Provincia di Asti

Montiglio Monferrato (AT) : Chiesa di San Lorenzo.

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Storia del sito:
La chiesa di San Lorenzo aveva nel Medioevo dignità plebana ed è menzionata per la prima volta in un elenco di pievi vercellesi, risalente al X secolo. La sua giurisdizione plebana si estendeva alla metà del trecento su numerose chiese dei dintorni. Verso il 1474 San Lorenzo fu staccata dalla diocesi di Vercelli e sottoposta alla nuova diocesi di Casale, allora istituita. Nel 1577 la chiesa appariva ormai cimiteriale e non più idonea alle funzioni parrocchiali, sicché il visitatore apostolico monsignor Ragazzoni ordinò che si costruisse una nuova chiesa, più ampia dell’antica. La nuova parrocchiale non era però ancora terminata nel 1584, al tempo della visita di monsignor Carlo Montiglio, mentre la vecchia pieve risultava parzialmente rovinata. All’inizio del Seicento la chiesa vecchia parrocchiale di San Lorenzo si presentava “tutta in volta in tre navi”; peraltro aveva “un sol altare mal in ordine e senza pietra sacrata”. L’edificio rimase senza coperture dal 1783 al 1788, situazione che con ogni probabilità ne causò la rovina quasi completa. Infatti nei documenti di fine Settecento si parla di ricostruzione di tutte le murature e coperture, abside centrale compresa. Si provvide inoltre a coprire con una volta a botte la navata centrale in sostituzione dell’originale soffitto a capriata. Le due navate laterali dell’antico edificio vennero ristrette e quindi vennero abbattute le absidiole esistenti in origine. La facciata venne completamente rifatta ex novo per adattarla al nuovo impianto costruttivo. Rimane da appurare se il materiale adottato in questi vasti interventi provenga tutto dalla chiesa stessa o da antiche costruzioni vicine alla chiesa di cui si è perso il ricordo. Duranti lavori di restauro effettuati tra il 1955 e il 1959, oltre a rafforzamenti delle strutture e al rifacimento delle coperture delle navate laterali, fu tra l’altro abbattuta e sostituita la facciata neoclassica.

Descrizione del sito:
L’impianto originale della chiesa doveva essere a pianta basilicale orientata, con tre navate e tre absidi. Ha subito profonde trasformazioni. Attualmente l’edificio (lunghezza m 15,50, larghezza interna m 8) ha un’unica abside centrale. La navata è fiancheggiata da sei cappelle a pianta semiesagonale e nella zona presbiteriale da due ambienti a pianta rettangolare, leggermente sporgenti dal perimetro della chiesa e costituenti una sorta di transetto. Vi sono un ingresso principale assiale in facciata e uno laterale nell’ambiente rettangolare meridionale. La muratura è in blocchi di pietra squadrata faccia a vista. Nell’abside invece è a fasce alterne in pietra e mattoni. La facciata, di recente costruzione, è del tipo a salienti. Nel prospetto sud la muratura perimetrale presenta tre monofore a doppia strombatura con arco a tutto sesto. L’arco ed i piedritti sono ricavati ciascuno in un unico blocco di pietra scolpito con un motivo a toro. Fra il piedritto e l’arco è inserito un blocco scolpito ad intrecci, che si estende per un tratto anche nella muratura circostante. Il coronamento della parete perimetrale è costituito da una semplice cornice in pietra. Il coronamento del cleristorio è costituito da una serie di archetti pensili intrecciati, con mensoline vagamente scolpite, sormontate da una cornice decorata a palmette e caulicoli. L’abside, delimitata agli estremi da larghe lesene che ne seguono la curvatura, è divisa in tre campiture da due lesene a sezione rettangolare. La muratura è a fasce alterne in pietra e mattoni. Nella campitura sud est e in quella nord est vi è una monofora a doppia strombatura con arco monolitico a tutto sesto. In ogni campitura quattro modiglioni reggono il coronamento: alcuni sono antropomorfi, altri hanno una forma che ricorda il tipo francese a copeaux. Nelle lesene di raccordo tra l’abside e la muratura della navata, inferiormente al coronamento, vi è una cornice decorata a “intreccio di vimini”. Il coronamento è costituito da due fasce di un corso di mattoni e pietra che racchiudono una serie di losanghe alternate in pietra e cotto, sovrastate da una cornice decorata a billettes. Il basamento è in pietra e mattoni con modanatura. Nel prospetto nord la muratura in pietra presenta qualche tratto di filare in mattoni. Come nella maggior parte delle chiese romaniche è il lato più disadorno, simbolicamente il lato della morte. Vi sono tre monofore a doppia strombatura con arco a tutto sesto monolitico. Il coronamento della muratura perimetrale è una semplice cornice in pietra. Il coronamento del cleristorio  è ad archetti semplici monolitici su mensoline, sovrastati da una cornice decorata prevalentemente con un motivo a doppia treccia. All’interno le navate laterali sono state trasformate in cappelle nelle prime tre campate, le monofore che in esse si aprono hanno il blocco dell’arco monolitico decorato; nel tratto in muratura compreso fra gli archi della prima e della seconda cappella a nord si nota un breve tratto di fascia a “denti di lupo”, del tipo a triangoli rettangoli. Nella quarta campata sono stati ricavati i bracci di una sorta di transetto. La fila dei pilastri cruciformi a nord presenta verso la navata centrale delle semicolonne, mentre la fila a sud larghe e piatte lesene. I capitelli di alto valore plastico e decorativo sono visibili solo da tre lati in quanto il quarto è inglobato nella muratura delle cappelle. I mostri e gli animali scolpiti come in tutta l’iconografia medievale avevano un contenuto simbolico, erano allusivi a vizi e virtù e avevano lo scopo di indurre alla meditazione il credente. Tutte le arcate longitudinali hanno una doppia ghiera di cui quella più interna talvolta è modanata e sono incorniciate da una fascia a billettes. Il pavimento è in battuto di cemento. L’altare è in pietra di recente costruzione. Incorporata nel muro della seconda cappella del lato nord si nota una pietra tombale, scoperta dal professor Olimpio Musso, che così la interpreta “SAHSMAR (H)IC QUI(E)SI(T) IN (PACEM)”. Durante recenti lavori di restauro è stata scoperta una nuova lapide mortuaria che cita “ANIBAL CO(niux)” posta probabilmente dalla moglie a ricordo del marito.

Informazioni:
La chiesa si trova in zona collinare a circa 600 m, in direzione sud – est, dall’abitato di Montiglio, a 260 metri s.l.m., sul costone ovest della Valle Versa. È collocata nell’area cimiteriale. Agenzia Turistica Montiglio Monferrato, tel. e fax 0141 994006, e-mail: info@montigliom.at.it

Links:
http://www.comune.montigliomonferrato.at.it/Home/Guida-al-paese?IDDettaglio=32844

http://it.wikipedia.org/wiki/Pieve_di_San_Lorenzo_%28Montiglio_Monferrato%29

Bibliografia:
Le chiese romaniche delle campagne astigiane a cura di Liliana Pittarello, Asti 1984, pp. 235-238
S. CASARTELLI, Quattro chiese benedettine del XII secolo in Monferrato, in “Atti del X congresso di storia dell’architettura, Torino 1957” Roma, pp. 309-330
F. CIRAVEGNA, Curiosità e leggende della pieve di San Lorenzo, dattiloscritto in loco

Fonti:
Fotografie 1, 2 da Wikipedia; foto 3 e 4 GAT.

Data compilazione scheda:
18 maggio 2002 – aggiornam. luglio 2014 – aprile 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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Montemagno (AT) : Castello, resti della chiesa di San Vittore, Chiesa di Santa Maria della Cava

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Storia dei siti:
CASTELLO
Nel 1164 Federico Barbarossa confermò i diritti di Guglielmo IV Marchese del Monferrato sui territori posseduti, compreso Montemagno. Nel 1342 il castello di Montemagno venne ceduto ad un consorzio gentilizio: i Turco paiono essere i più significativi. Nel 1435 i Monferrato giurarono fedeltà ai Duchi di Savoia. Fra XIII e XIV secolo il castello fu ampliato. Dopo guerre e alterne vicende, nel 1519 il castello entrò in possesso di Francesca della Cerda. Il feudo di Montemagno nel 1610 fu di Evasio Ardizzi, ceduto poi al mercante di sete di Casale Giovanni Gallone e da questi venduto nel 1669 ai Callori di Vignale che nel 1721 eseguirono grandi restauri del maniero. Il feudo passò quindi per via dinastica a Ottavio Grisella. Francesco Maria Grisella fu l’ultimo signore feudale di Montemagno. In tempi più recenti il castello è stato di proprietà degli Avogadro della Motta, dei Sanseverino, dei Cavalchini Garofoli e ora appartiene ai Calvi di Bergolo.

CHIESA DI SAN VITTORE E CORONA
Risale al secolo XI. Citata nel 1345, quando dipendeva, con le altre chiese del paese, dalla pieve di Grana. Nel 1568, unita alla chiesa di San Cipriano, costituiva una parrocchia. Nel 1584, però, San Vittore era già in stato di abbandono ed era stata sostituita, per il culto, dalla nuova parrocchiale di Santa Maria. Restaurata nel 1707, San Vittore tornò a funzionare per tutto il XVIII secolo per poi essere nuovamente abbandonata e andare in rovina. Recentemente restaurata.

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA CAVA
Nel registro diocesano di Asti appare elencata la Chiesa di “S. Maria di Betlemme in posse Montis Magni”. La chiesa è identificabile con la cappella di “S. Maria de Hospitali, in aralibus dicti loci”, in stato di abbandono e non più officiata anche se consacrata nel 1569. La successiva visita apostolica del Vescovo di Casale nel 1577 conferma che la cappella possiede un ospitale di Santa Maria, appartenente però al Sovrano Militare Ordine di Malta. La chiesa si chiamò definitivamente Santa Maria della Cava, sovrapponendosi a quello di Santa Maria di Betlemme. Il predicato della Cava deriva dall’antica strada romana sprofondata, incavata per mancanza di manutenzione. Infatti l’area dell’attuale Comune di Montemagno è costellata di borghi e ville romani e lo stesso toponimo del capoluogo ne rivela l’origine romana.

Descrizione dei siti:
CASTELLO L’antichissimo castello ha una pianta irregolare che fa da chiusura ad una corte ellittica. La sua facciata presenta due serie di finestrelle ogivali a ghiere rientranti ed è ornata da due torri laterali e da cinque balconcini in pietra e altre finestre ad arco in conci bicromi e a sesto acuto. Sulla cornice di coronamento ad archetti pensili e losanghe vi è la merlatura ghibellina. Agli angoli si trovano due corpi merlati anch’essi. La facciata è caratterizzata anche da un corpo più basso con quattro finestre ogivali su due piani. Da questa parte vi è la stradina in salita che porta al “dongione”. Presenta anche un blocco con portale barocco. Possiede anche dei sotterranei che costituivano le carceri, ed un’ampia sala, l'”Aula del Senato”.

CHIESA DI SAN VITTORE Ormai rimane solo il campanile e l’abside. Il campanile, piccolo e a pianta quadrata, con una bifora all’ultimo piano, è impostato sull’abside che presenta archetti e tre monofore. La muratura esterna alterna pietra e laterizi con la struttura a fasce, tipica dell’astigiano.

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA CAVA Nell’abside conserva AFFRESCHI datati 1491, tra di essi una Crocifissione con le figure di Maria e san Giovanni, una Madonna in trono con Bambino, figure di Santi.


Informazioni:
Il CASTELLO si trova nella parte alta dell’abitato, Via Castello. Di proprietà privata.

I resti della CHIESA ROMANICA DI SAN VITTORE sono a circa mezzo km. dal paese, su una collinetta in prossimità del cimitero.

La CHESA DI SANTA MARIA DELLA  CAVA sorge ai confini del paese.

Link:
http://www.comune.montemagno.at.it/

Bibliografia:
R. BORDONE, Il castello di Montemagno, in ID., Andar per castelli. Da Asti tutto intorno, Torino, 1976, e ora in Montemagno tra arte e storia, pp. 13-20

Fonti:
Fotografia in alto da wikipedia; in basso dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
13 novembre 2011 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Montechiaro (AT) : Chiesa dei Santi Nazario e Celso

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Storia del sito:
Nel 1159 veniva citato dal Barbarossa il fatto che la chiesa parrocchiale dell’abitato di Mairano, pur essendo vicinissima alla pieve di Pisenzana, dipendeva dal monastero della Torre Rossa di Asti, il quale a sua volta era alle dipendenze dell’abbazia di San Benigno di Fruttuaria. Nel 1200 con la fondazione di Montechiaro gli abitanti di Mairano si trasferirono nel nuovo abitato. Nel 1265 papa Clemente IV ne conferma la dipendenza dall’abbazia di Fruttuaria. Nel 1345 nel registro della diocesi di Asti San Nazario è fuori dalla giurisdizione del vescovo astigiano grazie alla sua dipendenza da San Secondo dell’abbazia della Torre Rossa. Nel 1585 la chiesa è descritta in cattive condizioni per cui vi si celebrava raramente. Nel 1752 viene tolto il titolo di parrocchiale. Nel 1838 è ancora attestata in pessime condizioni. Nel 1845 il vescovo di Asti, visto il cattivo stato dell’edificio, ordinò che non vi si celebrasse e che venisse restaurata. Nel 1849 terminarono i lavori di restauro, iniziati due anni prima, che videro l’abbattimento e la riedificazione parziale della chiesa. Per finanziare i restauri si ricorse ad una sottoscrizione ed a due lotterie. Durante questi lavori la sola facciata rimase originale, mentre la chiesa fu smontata per intero e le pietre vennero numerate per ricostruirla come in originale. Alla fine la chiesa risultò però di dimensioni minori. Nel 1909, 1929 e 1982 vennero compiuti lavori di restauro e di consolidamento delle fondamenta.

Descrizione del sito:
La pianta dell’edificio è ad aula orientata con pianta rettangolare ed abside semicircolare; il campanile è a base quadrata con lati di poco più di 4 metri ed ha un’altezza di 20 metri circa. La facciata è a capanna con fasce orizzontali alterne di pietra e laterizi, con coronamento ad archetti pensili appoggiati a mensoline decorate; più in alto ha una cornice scolpita. Il portale con arco a tutto sesto ha la cornice con doppio motivo ornamentale: all’interno è scolpito un cordone ornato a nastri intrecciati, mentre la cornice esterna presenta due fasce, l’una decorata secondo un motivo a cornucopie, l’altra con un intarsio bicolore a «denti di lupo» in pietra e cotto, racchiusa da un filare di laterizi. Sullo stipite destro della porta d’ingresso vi è una scultura zoomorfa. Sopra l’arco del portale vi è una croce in laterizio, con in basso una cornice scolpita a palmette, ed ai fianchi due colonnine con capitelli. La parete sud ha la muratura di blocchi squadrati d’arenaria intervallati orizzontalmente da sottili file di mattoni. Il coronamento è in pietra con archetti pensili poggianti su mensoline lavorate, con più in alto una cornice scolpita a doppio intreccio. In questo fianco sono inserite tre monofore monolitiche con arco a tutto sesto. L’abside semicircolare è in mattoni e blocchi di arenaria alternati. Il coronamento presenta archetti pensili poggiati su mensoline in laterizio e sopra una cornice liscia in pietra. Le aperture sono costituite da tre monofore monolitiche senza motivi ornamentali, con arco a tutto sesto. Anche la muratura della parete nord è simile alla sud. Il coronamento è in pietra con una cornice sorretta da mensoline scolpite. Vi è una sola monofora con arco a tutto sesto monolitico scolpito con motivi geometrici e con un animale mostruoso che si morde la coda. L’interno ha subito vari restauri ed è in parte dovuto al rifacimento ottocentesco. Il campanile è a quattro piani, ha la muratura di arenaria, dal primo piano alternata a sottili fasce di laterizio, che man mano che si sale diventano più estese. Sul lato est a pianterreno vi è una porta d’ingresso con arco a tutto sesto. Al secondo piano vi è una stretta monofora solo sui lati est ed ovest, appena sopra questa vi è una cornice con il motivo a scacchi che si ripete per tutto il perimetro del campanile. Al terzo vi è una bifora sui lati est, sud ed ovest, mentre su quello nord ve n’è rimasta solo una traccia. Le finestre sono tamponate in mattoni e mancano di colonnine e capitello. Al quarto piano vi è una bifora su ciascun lato. A partire dal secondo, fra un piano e l’altro vi è una cornice orizzontale realizzata in pietra e laterizio di archetti pensili, talvolta intrecciati, poggiati su mensoline scolpite e più sopra un nastro con motivo a denti di sega, fra due corsi di mattoni.

Informazioni:
La chiesa si erge isolata, in zona collinare, a circa 2 Km dal paese di Montechiaro (AT),  percorrendo la strada provinciale 2 , sulle pendici del bric san Nazario, in località Castel Mairano. La strada inghiaiata che vi conduce è interdetta al transito, occorre quindi lasciare l’auto ai bordi della strada asfaltata. Info Comune tel. 0136 999136

Links:
https://www.chieseromaniche.it/Schede/153_SANTI_NAZARIO_E_CELSO_MONTECHIARO_D_ASTI.htm#home

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_dei_Santi_Nazario_e_Celso_(Montechiaro_d%27Asti)

Bibliografia:
PITTARELLO L. (a cura di), 1984, Le chiese romaniche delle campagne astigiane, Asti, pp. 119-125

Fonti:
Fotografia in alto dal sito del Comune; fotografie in basso GAT

Data compilazione scheda:
9 dicembre 2003 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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Montechiaro (AT) : Chiesa di S. Maria Assunta in Pisenzana e Chiesa di San Bartolomeo

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Storia e descrizione dei siti:
PIEVE DI PISENZANA Nel 907 venne citata da papa Sergio III come pieve dell’abitato di Pisenzana con la dedicazione a S. Maria Madre di Dio. L’edificio è molto antico (X secolo) forse protoromanico nella parte inferiore ove lo spazio curvo è ritmato da paraste che ricordano la tradizione bizantina tramandata e prolungata dalla primitiva architettura romanica.
Nel 1808 la chiesa era diroccata e fu riedificata dandole le attuali dimensioni (pianta rettangolare di circa 6 metri 4,5), ma fu conservato l’abside originario. Nel 1838 l’edificio necessitava di piccole riparazioni. La zona circostante fu cimitero fino al 1894. Nel 1954 la chiesa fu restaurata consistentemente, in particolare la facciata.
L’abside semicircolare è in mattoni; il coronamento in laterizio presenta degli archetti pensili che passano sopra le paraste senza avere alcun riferimento con esse. Questo cornicione conserva le caratteristiche del romanico astigiano con peducci sagomati e ornati di graffiti antropomorfi e decorazioni geometriche a sostegno degli archetti pensili e una ornamentazione in laterizio a forma romboidale per alleggerire il manufatto. Si vedono due monofore, tamponate all’interno, con arco a tutto sesto ricavato da un monolite. La muratura delle pareti è composta da blocchi di pietra squadrati, soprattutto nella parte bassa, e mattoni, disordinatamente alternati.

CHIESA di SAN BARTOLOMEO La chiesa si trova in Montechiaro e risale al sec. XIV: lo denunciano gli archi ogivali visibili nella parete nord e i contrafforti che ancora ornano i muri laterali esterni. Oltre gli archi medievali, in un recente intervento sono state messe in luce le tracce degli antichi pilastri cilindrici che dividevano la chiesa in tre navate, e alcuni saggi di zoccolature che ornano i muri perimetrali. Dietro alcuni quadri della Via Crucis vi sono alcuni reperti della decorazione medievale, che probabilmente si estendeva a tutte le pareti, con raffigurazioni di episodi biblici.

Informazioni:
Il borgo con la pieve di Pisenzana dista poco meno di un chilometro a nord del colle dove sorge ora il paese. Via San Sebastiano.  Info Comune tel. 0141 999136

Chiesa di San Bartolomeo:

Links:
http://www.comune.montechiarodasti.at.it/Home/Guida-al-paese?IDCat=4440<

Fonti:
Fotografia dai siti, non più esistenti nel  2020,  in alto da http://www.astinternational.it e in basso da www.valleversa.it.
Ultima in basso dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
21 novembre 2011 – aggiornam. luglio 2014 – maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta -G.A.Torinese

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Montechiaro -San Bartolomeo

Montafia (AT) : Chiesa di San Martino

Storia del sito:
I due centri di Montafia e Bagnasco ebbero ciascuno storia propria a lungo e solo in epoca moderna furono uniti in un unico comune. Un’antica tradizione vuole che Montafia sia stata fondata da un certo Alfia dei Variselli, e che da lui derivi il nome di Mons Alfiae. Secondo un’altra ipotesi il nome sembra derivare da Montà per la prima parte e da Alphaeus per la seconda: il suo significato andrebbe ipoteticamente inteso come la “salita di Alfeo”.
Il centro del paese è ancora dominato dagli imponenti bastioni su cui sorgeva il castello medioevale, ora scomparso. Lungo i secoli fu più volte distrutto e poi ricostruito (nel 1154 diroccato dall’imperatore Federico I Barbarossa). La più antica notizia dell’esistenza di questo castello risale al 1108 in un documento del Codice Astese, col quale, il 6 settembre di detto anno, Roggero di Montafia, fu Ottone, faceva donazione al Comune di Asti della terza parte del castello. Il feudo di Montafia nel 1191 fu donato alla città di Asti; quindi successivamente passò al Vescovado di Torino. La famiglia dei Variselli, ossia dei Montafia possedette costantemente questo feudo fino al 1577, prendendo le investiture direttamente dal Papa o dai Vescovi di Torino e, negli ultimi anni dai duchi di Savoia, che avevano ottenuto il Vicariato Pontificio. Nel 1577 Emanuele Filiberto avocò a sè il feudo, ma per poco, poichè il papa Gregorio XIII ordinò al vescovo di Cervia di prendere possesso del territorio. Nel XVIII secolo il principe Michele Imperiali acquisì il feudo per ricostruire, sui resti del castello, la propria dimora di campagna.
La chiesa di San Martino era l’antica parrocchiale del borgo di Varisella. La costruzione originaria risale probabilmente alla metà del XII secolo. Il registro diocesano del 1345 indica per la prima volta l’esistenza della chiesa di S. Martino a Montafia e la annovera tra quelle dipendenti dalla pieve di S. Giorgio di Bagnasco (Balneascum in latino) insieme alla Madonna di Vignole e di S. Marzano, site nello stesso territorio. Dopo il trasferimento della popolazione nel sito dell’attuale Montafia, nella chiesa continuarono a farsi sepolture. Nel 1585 monsignor Peruzzi vi compì una visita pastorale e la definì “cappella campestre”, già annessa al cimitero.

Descrizione del sito:
La semplice facciata a capanna è parzialmente coperta da intonaco che ne maschera la struttura. L’edificio è ora ad aula unica ma in origine aveva tre navate. La chiesa subì notevoli rimaneggiamenti nei secoli e conserva strutture originarie romaniche nell’abside, in parte dell’attacco dell’abside all’aula, in parte del lato sud, in parte della base del lato nord e in parte della facciata.
La parte meglio conservata è l’abside, decorata da una fascia bicroma a dente di sega che corre poco sopra la sua base, realizzata in mattoni rossi e arenaria bianca, simili a quelli dell’abside maggiore di S. Secondo a Cortazzone. L’abside è divisa in tre campi da due colonnine, di cui una terminante ancora con un bel capitello. Sotto la cornice a scacchiera corre una serie di archetti pensili molto decorati nella parte superiore. Le sculture del coronamento presentano motivi decorativi a damier e figure classiche dei bestiari medievali quali una fiera che tenta di azzannare la propria coda, capri appesi a testa in giù e cervi accovacciati.
Di grande eleganza sono alcuni elementi scolpiti in pietra, come l’arco che sovrasta la finestrella sul lato sud, e la raffinatissima decorazione a intreccio della monofora che si trova al centro dell’abside.
L’interno della chiesa, notevolmente rimaneggiato, presenta un affresco del XVI secolo raffigurante, in modo semplice e ingenuo, san Martino che dona il suo mantello al povero e tre decorazioni geometrico-floreali.

Informazioni:
La chiesa si trova nel cimitero.  Comune tel. 0141 997003

Link:
http://www.lacabalesta.it/testi/arte/montafiasanmartino.html

https://www.chieseromaniche.it/Schede/149_SAN_MARTINO_MONTAFIA.htm#home

Fonti:
Foto G.A.T.; in alto da www.chieseromaniche.it.

Data compilazione scheda:
20/08/2010 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mario Busatto – Gruppo Archeologico Torinese

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Montafia – Bagnasco (AT) : Chiesa di San Giorgio

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Storia e descrizione del sito:
Era l’antica parrocchiale, ora si trova nel cimitero di Bagnasco. L’edificio appare imponente, se confrontato con la maggior parte delle altre chiese romaniche dell’Astigiano. La struttura è a tre navate, ripresa nella facciata a salienti, molto sviluppata in larghezza.
L’interno mostra una struttura imponente e sobria, con la copertura a capriate e coppi a vista.
Conserva, nel catino absidale centrale, un san Giorgio del ‘600; subito sotto, fra la monofora centrale e quella di sinistra, un Cristo nel sepolcro.

Informazioni:
Nel cimitero della frazione Bagnasco. Info Comune tel. 0141 997003

Links:
http://www.lacabalesta.it/testi/arte/bagnascosangiorgio.html

https://www.chieseromaniche.it/Schede/41_SAN_GIORGIO_MONTAFIA.htm#home

http://www.osservatoriodelpaesaggio.org/ (immagini)

Fonti:
Fotografie di M. Actis Grosso dal sito, ove ci sono altre immagini:
www.chieseromaniche.it.

Data compilazione scheda:
8 giugno 2010 – aggiornam. luglio 2014 – aprile 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

Grazzano Badoglio (AT) : antica abbazia di San Salvatore/chiesa dei Santi Vittore e Corona

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Storia del sito:
Secondo Vincenzo De Conti (Notizie storiche della città di Casale, v. I, 1838), l’abbazia di Grazzano sarebbe stata fondata dal conte Guglielmo, padre di Aleramo, nell’anno 912. Più verosimilmente, la fondazione avvenne a opera dello stesso Aleramo tra il 950 e il 960 sulla sommità della collina ove presumibilmente si trovava l’antico castrum. Aleramo fu creato marchese per intercessione della moglie Gerberga, figlia di re Berengario II. Nell’agosto 961 il marchese, con la moglie e i due figli Oddone e Anselmo, dotò l’abbazia “ante hos dies aedificavimus in propriis rebus nostris in loco et fundo Grazani infra castrum ipsius loci”, intitolata al Salvatore, alla Madonna e ai santi Pietro e Cristina, di tre “curtes” (villaggi) e dieci “massaricia” (cascine) in Monferrato e la affidò alle cure dei Benedettini. Con atto rogato 23 marzo 967, Aleramo veniva investito dall’imperatore Ottone I di un vasto territorio di 16 curtes situate tra i fiumi Tanaro e Orba e fino al Mar Ligure e decedeva poco dopo (comunque prima del 991) e secondo la tradizione era sepolto nell’abbazia di Grazzano, probabilmente sotto al porticato antistante l’antica chiesa.
Nel 1156 il marchese Guglielmo e la sposa Iulita confermarono i possedimenti abbaziali e ne concesse di nuovi. In quest’epoca l’abbazia risultava intitolata ai santi martiri Vittore e Corona, il cui culto sarebbe stato importato in occidente dai Crociati. Secondo una tradizione ricevette reliquie dei Ss. Vittore e Corona, conservate oggi sotto l’altare maggiore. Per rimarcare la sua relativa indipendenza dal potere ecclesiastico vercellese, gli Aleramici la posero alle dirette dipendenze del vescovo di Torino.
L’importanza politica ed economica, oltre che religiosa, dell’abbazia grazzanese crebbe notevolmente tra XII e XIII secolo, quando l’abate entrò spesso in contrasto con i signori delle località limitrofe. All’inizio del Quattrocento i Benedettini che la gestivano adottarono la riforma cassinese (detta “di Santa Giustina”). All’inizio del ‘500 i monaci lasciarono Grazzano e capo dell’abbazia divenne un abate commendatario, che risiedeva altrove e gestiva il potere locale, sia spirituale che temporale, per mezzo di un suo vicario e di vari agenti. Ancora alla fine del secolo XVIII, spettava all’abate di Grazzano nominare il giudice, il segretario e i vari ufficiali di giustizia, alla stregua di un vero e proprio feudatario. La nomina dell’abate era infatti di prerogativa dei marchesi di Monferrato e poi, dal 1708, dei sovrani sabaudi.
La dotazione del complesso abbaziale si fece via via sempre più imponente: l’abate possedeva in paese un palazzo, due botteghe, una casa e un mulino a cavalli, poi due orti con giardino e tre cascine. Un’altra cascina (detta ancora oggi “la Badia”) possedeva in territorio di Penango (ora Moncalvo) e vari beni sparsi a Serralunga, Castellino e Ottiglio.
L’ultimo abate venne nominato nel 1784 nella persona di Nicolas de Saint Marcel, nativo di Annecy in Savoia, che offrì ospitalità ai Benedettini del monastero francese di Tamiè scacciati dai rivoluzionari sul finire del secolo. Nel 1802 la secolare abbazia aleramica venne soppressa dalla legislazione napoleonica e i suoi beni, ad eccezione della chiesa e del palazzo abbaziale, offerti all’asta: da tali vendite nacque la fortuna economica e sociale di alcune famiglie locali, in precedenza semplici dipendenti dell’abate. Tornato in Savoia nel 1808 l’abate di Saint Marcel, la cura d’anime venne affidata a vari vicari temporanei, finchè nel 1843, risultando impossibile la reintegrazione dell’abbazia, il potere regio nominò il primo vicario perpetuo, titolo che ancora oggi spetta al parroco di Grazzano Badoglio.

Oggi l’ex chiesa abbaziale è sede della Chiesa Parrocchiale dei Santi Vittore e Corona, appartenente alla Diocesi di Casale Monferrato.

Descrizione del sito:
La facciata nelle forme attuali risale alla metà dell’Ottocento, allorchè il vicario don Bonasso intraprese vasti lavori di rifacimento del complesso abbaziale semiabbandonato da mezzo secolo.
In epoca medievale vi era addossato un porticato (peristylium), abbattuto alla fine del secolo XVI; nel muro era infissa la lapide romana ora conservata nella vecchia casa parrocchiale.
Negli anni ’30 del Novecento altri lavori vennero compiuti dal parroco don Coggiola, finanziati dal maresciallo Badoglio. Il portale ligneo risale al 1766 ed è stato restaurato nel 1972: dell’originale restano solo alcuni pannelli in rovere. La parte superiore venne aggiunta nel 1932, quando si abbassò il pavimento di circa un metro. L’interno è a navata unica in stile barocco con tre cappelle per lato; risale al 1580, quando la chiesa venne ingrandita.

Nella cappella della Madonna del Rosario (seconda da destra) è conservata la tomba di Aleramo, con un prezioso FRAMMENTO DI MOSAICO PAVIMENTALE BICROMO a tessere bianche e nere, datato alla prima metà del XII secolo. Rappresenta due animali fantastici affrontati: a destra un felino con una folta criniera e a sinistra un essere alato con sul capo un berretto frigio.
Alle pareti due affreschi attribuiti a Guglielmo Caccia detto il Moncalvo 1568–1625. Una lapide ricorda la traslazione delle ossa di Aleramo dal peristilio della chiesa vecchia, avvenuta nel 1581. Un’altra scritta fa memoria della ricomposizione dei suoi resti nel 1932, durante i lavori promossi dal parroco don Coggiola.

IL CAMPANILE in stile romanico nella parte inferiore, ha archetti pensili, colonnine e una loggetta cieca; nel 1910 fu rinforzata e rialzata di 5 metri su progetto dell’ingegner Crescentino Caselli, dopo un parziale crollo avvenuto nella notte del 30 settembre 1907. Di forma quadrangolare, ha il lato esterno di 7 metri e lo spessore dei muri è di 2 metri.
Il chiostrino interno, molto rimaneggiato per interventi successivi e ora in fase di attento restauro conservativo, è ciò che resta, con il campanile, dell’originale abbazia aleramica. Il tiburio venne edificato nel sec. XIX; nel 1998 un fulmine ne danneggiò il pinnacolo, ricostruito l’anno dopo.

Descrizione del materiale esposto:
Al piano terreno della vecchia casa parrocchiale si conserva la lapide funeraria romana del II secolo d.C. Questo monumento fu apposto dall’ancora vivente T. Vettius Hermes, il cui cognome di origine greca ne denomina la condizione di liberto e ne indica la professione di commerciante di profumi (seplasarius). La lapide riporta il suo testamento in cui dispone che i suoi eredi, i quali usufruiranno dei suoi orti e custodiranno le sue ceneri, portino in perpetuo rose alla sua tomba nell’anniversario della sua morte e che la proprietà non venga nè frazionata nè divisa. Nella parte alta della lapide sono scolpiti il timpano inquadrante un vaso di uva e due uccelli nell’atto di beccare. Sugli spioventi del timpano ci sono due delfini lavorati in bassorilievo. Sotto corre una fascia liscia alle cui estremità ci sono le lettere V.F (Vivus Fecit) cioè “fatto mentre era in vita”. Più sotto si notano due lesene con aste e un fregio con motivi di festoni e teste di bassorilievo quasi completamente abrase che inquadrano l’iscrizione che recita: “V(ivus)f(ecit) T.Vettius T.l.Hermes seplasarius Mater genuit materq (ue) recepit. Hi horti ita uti o (ptimi) m(aximi) que sunt cineribus servite meis: nam curatores substituam , uti vescantur ex horum hortum natale meo et per [fortasse] fer (ant) rosam in perpetuo. Hos hortos neque dividi volo neq(ue) abalienari”.
Vedi altre fotografie al sito 2.

Informazioni:
Parrocchia tel. 0141 925123

Links:
http://www.comune.grazzanobadoglio.at.it

http://www.comune.grazzanobadoglio.at.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=16956

http://it.wikipedia.org/wiki/Grazzano_Badoglio

Fonti:
Fotografia in alto dal sito del Comune; foto in basso da Wikipedia.

Data compilazione scheda:
6 luglio 2012 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Frinco (AT) : Castello

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Storia del sito:
Il nome di Frinco ha origini germaniche (anticamente Freengo, Frengo o Fringo) e l’abitato nacque probabilmente nel IX secolo dopo l’invasione dei Franchi (che arrivarono in Italia poco prima dell’anno 800), ma è documentato solo dal 1117 e il castello dal 1288. Intorno al 1250 il territorio di Frinco fu acquisito dalla famiglia cittadina astigiana dei banchieri Pelletta, che, dall’inizio del XIV secolo, lo cedette gradualmente alla famiglia Turco, anch’essa con attività di banchieri, sino al 1342, data in cui Asti riconobbe la signoria di Antonio e Turchetto Turco. Frinco fu coinvolto nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini; nel 1355 venne assegnato dall’imperatore Carlo IV al marchese del Monferrato Giovanni. Il 27 gennaio 1387, nel contratto di matrimonio fra Luigi d’Orleans e Valentina Visconti, la dote di quest’ultima comprendeva anche Asti e 106 feudi, fra cui quello di Frinco. Sotto il dominio degli Orleans l’astigiano, reduce da un secolo di guerre ed in piena crisi economica, conobbe un periodo di ripresa grazie ad un accorto governo. Nel 1438 l’imperatore Alberto II dichiarò Frinco feudo imperiale per ovviare alle controversie fra i Visconti e i Monferrini.
Il 1° agosto 1442 Andreotta Turco, figlia di Antonio, vendette la parte a lei spettante di Frinco e un palazzo ad Asti alla famiglia Mazzetti, cui, nel 1470, l’imperatore Federico III concesse di coniare le proprie monete, con lo stemma araldico delle tre mazze, in Frinco. Questa attività portò molti introiti dovuti alle tante falsificazioni di monete altrui, operate soprattutto intorno al 1600. Per questo nel 1611 l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo confiscò ai Mazzetti il feudo, assegnandolo al proprio consigliere Ernesto Molart, barone di Reineck e Drosensorf che nel 1614 lo vendette al duca di Savoia Carlo Emanuele, che a sua volta lo cedette nuovamente ai Mazzetti, ma questa volta privato del diritto di conio. Nel 1630 il castello fu parzialmente distrutto da mine di una colonna francese; nel 1640 Frinco fu saccheggiato dalle truppe francesi del marchese di Harcourt.
Nel 1829, estintesi la dinastia dei Mazzetti, Frinco fu acquisito dai marchesi Camerana, che, nel 1893, vendettero i possedimenti frinchesi, incluso il castello, alla congregazione degli Oblati di San Giuseppe di Asti che ne fece la sede estiva per gli studenti del Ginnasio e del Liceo e per i propri novizi.
Nel 1935 il comune di Frinco entrò a far parte della provincia di Asti.
Intorno al 1960 il castello viene acquistato dall’azienda Morlini che vi impiantò un allevamento di pollame; alcuni anni dopo però la ditta fallì e il castello vvenne sequestrato e posto all’asta dal tribunale giudiziario. Nel 1992 il castello venne acquistato dalla famiglia Pica Alfieri.

Nel 2011 una frana mise a rischio la sicurezza del castello e delle case sottostanti.
Il 5 febbraio 2014 una porzione significativa del maniero è precipitata sull’abitato, lambendo le case, travolgendo la piazza della chiesa e la strada comunale.
Nel 2019 fu acquistato dal Comune che nel 2020 ha iniziato i lavori di ripristino.

Descrizione del sito:
Vedi allegato  Frinco  tratto dal sito http://frinco.interfree.it/thecastle.htm, non più attivo nel 2014.

Informazioni:
Nella parte più elevata dell’abitato. Via Levante, 13. Di proprietà privata.

Links:
http://www.comune.frinco.at.it

http://www.lacabalesta.it/

Bibliografia:
BORDONE Renato, Andar per castelli da Asti tutt’intorno, Milvia Torino, 1976
DEZZANI Edoardo, Frinco, cenni storici,s.n., 1949
SORISIO Roberto, Ricerche storico-giuridiche su Frinco, Tesi di Laurea, 1979

Fonti:
Foto in alto dal sito www.lacabalesta.it.  Foto in basso da www.atnews.it

Data compilazione scheda:
8/6/2010 –  aggiornamenti settembre 2011 e  luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Cortazzone (AT) : Chiesa di San Secondo.

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Storia del sito:
Le notizie su questa famosa chiesa del Monferrato settentrionale sono molto scarse. Nel Cinquecento è attestata ancora come parrocchiale nonostante la notevole distanza dall’abitato, sviluppatosi già nel Trecento attorno al castello di Cortazzone (Curtis Azonis) politicamente dipendente dal vescovo di Pavia fin dal XII secolo. Data la presenza patrimoniale nel territorio (fino al 1223) del priorato benedettino della Torre Rossa di Asti, soggetto all’abbazia di Fruttuaria non è mancato chi ha proposto una dipendenza originaria da esso (per altro non documentata) anche della chiesa di Cortazzone. Dal punto di vista ecclesiastico, tuttavia, all’epoca in cui compare attestata, S. Secondo dipende dal vescovo di Asti: nel 1300 infatti il vicario del vescovo Guido, su richiesta dei signori di Cortazzone, Francesco di Montiglio e Baldracco Pelletta, che ne detenevano il patronato, conferiva “rectoriam et administrationem” di tale chiesa ad un sacerdote da loro presentato; mezzo secolo più tardi, nel 1345, la chiesa fa parte del distretto della pieve di Montichiaro, una pieve dipendente direttamente dal Capitolo della Cattedrale di Asti. Da un successivo documento (1390), siamo informati dell’esistenza in quell’epoca degli affreschi del catino absidale, poiché il notaio che redige l’atto nella chiesa fa esplicito riferimento al dipinto. La decadenza di S. Secondo probabilmente fece seguito allo sviluppo del villaggio attorno al castello, dove la chiesa ivi costruita assunse però il titolo di parrocchiale solo nel 1660. A metà dell’Ottocento si presentava nel complesso in cattivo stato.

Descrizione del sito:
L’edificio è orientato a pianta basilicale con tre navate, terminanti ognuna con un’abside semicircolare. La muratura è prevalentemente in blocchi di pietra faccia a vista, con l’inserimento di file di mattoni (lunghezza m 15,80, larghezza m 7,15). Coperture a due falde sulla navata centrale e a una falda su quelle laterali; a semicono sulle absidi; manto in coppi.
LA FACCIATA. La muratura in gran parte in blocchi di pietra, s’innalza nella parte centrale con una muratura di mattoni, alla sommità della quale vi è un campaniletto a vela, costruito nel XVII secolo. Il portale è leggermente aggettante rispetto al piano di facciata, con doppio arco di pietra delimitato superiormente da una cornice orizzontale di conchiglie che indicherebbe San Secondo come chiesa sulla via dei grandi pellegrinaggi. Agli estremi della parte aggettante, sopra la cornice, vi sono delle sculture zoomorfe su cui si elevano brevi semicolonne con capitello. Il coronamento dei salienti è costituito da archetti pensili falcati, alternati in cotto e tufo e sormontati da una sopraelevazione in mattoni. Agili semicolonne dividono le parti laterali della facciata e proseguono per tutto il perimetro dividendo l’edificio in campiture di diversa ampiezza.
PROSPETTO SUD. Merita una particolare attenzione la ricchissima decorazione scultorea, libera da ogni regola o simmetria, raffigurante con motivi interrotti e poi ripresi, figure geometriche e vegetali, figure zoomorfe, specialmente volatili, scolpiti sui capitelli e nei blocchi della muratura stessa, seconda una fantasia fertile e disinibita che giunge anche a raffigurare l’amplesso di un uomo con una donna.
ABSIDI. La parte absidale si presenta ricca di elementi geometrici nel coronamento, soprattutto quello dell’abside centrale e dell’absidiola sud, con le alte fasce decorative, le sculture a foglie dei capitelli sulle semicolonnine e sulle lesene rettangolari, la varietà delle mensoline su cui poggiano gli archetti pensili. Interessanti sculture anche nell’intradosso degli archetti. Fra questi una figura umana nell’atto di aggrapparsi ad uno di essi. Le absidi laterali hanno ognuna una monofora, mentre quella centrale ne ha tre; quella rivolta ad est conserva parte della grata di chiusura in cotto. Nella parte inferiore tutte e tre le absidi hanno una fascia “a denti di lupo” in cotto, che prosegue per un tratto anche nella muratura sud.
PROSPETTO NORD. Disadorno se si escludono gli archetti pensili del coronamento.
INTERNO. A tre navate, è diviso in cinque campate da colonne e pilastri alternati, con capitelli scolpiti su cui si impostano gli archi. Le volte a vela e il pavimento in cotto sono della metà del secolo scorso. Le tre absidi hanno volte a semicatino. In quella centrale sottolineata da una cornice a “damier” vi è un affresco del XIV secolo, rappresentante il Cristo docente fra San Secondo che offre il modello di una chiesa e San Brunone (o San Siro, protettore della diocesi di Pavia) che offre quello di una città. I capitelli sulle colonne e sui pilastri sono tutti diversi e caratterizzati da eleganti motivi ornamentali (figure geometriche, zoomorfe e motivi floreali).

Informazioni:
La chiesa si trova a circa 1 Km dall’abitato di Cortazzone, in direzione sud-ovest, sulla collina di Mongiglietto (241 metri s.l.m.).  Parrocchia tel. 0141 997033

Links:
http://www.comune.cortazzone.at.it

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Secondo_(Cortazzone,_Mongiglietto)

Bibliografia:
Le chiese romaniche delle campagne astigiane a cura di Liliana Pittarello, Asti 1984, pp. 235-238
S. CASARTELLI, Quattro chiese benedettine del XII secolo in Monferrato, in “Atti del X congresso di storia dell’architettura”, Torino 1957 Roma, pp. 309-330
E. ARBORIO MELLA, San Secondo a Cortazzone d’Asti, 1877

Fonti:
Fotografie 1 e 3 da wikipedia; foto 2 e 4 dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
15 gennaio 2002 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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-Cortazzone_ChiesaSan_Secondo_07WIKI

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Corsione (AT) : chiesa di Santa Maria (o Madonna) di Aniceto

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Storia del sito:
La chiesetta campestre di antichissima fondazione, probabilmente costruita su fondamenta preesistenti di epoca romana. Pare infatti che il castello minore, più volte menzionato da atti di archivio, fosse costruito dirimpetto a questa costruzione. Nella bolla pontificia del 20 dicembre 1156 si parla di un “castrum cum capella”, espressione usata circa cento anni dopo in un analogo documento del 10 giugno 1266. L’atto del 19 giugno 1295, con cui il Capitolo della Cattedrale di Asti permuta con Giacomo de Catena i diritti che aveva in Corsione e Cossombrato, cita tra queste proprietà un appezzamento di terra posto su un’altura detta “de Nineano cui coherent ecclesia Sanete Marie di Nineano”: si tratta probabilmente della collina dell’Aniceto, anche se permangono alcuni dubbi relativi al toponimo.
La costruzione, con il passare dei secoli cominciò ad avere dei problemi di manutenzione; come attesta nel 1663 una Relazione pastorale, in cui si specifica che si trova in una zona cimiteriale, viene citato un eremita, e anche viene ordinato di sostituire la statua lignea della Vergine. La nuova statua fu rubata una ventina di anni fa.
In una relazione pastorale del 1695 si legge che questo edificio minaccia rovina da ogni parte: nella prima parte del secolo successivo si eseguì un’opera di riedificazione, tra il 1730 ed il 1749, quando si legge che questo edificio è in buone condizioni.
La facciata barocca risale a questo periodo.
L’edificio decadde nel XIX secolo; nei primi anni del XX è stata recuperata e affidata dalla Curia all’azienda vinicola in cui è situata.

Descrizione del sito:
L’ABSIDE semicircolare, più bassa rispetto al corpo dell’edificio, è l’unico elemento romanico rimasto nella chiesa. Costruita in mattoni, mostra evidenti gli interventi di innalzamento della struttura del XVIII secolo e quelli recenti con tiranti e piastre in ferro e zone cementizie. Il coronamento romanico in laterizio, in buona parte grossolanamente rifatto, presenta una serie di archetti in cotto irregolari: sul lato sud sono stretti e simili a triangoli, sul lato nord sono più armonici e antichi. Vi sono due monofore in mattoni, entrambe tamponate all’interno; quella sud presenta una doppia strombatura.

Informazioni:
sulla sommità di una collinetta, in mezzo ai vigneti. Info Comune, tel. 0141 905075

Links:
http://www.comune.corsione.at.it/

Fonti:
Fotografie  tratte nel 2014 dal sito, non più esistente nel 2020, www.valleversa.it.

Data compilazione scheda:
12 novembre 2011 – aggiornam. luglio 2014 – aprile 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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