Provincia di Torino
Bardonecchia – Millaures (TO) : Cappella dei Santi Giacomo e Andrea di Horres
Storia del sito:
La cappella è citata nei documenti già nel 1646, ma la sua costruzione risale forse al XV secolo o precedente. All’esterno e al suo interno si trovano affreschi ben conservati del XV e XVI secolo, ma l’iconografia e le modalità espressive sono ancora tipicamente gotiche.
Descrizione del sito:
Gli AFFRESCHI ESTERNI della cappella di Horres rappresentano la “Cavalcata dei Vizi”, tipica rappresentazione lungo le vie di pellegrinaggio per ricordare ai fedeli le pene infernali. I vizi sono personificati, secondo la tipica iconografia medievale, da uomini e donne che cavalcano bestie allegoriche, legate gli uni agli altri da una catena e diretti verso la bocca di un mostro infernale. L’orgoglio è un re a cavallo di un leone, l’avarizia stringe una borsa di denari e monta una scimmia, la gola addenta un prosciutto in groppa a un lupo. La collera si pugnala al petto e cavalca un leopardo, l’invidia in groppa a un cane indica i vicini, l’accidia è una donna lacera che si abbandona su un asino. La lussuria, a cavallo di un capro, è una bella donna, ritratta con notevole carica espressiva, che tiene uno specchio e si scopre le gambe.
Gli AFFRESCHI INTERNI. Nel presbiterio, datati 1530, sono gli affreschi di un Vescovo che si salva dalla tentazione e il ciclo delle Storie di sant’Andrea che viene raffigurato mentre placa la tempesta provocata dal demonio e mentre benedice un carcerato. Sulla parete di fondo sono dipinti la flagellazione, la crocifissione del Santo e la sua sepoltura.
La navata della cappella ospita invece il ciclo quattrocentesco delle Storie di san Giacomo, dapprima nell’atto di predicare e scacciare i demoni, poi martirizzato. Nell’archivolto è da rilevare la bella santa Lucia, dalla tipica iconografia con gli occhi nel piatto simbolo del suo martirio.
Informazioni:
La Cappella si trova oltre la frazione Millaures, in località Horres, ai margini di un alpeggio.
Centro Culturale Diocesano tel. 0122 622640; Pro Loco Bardonecchia tel. 0122 99032
Links:
http://www.comune.bardonecchia.to.it
http://www.vallesusa-tesori.it/fr/luoghi/bardonecchia/cappella-dei-ss-andrea-e-giacomo-di-horres
Fonti:
Fotografie 1 e 3 da www.vallesusa-tesori.it; foto 4 da http://www.piemontemese.it
Data compilazione scheda:
2 maggio 2006 – aggiorn. giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Bardonecchia – Melezet (TO) : Cappella di San Sisto
Storia del sito:
La cappella fu costruita in frazione Melezet nel XV secolo, ma dedicata a San Sisto nel 1551. Presenta affreschi della fine del 1400, sia esternamente che internamente: mentre i dipinti in facciata sono ormai quasi illeggibili, l’interno conserva il ciclo delle Storie di san Sisto, iconografia rara per le valli occitane alpine.
Descrizione del sito:
Sulla facciata è dipinto il Giudizio Universale, che risale agli anni 80-90 del 1400, ma ormai molto deperito: dall’alto in basso sono raffigurati Dio, Cristo, la Madonna, Giovanni Battista, gli Apostoli in due scanni lignei, sant’Orsola che apre la fila delle quattordici vergini, i Martiri in preghiera, san Pietro che detiene le chiavi della “Gerusalemme Celeste”, gli angeli del Giudizio con le trombe, la resurrezione dei morti e, nella parte inferiore, i dannati che subiscono pene infernali.
Scendendo alcuni scalini si entra nella chiesetta, dove sulla parete sinistra è dipinta una Crocifissione del 1546; una cancellata lignea separa l’altare di muratura intonacata dal resto dell’edificio.
Gli affreschi del XV secolo appartengono a diverse campagne decorative: i tre riquadri della parete destra sono del 1475, mentre le storie di san Sisto, in 12 riquadri, risalgono agli anni tra l’80 e il ‘90 del Quattrocento. I due frescanti mostrano stile e gusto assai lontani. Gli affreschi sulla parete destra sono opera di un artista colto e raffinato che realizza i tre riquadri che rappresentano Annunciazione, Martirio di san Sebastiano e san Cristoforo. Il tono più solenne, i movimenti composti, i colori intensi e solari ricordano il linguaggio fiammingo e la pittura gotica di influenza jaqueriana.
Sulla parete di fondo la storia di papa Sisto e del suo diacono Lorenzo, invece, sono vivaci e straordinarie per l’espressività dei volti e le fattezze rustiche delle figure che richiamano il Mazzucco: l’apice della drammaticità è raggiunta nella scena del martirio e nel riquadro in cui il carnefice infierisce sul corpo ormai esanime del Santo.
Anticamente la chiesetta conservava sull’altare un candelabro e due statue lignee – una di san Sisto ed una di san Lorenzo, poi sostituita con la Vergine – rimosse e portate nel Museo di Melezet fatto allestire da don Masset.
Informazioni:
Pro Loco Bardonecchia tel. 0122 99032. Visitabile installando l’app: https://play.google.com/store/apps/details?id=it.cittaecattedrali.chieseaporteaperte&hl=it
Links:
http://www.comune.bardonecchia.to.it
http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/bardonecchia/cappella-di-san-sisto-di-melezet
http://www.cittaecattedrali.it/it/bces/19
Fonti:
Scheda redatta da materiale del Centro Culturale Diocesano di Susa.
Fotografie da www.vallesusa-tesori.it e da http://www.cittaecattedrali.it
Data compilazione scheda:
3 Maggio 2006 – aggiornam. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Bardonecchia (TO) : Parco Archeologico della Tur d’Amun
Storia del sito:
L’edificio è citato con nomi lievemente differenti (tour, tor, tur; Amount, Amoun, Amun).
La Tur d’Amun si trova sulle estreme pendici della dorsale che scende dal vallone della Rho nel punto dove si congiunge con il vallone del Frejus. La data di fondazione non è nota ma si presume risalga al XIII-XIV secolo: il nucleo più antico è la torre quadrata centrale, dotata di pareti spesse alla base oltre due metri. Quasi subito essa fu inclusa all’interno di una cortina quadrangolare, di cui sono stati individuati per ora il lato ovest, quello sud, che si sviluppa per 22 metri terrazzando l’area del castello verso valle, e parte del lato est. Una cisterna circolare venne successivamente ricavata presso l’angolo sud-ovest, mentre all’interno di quello opposto si ricavò un piccolo vano chiuso.
Il complesso era rappresentativo della signoria locale dei De Bardonisca (De Bardonnèche nel dialetto volgare francese). Nel XIV secolo si unirono i Delfini di Francia che acquistarono il castello del Bramafam e parte del feudo di Bardonecchia. I De Bardonisca erano una famiglia di tradizioni militari molto radicata nella propria terra di origine; controllavano infatti il territorio dalla valle del Rio di Bardonecchia sino ai colli della Rho e della Scala. Nacque e si affermò così una signoria locale molto attenta agli sviluppi economico-politici che portarono dopo il 1140 ad un aspro confronto la casa Savoia e i conti d’Albon (delfini di Francia) per il controllo dei valichi di montagna. Il tutto senza mai determinare uno schieramento esclusivo a favore di uno dei due contendenti da parte dei De Bardonisca. Intorno alla Tour d’Amount i signori della città seppero sfruttare ed edificare al meglio l’antico borgo medievale.
In una successiva fase edilizia il muro di cinta venne in parte sostituito e modificato per la costruzione di un grande ambiente rettangolare comunicante con una torre angolare cilindrica conpiccola corte, si accedeva alla porta della grande sala, posta al centro della parete sud. Una cinta più ampia proteggeva questa manica, annessa alla torre maestra, e una corte a nord. Di poco successive alla fase precedente furono l’elevazione della torre circolare innestata sullo spigolo sud-est. L’ingresso con la scala semicircolare fu chiuso e il lato sud delle mura si prolungò verso ovest. Le tre fasi si collocano tra i secoli XIV e XV, nel momento in cui il Delfino venne a far parte del consortile. Due descrizioni del 1339 ci parlano di un castello organizzato intorno a tre torrioni, con sale, camere, cantine, cucine, stalle e altri edifici di servizio; tutto l’insieme era circondato da una cinta muraria che si sviluppava per circa 160 metri di perimetro. La torre centrale, alta 23 metri, era suddivisa in quattro piani mediante solai lignei, affiancata da una grande sala, una loggia e una camera con camino.
L’ammodernamento del castello cessò tra il XV e il XVI secolo, quando i consignori si trasferirono nelle caseforti all’interno del borgo. Il complesso non fu quindi sottoposto a rilevanti modifiche almeno fino al 1562, quando il castello fu occupato dagli Ugonotti e successivamente riconquistato dalle truppe cattoliche del generale La Cazette che nel contrattacco diedero fuoco all’edificio e danneggiarono pesantemente le strutture fortificate. Nel tardo Cinquecento vi furono alcune ristrutturazioni per migliorare la manica residenziale, prima estendendone lo spazio verso nord e creando un androne centrale, poi modificando l’edificio in profondità e in altezza: nella parte est fu ricavato un nuovo ampio vano interrato, coperto da un soffitto di legno e collegato con l’androne mediante una scala a chiocciola; scale in muratura nell’androne collegavano il piano terreno con i livelli superiori. Nel XVII secolo la proprietà passò alla famiglia De Jouffrey che vi apportò alcuni adeguamenti: nel basamento della torre centrale furono aperte alcune brecce, che consentirono il collegamento di questo ambiente con le altre aree del castello, e furono costruite delle volte a botte in sostituzione degli originari solai lignei.
Nel 1670 la comunità di Bardonecchia acquistò i diritti signorili e la piena proprietà; l’evento è citato nella “carta topografica in misura della Valle di Susa” ancora conservata nell’archivio di Stato di Torino. All’epoca della conquista dell’alta Valle di Susa da parte di Vittorio Amedeo II di Savoia il castello avava già iniziato un lento ed inesorabile declino, segnato dal degrado degli edifici in muratura: la cartografia settecentesca ancora indicava il complesso con le tre torri, ma il catasto del 1866 registra solo la torre centrale, circondata da pascoli. Quest’ultima era conservata, ancora ad inizio Novecento, fino alla merlatura, ma dei crolli negli anni Venti e l’utilizzo dell’area come zona di esercitazione per tiri balistici durante la Seconda Guerra Mondiale ridussero la torre all’attuale altezza di circa sette metri e alla conservazione dei soli piano terra, di quello intermedio e della base del terzo.
Un primo intervento di recupero dell’edificio, acquistato dal Comune nel 1998, avvenne con lo scavo fra aprile 1999 e dicembre 2001. Il secondo intervento di recupero, iniziato nel giugno del 2003, riportò alla luce parti interessanti dell’antico complesso. Il 9 luglio 2005 si è svolta l’inaugurazione del parco archeologico e castello della Tur d’Amun.
Descrizione del sito:
Sono visibili le strutture messe in luce nel primo intervento di scavo: la parte inferiore del torrione, alcune parti della piccola torre orientale e tratti della cinta muraria che delimita il complesso a valle.
Dopo il secondo intervento vengono rese visibili possenti murature collegate al complesso fortificato. Oltre alle due piccole torri circolari lungo il lato meridionale sono evidenti tre vani di forma quadrangolare. Il complesso è stato restaurato e completato di camminamenti per le visite.
Descrizione dei ritrovamenti:
Necropoli in Borgo Vecchio, a nord di via San Giorgio, a circa 200 m a ovest della Tur d’Amun, indagata nel 2005. (1)
Le 12 tombe, riferibili a una comunità alloctona, sono a semplice fossa o a cassa di lastre di pietra ordinate per file e contengono pochi elementi di corredo o di complemento delle vesti databili dal VI al VII secolo avanzato, ma alcune sepolture prive di corredo possono appartenere all’VIII. Nei dintorni dell’area funeraria probabilmente sorgeva un abitato coevo che sfruttava le stesse opportunità strategiche e di buona esposizione della fortezza medievale, ma future scoperte potrebbero anche dimostrare una continuità di occupazione del sito tra i due periodi.
Informazioni:
I resti del castello sono nel punto più alto dell’abitato, a monte del Borgo Vecchio.
Pro loco Bardonecchia tel. 0122 99032; email: info.bardonecchia@turismotorino.org
Links:
http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/bardonecchia/parco-archeologico-e-castello-della-tur-damun
http://www.bona1858.it/portfolio/bardonecchia-scavo-e-parco-archeologico.html
Bibliografia:
Pejrani Baricco L.; Cerrato N., Bardonecchia. Tour d’Amount, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte vol. 18 (2001) p. 113-117
(1) Pejrani Baricco L.; Uggè S., Per un aggiornamento della carta archeologica della valle di Susa, in: Destefanis E.; Lambert C., Per diversa temporum spatia. Scritti in onore di Gisella Cantino Wataghin, Vercelli 2011, pp. 171-201
Fonti:
Fotografia in alto da www.vallesusa-tesori.it, in basso da www.bona1858.it
Data compilazione scheda:
11 Maggio 2006 – aggiornam. 2010 e giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Bardonecchia (TO) : Cappella di N.D. du Coignet di Les Arnauds
Storia del sito:
La cappella romanica, decorata esternamente ed internamente da affreschi del XV secolo, è uno dei capolavori della bottega dei pittori Serra di Pinerolo. I dipinti risalgono a due campagne pittoriche, la prima del 1496 e la seconda del XVI secolo. Gli affreschi sono stati recentemente restaurati.
Descrizione del sito:
Gli AFFRESCHI ESTERNI sulla facciata raffigurano l’Annunciazione posta fra il gigante san Cristoforo e sant’Antonio abate.
Gli AFFRESCHI INTERNI raffigurano sanguinose scene di martìri: san Grato regge la testa di Giovanni Battista, santa Lucia mostra un piatto contenente i propri occhi. Nel martirio di sant’Agata il pittore indugia particolarmente su dettagli macabri e cruenti: i carnefici dall’espressione feroce e arcigna torturano la donna stringendole i seni con corde.
Nel presbiterio trovano spazio due cicli distinti. Il primo raffigura in stile arcaico e popolare le Storie della Vergine, descrivendo Visitazione, Dormitio Virginis e Assunzione.
Opera di altro autore è invece il capolavoro della cappella, la Deposizione dalla croce, affiancata dalla Resurrezione. Vera e propria Pietà occitana; nella Deposizione le figure di Cristo e Maria risaltano grandiosamente sul povero sfondo di colline desolate, e la postura della Vergine conferisce alla composizione un afflato severo e drammatico. Il corpo del figlio, privo di connotazioni anatomiche, appare tempestato di piaghe sanguinanti, conformemente all’iconografia della Germania meridionale.
Informazioni:
Su un poggio a monte della borgata Les Arnauds, presso la località Pian del Sole. Pro Loco Bardonecchia tel. 0122 99032. Visitabile installando l’app: https://play.google.com/store/apps/details?id=it.cittaecattedrali.chieseaporteaperte&hl=it
Links:
http://www.cittaecattedrali.it/it/bces/11
http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/bardonecchia/cappella-di-notre-dame-del-coignet
Fonti:
Fotografie da www.vallesusa-tesori.it
Data compilazione scheda:
2 Maggio 2006 – aggiornam. ottobre 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Bardonecchia (TO) : Campanile della Chiesa di Sant’Ippolito
Storia del sito:
Il campanile è l’unica parte conservata della chiesa precedente all’attuale chiesa di San Ippolito. La chiesa era dedicata a Santa Maria e crollò a causa del cedimento del terreno. Sull’etimologia del nome Bardonecchia, si possono formulare molte ipotesi, il nome antico era Diovia, oppidum Liguriae (la citazione è dell’Anonimo Ravennate). Quello moderno, attestato fin dal IX secolo, pare di matrice longobarda. Questa spiegazione sembra avere una conferma nel suffisso -iscus utilizzato anche in latino, con un aggancio al germanico -isk. La denominazione Bardisca viene scritta nel diploma dell’imperatore Ottone III nell’anno 1001; viene anche citata Bardonisca nel Chronicon Novalicense dell’anno 1050. Il nome ha molte interpretazioni ipotetiche e una di queste risulta abbastanza prosaica, dal francese Bardot (o Bard) che può essere tradotto in ‘mulo’ o ‘sella’; tutto ciò deriverebbe dal commercio e dal transito delle merci attraverso il valico, e dal passaggio obbligato in Bardonecchia. Lo studioso Paul Louis Rosset scrive che il toponimo Bard ha chiaramente una radice celtica, che sta a significare ‘altura’ o ‘baluardo’. La storia di Bardonecchia si può definire leggendaria. Le prime notizie storicamente certe che riguardano tutta la vallata di Susa sono risalenti al 58 a.C. e riguardano il passaggio delle legioni romane di Cesare che miravano alla conquista delle Gallie. La capitale del regno valsusino era Susa e il suo re era Donno. Suo figlio Cozio si alleò con i Romani nel 9 a.C. per evitare che il suo regno fosse ridotto a provincia, evitando inoltre che le sue tribù venissero assoggettate ai Romani. Tra queste tribù vi erano i Belaci, abitanti di Bardonecchia e di Beaulard. Con l’avvento di Nerone il regno venne comunque aggregato all’impero e ridotto a provincia con la reggenza di un prefetto. In seguito avvenne l’evangelizzazione della valle, che ebbe il suo picco più alto nell’VIII secolo con la fondazione di Novalesa, sotto la cui giurisdizione passò Bardonecchia. Alla fine delle invasioni effettuate dai Barbari, si formò una sorta di unione, con il patrocinio dei Franchi, tra le vallate della Dora e dell’Are (Moriana e Savoia). Questo sodalizio apparentemente fittizio, venne distrutto, condividendo la sorte di Nuova Lesa, a causa delle frequenti incursioni dei Saraceni. Con la cacciata dei Saraceni da parte di Arduino il Glabro, in Bardonecchia troviamo Vitbaldo, capostipite della famiglia dei visconti di Bardonnèche, il cui stemma fa parte tuttora dello stemma comunale, composto da due sbarre intrecciate e fermate da chiodi, con il motto: Tutum Forti Praesidium Virtus
Descrizione del sito:
Il campanile insiste sul lato sinistro dell’attuale chiesa parrocchiale dedicata a Sant’Ippolito. Lo stile del campanile è chiaramente romanico; la cella campanaria e i tre piani sottostanti hanno una bifora per ogni lato, con archi a tutto sesto e colonna centrale in pietra; il capitello è a stampella. La chiesa possiede anche un altro campanile, ottocentesco, avente la base quadrata e terminazione a cupolino cosiddetto ‘a cipolla’.
Informazioni:
Parrocchia tel. 0122 99047
Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Sant%27Ippolito_%28Bardonecchia%29
Fonti:
Fotografia tratta nel 2014 da www.provincia.torino.gov.it, sito non più esistente nel 2020.
Data compilazione scheda:
28 Febbraio 2004 – aggiornam. giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Valter Bonello – Gruppo Archeologico Torinese
Barbania (TO) : Torre-porta
Storia del sito:
Nel 1240 esisteva un “Hospitium de Guiaz de Barbania”, cioè una struttura dove il signore ospitava servi o coloni, che venne citato ancora nel 1302. Nel 1378 venne distrutto in parte dai San Martino di Front; l’anno successivo i conti di Rivara presero possesso del sito, che venne incendiato dai Valperga alla fine del secolo.
Solo nel 1447 un documento parla di “ricetto”, che coincideva con il centro abitato fortificato che sorgeva sull’area sopraelevata di circa quattro metri a fronte della piazza attuale.
Descrizione del sito:
Non è più possibile evidenziare tracce del nucleo antico e delle altre fortificazioni precedenti le distruzioni del XIV secolo. Si è invece conservata, nella parte più elevata dell’abitato, una TORRE-PORTA, una massiccia mole parallelepipeda a cortina laterizia, che risale alle fasi ricostruttive della fine del XIV secolo.
Sul fronte esterno e sul fianco sinistro si rilevano tracce della più antica struttura con muratura di ciottoli a spina di pesce di cortina e massi lapidei di spigolo. Nel XV secolo la torre aveva un ingresso carraio con ponte levatoio manovrato da bolzoni, di cui restano tracce. All’altezza dei tagli di manovra e superiormente corrono fasce di dentelli. La torre terminava con una merlatura bifida ed era aperta verso l’interno, con impalcature lignee ai vari piani. Nel XVII secolo fu aggiunto un tetto in coppi per adibirla a torre campanaria, funzione che mantenne sino a metà del XX secolo. La torre è stata recentemente restaurata.
Informazioni:
Comune tel. 011 9243958 (Biblioteca tel. 011 9243621)
Link:
http://www.comune.barbania.to.it
Bibliografia:
VIGLINO DAVICO M., I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel piemonte medioevale, Edialbra, Torino, 1978
Fonti:
Fotografia in alto da Wikimedia, in basso foto GAT.
Data compilazione scheda:
19/08/2006 – aggiorn. luglio 2014 e settembre 2018
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
Balme (TO) : Cappella della Sindone o della Vergine o del Cristo Pantocratore
Storia del sito:
Si tratta di un piccolo edificio sacro, ricavato nella parte inferiore di una delle più antiche costruzioni di Balme, coevo perciò alla fondazione del primo villaggio. Sulla strada si apre un grande arco di ingresso coperto da un solaio in legno, ad esso segue un secondo ambiente, coperto anch’esso da solaio in legno, dal quale si accede alla cappella che ha pianta rettangolare con asse perpendicolare alla strada, ed è coperta da volta a botte. L’edificio è costruito con pietre di spacco di piccole dimensioni. Sulla volta, rivolto a nord, quindi all’opposto dell’attuale ingresso, vi è l’affresco che raffigura il Cristo nella mandorla; perciò si ritiene, anche in base ai dati ricavati da recenti restauri, che in origine la cappella fosse un vano aperto con l’entrata sul lato di fronte.
In epoca successiva, sopra la cappella, venne costruita una casa a più piani e, col tempo, l’edificio sacro perse la sua funzione e venne adibito a stalla con sopra spazi abitativi e magazzini, tanto che, nel Catasto Rabbini del 1866, viene indicato come “casone”, ambiente destinato alla produzione dei latticini; fino al 1970 i locali ebbero destinazione di legnaia e officina. Purtroppo manca la documentazione sulla fondazione e dedicazione della cappella e poi sul suo abbandono.
Quando la Sindone fu portata da Chambéry a Torino nel 1535, passò probabilmente per la valle in cui è situata Balme, e lì venne ricoverata, dato che era l’unica chiesa del luogo; per questo l’edificio è anche localmente noto come “cappella della Sindone”. La dedicazione alla Vergine è dovuta all’affresco sulla parete di fondo.
Una divisione di beni del 1643 parla di una “casa nova e camera sopra la capella”, quindi già si era verificato l’abbandono e la sconsacrazione dell’edificio di culto, accaduto forse nel 1617 quando, dopo che nel 1612 la parrocchia di Balme era stata separata da quella di Ala, era stata consacrata la nuova parrocchia dedicata alla SS. Trinità, edificata in un luogo riparato dalle valanghe anche se lontano dal centro.
Si sa che nella seconda metà del Seicento a Balme si insediò la ricca famiglia dei Castagneri, che costruì nuove cappelle come quella della Natività di Maria, che forse prese la titolazione dalla vecchia cappella sconsacrata. Una possibile conferma che l’edificio fosse stato acquisito e ristrutturato dai Castagneri, che esercitavano la metallurgia, è il fatto che nelle travi che sorreggono il tetto dell’edifico della cappella erano state impiegate, invece dei consueti e più economici pioli di legno, delle caviglie di ferro appositamente forgiate.
Quando la mulattiera per il Pian della Mussa, nel 1909, fu fatta passare al limite inferiore dell’abitato del borgo, l’edificio della cappella venne ampliato, con l’accesso a sud e la costruzione di un portico delimitato da murature laterali e da un arco in facciata. Il nuovo muro nascose sotto la malta parte dell’affresco di san Giorgio che uccide il drago, recentemente ritrovato, che forse è il medesimo che, come narra una leggenda locale, un cacciatore del XVII secolo fece dipingere sulla porta della chiesa di Balme in ringraziamento per essere scampato al diavolo in forma di camoscio.
Anche se la cappella è situata appena dopo i limiti del periodo oggetto dell’archeologia, tuttavia le caratteristiche architettoniche e soprattutto iconografiche sono tipicamente medievali.
Descrizione del sito:
Il locale della cappella presenta la raffigurazione del Cristo Pantocratore nella mandorla con la mano destra benedicente, mentre la sinistra è scomparsa. Intorno alla mandorla vi sono le figure dei simboli dei quattro evangelisti: il leone di san Marco, a destra l’aquila di san Giovanni, in basso a sinistra un angelo, mentre a destra è quasi illeggibile il bue alato di san Luca. Dei cartigli con versetti del vangelo è rimasta solo qualche lettera in quello di san Matteo. Probabilmente qui si ha una delle ultime raffigurazioni di questa antichissima iconografia, che è inoltre dipinta sulla volta, in posizione anomala rispetto alla consueta nel catino absidale.
La parte inferiore della volta, a sinistra, conserva le figure dei quattro santi: Giovanni Battista, Pietro, Sebastiano e Antonio abate. La raffigurazione è in una cornice a intrecci identica a quella della parete di fondo, sulla quale è stata recentemente ritrovata una lunetta con affreschi lacunosi: vi è la Vergine ed un’altra figura, forse sant’Anna, suggerendo la possibile iconografia di sant’Anna metterza; sulla sinistra un santo con la dalmatica e frammenti di un angelo. Nelle lacune si nota un precedente affresco di cui si è ben conservata la parte inferiore di una figura.
Sulla parete sinistra dell’ambiente che precede la cappella, sono dipinti san Giorgio a cavallo che sconfigge il drago e san Michele; sull’arco che divideva i due ambienti, i restauri hanno rivelato la figura di un Profeta.
Gli affreschi della cappella appartengono ad una medesima campagna pittorica e sono databili intorno al 1520, stilisticamente simili all’affresco del miracolo di sant’Eligio nella parrocchiale di Salbertrand, che risale agli inizi del XVI secolo; invece le figure nel locale antistante la cappella hanno una datazione alla seconda metà del XVI secolo.
Dell’avanzato Seicento sono le tracce del Battesimo di Cristo, sulla parete destra, dipinto con tecnica a secco e di modesta qualità.
Informazioni:
Sulla strada principale di Balme, Via Capoluogo, di fronte alla casaforte detta Rucias*. Comune tel. 0123 82902
Link:
http://www.comune.balme.to.it/ComSchedaTem.asp?Id=31385
Bibliografia:
BERTOLOTTO C.; FRULLI M.; INAUDI G.; SCALVA G., Presenze pittoriche rinascimentali nelle valli di Lanzo. La cappella della Vergine o del Cristo pantocratore a Balme, Società storica delle Valli di Lanzo, Lanzo Tor. TO, 2007, p. 48, 18 ill.
Note:
*Il Ruciass (Routhass) è un’abitazione fortificata costruita nel 1591, di tipologia collocabile tra la casaforte e il castello rupestre, con caratteristiche comuni ai ricetti e ad altre costruzioni medioevali, che domina la valle dall’alto di una rupe, proprio al centro del paese. L’enorme struttura difensiva, riconoscibile dall’unico stretto ingresso e dalle piccolissime aperture, ha una struttura complessa con scaloni di pietra, corridoi, locali ad uso abitazione e stalla, passaggi sotterranei, cantine scavate nella roccia. Il lato verso il fiume è inaccessibile dal basso e si apre in logge coperte, a picco sulla profonda gola del torrente sottostante. Il piano superiore ospitava un gigantesco granaio ed è sormontato da un enorme tetto retto da grosse travi e coperto da lose in pietra. In passato, prima delle demolizioni di inizio Novecento, necessarie alla costruzione della strada provinciale, la casaforte permetteva di raggiungere forno, lavatoio, fontana, cappella, senza mai uscire all’aperto. Su alcune pareti sono custoditi degli affreschi che potrebbero ricordare la sosta della Santa Sindone durante il suo trasporto da Chambéry. Le pitture sono state restaurate di recente, soprattutto la Deposizione, in cui il Sacro Lino è raffigurato con particolare realismo. Un altro affresco, raffigurante la Santa Sindone sostenuta da due angeli, si trovava sulla facciata della Cappella della Natività di Maria, distrutta nel 1909 per la costruzione della strada. Anche a Bessans, sul versante savoiardo, sono conservati degli affreschi sindonici all’interno della chiesa parrocchiale.
Fonti:
Foto in alto dal sito del Comune; in basso dal testo citato.
Data compilazione scheda:
30/12/2008 – aggiorn. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A. Torinese
Balangero (TO) : Castello e Cappella di San Vittore
Storia e descrizione dei siti:
Il territorio dell’odierna Balangero era probabilmente in antico abitato da tribù celtiche; tuttavia i ritrovamenti della necropoli di Murassi, ora al Museo Archeologico di Torino, e la lapide in pietra murata nella scala d’accesso alla Chiesa parrocchiale indicano una chiara influenza romana e, secondo alcuni studiosi, la probabile origine romana dell’abitato.
Dopo l’invasione dei Longobardi si sarebbe costituito un nucleo di abitazioni conosciute sotto il nome barbarico di “Matingo” (attestato in un documento del 911) i cui abitanti, dopo le invasioni ungare e saracene, si dispersero e fondarono le attuali Balangero, Mathi e Lanzo.
Balangero prende nome, o da “Balantum Geruli” oppure dal nome di Berengario II (attraverso le varianti “Belengerium” e “Ballangerium”), il Longobardo Marchese di Ivrea, successivamente Re d’Italia, poi sconfitto ed esiliato dall’Imperatore Ottone I.
Il CASTELLO
Berengario II visse tra il 900 circa e il 966 e in quegli anni costruì, sulla cima del Truc dietro l’attuale Chiesa Parrocchiale di Balangero, in una zona che era strategicamente importante perché su una delle vie di collegamento tra pianura e valli alpine, un accampamento militare contro le invasioni degli Ungari: il “Castrum Berengarii”.
Questo Castrum viene citato in un documento del 1151. L’edificio fu molte volte danneggiato dalle guerre durante i sec. XIV (in particolare nel 1347) e XV, e più volte ricostruito.
Il Castello ebbe il massimo splendore durante il periodo di Amedeo VI di Savoia detto Conte Verde (1334-1383) che lo dotò di 4 torri dette la Bianca, la Nera, del Visconte (o di Donna Ambrosia) e la Turris Portae. Vi erano alte mura merlate, circondate da un fossato, sotterranei e passaggi che collegavano le torri. Il complesso fortificato era formato da due edifici a quota diversa: quello superiore era il Palazzo del Signore, in quello inferiore l’abitazione del castellano con granai, cucine, forno, mulino, alloggi e cappella.
Il Castello, trasformato in villa signorile, venne distrutto durante la guerra civile tra i Savoia “Madamisti” e “Principisti” nel XVII secolo; una ulteriore demolizione si ebbe in occasione della costruzione della Chiesa Parrocchiale di San Giacomo nel 1771.
Ormai non restano che ruderi, all’interno dei quali, tra giugno e luglio, avviene una rievocazione storica in costume medievale.
LA CAPPELLA DI SAN VITTORE
Non si hanno dati certi sulla data di costruzione, tuttavia la struttura romanica fa ipotizzare il secolo XI.
L’edificio è a pianta quadrata con un corpo centrale ed un pronao, che fungeva da cella campanaria, forse aggiunto nel secolo XV e aperto da una grande bifora.
La cappella viene aperta solo in occasione delle feste dei Coscritti di Balangero (il 1° sabato di Maggio) e di Corio.
Informazioni:
La Cappella si trova sulla cima del Bric Forcola quasi al confine con il comune di Corio, nella zona delle cave di amianto di S. Vittore. (per salire in auto occorre l’autorizzazione). Comune tel. 0123 345611
Links:
http://www.comune.balangero.to.it San Vittore
http://www.comune.balangero.to.it Castello
Fonti:
Fotografia dal sito del Comune.
Data compilazione scheda:
10/06/2005 – aggiornam. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A.Torinese
Bairo (TO) : Torre
Storia del sito:
Il suo antico nome Barrium, indicava un luogo circondato da mura. Feudo dei Vescovi di Ivrea nel periodo medievale, Bairo passò poi sotto i Marchesi di Ivrea e di Monferrato. Nel 1315 venne assoggettato ai Savoia; tra i suoi feudatari ebbe gli Antonioni di San Martino, i Giannotti e i San Martino di Agliè. Nel 1409 un documento fa cenno a un castrum munito di mura e fossato, probabilmente non il castello dei signori, ma una fortificazione, tipo un ricetto, di cui era compartecipe la comunità.
Nel 1764 venne unita da Carlo Emanuele III di Savoia ai feudi di Agliè e Ozegna. Dal 1928 al 1955 insieme a Torre Canavese costituì il comune di Bairo Torre.
Descrizione del sito:
Della antiche fortificazioni rimane solo un massiccio torrione parallelepipedo chiuso, costruito con enormi massi di pietra squadrata. Su tutto il perimetro della chiesa, adiacente il torrione, sono rilavabili tracce di una struttura edilizia, coeva al torrione, probabilmente i resti dell’edificio sede del consortile.
La via ai castelli a sud, in forte pendenza, indica la posizione del perimetro delle mura sul fronte meridionale.
Informazioni:
A ovest della chiesa parrocchiale, adiacente ad essa. Info Comune tel. 0124 501043
Links:
http://www.comune.bairo.to.it/edificistorici.asp
Bibliografia:
M. VIGLINO DAVICO, I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medioevale, Edialbra, Torino, 1978
Fonti:
Fotografia da www.provincia.torino.gov.it
Data compilazione scheda:
25/11/2006 – aggiornam. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Avigliana (TO) : Torre dell’Orologio
Storia del sito:
La torre, un tempo inserita nel circuito fortificato trecentesco del Borgo Nuovo e innalzata alla fine di quel secolo, è prossima all’area in cui sorgeva la residenza della famiglia Testa – che diede i natali al frate agostiniano Cherubino (1451-1479), beatificato nel 1865 e forse ne è riconoscibile come una delle tracce residue.
Fedelmente riprodotta nel Borgo Medievale di Torino, costruito al Valentino per la mostra del 1884, viene erroneamente denominata “Torre dell’Orologio” forse a ricordo di un’altra vicina torre d’angolo, già sede del comune medievale e secondo la tradizione fornita di un orologio pubblico trecentesco tra i più antichi d’Italia, posteriore probabilmente solo a quello di Sant’Eustorgio a Milano. Questa torre, facilmente identificabile nell’iconografia seicentesca del borgo, si ergeva al fondo dell’omonima via, all’angolo della cortina muraria, e venne incendiata e distrutta presumibilmente durante la presa di Avigliana del 1691 e poi definitivamente rasa al suolo.
Descrizione del sito:
Ricca di decorazioni in cotto, di forma ottagonale con un giro di archetti pensili ad imitazione di beccatelli, la torre si allarga verso l’alto formando un’altana di laterizi non intonacati con otto finestre ogivali.
Informazioni:
Nel centro storico. Iinformazioni Ufficio I.A.T. Avigliana – tel. 0119366037
Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_dell%27Orologio_%28Avigliana%29
http://www.comune.avigliana.to.it
Fonti:
Il testo fu tratto nel 2004 dal pannello posto all’esterno del monumento.
Fotografia da Wikipedia.
Data compilazione scheda:
14/11/2004 – aggiornam. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – G. A. Torinese