Provincia di Torino

Borgone di Susa (TO) : “Castlas”

BorgoneCastlas-Comune

Storia e descrizione del sito:
Borgone, nel tardo Medioevo, era costituito da due insediamenti distinti: Villa Nova e Villa Vetula. Benché Villa Nova compaia in alcuni documenti già nel 1277, non vi sono notizie della torre prima del Trecento e nulla sappiamo su chi la costruì e l’abitò prima del 1426, quando viene citata nei documenti ufficiali. La costruzione è circondata dai resti di altri edifici addossati ad essa: ciò significa che non si trattava di una semplice torre di vedetta, bensì di una vera e propria casaforte, centro di una piccola signoria locale. I ruderi della torre di Borgone sono chiamati dalla popolazione locale “Castlas”; come “Castellazzo” è invece ricordata dalla cartografia settecentesca, quando la torre era già in rovina.
La torre ha pianta rettangolare e misura m 9,50 x 5,90; la sua altezza va da 6 a 8 metri. La muratura è in ciotoli e scapoli di pietra, più accurata negli spigoli, e con segni di varie riprese murarie.

Informazioni:
I resti dominano, dall’alto di un poggio, l’abitato di Villa Nova. Info Comune tel 011 9646562

Links:
http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-borgone1

Fonti:
Fotografia in alto dal sito del Comune, in basso da www.provincia.torino.gov.it, sito non più attivo dal 2015.

Data compilazione scheda:
30/10/2006 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Borgone di Susa (TO) : Insediamento preistorico di San Valeriano

 Storia e descrizione del sito:
Il sito fu messo in luce nel 1983 – durante gli scavi condotti dal Dott. Aureliano Bertone con la collaborazione del Gruppo Archeologico Torinese. L’area particolarmente accidentata ed il deposito fortemente inclinato non hanno consentito il ritrovamento di strutture d’abitato. I reperti rinvenuti sono comunque di grande importanza per la comprensione delle strategie insediative dell’uomo preistorico nella Valle di Susa.
Sono attestate due fasi d’occupazione della rupe: la prima ad inizio del IV millennio a.C., la seconda sul finire del III millennio.

Descrizione dei ritrovamenti:
Appartengono al neolitico numerosi vasi a bocca quadrata a quattro beccucci i quali si collocano nello stile “meandro-spiralico” della omonima Cultura di tradizione padana. Si riconoscono soprattutto scodelle a fondo piatto, talora decorate con un motivo orizzontale a “filo spinato” sotto l’orlo. I vasi d’impasto grossolano sono tutti a bocca circolare. Sono venute alla luce anche due pintadere cilindriche, una delle quali segnata con excisioni spiraliformi mentre l’altra a cerchi concentrici. Sono attribuibili alla seconda fase d’occupazione i resti di un bicchiere campaniforme di stile “Marittimo” o “Internazionale”, decorato a fasce di linee oblique parallele impresse con un pettine. Altri otto frammenti sono pertinenti a uno-due bicchieri campaniformi stile “All-Over-Corded” decorati con linee orizzontali, a zig-zag e con triangoli, sempre impressi con un pettine.

Luogo di custodia dei materiali:
I reperti sono conservati presso il museo Archeologico di Torino e presso il museo di Chiomonte.

Informazioni:
Il sito non è visitabile. L’insediamento è localizzato sulla sommità della coltre detritica di una rupe, adiacente al basso versante sinistro presso l’abitato di San Valeriano di Borgone di Susa.

Bibliografia:
A. BERTONE, Aspetti del neolitico in Valle di Susa, in Atti della XXVI Riunione Scientifica di Preistoria, Firenze 1985; AA.VV., Segusium 25, Società di Ricerche e Studi Valsusini

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Data compilazione scheda:
30 novembre 2000 – aggiorn. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Carlo Vigo – Gruppo Archeologico Torinese

Borgone di Susa (TO) : Il Maometto

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Descrizione del sito e dei ritrovamenti:
In un boschetto di acacie fra Borgone e San Didero, è visibile ancora oggi un bassorilievo figurato iscritto, scolpito in loco, sul lato nord di un gigantesco masso franato dalla vicina parete montana. A forma di tempietto misura cm. 80 x 65 e reca sul frontone triangolare (cm. 18 x 65) tracce di un’iscrizione latina su tre righe, ormai indecifrabile a causa della corrosione atmosferica. La forma delle lettere fa supporre una datazione al II-III secolo. L’ultima riga, la più sicura, ci dice che si tratta di un ex-voto ad una divinità. Sono infatti ancora visibili le lettere V M che possono essere interpretate come V(OTUM) M(ERITO). V(otum) S(olvit) L(ibens) M(erito) secondo altri. Nel rettangolo dell’edicola, sopra una base quadrata, forse un altare, è raffigurato un personaggio maschile, frontale, dall’aspetto sproporzionato, a braccia aperte alzate, vestito di una tunica stretta alla vita. Dietro il corpo si distingue un mantello drappeggiato che discende dalle spalle e si raccoglie a sinistra lasciando libere le braccia. Sul lato destro, ai suoi piedi, è individuabile un animale rivolto verso di lui, probabilmente un cane.
L’opera è conosciuta come “Maometto”, nome da attribuire alle credenze popolari della Valle di Susa, che fanno risalire ai Saraceni tutte le opere antiche e le tradizioni di cui non si conosce l’origine. Sarebbe interessante identificare il personaggio scolpito, anche per meglio interpretare la funzione del luogo: varie sono state le ipotesi, tutte ancora da verificare. La scena dell’uomo con il cane fa pensare a un monumento funerario, dato l’uso assai comune di ritrarre col defunto il compagno di caccia o l’animale favorito. Ostacolo a questa interpretazione sono però l’iscrizione dedicatoria del frontone e il piedistallo. In base alle tracce dell’iscrizione il Doro avanzò l’ipotesi del carattere dedicatorio dell’opera, e pensò all’identificazione con il dio Vertumnus, di tradizione italica, personificazione del rinnovamento agricolo stagionale nella mitologia latina provinciale, spesso rappresentato in compagnia di un cane. Effettivamente nella terza riga dell’iscrizione sembra di poter leggere le lettere …E…TU…NUS. Il Ferrua propendeva invece per un’attribuzione al dio Silvano, divinità agreste, frequentemente ritratto con l’attributo del cane: numerose dediche a lui rivolte sono state trovate soprattutto nelle regioni romane IX e XI. Il Ferrua leggeva le lettere NO, davanti alle quali credeva di individuare anche le tracce di VA. Quindi Sancto Silvano è la sua lettura. Il Carducci pensava di riconoscervi Giove Dolicheno che cavalca un toro. Si tratta di una divinità di origine asiatica, il cui culto si sviluppò specialmente nell’ambiente legionario e nei posti di frontiera romani, intorno al II secolo dell’Impero. Giove Dolicheno era uno dei titoli con cui il Padre degli Dei era venerato presso i soldati, e tale culto si diffuse con gli spostamenti delle legioni nelle varie zone di confine. Doliche era infatti una cittadina della Commagene (paese ai confini fra la Siria romanizzata e la Persia sasanide) in cui esisteva un famosissimo tempio a Giove (detto perciò Dolicheno). L’ipotesi del Carducci sembra avvalorata da alcuni ritrovamenti effettuati sull’altura del masso erratico: una decina di monete, prevalentemente degli Antonini, e una piccola aquila di bronzo del tipo che si ritrova comunemente sotto le immagini del Dolicheno. Il bassorilievo doveva essere in rapporto con una via esistente, dal momento che questi monumenti erano predisposti per essere visti dai viaggiatori. Il Carducci si spinge anche a un’interpretazione generale della zona, caratterizzata da una strettoia nata da un masso erratico precipitato vicino alla parete rocciosa, e considera la sommità del masso come un punto strategico di osservazione e di controllo di un lungo tratto della via delle Gallie. La sua ipotesi di “posto di frontiera da identificarsi forse con quel ad Fines ricordato negli Itinerari” è però azzardata.

Restano ancora inspiegabili i segni incisi nelle rocce sovrastanti: tre grosse macine incompiute ancora attaccate alla parete della roccia, e numerose coppelle che hanno fatto attribuire alla località anche il carattere di zona sacra, forse legata a particolari cerimonie stagionali. La parte superiore del masso stesso è ricoperta da uno strato di terreno vegetale su cui crescono arbusti e specie erbacee non più comuni nella zona. Inoltre nel punto centrale di questa piattaforma venne in luce una sepoltura con lo scheletro deposto nella nuda terra, senza copertura, ma con una fila di lastroni per ogni lato, paralleli alla lunghezza del corpo. La sepoltura sembra attribuibile ad epoca preromana, 3.000-3.500 anni fa, nonostante le difficoltà di datazione derivanti dalla mancanza di corredo. Allo stesso periodo sono forse da riferire diversi fori a nicchia scavati nella parete rocciosa che fronteggia il masso. Sono buchi di grandezza variabile da 10 a 20 cm, tondeggianti, più larghi internamente, destinati a ricevere offerte, secondo la prassi di origine preromana. Un piccolo cenno va fatto anche alle strutture murarie individuate nell’area limitrofa, verso Ovest. Costruite a secco con pietre di dimensioni e forme alquanto irregolari, sembrano essere state realizzate tra la fine dell’Età del Bronzo e la prima fase dell’Età del Ferro, all’incirca nel II millennio a.C. È possibile che il carattere religioso del luogo abbia avuto seguito dall’età preistorica all’epoca romana, e ancora in epoca recente con la credenza nelle “masche” e la fama di regione infausta. Poco distante sono stati rinvenuti anche frammenti ceramici e tegole di età romana, vetri, lucerne, bronzi, monete di II-III d.C. e un tratto di strada.

Informazioni:
In regione Maometto, raggiungibile dalla strada secondaria per San Didero.

Bibliografia:
LANZA E., MONZEGLIO G., 2001, I Romani in Val di Susa, Ed. Susa Libri, pp. 85-88
BRECCIAROLI TABORELLI L., 1992, L’iscrizione rupestre di “Maometto” presso Borgone di Susa (Alpi Cozie), in “Rupes Loquentes, Atti del Convegno Internazionale di studio sulle iscrizioni rupestri di età romana in Italia” (1989), Roma, pp. 33-48
FERRUA A., 1971, Nuove osservazioni sulle epigrafi segusine, in “Segusium”, VIII, p. 42
CARDUCCI C., 1968, Arte romana in Piemonte, Torino, p. 21
DORO A., 1947, Bassorilievo romano inedito in Val di Susa, in “Bollettino SPABA”, nuova serie, I, pp. 15-19

Data compilazione scheda:
13 ottobre 2002 – aggiornam. 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Gabriella Monzeglio – Gruppo Archeologico Torinese

Borgone scritta maometto

Borgone di Susa (TO) : Cappella di San Valeriano

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Storia del sito:
La cappella, la cui origine risale al XI – XII secolo, è stata restaurata a partire dal 1970, recuperando gravi danni al pavimento e al tetto causati da anni di abbandono e dalla crescita di un albero all’interno dell’edificio.

Descrizione del sito:
L’edificio è a pianta rettangolare con abside che presenta tre monofore. La struttura esterna ha evidenti caratteristiche romaniche.
All’interno conserva lacerti di un affresco absidale raffigurante Cristo Pantocratore benedicente. Oggi non presenta arredi, ma in alcuni documenti del 1700 si parla di tre statue dei santi Tiburio, Valeriano e Cecilia, di candelieri e di una croce.

Informazioni:
in frazione San Valeriano



Links:

http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-borgone2

https://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/borgone-susa/borgone-di-susa-cappella-di-san-valeriano

http://rete.comuni-italiani.it/wiki/Borgone_Susa

Fonti:
Fotografie tratte nel 2014 dal sito www.provincia.torino.gov.it, non più attivo dal 2015.

Data compilazione scheda:
06 agosto 2010 – aggiorn. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Borgomasino (TO) : Pera Cunca

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Storia del sito:
La “pera cunca” è uno dei massi-altare più noti del Canavese. Con tale nome si designano pietre recanti incise cavità più o meno profonde, collegate tra loro da canaletti, che potrebbero in qualche modo essere state utilizzate per riti sacrificali.
Generalmente tali massi non sono databili, e se lo sono possono appartenere a culture che con quella celtica hanno pochi punti in comune; inoltre ci sono abbondanti prove di quanto i riti genericamente “pagani” siano stati praticati molto avanti nell’età cristiana. La rivelazione della presenza di tale masso fu fatta intorno al 1920 al Soprintendente di quel tempo e fu definita, negli anni successivi, un “masso-altare”. Le coppelle canalizzate e la vasca centrale ben si adattano ai culti che prevedono libagioni su pietre sacre a forma di altare, più volte descritte dai cronisti di età romana riferendosi ai popoli indigeni preesistenti nel Nord Italia. È comunque necessario muoversi con cautela su tali informazioni classiche, poiché senza un riscontro archeologico può essere facile arrivare a conclusioni affrettate o erronee.
La pietra, un masso erratico, era già nota da tempo e veniva chiamata tradizionalmente dagli abitanti “Pera Cunca” ossia “Pietra Conca o Concava”. Essa si trova sulle pendici più meridionali dell’Anfiteatro morenico di Ivrea tra le ultime colline che testimoniano la massima estensione a sud della lingua glaciale. È probabile che sia quest’ultimo il responsabile della presenza in loco della pietra, che la depositò quando il ghiacciaio iniziò a ritirarsi.
Numerosi massi costellano la zona resa brulla dalle colline moreniche, ma nessuna altra pietra presenta incisioni interessanti o di un certo significato. Solamente il complesso di incisioni del Bèc Renon (il sito, sopra Quincinetto a più di 1900 metri di quota, che ha restituito qualche frammento ceramico della tarda Età del Ferro) sembra avere qualche analogia nella lavorazione delle coppelle.

Storia e descrizione del sito:
La pietra incisa ha una forma vagamente cilindrica, avente un diametro di circa due metri ed un’altezza media di 60 cm.
La parte interna è dominata da una grossa cavità di forma grossolanamente ovale. Le venature caratteristiche della pietra rivelano un’origine metamorfica. La pietra infatti è un micascisto con estese inclusioni di quarzo ed è abbastanza comune nella zona. Un po’ meno comune invece è la forma generale del masso che non appare, ad un esame superficiale, essere stata modellata artificialmente. È probabile, anzi, che proprio tali caratteristiche (la forma cilindrica e la vasca centrale) le abbiano conferito un posto “speciale” rispetto alle altre pietre circostanti.

Informazioni:
La pietra si trova nella località chiamata Lusenta (o Lucenta probabilmente da “lucus” bosco), a nord-est dell’abitato, immersa nei boschi di querce e castagni, tra i comuni di Borgomasino, Caravino e Cossano, proprio nei pressi del triplice confine. La localizzazione è approssimativa.

Links:
http://www.gruppoarcheologicocanavesano.it/la_pera_cunca.html

http://www.rupestre.net/tracce/?p=3754

Fonti:
Fotografie dal sito www.rupestre.net.

Data compilazione scheda:
09/03/2006 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Borgomasino (TO) : Necropoli longobarda di Cantarana

Storia del sito:
Tra il 1887 e il 1893 in regione Cantarana, venne scoperta, in coincidenza con una cava di argilla, una estesa necropoli longobarda di oltre 90 tombe con ricchi corredi.
Nel 568 D.C. i Longobardi invasero l’Italia. In questa impresa vennero aiutati da genti da loro assoggettate come i Bulgari, che si insediarono in prevalenza nell’area intorno al Ticino.
Nell’ultimo quarto del VI secolo, epoca dello stanziamento Longobardo, in Borgomasino esisteva probabilmente una zona fortificata nel luogo in cui sorge l’attuale castello. Gli studi più recenti sembrano propendere per la presenza in zona, già in epoca tardo antica, di una stazione di tappa militare, probabile stanziamento di cavalleria sarmata, lungo la strada da Eporedia (Ivrea, dove vi era una prefettura sarmata) a Quadrata (sita alla confluenza della Dora con il Po).
Non si hanno reperti sull’insediamento che ha originato la necropoli, ma si sa che il nucleo attorno all’antica parrocchiale di Borgomasino si chiama ancor oggi Sale, (termine di derivazione longobarda) e nei documenti altomedievali il paese è detto “Castrum Bulgari”. La “Sala” era il luogo di fermata della “Fara” longobarda (gruppo migrante, lignaggio famigliare, distaccamento militare basato sul gruppo famigliare) e la presenza dei due toponimi suggerirebbe una presenza di Bulgari in questo territorio.
La frammentarietà della documentazione e l’antichità del rinvenimento non hanno consentito una precisa analisi archeologica, comunque questa resta una delle più grandi necropoli longobarde in area padana.

Descrizione dei ritrovamenti:
Nelle sepolture dei guerrieri venero ritrovate oltre 30 lame, “spate” e “sax”, punte di lancia, speroni, umboni di scudo, fibbie e una croce in lamina d’oro sbalzata. Vennero ritrovati resti di cavalli, a testimonianza di pratiche che sono state reperite anche altrove, come nella necropoli di Collegno (TO).
Nelle sepolture femminili furono trovati bracciali in bronzo, orecchini in filigrana d’oro e collane con vaghi in terracotta smaltata.
La necropoli ha reso anche parecchi vasi in ceramica con decorazione stampigliata su pasta molle e uno in pietra ollare.

Bibliografia:
NEGRO PONZI MANCINI M., La necropoli longobarda di Borgomasino, in Archeologia e Arte nel Canavese (a cura di B. Signorelli e P. Uscello), Atti del Convegno (Torino-Ivrea, settembre 1998), , n.s. L, (1998, ma 2000), 41-76.
CIMA M., Uomini e terre in canavese tra età Romana e Medioevo, Ed. Nautilus, Torino, 2003

Data compilazione scheda:
01/10/2007 – aggiorn. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta -G.A.Torinese

Borgomasino (TO) : Castello

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Storia del sito:
Il castello ha origini molto antiche, infatti i primi documenti che parlano di questa costruzione risalgono all’XI secolo, quando Guido, Conte di Pombia, comprò da Ardissone le proprietà della zona di Ivrea. In questi documenti il castello è chiamato “Castrum Vetus”, per distinguerlo dal castello di Torrazza, costruito nello stesso periodo, ma chiamato “Castrum Novum”. Il castello è stato edificato sul confine tra i territori di Ivrea e Vercelli per ragioni difensive e fu sovente teatro di guerre tra i due paesi.
Nel 1361 Bartolomeo di Masino vendette ad Amedeo di Savoia il paese di Borgomasino, mantenendo unicamente la proprietà del castello. I rapporti tra il Conte di Masino e quello di Savoia si aggravarono e il Conte decise di fortificare la zona circostante il castello; queste lotte si conclusero alla fine del XIV secolo e i Conti di Masino furono infeudati prendendo il titolo di Conti di Masino di Borgomasino. I documenti conservati, dal XIV al XVII secolo, testimoniano la presenza di numerose dispute tra i conti Valperga di Masino e i Conti di Borgomasino, che avevano delle proprietà e il titolo nobiliare. Questi atti dimostrano che nel XVI secolo l’edificio era composto dal castello, dotato di due torri, e dalla Chiesa di San Salvatore.
Una planimetria redatta nel 1757 dall’architetto Tommaso Prunotti di Torino ci mostra una descrizione della struttura del castello. Ci sono due castelli messi in evidenza: il primo, che si trova a mezzogiorno, apparteneva a Francesco Antonio Valperga; il secondo, che si trova a mezzanotte, era del Conte Carlo Francesco Valperga di Masino.
Nel 1818 un crollo danneggiò gravemente il castello. Nel 1845 la famiglia dei Conti Valperga di Masino si estinse e i Conti Masino di Borgomasino ereditarono il titolo di Conti Valperga di Masino. In seguito una parte del castello a mezzogiorno fu donata alle suore per installarci un asilo, e una parte alla Parrocchia di San Salvatore.
Verso il 1870 si edificò sull’antica struttura posta a mezzanotte una villa residenziale, progettata dall’architetto Siniscalchi di Torino secondo il volere del Conte Luigi Valperga di Masino. Il castello così trasformato è rimasto proprietà dei Conti Valperga di Masino fino alla metà del 1989 quando fu acquistato e restaurato dagli attuali proprietari che lo hanno aperto alle visite e trasformato in Bed and Breakfast.

Descrizione del sito:
Oggi il castello è una splendida villa ottocentesca; delle strutture medievali sono rimaste solo una torre a pianta quadrata e gli edifici rustici che non sono ancora stati restaurati. La torre, costruita in mattoni, presenta aperture irregolari e fregi in cotto a delimitare l’ultimo piano e il bordo sotto il tetto.
Il castello è dotato di un grande parco.

La CHIESETTA DI SAN SALVATORE  appartiene alla Chiesa dal secolo XV; restaurata nel 1992, conserva di originale solo il campanile e parte dell’abside.

Informazioni:
Nel centro storico, di proprietà privata. Tel. 335 5917291 oppure 0125 770181

Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Borgomasino

Fonti:
Notizie tratte nel 2006 dal sito http://www.castellodiborgomasino.it, non più attivo nel 2014.
Fotografia da wikimapia.

Data compilazione scheda:
17/03/2006 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Borgiallo (TO) : Cappella di San Giacomo

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Storia del sito:
La struttura originaria – con facciata aperta – risale presumibilmente alla metà del XV secolo. Questo tipo di struttura potrebbe far pensare ad una cappella che aveva tra le funzioni principali quella di ospitare le processioni funebri dalle frazioni più lontane verso il luogo di sepoltura in paese.
In seguito la cappella fu dotata di una cancellata lignea. Nel XVIII secolo la cappella fu ampliata e fu costruito il portico anteriore.
Nel corso dei secoli la cappella fu intonacata e dipinta diverse volte, sia all’interno che all’esterno, coprendo antichi e preziosi affreschi. Si tratta di affreschi quattrocenteschi messi in luce dalle opere di restauro eseguite a cura del “Comitato per il restauro e la conservazione della Chiesa di San Carlo” con il contributo della Regione Piemonte e della Fondazione CRT. Purtroppo le condizioni di degrado raggiunte dalla cappella hanno rovinato molta parte di affreschi pregevoli.

Descrizione del sito:
La piccola cappella è preceduta da un portico retto da due grosse colonne cilindriche. L’edificio è coperto da un tetto a due falde con capriate.
Sulla facciata triangolare della cappella sono visibili frammenti dell’affresco raffigurante una Annunciazione di pregevole fattura: un nastro annodato lega l’Angelo con la Vergine.
All’interno della cappella è visibile un affresco quattrocentesco sulla parete di fondo che rappresenta la Crocifissione con la Madonna e san Giovanni e, ai lati, san Sebastiano, ritratto come un giovane con una bella piuma di fagiano svettante, e san Rocco (o san Giacomo) in veste di pellegrino con bordone e conchiglie.
Sulla volta è emersa un bellissima immagine di Cristo fra i simboli degli Evangelisti. Di grande interesse iconografico è la serie degli Apostoli alle pareti, purtroppo in gran parte perduta.

 

La CHIESA PARROCCHIALE DI BORGIALLO, DEDICATA A SAN NICOLAO, sorge isolata dal capoluogo, nel fondo valle, in quanto era – ancora nel secolo diciannovesimo – la chiesa su cui gravitavano i paesi limitrofi. Fu ricostruita sopra un tempio primitivo, di probabile origine romanica, attestata dalla presenza del CAMPANILE, ancora ben conservato. La massiccia torre campanaria, infatti, reca nella parte inferiore gli indubbi segni dello stile romanico, fiorito nel secolo undicesimo: si notano le lesene ben evidenziate, tracce di bifore e monofore, ora otturate, e tutta la serie di archetti pensili. Nel 1863 venne sopraelevata la navata principale, in origine a capriate.

 

Informazioni:
La cappella si trova poco prima dell’abitato di Borgiallo, a sud-ovest, in prossimità della strada provinciale che proviene da Cuorgnè. Comune tel. 0124 690001

Link:
http://www.comune.borgiallo.to.it

Bibliografia:
COMITATO SAN CARLO (a cura di), Chiesa di San Carlo. Borgiallo (To). Note storiche, ricordi e appunti sul restauro, Borgiallo 1997
BERTOLOTTO C., Gli affreschi del maestro di Borgiallo, in “Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti”. N. 11-12(1998), pp. 101-107
ROSSANA A., La cappella campestre di San Giacomo a Borgiallo, in “Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti”.N. 11-12 (1998), pp. 95-100
FERRERO F.G., Il Medioevo delle Alpi. Itinerario turistico in Alto Canavese, Cuorgnè, Comunità Montana Alto Canavese, 2000
FERRERO F.G.; FORMICA E., Arte medievale nel Canavese, Ivrea, Priuli & Verlucca, 2003

Fonti:
Fotografie dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
15/05/2006 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

BORGIALLO – Parrocchiale

 

Bollengo (TO) : Campanile di S. Martino di Pærno e Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo in Pessano

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Storia del sito:
Bollengo fu un borgo che, con i paesi vicini Pessano (o Pesano) e Ampesso, nella prima metà del XIII sec., ottenne lo stato giuridico paritetico ai cittadini di Ivrea a condizione che provvedessero alla costruzione di una struttura fortificata (castello e ricetto) sul monte detto “Castellazzo”. Il sito diventò un caposaldo difensivo dall’espansione di Vercelli verso il territorio di Ivrea. Di tali strutture purtroppo non resta più nulla.
Dei borghi di Pessano e di Pærno, ormai scomparsi, restano due vestigia romaniche.
Il CAMPANILE DI SAN MARTINO DI PÆRNO è ciò che resta della Chiesa intitolata a san Martino, costruita nell’XI secolo, che fu la parrocchiale di Pærno e venne demolita nel 1700. La torre campanaria svetta oggi solitaria su un grande prato. Il borgo di Paerno fu abbandonato nel 1200.
LA CHIESA DEI SANTI PIETRO E PAOLO fu costruita intorno all’anno Mille nell’antico borgo di Pessano, tutelata dal Capitolo della Cattedrale di Ivrea, si è conservata fino ai nostri giorni anche se in condizioni di degrado che solo il recente restauro ha eliminato. Successivamente alla costruzione, in epoca imprecisata, fu edificata  sulla parete destra dell’edificio una struttura  con due vani, ad uso canonica e abitazione di un eremita.  L’edificio fu sconsacrato nel 1887. Di proprietà privata, in tempi recenti è stato donato al Comune di Bollengo.

Descrizione del sito:
IL CAMPANILE DI SAN MARTINO, noto anche col nome di “CIUCARUN” o Torre di San Martino, è tutto ciò che resta dell’antico abitato di Pærno.
Il campanile, in stile romanico, è ornato da archetti pensili, presenta feritoie, monofore e bifore all’ultimo piano.

CHIESA DEI SANTI PIETRO E PAOLO. È l’unica testimonianza dell’antico borgo di Pessano. La chiesa presenta la torre campanaria in facciata, accostata frontalmente alla navata centrale con cinque piani: il primo tamponato, come tutto il lato nord; gli altri lati presentano: sul secondo  piano una feritoia, sul terzo una monofora e sul quarto e quinto una bifora, alcune con pilastrini di reimpiego anche con decorazioni scolpite. La bifora sud del 4° piano ha rocchi circolari in cotto,  simili ad altri usati nella muratura esterna (vedi foto di un particolare). Le pareti esterne sono in pietrame, ciottoli e poche file di mattoni.
All’interno l’unica navata ha due campate e termina con abside semicircolare con volta a semicatino; sulla parete destra un frammento molto antico di transenna con un disegno geometrico a reticolo. Le pareti e l’abside conservano tracce di affreschi del XV secolo: nella parte sinistra dell’abside una figura mutila di san Giorgio di cui si vede una gamba ricoperta da armatura e  la coda del drago. Dopo una vasta lacuna, una figura di Santo di cui è rimasta solo la parte inferiore e un altro Santo non identificabile. Nella parte destra, entro un riquadro due santi di cui probabilmente a sinistra san Giovanni Battista coperto di pelli e a destra un santo con mantello e cappuccio, identificato con sant’Antonio abate, vedi bibliografia.

Informazioni:
Il campanile di San Martino si trova in regione Albareto, in un pianoro tra i boschi della Serra.
La chiesa di San Pietro è in strada Piane Inferiori 2, prima di entrare in Bollengo, seguendo la strada sulla destra in leggera salita. Comune tel. 0125 57114

Links:
http://www.comune.bollengo.to.it/

TAURASIA_2019 [estratto articolo su BOLLENGO -chiesa di Pessano] 7feb20_web

Bibliografia:
VIGLINO DAVICO M., I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medioevale, Edialbra, Torino, 1978
Forneris G., Romanico in terra d’Arduino, Bolognino, Ivrea 2002
GHIRARDELLO C., Identificata l’iconografia del dittico a fresco nella chiesetta in Pessano di Bollengo, in: Bollettino storico vercellese, vol. 33, 63 (2004), pp. 59-69)
BONICATTO Simone, Il Maestro del chirurgo Domenico della Marca d’Ancona e il contesto pittorico del Canavese, Editris, Torino 2022 (per gli affreschi della chiesa di S. Pietro)

Fonti:
Foto in alto, Campanile di Pærno, da wikimedia.
Fotografie in basso: chiesa di SS.Pietro e Paolo, la prima da http://www.deportazia.it, le successive sono foto GAT di M. Marnetto.

Data compilazione scheda:
06/10/2006 – aggiornam. giugno 2014 e 2019

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Bibiana (TO) : Castello di Famolasco

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Storia del sito:
Mentre Bibiana ha origini romane (fondata forse da un tal Bubius), di origini molto più antiche è la sua frazione di Famolasco (“asco” suffisso di origini liguri). Nel 1037 la prima carta in cui si trova il nome di “Famolasco” è un documento denominato Cartario di Cavour, per un atto segnato in “Ville Bibiana”
Nel 1064 “Adalasia, Magnifredi filia, Oddonis uxor” (la Marchesa Adelaide di Susa) donò all’ordine dei Benedettini (“Benedettini neri”, dall’abito nero che indossavano) dell’Abbazia di Santa Maria Pinerolo, da lei stessa fondata, le terre di Famolasco. A quel tempo la fortificazione era solo una casa-torre, probabilmente edificata nel X secolo, di forma quadrilatera di circa 9 m di lato, con scarpa e muri spessi 2 m. Aveva quattro piani ed un pozzo.
I Benedettini abitarono la torre fino al XIII secolo, quando infeudarono consignori di Famolasco i Rorenghi.
Nel 1272 era già presente un ampliamento dell’edificio: la torre era stata inglobata in una costruzione di circa 9 x 13 m, di tre piani, con un ponte levatoio di cui restano ancor oggi i segni. A questa costruzione venne addossata una torre quadrata sul lato sud.
Sino al 1561 il castello fu baluardo contro i Valdesi, poi continuò la sua funzione difensiva in appoggio alla vicina Rocca di Cavour. Fu residenza della Famiglia Ferrero di Buriasco, Famolasco e Piobesi, della quale l’ultimo erede era noto col soprannome di Conte Codino. Modifiche di lieve entità vennero fatte, soprattutto nel cortile e negli edifici attorno al castello (stalle ecc.) nel XIX e XX secolo.
Nel 1993, acquistato da privati, venne accuratamente ristrutturato.
Accanto al castello vi era la coeva chiesa dedicata a San Biagio, trasformata in stile barocco nel XIX secolo. Dell’edificio originario resta solo l’ingresso sul lato a monte, ora tamponato.

Descrizione del sito:
L’edificio, posto in posizione panoramica, ha conservato le sue caratteristiche originali. Costruito in pietra, ha tre saloni in ciascuno dei tre piani, cui si accede con una scala a chiocciola all’interno della torre. Vi è un bel caminetto del ‘500.
La torre quadrata presenta muratura in pietra sino ai beccatelli, con 54 feritoie. La parte aggettante è in mattoni pieni e presenta caditoie, cornice a dentelli sottogrondaia e quattro aperture ogivali da cui era possibile controllare a 360° il territorio circostante.

Informazioni:
A circa 2 km dal centro di Bibiana; in frazione Famolasco,  tel. 333 5069763 oppure 3200507787

Link:
http://www.comune.bibiana.to.it

Bibliografia:
CERRI S., Famolasco. La storia, la gente, Alzani, TO, 2002

Fonti:
Fotografia archivio 2007

Data compilazione scheda:
18/09/2007 – aggiorn. giugno 2014 e marzo 2017

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese