto a quello della chiesa di Briga Novarese, ma meno rispetto a quella di Civate (Como).
Il NARTECE è a pianta quadrata, massiccio, con un piano inferiore a portico e uno superiore occupato da una cappella. Un’ara è posta come struttura d’angolo alla base del nartece di S. Vincenzo. Il piano inferiore presenta tre grandi arconi: due sono aperti, quello meridionale è stato tamponato. Su questo lato del nartece vi è un loculo funerario decorato da tre croci patenti bianche, tipicamente longobarde, sopra un fondale rosso. Sopra il loculo vi è un lunotto con frammenti di affresco con tre figure, di cui una benedicente rappresenterebbe una Madonna della quale si è conservata una parte dell’abito e le mani.
La cappella che occupa il piano superiore del nartece ha una piccola abside ricavata nel muro e in parte in aggetto sul lato meridionale, traforata da finestrelle doppiamente strombate. L’abside conserva resti di affreschi: una fascia a losanghe punteggiate che riproduce il bordo di un velario e simboli riguardanti l’oltretomba. Sono rimaste le quattro figure di animali posti fra palmette e ciuffi d’erba simboleggianti la speranza nella vita eterna: un gallo simbolo della vigilanza, un pavone che rappresenta l’immortalità dell’anima, una chimera a tre teste (una delle quali sul dorso e un’altra sulla coda), una fiera dal corpo maculato, un grifone. Sopra questi animali si scorge una figura attribuibile forse ad un angelo. La tipologia degli affreschi fa pensare ad una cappella espiatoria ove venivano svolte funzioni in favore del defunto, e lo stile ottoniano delle pitture le fa collocare al penultimo quarto del X secolo.
Informazioni:
Comune tel. 0321 95333; Parrocchia, tel. 0321 956654
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Links:
http://www.comune.pombia.no.it
http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Vincenzo_in_Castro
Bibliografia:
CHIERICI S.; CITI D., Italia romanica. Il Piemonte, la Valle d’Aosta, la Liguria, Jaka Book ed., Milano, 1978
DONNA D’OLDENICO G., Gli affreschi ottoniani di Pombia, Industria grafica Falciola, Torino, 1969
DONNA D’OLDENICO G., Pombia tardo romana, A. Noseda, Como, 1955
FAVINI P., Antichi monumenti plumbiensi: San Vincenzo in Castro, Tip. La Cupola, Novara, 1973, (estratto dal “Bollettino Storico per la Provincia di Novara” anno LXIV, n° 2, Novara, 1973)
Fonti:
Fotografie tratte nel 2005 dai siti sopra indicati.
Data compilazione scheda:
03/11/2005 – aggiornamento maggio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
Pombia (NO) : “Castrum Domini”
Storia e descrizione del sito:
CASTRUM DOMINI. È costituito da resti di fortificazioni risalenti, si ritiene, al X secolo, di cui rimangono due ampi recinti, un pozzo e una torre quadrata. Aveva il compito di proteggere la popolazione da un eventuale attacco nemico. I muri perimetrali hanno uno spessore di un metro e presentano un tessuto murario irregolare; alcune parti mostrano tracce di laterizi romani, altre a spina di pesce, mentre la maggior parte è costituita da grossi ciottoli di fiume misti a pietra.
CASTELLO ARDUINICO. L’edificio, di pianta regolare, è il risultato dell’unione di due distinti fabbricati e risale al secolo XVI.
Resti architettonici più arcaici testimoniano l’esistenza di un edificio preesistente: una colonna con capitello trecentesco, residuo di un porticato, e una colonna ottagonale con base e capitello della stessa epoca. Altri elementi originali sono le due bifore e i merli sovrastanti.
Informazioni:
Il CASTRUM DOMINI si trova nei pressi della Chiesa di San Vincenzo; nelle vicinanze è anche il CASTELLO risalente al XVI secolo. Comune di Pombia tel. 0321 95333
Links:
http://www.comune.pombia.no.it
http://www.academia.edu/3645316/Pombia_castello
Fonti:
Foto in alto da Wikimedia.
Data compilazione scheda:
03/11/2005 -aggiornamento maggio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
Pella (NO) : Chiesa di San Filiberto
Storia e descrizione dei siti:
La chiesa ha antiche origini, secondo tradizione, la più antica cappella della riviera occidentale del lago d’Orta ed è l’unica in Italia dedicata a San Filiberto. Fu edificata o riedificata nell’ XI secolo in un luogo donato ai canonici del Capitolo di San Giulio dal vescovo novarese Gualberto (1030 -1039). Coeva probabilmente agli edifici romanici di San Tommaso di Briga Novarese, San Martino di Gozzano.
Venne rifatta sul finire del Cinquecento, quando gli Atti di visita dei vescovi la descrivono ormai con chiari segni di abbandono. Oggi si presenta con tre corpi di altezze ed epoche diverse, con copertura in piode (beole nere) come il campanile.
Attualmente è la chiesa cimiteriale di Alzo di Pella.
Sulla parete destra della terza campata è venuto alla luce, agli inizi del secolo scorso, una parte di AFFRESCO di difficile datazione che rappresenta san Giulio e altre figure dai volti popolari; in caratteri gotici si legge il nome di San Filiberto.
Originale invece è rimasto il CAMPANILE, datato dallo storico Verzone tra il 1075 e il 1110, isolato, di fronte alla facciata della chiesa in posizione leggermente rialzata.
E’ una semplice struttura a pianta quadrata, con sottili feritoie nella parte inferiore e due ordini di bifore con archetti in mattone nella parte superiore. Le semplici colonnine sono a stampella. La muratura è formata da blocchi di granito rozzamente foggiati mescolati a ciottoli alluvionali e disposti in corsi; negli spigoli vi sono blocchi squadrati. Permangono delle buche pontaie (a sostegno all’impalcatura, durante i lavori di costruzione).
La parte inferiore è stata intonacata in tempi più recenti.
Pella conserva anche una TORRE medievale (vedi link sotto)
Recentemente fu scoperto un MASSO COPPELLATO (vedi link).
In Pella venne trovata anche una piccola necropoli di età romana.
Informazioni:
Via Lungo Lago – Strada Provinciale 48. Parrocchia di Alzo tel. 0322 969118
Links:
http://www.comune.pella.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=1909
http://www.comune.pella.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=20203 (masso coppellato)
http://www.comune.pella.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=20196 (torre medievale)
Fonti:
Notizie e immagini dal sito del Comune.
Data compilazione scheda:
25 novembre 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese