Pinerolese

Frossasco (TO) : Cappella della Madonna del Boschetto

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Storia del sito:
Edificata nel XV secolo, inizialmente dedicata a Maria Santissima della Mercede, fu in seguito denominata Madonna del Boschetto, per la presenza, anticamente, di un bosco. In origine di proprietà dei Frossasco-Provana, poi della famiglia Grosso-Campana fino a metà del XX secolo, fu acquistata dal professor Comba e donata alla signora Pensa, che l’ha poi donata alla Società di Mutuo Soccorso tra Operai e Agricoltori di Frossasco. Conserva un ciclo di affreschi della fine del XV secolo (1495-1500) dedicati alla Storie della Vergine, attribuiti al “Maestro di Cercenasco”, sulla cui identificazione vi sono ancora dubbi. Tra il 2003 e il 2004 fu restaurata per eliminare le infiltrazioni di acqua; venne rimosso lo strato pittorico del 1891 e furono recuperati gli affreschi quattrocenteschi.

Descrizione del sito:
Aula rettangolare unica, chiusa ai quattro lati per un tamponamento della facciata, un tempo aperta. Le murature sono in pietre e laterizi; il tetto a due falde fu rifatto nel 1995. La facciata, racchiusa ai lati da due piccole lesene, ha due finestre e la porta di ingresso. Sul fianco est una finestra strombata è frutto di rimaneggiamenti posteriori. All’interno della cappella un paliotto settecentesco con lo stemma dei Frossasco. La crociera della volta presenta una decorazione blu e oro, probabilmente del 1891.
Sulla parete di fondo vi è una Madonna in trono con il Bambino e i santi Giovanni Evangelista e Antonio da Padova a destra; san Giovanni Battista ed un santo benedettino a sinistra. L’affresco presenta ridipinture barocche che hanno consentito di recuperare solo in parte la sottostante opera quattrocentesca. Alcuni medaglioni con sibille decorano le pareti.
Sulla parete sinistra sono affrescati la “Messa di San Gregorio” a sinistra e, a destra, l’episodio della fuga in Egitto, con un tronco di palma che si piega verso la Madonna, richiamando un episodio dei Vangeli Apocrifi dello pseudo-Matteo. Anche la parete destra è suddivisa in due scene, deturpate dall’apertura di una finestra: la visita di Maria ad Elisabetta con le piccole immagini di Gesù e san Giovanni nel grembo delle due madri. Segue una scena della vita di sant’Angelo da Gerusalemme o da Licata in piedi davanti ad un pulpito; il frate carmelitano fu canonizzato solo nel 1456; il capitolo generale dei Carmelitani nel 1498 prescrisse a tutti i conventi di farne quotidiana commemorazione, ciò potrebbe spiegare la rappresentazione di questo santo, raramente documentato in Piemonte. Nell’episodio della messa di san Gregorio compare un personaggio in abito cardinalizio, probabilmente Domenico della Rovere di Vinoso, che nel 1493 autorizzò la costruzione del convento del Colletto presso Pinerolo. La rappresentazione del martire ucciso dagli eretici avrebbe anche potuto avere una funzione antivaldese; a rinforzo dell’ortodossia, al di sopra vi è una rappresentazione della Trinità con tre volti identici.

Informazioni:
Via del Boschetto 3. Comune, tel. 0121 352104


Links:
https://www.comune.frossasco.to.it

http://www.cristinapolliotti.it/affreschi/

Bibliografia:
GILLI P.; COZZO P.; GABINO A.L.; FRATINI M., La Madonna del Boschetto. Arte medievale a Frossasco e dintorni, Centro Studi Piemontesi, Torino, 2005
MORETTI V., Il maestro di Cercenasco : luce e colore in pittura nel Piemonte del 15° secolo, Valerio, Torino 2010

Fonti:
Figura 1 tratta nel 2014 dal sito http://iluoghielamemoria.it, non più esistente nel 2020; figure 2 e 3 da http://www.cristinapolliotti.it
Data compilazione scheda:
02/01/2009 – aggiornamento giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Fenestrelle (TO) : “Cró da lairi” (fossa dei ladri)

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Storia e descrizione del sito:
La roccia (un calcescisto a forma vagamente quadrangolare) si presenta come un lastrone spesso circa 30 cm ed appoggiato sul terreno in leggero declivio; ha le dimensioni di m. 3,50 X 2,80; l’asse maggiore è perfettamente orientato Nord-Sud (il che potrebbe far anche presumere una sua possibile collocazione e sistemazione da parte dell’uomo) mentre la maggior parte delle incisioni sono orientale Est-Ovest. I segni incisi consistono in una gran quantità di coppelle, circa una ottantina, di diametro variante da pochissimi centimetri a 20 cm, per lo più unite tra di loro da canaletti; tutto il complesso disegno culmina, nella parte bassa, verso Sud, in tre grandi coppelle, profonde una decina di cm, disposte orizzontalmente sulla superficie del roccione. Sotto le tre coppelle funge da ulteriore elemento di raccolta un’altra coppella di proporzioni notevoli. Le incisioni della parte Est si presentano molto erose e meno leggibili di quelle site sulle altre parti; esse sono forse quel che rimane di un disegno più complesso e sono tipologicamente difformi dalle altre. Vi si possono infatti scorgere dei simboli a croce (di cui alcuni incompleti) un simbolo a ruota con coppellina centrale, altri simboli vari e, fatto inconsueto in questo comprensorio di arte rupestre, un’impronta di piede di modeste dimensioni. Come succede in casi analoghi, anche le rocce vicine recano tracce di incisione e in particolare una di esse, immediatamente ad est, presenta una ventina di piccole coppelle frammiste ad altri segni non decifrabili. Le incisioni di questa roccia paiono risalire, per la maggior parte, alla prima Età del Ferro. Difficile è invece dare un’interpretazione dei significato che gli artefici hanno voluto dare alla loro opera.
L’analogia con altri monumenti preistorici del genere e in particolare con la non lontana roccia di Prato del Colle fa tuttavia ipotizzare che il monumento sia stato istoriato per fini di culto, quasi fosse un masso-altare delle genti preistoriche che hanno abitato la valle. È interessante notare come massi con impronte di piedi siano piuttosto frequenti nella iconografia dell’arte rupestre preistorica di altri siti (ad es. M. Bego e Moriana in Francia, Val Camonica e Lago di Garda in Italia) mentre sono poco frequenti nella Val Chisone.

Informazioni:
Il Masso inciso di “Cró da lairi” (letteralmente: “fossa dei ladri”) è situato sulla sinistra orografica del Chisone, sulle pendici del M. Pelvo, a monte dell’abitato del Puy e della carrozzabile che da Prà Catinat conduce al Colle delle Finestre, ad un’altitudine di circa 2000 m. Esso è facilmente raggiungibile dal Centro di Soggiorno di Prà Catinat in quanto è sufficiente giungere con la carrozzabile all’altezza della presa dell’acquedotto di Fenestrelle (in una delle ultime curve prima che la strada stessa salga decisamente verso monte) per poi salire lungo una crestina spoglia di vegetazione; dopo un quarto d’ora di marcia, quando ormai la crestina ha lasciato il posto ad un modesto pendio, in un piccolo avvallamento del versante è facile scorgere la roccia incisa che, a differenza di molti altri monumenti di arte rupestre, non si trova in una posizione particolarmente dominante.

Links:
http://www.cesmap.it/cesmap/scavi_pinerolesi/crodala2.htm

http://www.cesmap.it/cesmap/scavi_pinerolesi/crodala.htm

http://www.cesmap.it/pietraverde3.html

Bibliografia:
— Arte rupestre in Val Chisone e nelle alpi occidentali, in Introduzione all’archeologia e all’antropologia, Regione Piemonte, 1986

Fonti:
Fotografia dal sito del Cesmap.

Data compilazione scheda:
22 giugno 2004 – aggiornamento giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Carlo Vigo – Gruppo Archeologico Torinese

Cumiana – Tavernette (TO) : Chiesa e campanile di San Giacomo

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Storia del sito:
L’antica cappella di Tavernette era in origine la parrocchiale di San Nazario di Cerretum. Le caratteristiche architettoniche della piccola chiesa e del suo campanile indurrebbero a datare il complesso intorno all’anno 1040. Documenti relativi al sito risalgono al 13 aprile 1319 e si riferiscono alla nomina, da parte del vescovo, di un sacerdote per le chiese di San Nazario e San Pietro. Successive documentazioni del 1386 e del 1508, inerenti a visite in loco da parte del vescovo, forniscono informazioni riguardo lo stato della chiesa e i sui arredi. All’interno, oltre a quello centrale, la chiesa aveva due altari laterali, un piccolo coro a forma semicircolare e decorazioni pittoriche sul soffitto e sulle pareti. In origine l’ingresso era situato a monte e l’abside era rivolta a valle. Nel XVII secolo, probabilmente per ragioni da attribuire alla scomodità delle strade che portavano alla chiesa, inizia ad essere utilizzata meno per le funzioni a favore di San Pietro in Vincoli. Nel 1668 la chiesa riduce a due gli altari e a metà del Settecento ne conserva solo più uno. Durante l’Ottocento si susseguono una serie di modifiche che porteranno alla scomparsa del coro e degli antichi dipinti. Nel 1889 San Giacomo viene utilizzata soltanto per pochissime volte l’anno. Nel 1930 si presenta senza il tetto e in un grave stato di abbandono; in seguito viene ristrutturata.

Descrizione del sito:
Attualmente San Giacomo appare come un edificio a pianta rettangolare a un’unica navata. Dei suoi antichi affreschi conserva solo una traccia di un dipinto del Trecento che raffigura san Cristoforo; dietro l’altare maggiore è presente un recente dipinto eseguito da un pittore locale. La facciata rivolta verso la strada statale è decorata con quattro lesene sormontate da un timpano; ai lati della porta di ingresso sono presenti due piccole finestre. La facciata rivolta a ponente è suddivisa in cinque scomparti da lesene che, nella parte superiore, sono collegate da due archetti pensili. I fianchi sono in pietrame anch’essi decorati da lesene e da cornici di archetti pensili. A lato della chiesa si erge il campanile romanico in pietrame a pianta quadrata; esso è alto cinque piani suddivisi da semplici cornici orizzontali sostenute da mensole in pietra. Dal secondo al quarto piano vi sono finestre a feritoia, la cui larghezza diviene sempre più ampia man mano che si procede verso l’alto. Le finestre del quinto piano sono bifore con colonnina nel mezzo. L’accesso alla torre campanaria è possibile solo dall’interno della chiesa. Attualmente al suo interno non esistono sistemi di scale che permettono di accedere ai piani.

Informazioni:
In frazione Tavernette.  Comune 011 9059001 / 9058968 ; Parrocchia tel. 011 9070178

Links:
http://www.comune.cumiana.to.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=22145

Bibliografia:
VITTORE M., Antiche Chiese di Cumiana, Alzani Ed.
VITTORE M., Un millennio a Cumiana, Alzani Ed.

Fonti:
Fotografia dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
10 gennaio 2004 – aggiornamento giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Pasquale Spoto – Gruppo Archeologico Torinese

Cumiana (TO) : Chiesa e campanile di San Gervasio

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Storia e descrizione del sito:
Il campanile risale al IX secolo, uno è fra i più antichi del Pinerolese. A pianta quadrata, di forme romaniche semplicissime, aperto alla sommità da quattro monofore ad arco, in corrispondenza della cella campanaria. Lo sormonta una cuspide triangolare elegante e proporzionata. Testimonianze orali raccontano che la cuspide è ottocentesca, ed ha sostituito l’antica copertura, simile a quella della torre di San Giacomo, andata perduta.
Su di una parete il campanile conserva i resti di un affresco quattrocentesco, raffigurante l’assunzione della Vergine e attribuibile al maestro di Cercenasco. La Madonna, circondata da angeli, è contemplata da due belle figure di Sante inginocchiate. Per approfondimenti vedi il sito del Comune.

Informazioni:
In posizione elevata e distante dal centro della frazione Costa. Info Comune 011 9059001 / 9058968 ; Parrocchia tel. 011 9059008

Links:
http://www.comune.cumiana.to.it

http://www.comune.cumiana.to.it/Home/Guida-al-paese?IDCat=3423   Per info su altri edifici di fondazione medievale, poi rimaneggiati.

Fonti:
Fotografia dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
12 giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Cercenasco (TO) : Cappella di Sant’Anna

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Storia del sito:
La costruzione della cappella risale all’ultimo quarto del XV secolo ed era la cappella del castello, andato distrutto nel 1693, dei Signori di Cercenasco. L’edificio era in origine assai piccolo e nel 1843 fu prolungato con due campate lunghe circa 5 metri ciascuna. Della primitiva cappella resta solo il presbiterio con volta a crociera e il grandioso arco trionfale che lo collega alla navata.
La cappella fu affrescata nell’ultimo decennio del XV secolo con la Storia di Maria, opera del cosiddetto “Maestro di Cercenasco”. Purtroppo la splendida opera è molto danneggiata dall’umidità: un primo restauro è stato compiuto nel 1973 per togliere il salnitro che ricopriva quasi completamente le pitture. Successivi restauri sono stati effettuati negli ultimi anni ’90 sia all’esterno che all’interno dell’edificio. Il rifacimento del tetto è iniziato nel 2014.

Descrizione del sito:
Gli AFFRESCHI narrano la Storia di Maria che copre le quattro vele della volta.
Nella prima vela è lo Sposalizio della Vergine. Nella seconda, la scena dell’Annunciazione con dei particolari di grande effetto. Nella terza è raffigurata la scena della Dormitio, ossia della morte della Madonna circondata dai dodici apostoli. Nella quarta vela è l’Incoronazione della Vergine da parte di Cristo e del Padre attorniati da angioletti.
Sull’arco che sostiene la volta sono affrescati due rosoni, che raffigurano i visi di un nobile e di una dama, probabilmente i Signori del tempo. Nel centro dell’arco un terzo rosone con il volto del Cristo. Sulla parte esterna dell’arco è affrescata la scena di Gesù Bambino fra i dottori del Tempio.
Notevoli gli effetti chiaroscurali, la resa dei volti e la resa dei panneggi rigidi e delle scenografie. Allo stesso pittore sono attribuito gli affreschi della cappella del Boschetto di Frossasco.

Informazioni:
Nel centro storico. Parrocchia tel. 011 9809257.

Links:
http://www.centrostudisilviopellico.it/cappelladisantanna/  (visita virtuale)

https://it.wikipedia.org/wiki/Cappella_di_Sant%27Anna _(Cercenasco)

Bibliografia:
GILLI P.; COZZO P.; GABINO A.L.; FRATINI M., La Madonna del Boschetto. Arte medievale a Frossasco e dintorni. Centro Studi Piemontesi, Torino, 2005
SANTANERA O., Il maestro di Cercenasco, in Jacobino Longo pittore, Catalogo mostra, Pinerolo To, 1983
MORETTI V., Il maestro di Cercenasco: luce e colore in pittura nel Piemonte del 15° secolo, Valerio, Torino 2010

Fonti:
Foto in alto da Wikipedia, foto in basso tratta nel 2014 da http://www.vitadiocesanapinerolese.it

Data compilazione scheda:
04/07/2007 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Cavour (TO) : Rocca

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Descrizione del sito:
La Rocca di Cavour (500 metri s.l.m.) è un singolare affioramento roccioso morfologico emergente dalla pianura tra il Monte Bracco e l’imbocco della Val Pellice.
L’area del Parco Regionale Rocca di Cavour – nota da tempo per le numerose rocce a coppelle – dagli anni ’80  del secolo scorso si è arricchita del considerevole patrimonio costituito da due pitture rupestri risalenti verosimilmente al periodo Neolitico. Una di queste pitture è stata eseguita con colori rossi e blu-neri e si tratta dell’unica pittura rupestre preistorica policroma nota nelle Alpi. Su una parete rocciosa rivolta ad Est sono inoltre raffigurati motivi alberiformi, antropomorfi e segni geometrici, rappresentati secondo i canoni dell’arte schematica post-paleolitica. La pittura preistorica è collegabile alla presenza umana in loco già accertata nel Neolitico medio, grazie al rinvenimento di reperti di “Vaso a Bocca Quadrata” risalenti al IV millennio a.C.

Informazioni:
Per la visita: Via Conte Buffa di Perrero , tel 0121 68187 o Comune 0121 6114
Ente di gestione delle Aree Protette del Po Cuneese. Sede operativa : via Griselda, 8 Saluzzo (CN) tel. 0175 46505  email: pocn@pec.parcodelpocn.it

Links:
http://www.cesmap.it/cesmap/scavi_pinerolesi/cavour.htm

http://www.parcomonviso.eu

Bibliografia:
AA.VV., 1988, Arte rupestre nelle alpi occidentali, catalogo museo nazionale della montagna
MERCANDO L. (a cura di), 1998, Archeologia in Piemonte, Allemandi

Fonti:
Per la realizzazione della scheda sono state utilizzate le pagine internet del Cesmap, cui si rimanda per approfondimenti.
Foto in alto da http://www.agraria.org/parchi/piemonte/roccacavour.htm

Data compilazione scheda:
10 aprile 2002 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Federico Vigo – Gruppo Archeologico Torinese

Cavour (TO) : Museo archeologico “Caburrum” (dell’Abbazia di Santa Maria)

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Storia del sito:
La romanizzazione del territorio di CABURRUM è fatta risalire alla fine dell’età cesariana, quando l’oppidum viene trasformato nel municipium romano denominato FORUM VIBII o, come ritengono alcuni studiosi, il secondo fu affiancato al primo diventando parte della Transpadana nella Regio XI con il nome di FORUM VIBII CABURRUM (44-45 a.C.), dal nome di CAIO VIBIO PANSA che lo affidò alla tribù Stellatine.
La città divenne un importante centro mercato che conoscerà il suo massimo splendore nell’epoca Augustea (I sec. a.C.-I d.C.).
Numerose scoperte archeologiche nel territorio di Cavour testimoniano questo importante periodo storico: tombe ad inumazione ed incinerazione, necropoli con arredi funebri, vasellame, tratti di acquedotto, fondamenta di siti abitativi, frammenti di ceramica e laterizio, lapidi ascritte. La maggior parte dei reperti è al Museo Archeologico di Torino.
In seguito la città seguirà gradatamente la decadenza di tutto l’Impero.
Nel 568 giungono nell’Italia settentrionale i Longobardi, cui faranno seguito i Franchi ed infine, nel X secolo, i Saraceni: anche Cavour subisce un susseguirsi di distruzioni e di ricostruzioni che troviamo documentate soprattutto nelle strutture dell’ABBAZIA di S. MARIA, costruita nel 1037 su antiche preesistenze (vedi scheda).

Storia del museo:
All’inizio del 1900 la Parrocchia di Cavour possedeva parecchi reperti che negli anni ’70 vennero consegnanti al Comune per esporli in una sede idonea che fu trovata all’interno di uno degli ambienti annessi alla medievale Abbazia di Santa Maria anticamente usato come tinaggio (locale coperto in cui venivano depositati i tini per la pigiatura delle uve). Il Museo  fu risistemato nel 1985.

Descrizione delle collezioni:
Il museo presenta i reperti archeologici recuperati nel corso di rinvenimenti casuali ed indagini mirate nel territorio. Il percorso si articola in varie sezioni, dalla preistoria all’alto Medioevo e costituisce una tappa della visita alla Riserva Naturale Speciale della Rocca di Cavour. La sala al piano terra è dedicata al Municipio romano di FORUM VIBII CABURRUM, fondazione legata alla presenza nell’area di un luogotenente di Giulio Cesare, governatore della Gallia Cisalpina tra il 45 ed il 44 a.C. Caio Vibio Pansa, Console del 43 a.C.
Il Museo stesso sorge sul sito dell’antica città, come ha mostrato il rinvenimento di strutture, presentate al pubblico in occasione della ristrutturazione dell’edificio. Nel Museo sono ospitati numerosi reperti, in gran parte provenienti da corredi tombali, ma anche da strutture insediative recentemente esplorate nell’ambito extra urbano, ed un ampio lapidarium, comprendente iscrizioni a carattere pubblico e privato dall’età romana all’alto medioevo. (I – VI / VII sec d.C.) Un bassorilievo in pietra raffigurante la lupa con Romolo e Remo, proveniente dall’Ospizio di San Giuseppe ed un prezioso cippo in marmo che ha nel mezzo, in bassorilievo, il busto del defunto sul cui petto è apposto un distintivo di ordine torquato circondato da alcune insegne militari, dalla testa di Medusa e da due biscioni. Sotto il busto si legge un’iscrizione che dice “Quinto Mannio, figlio di Rufo, stellatino, lasciò per testamento che fosse eretto per sè e per suo figlio Primo questo monumento”.

Informazioni:
Pro Loco, tel 0121 68194 ; email: procavour@cavour.info

Link:
http://www.cavour.info/viewobj.asp?id=562

Fonti:
Info e fotografia dal sito indicato, cui si rimanda per altre fotografie e approfondimenti.

Data compilazione scheda:
11/07/05 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Cavour (TO) : Abbazia di Santa Maria

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Storia del sito:
In un documento del 1037 il vescovo Landolfo dichiara di aver ritenuto giustissimo istituire «in villa que Caburro dicitur» un monastero, all’interno del quale siano innalzate preghiere «omni tempore die noctuque», nella forma cioè della laus perennis e al mantenimento e al decoro dei monaci il vescovo provvede attraverso la concessione generosa di beni e diritti. Segue poi la designazione e la nomina dell’abate: Landolfo chiama a reggere la nuova comunità benedettina il monaco Giovanni, «prudentia et sanctitate celeberrimum», al quale raccomanda cura e impegno nella guida del monastero. La carta del 1037 costituisce il riconoscimento formale del cenobio di Cavour e del suo patrimonio fondiario, ma non è da escludersi che a quella data l’abbazia esistesse da qualche tempo. Il sito prescelto si colloca in un’area di forte romanizzazione e Cavour è attestata con dignità municipale come Forum Vibii Caburrum. All’età di Landolfo però lo stato di abbandono dell’abitato doveva essere quasi definitivo e la località viene semplicemente definita come villa; soltanto la grande quantità di ruderi antichi doveva ricordare l’importanza del passato.

Descrizione del sito:
I resti della chiesa landolfiana sono inglobati in una serie di consistenti stratificazioni, intervenute già in epoca medievale. La chiesa antica è costruita per buona parte con laterizi romani, mentre frammenti scultorei sono reimpiegati per integrare l’apparato decorativo. Del cenobio originario di Santa Maria si conservano oggi parti della chiesa superiore e in ottimo stato la struttura della cripta. Un intervento di fine Settecento ha radicalmente ristrutturato l’edificio fuori terra, realizzando un impianto ridotto rispetto all’estensione romanica, di aspetto cruciforme, con un transetto alto quanto le navate e un portico d’ingresso su pilastri. In realtà il portico è un frammento della chiesa precedente, in quanto la facciata barocca venne notevolmente arretrata. La lunghezza complessiva dell’edificio romanico doveva essere di 10,1 trabucchi, corrispondenti a circa 31,1 metri.
La struttura del presbiterio romanico rimane ancora perfettamente leggibile: uno spazio esteso a tutte le navate, sopraelevato e poggiante su una cripta che si allarga fino a comprendere i muri d’ambito longitudinali. Compaiono anche nella cripta di Cavour le due sale ai fianchi di quella mediana, suddivisa a sua volta in tre navatelle, secondo lo schema già constatato a Testona. A Cavour la piattaforma presbiteriale si è conservata in tutta la sua estensione e consente di cogliere l’intenzione dei costruttori: realizzare un edificio nettamente distinto in due livelli, dove di fronte al corpo longitudinale s’innalzava un podio unitario aperto verso le navate, probabile sede del coro monastico, mentre le cripte inferiori su cui tale blocco poggiava erano visibili ai fedeli tramite un sistema di finestre. Sul piano del presbiterio si aprivano l’abside mediana e due cappelle minori ai lati.

La sala mediana della cripta si estende per sette campate e presenta un perimetro interno trapezoidale. Il pavimento è a lastre lapidee in buona parte di reimpiego. Dalla forma dei capitelli (semplici dadi scantonati, lisci o scolpiti a profonde e dure incisioni verticali, a nodi e a stelle) e dai fusti lapidei appena sbozzati che li sostengono, alcuni autori ipotizzano che siano stati realizzati con un’approssimativa lavorazione dopo la posa e che quindi siano coevi alla fabbrica landolfiana, mentre altri ritengono che possano essere elementi risalenti ad un più antico centro di culto presente nel territorio. Al centro dell’abside maggiore della cripta si conserva un imponente altare costruito con tre frammenti di reimpiego romano di marmo bianco sovrapposti in modo da formare una mensa larga m 1,20 e alta m 1,06. Entro questo altare smontato nel 1905 venne trovata una teca definita ‘rozza’ in piombo con reliquie che su base esclusivamente ipotetica si vollero di San Proietto, diacono di Sant’Evasio, martirizzato il 1 dicembre 362 o omonimo vescovo alverniate martirizzato nel 670. Inattendibile l’identificazione e perduta la teca non esistono elementi per risalire alla costruzione di quest’altare, anche se un’opera così formata rivela anni poveri di mezzi e di materiali. Non è certo che i pilastri ottagonali della chiesa superiore, riemersi all’interno dopo la scrostatura del rivestimento barocco e ben conservati nel tratto esterno del portico, appartengano alla chiesa originaria Con ogni probabilità la fabbrica era iniziata in età landolfiana dalla cripta ed era avanzata nei decenni successivi, sperimentando sempre maggior affinamento delle tecniche costruttive.

Informazioni:
Pro Loco tel. 0121 68194 oppure  0121 69057;  email: procavour@cavour.info

Links:
http://www.comune.cavour.to.it

http://www.cavour.info/viewobj.asp?id=48

Bibliografia:
TOSCO C., 1997, Architettura e scultura landolfiana, in Il rifugio del vescovo, a cura di G. CASIRAGHI G., Torino, Scriptorium
ROMANO G. (a cura di), 1994, Piemonte romanico, Torino

Fonti:
Fotografie dal sito www.cavour.info

Data compilazione scheda:
29 marzo 2004 – aggiorn. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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Castagnole Piemonte (TO) : Chiesa di San Pietro e resti del Monastero di Buonluogo

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Storia del sito:
La CHIESA DI SAN PIETRO ebbe titolo di Pieve; fu fondata intorno all’anno 1000 ed è citata in un documento di Landolfo, vescovo di Torino nel 1037; ancora citata nel 1118; descritta nel 1453 in un atto del Comune, dal quale si desume che le dimensioni della Chiesa rispecchiavano le attuali. Nel 1548 la comunità castagnolese, fece pressione sul Prevosto (Don Bonifacio dei Conti di Scalenghe) affinché provvedesse al restauro in quanto la Chiesa era in parte diroccata. Nel pavimento della sacrestia vi era un ossario ed attorno alla Chiesa il camposanto. La chiesa restaurata continuò ad essere la chiesa parrocchiale di Castagnole fino al 1672, anno in cui la prevostura fu trasferita nella nuova chiesa di San Rocco.
Nel 1684 crollò in parte, ma venne ricostruita e restaurata. Oggi si presenta con forme eclettiche e neogotiche. Conserva AFFRESCHI del XV secolo.

IL MONASTERO DI SANTA MARIA DI BUONLUOGO, era un convento femminile fondato alla fine del XII secolo (1190) dai Folgore Piossasco, Signori di Castagnole e Scalenghe, e denominato “Buonluogo” in quanto i signori e la nobiltà locale erano soliti trascorrervi qualche tempo in villeggiatura. Alaisina “de Fulgure” fu una delle Prioresse: il suo nome compare in documenti risalenti al 1237.
Il Monastero ben presto assunse una posizione predominante, riuscendo a controllare la Certosa di Molare di Bricherasio ed anche quella di Mombracco, questo fu possibile in quanto le certose erano alle dipendenze delle monache di Belmonte di Busca che nel 1277 furono accolte nel monastero.
Il monastero dipendeva dal convento (maschile) di Montebenedetto in Val Susa, ma nel 1303 passò alle dipendenze dell’abbazia maschile di Casanova fino al 1539, quando l’Abate di Casanova, Gabriele dei Marchesi di Saluzzo, diede il monastero in enfiteusi perpetua a Giacomo Folgore signore di Scalenghe. Da quel momento e fino al 1597 le monache di Buonluogo non ebbero più vita facile, perché sia l’Abate di Casanova che i suoi successovi vollero farle spostare in un convento più rigido. Le monache resistettero per 10 anni, ma alla fine furono trasferite a Cheri.
Nel 1598 Papa Clemente VIII autorizzò due monaci dell’Abbazia di Casanova a trasferirsi nel convento per lavorare i campi con l’aiuto di persone del luogo, già dal 1633 il monastero fu chiamato “Cascina Monastero”.
I monaci rimasero fino al 1861, anno in cui, in seguito all’Unità d’Italia, il Re emanò un regio decreto che stabiliva la vendita dei beni clericali, il ricavato finì nelle casse del regno. La cappella è tuttora sconsacrata in quanto nel 1861 Papa Pio IX dichiarò sconsacrati tutti i beni clericali venduti e scomunicati gli acquirenti; nel 1929 la scomunica venne tolta, ma rimase la sconsacrazione degli edifici.

Descrizione del sito:
CHIESA DI SAN PIETRO. L’interno a tre navate conserva due antichi AFFRESCHI: uno raffigura sant’Apollonia; l’altro una bellissima Madonna col Bambino, della fine del XV sec., attribuita al “Maestro di Cercenasco”.

Dell’antico MONASTERO sono ancora riconoscibili la Cappella di Santa Maria con il campanile, una croce in ferro (forse templare, del XII sec.), il refettorio ed un’antica balconata in legno di pino.

Scarica allegato dal sito http://www.carignanoturismo.it : pieve-castagnole–buonluogo

Informazioni:
La chiesa di San Pietro si trova nel recinto del cimitero sulla strada di Virle.
Un ampio cascinale di proprietà privata, sulla strada tra Castagnole e Scalenghe, detto Cascina Monastero, conserva i pochi resti dell’antico monastero. Comune, tel. 011 9862811, o Parrocchia tel. 011 9862512

Links:
https://docplayer.it/amp/17554283-Il-monastero-di-buonluogo-1.html

http://www.cartusialover.altervista.org/Benluogo.htm

Fonti:
Fotografie dal sito http://www.marziamontagna.it, pagina non più esistente nel 2020.

Data compilazione scheda:
07/07/2007 – aggiornamento maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

castagnole aff

Buriasco (TO) : Castello

buriasco castello

Storia del sito:
Nell’anno 1000 il territorio di Buriasco, allora Buriades, era diviso in due parti: superiore e inferiore. Buriasco superiore comprendeva le terre fra il comune di Pinerolo, di cui faceva parte, e l’abitato di Buriasco inferiore. Dal 1075 al 1220 fu dominata dagli abati benedettini di S. Maria, che avevano ricevuto Pinerolo e le terre dipendenti dalla contessa Adelaide; passò quindi sotto la signoria dei Savoia.
Buriasco Inferiore, che si estendeva fino alle terre confinanti con Macello, Riva e Vigone, rientrò nella marca di Torino. Dal 1031 fu appannaggio dei canonici di S. Solutore, di S. Maria e di S. Giovanni Battista di Torino, (come confermano i diplomi di Enrico II nel 1046, Federico I nel 1158 ed Enrico III nel 1213) sino al 1399 quando il Capitolo dei canonici la cedette al Duca Amedeo VIII di Savoia. I primi signori del luogo furono i Gillio, investiti nel 1270. Buriasco inferiore subì di riflesso una parte degli avvenimenti di Buriasco Superiore: dopo che Pinerolo divenne capitale dello Stato di Piemonte e venne riconosciuto il dominio del principe Filippo I di Savoia, questi, nel 1305, investì il fedele scudiero Guglielmo di Montbel del feudo di Buriasco, e così venne costruito nel borgo il castello feudale.
Durante le lotte tra Savoia e Acaia (1356-1363) il Conte Verde penetrò nel pinerolese e pose il suo campo in Buriasco Inferiore (1359). Nel 1420 il feudo venne venduto al signore di Baldissero e nel 1452 fu confermata l’investitura alla signora di Baldissero, sposata con un Solaro. Nel 1592 le milizie francesi del maresciallo De Les Diguières, incendiarono Buriasco e, nonostante la strenua difesa degli abitanti, semidistrussero il castello. Nel 1595 le truppe di Carlo Emanuele sospinsero i Francesi oltralpe. Casa Savoia guidò le sorti del nuovo stato sino all’occupazione di Pinerolo, nel 1631 da parte delle milizie francesi dì Luigi XIII, comandate dal Cardinale Richelieu. Con il trattato di Cherasco (7 aprile 1631) le terre di Pinerolo, Baudenasca, Buriasco superiore, Costagrande, Abbadia, Val Lemina, Porte, Villar, Dubbione, Pinasca e Perosa furono annesse al Regno di Francia, mentre Buriasco inferiore restò sotto i Savoia, segnando il confine con la Francia con una porta i cui resti sono in Piazza Gonnet. Buriasco superiore rimase francese fino al 1696, anno in cui tornò ai Savoia che la unirono a Buriasco inferiore con regia patente del 1818, ma, per l’ostruzionismo di Pinerolo, che chiese la revoca del provvedimento, ciò fu possibile solo nel 1824. Da quel momento visse le vicende del regno d’Italia. Il primo Conte di Buriasco fu Maurizio Ferrero, pinerolese, dei Signori di Bibiana e Famolasco che ne otteneva la Contea e il Castello nel 1619 da Carlo Emanuele. Ultimo di questa casata fu il conte Maurizio, morto nel 1928.

Descrizione del sito:
Il Castello è stato purtroppo irrimediabilmente rimaneggiato nei secoli. Attualmente è composto da un ampio muro di cinta con torri circolari, che racchiude al suo interno diversi fabbricati moderni e un giardino. L’ultima ristrutturazione avvenne quando fu adibito a ristorante nel 1961.

La chiesa parrocchiale, dedicata a S. Michele Arcangelo, fu costruita nel 1704, dopo che si era abbattuta la precedente chiesa che possedeva probabilmente affreschi di valore. Se ne salvò un frammento quattrocentesco, un pezzo di colonna con raffigurata la Madonna del latte che venne incastonato in una cappella edificata nel 1632 come voto per la scampata peste, detta oggi Cappella della Madonna della Neve.

Informazioni:
Il Castello è attualmente adibito a ristorante, tel. 0121 56560

Links:
https://it-it.facebook.com/pages/Ristorante-Castello-Di-Buriasco/121345674585488m

http://www.comune.buriasco.to.it/viewobj.asp?id=2623

Fonti:
Fotografia in alto da http://pinerolovalli-artecultura.it, pagina non più esistente nel 2020.

Data compilazione scheda:
7/2/2007 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese