musei p. Vercelli
VERCELLI : Museo del Tesoro del Duomo e Archivio Capitolare
Descrizione del materiale esposto:
Il Museo si snoda tra alcune stanze al piano terra del Palazzo Arcivescovile, affrescate durante l’episcopato di monsignor Agostino Ferrero (1511-1536), e propone una scelta significativa dei beni appartenenti al Tesoro del Capitolo della Cattedrale di Vercelli , straordinaria ed importante documentazione del prestigio della Chiesa vercellese fin dal medioevo.
L’Archivio e la Biblioteca Capitolare conservano una di 260 codici databili dal secolo IV al secolo XV. Tra i manoscritti di maggiore pregio si segnalano: il Codex Vercellensis Evangeliorum (A), attribuito al IV secolo su base paleografica e ricondotto dalla tradizione a S. Eusebio; l’Apollo medicus (CCII), codice del secolo IX con splendide miniature a piena pagina; il Vercelli Book (CXVII), tra i più antichi codici in lingua anglosassone finora conosciuti, risalente alla fine del X secolo.
L’Archivio conserva materiale del Capitolo Metropolitano della Cattedrale: pergamene e documenti cartacei databili dal secolo VIII al secolo XX. In questo fondo va ricordato il famoso Mappamondo di Vercelli, pergamena raffigurante il globo conosciuto nel XIII secolo.
Infine nell’Archivio è conservato un ricco fondo musicale costituito da 2400 manoscritti databili dal secolo XVII al secolo XX.
Pubblicazioni:
Il Museo ha prodotto molti testi, vedi elenco su:
http://tesorodelduomovc.it/pubblicazioni/
Informazioni:
telefax 0161 51650 , email: info@tesorodelduomovc.it
Link:
http://www.tesorodelduomovc.it/
Fonti:
Fotografia in alto del Vercelli book da http://www.lagazzetta.info/
Data compilazione scheda:
26/2/2014 – aggiornam. giugno 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
VERCELLI : Museo Borgogna
Storia del Museo:
Antonio Borgogna (1822-1906), nel 1882 acquistò in via San Francesco Palazzo Ferreri, che fece ampliare e ridecorare per ospitare la sua collezione, con l’intenzione di farne un museo. Nel 1899 donò alla città di Vercelli Palazzo Borgogna e le sue collezioni. Oggi è la seconda pinacoteca del Piemonte per importanza, dopo la Galleria Sabauda di Torino.
Descrizione delle collezioni:
Le collezioni comprendono opere di pittura, scultura, grafica e arti decorative. Le preferenze per la pittura antica si concentrano verso il Rinascimento, soprattutto toscano, lombardo e veneto, che spazia da Tiziano a Bernardino Luini, dal Francia al Sodoma, ma anche verso la grande arte barocca italiana (Ludovico Carracci, Carlo Maratta). Notevole è anche il fondo di dipinti fiamminghi e olandesi della stessa epoca (circa 80 opere complessive) e la collezione di grafica attualmente in deposito, consultabile solo su richiesta. Tutte le opere vennero acquistate in aste italiane e straniere tra il 1880 e il 1906. Borgogna rivolse un grande interesse anche all’arte contemporanea europea, di cui nel corrente allestimento sono visibili circa una settantina di dipinti.
La parte più spettacolare della collezione è senz’altro quella delle arti decorative, che conserva alcuni dei pezzi più interessanti prodotti dalle arti industriali nell’ultimo quarto del XIX secolo.
La seconda sezione del Museo comprende le opere d’arte del territorio piemontese, in particolare vercellese. La maggior parte proviene dalla collezione dell’Istituto di Belle Arti che nel 1932 venne depositato in Museo da Vittorio Viale con l’intento di trasformare il Museo Borgogna in una importante pinacoteca. Nel corso di un settantennio l’Istituto, sorto nel 1862, svolse una funzione di attenta tutela territoriale, raccogliendo AFFRESCHI STACCATI E PALE D’ALTARE DA CHIESE DISTRUTTE O SOPPRESSE. Così si riunirono un centinaio di opere che testimoniano l’eccezionale sviluppo della scuola del Cinquecento piemontese, da Defendente Ferrari a Girolamo Giovenone, da Gaudenzio Ferrari a Bernardino Lanino. Negli anni Settanta è stato depositato in museo un numeroso gruppo di opere del Quattrocento e Cinquecento.
Informazioni:
tel e fax – biglietteria: 0161-252776 Email: info@museoborgogna.it
Link:
http://www.museoborgogna.it
Fonti:
Fotografia dal sito: www.museoborgogna.it
Data compilazione scheda:
3 dicembre 2011 – aggiorn. febbraio 2014 – giugno 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
VERCELLI : Museo Camillo Leone
Storia del Museo:
Il Museo Leone fu aperto al pubblico nel 1910 a cura dell’Istituto di Belle Arti, erede della ricca collezione d’oggetti antichi e delle proprietà immobiliari del notaio Camillo Leone.
Presenta collezioni di carattere storico-archeologico, oltre ad una preziosa sezione d’arte decorativa.
Il museo ha sede in due distinti edifici storici, la cinquecentesca Casa Alciati e il barocco Palazzo Langosco, collegati nel 1939 da una manica di raccordo. Le collezioni archeologiche e di storia antica vercellese sono esposte nelle tredici sale al piano terreno della Casa Alciati. L’allestimento, curato da Vittorio Viale nel 1939, è stato conservato ad esempio della museografia d’epoca fascista. Ricostruisce, attraverso oggetti e documenti, la storia di Vercelli dalla Preistoria al Risorgimento.
All’interno dei saloni di Palazzo Langosco trovano invece spazio le sezioni dedicate alle arti minori.
Nella galleria, a lato del giardino, è esposto un piccolo saggio della ricca collezione d’incunaboli e cinquecentine raccolta dal Leone, tra i quali spiccano alcune edizioni di stampatori d’origine vercellese e trinese.
L’ingresso del museo è collocato nella cinquecentesca Casa Alciati, antica residenza di una nobile famiglia vercellese. Gli ambienti sono decorati con affreschi parietali del primo Cinquecento d’artista piemontese. La presenza di fregi a “grottesche”, i soggetti mitologici tratti dal repertorio figurativo classico e l’uso di fondali prospettici mettono in evidenza la forte influenza della coeva pittura romana.
Descrizione del materiale esposto:
Nelle sale la storia archeologica si sviluppa lungo un suggestivo percorso che inizia dalla Preistoria: dai reperti del periodo Paleolitico, Neolitico, dell’età del Bronzo e del Ferro si risale a una preziosa raccolta di antiche ceramiche provenienti dalla Magna Grecia.
Questa sezione annovera la presenza di vasi messapici a motivi vegetali stilizzati (V-IV secolo a.C.), vasi di “Gnathia” con decori sopradipinti su fondo nero (IV-III secolo a.C.) e vasi apuli a figure rosse (IV-III secolo a.C.).
Il Museo Leone espone un raro esempio di antica iscrizione bilingue: una lastra di pietra su cui sono incise dodici righe di testo, otto in lingua latina e quattro in lingua gallica (leponzia). Il testo recita: “Confine del campo che ha donato Arcisio Argantocomatereco, comune agli dei e agli uomini, così come quattro pietre l’hanno definito”. L’iscrizione ci racconta di un’area sacra tipicamente celtica, definita da quattro lati, donata da un privato cittadino, probabilmente un magistrato locale. L’epigrafe risale al I secolo a.C. e fu ritrovata presso le rive del fiume Sesia.
Di particolare rilievo sono i reperti di epoca romana, quasi tutti rinvenuti durante scavi condotti a Vercelli nella seconda metà dell’Ottocento. Si tratta di epigrafi, sarcofagi, anfore, bronzi, vetri, risalenti al I e II secolo d.C.: si trovano esposti in una grande sala a forma di aula basilicale romana. Nelle sale successive trovano posto opere d’epoca medievale, alcune di grande interesse come i frammenti di pavimento musivo dell’antica chiesa di Santa Maria Maggiore (XI secolo) e una serie di sculture che facevano parte del pulpito della cattedrale di Vercelli e forse opera dell’Antelami.
Nelle sale settecentesche, al primo piano di Palazzo Langosco, sono invece ospitate le collezioni d’arti minori: maioliche e porcellane di manifatture italiane del XV e XVI secolo, antichi vetri veneziani, armi, peltri e ferri battuti, bronzi rinascimentali. In questo settore spiccano alcuni oggetti di particolare rarità, come un prezioso cofanetto con medaglioni in smalti di Limoges del XIII secolo, appartenuto al cardinale Guala Bicchieri (1160-1227), una serie di lamine rinascimentali dorate e argentate con figure allegoriche incise, un cofano ottagonale con decorazioni in avorio, forse prodotto nella bottega degli Embriaghi. Analogo per fattura e datazione al cofanetto esposto nel Museo Leone è quello recentemente acquistato dalla Regione Piemonte e dalla Città di Torino, e destinato alle collezioni del Museo d’Arte Antica di Torino. Il cardinale Guala Bicchieri fu un insigne giurista e, nelle vesti di legato papale, partecipò ad importanti missioni diplomatiche in tutta Europa. Fu reggente del trono inglese dal 1216 al 1218 ed ebbe parte rilevante nella ratificazione della Magna Charta. Nel 1219 diede l’avvio al cantiere della Basilica di Sant’Andrea a Vercelli, chiamandovi a lavorare artisti francesi e nordici, le cui opere trasformarono la città in una sorta di capitale gotica, influenzando profondamente la produzione artistica locale.
Informazioni:
Tel. 0161.253204; uffici: Via San Michele 21 , Tel/Fax 0161.253204 – 266429 mail: museoleone@tiscali.it
Link:
http://www.museoleone.it/
Bibliografia:
ROSSO Anna Maria (a cura di),Guida al Museo Camillo Leone – Vercelli, Whitelight, Vercelli, 2008
MALGORA S., La collezione egizia, Museo Camillo Leone Vercelli, Interlinea Edizioni 2011
SAPELLI RAGNI M. (a cura di), Il Piemonte degli scavi. Siti e musei di antichità, vol. n. 12 della collana Tesori del Piemonte, Torino, 2004, pp. 191-194
MERCANDO L. (a cura di), Archeologia in Piemonte, Allemandi, Torino, 1998
Fonti:
Il testo è tratto da SAPELLI RAGNI M. (a cura di), Il Piemonte degli scavi. Siti e musei di antichità, citato sopra. Fotografie tratte nel 2004 dal sito del museo.
Data ultima verifica sul campo:
18/12/2004 – 24 /1/ 2010
Data compilazione scheda:
18/12/2004 – aggiornamento febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Simona Vigo – G. A. Torinese
VERCELLI : Museo Archeologico Civico “L. Bruzza”
Storia del Museo:
Nel 2014 fu inaugurato il nuovo «Mac», Museo Archeologico Civico, intitolato a Luigi Bruzza, che con il suo testo “Iscrizioni antiche vercellesi” del 1874, fu il fondatore degli studi archeologici dedicati alla città antica. Per approfondimenti su padre Bruzza, scarica Bruzza. pdf.
Per la genesi del Museo vedi http://www.archeovercelli.it/museoarcheologico.html
Il Museo Archeologico si sviluppa con un percorso interattivo e multimediale, grazie all’uso di proiettori e schermi touch.
Descrizione del materiale esposto:
La storia di Vercelli dal II secolo avanti Cristo, quando era poco più di un villaggio, fino alla III secolo dopo Cristo, epoca di trasformazione in una vera e propria città, raccontata attraverso 7 sale espositive su due piani e oltre 600 reperti. Monete, anfore, urne cinerarie, appartenute a Vercelli e custodite finora negli archivi della Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte, e infine restituite alla comunità. Esposta anche una statua di Apollo alta due metri, risalente al I secolo a.C. e trovata nel 1573 scavando tra gli attuali corso Palestro e liceo Scientifico.
Informazioni:
Il Museo è ubicato nella cosiddetta “manica medioevale” dell’ex monastero di S. Chiara, che si affaccia su un ampio piazzale che ne costituiva il chiostro. Per la storia dell’edificio, vedi
http://www.archeovercelli.it/english10.html
Tel 0161-649306 Email: mac.museo@comune.vercelli.it
Link:
http://www.comune.vercelli.it
Fonti:
Fotografia da: https://tgvercelli.it
Data compilazione scheda:
3 giugno 2014 – aggiornam. giugno 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A. Torinese
Varallo (VC) : Museo di Storia Naturale Calderini
Storia del Museo:
Ad opera del Prof. Calderini, con uno Statuto nel 1867 venne approvata, dalla Società di Incoraggiamento allo Studio del Disegno di Varallo, l’istituzione del Museo di Storia Naturale, in seguito intitolato allo stesso Calderini.
Il Museo così costituito si arricchì di esemplari e materiali da studio, donati da scienziati milanesi e piemontesi, materiali esotici e rarità, memorie storico-artistiche, nonché costumi tradizionali donati dai Valsesiani.
Nel 2017, in occasione del 150° anniversario della fondazione, il materiale conservato è stato tolto dalle teche e completamente ripulito, mentre il salone è stato oggetto di interventi strutturali e dell’installazione di nuova illuminazione a led, inoltre si è cercato di dare un assetto scientifico più rigoroso al materiale delle collezioni, separando le varie nature: naturalistica, archeologica e demo-etnografica».
Descrizione delle collezioni:
L’allestimento attuale prevede una divisione per tematiche scientifiche.
1 LA SEZIONE EGITTOLOGIA con reperti provenienti dalle tombe egizie, parti di mummie, a cui si aggiunge una mummia peruviana.
2 La SEZIONE DI STORIA NATURALE: fauna, flora (piccolo erbario dell’Abate Carestia), mineralogia valsesiana e generale, ornitologia, entomologia generale (collezione del Dottor Haas), rettili e loricati.
3 La SEZIONE DI PALEONTOLOGIA: fossili provenienti da varie regioni, tra cui, interessanti, quelli rinvenuti nel corso degli scavi sul Monte Fenera (mandibola di rinoceronte e canino di orso).
4 La SEZIONE DI NUMISMATICA, che comprende un’interessante raccolta di medaglie dei Papi.
Il Museo possiede, inoltre, una ricca biblioteca con incunaboli, pergamene ed opere di numismatica e storia naturale.
Informazioni:
Il Museo è ospitato nel “Palazzo dei Musei” di Varallo insieme con la pinacoteca. tel. 0163 51424; email: info@pinacotecadivarallo.it
Link:
https://www.pinacotecadivarallo.it/
https://it-it.facebook.com/palazzodeimusei/
https://notiziaoggi.it/senza-categoria/varallo-iniziata-la-seconda-vita-al-museo-calderini/
Fonti:
Fotografia dal sito www.pinacotecadivarallo.it.
Data compilazione scheda:
11/07/05 – aggiorn. febbraio 2014 – giugno 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
Trino (VC) : Museo Civico G. Irico
Storia del Museo:
Questo museo didattico, creato negli anni ’70 da Vittorio Viale, è intitolato al trinese Gian Andrea Irico (1703-1782), arguto letterato e grande storico settecentesco, il quale fu prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Il museo nacque con l’intento di presentare in forma didattica la storia di Trino e del suo territorio.
Descrizione del materiale esposto:
Appena entrati nel museo, sulla parete sinistra, è appesa una carta archeologica della zona nella quale sono evidenziati i siti relativi al territorio. A destra invece vi è la ricostruzione di una tomba a cappuccina e reperti e documentazione fotografica del ponte romano sul Sesia (Motta de’ Conti). Al piano terreno, nelle sale n. 1-3, sono esposti materiali dalla preistoria al medioevo. Di particolare importanza i reperti rinvenuti nelle vicinanze della località Montarolo (Rilievo Isolato di Trino) e all’interno del Bosco della Partecipanza (scavi Fedele). Sono esposti utensili, come percussori e lame datate a 200.000 anni fa, i manufatti più antichi dell’Italia nord-occidentale, e s’inquadrano in un orizzonte del paleolitico antico. Appartengono invece al paleolitico superiore nuclei in selce, grattatoi, lame e raschiatoi. Inoltre durante le ricognizioni nell’area sono venute alla luce asce levigate in pietra verde (neolitico) e un esemplare di ascia martello (eneolitico). Numerose sono le ceramiche con impressioni digitali ad impasto grossolano, caratteristiche del bronzo medio. Sono documentate anche le ceramiche per incinerazione del bronzo finale e numerosi sono i pesi da telaio. Importanti sono i reperti d’età romana: fra questi ricordo un elemento in bronzo a forma di serpente (circa 4 cm), una piccola testa in marmo, ceramica e balsamari da corredi tombali. Sono esposte riproduzioni di documenti, indicanti le vie consolari e alcuni itinerari d’epoca romana e tardo antica, che registravano le distanze e i punti di sosta lungo le vie pubbliche. Uno di questi punti di sosta (mansio) è stato trovato pochi chilometri a nord di Trino (Mansio di Rigomagus vedi scheda) anche se, negli ultimi anni, sono sorti alcuni dubbi sulla destinazione di questo singolare edificio. (vedi scheda) In un angolo è stato ricostruito un pozzo di età tardo-romana (regione Duca). I reperti esposti nelle vetrine provengono da pagus, piccoli insediamenti sparsi nella campagna. Fra questi il Pagus ad Septimum a nord di Trino e Pagus Ricodunum in regione Ricodino a 2 Km dal centro storico in direzione Est. L’alto medioevo è rappresentato dagli scavi eseguiti a San Michele in Insula dalla professoressa Negro Ponzi. (vedi scheda in Archeocarta) Nell’area espositiva lungo la scala vi è la cronistoria di Vittorio Viale (scomparso nel 1977, studioso d’arte e d’archeologia), e il ritratto di Gian Andrea Irico (il più importante studioso del nostro territorio e della nostra storia). Sala n. 4 – Il Medioevo. Esposizione di una serie di riproduzioni dei documenti più significativi che, a partire dal XII secolo, attestano il nome Tridinum, a volte con alcune lievi varianti, come Tridino e Tritinum. È visibile la mappa del Bosco della Partecipanza, la più caratteristica e singolare delle istituzioni trinesi. Sala n. 5 – Gli assedi del ‘600 e la peste. Dedicato agli eventi bellici del ‘600 che videro protagonista la città di Trino, contesa da tre grandi belligeranti: la Spagna, la Francia e i Savoia. Sala n. 6 – Le opere d’Arte Pittorica. Sotto il dominio pacifico e liberale dei Marchesi di Monferrato, fra la seconda metà del 1300 ed il 1500, a Trino si era formato anche un elevato ambiente d’arte e di cultura. Sala n. 7 – Editori e Tipografi trinesi dalle origini al 1500. Due sono le sale che il Museo dedica agli stampatori ed editori trinesi, in cui sono esposti vari esemplari di “incunaboli” e opere “cinquecentine” che videro la luce nel corso del ‘500. Sala n. 8 – Editori e Tipografi trinesi nel 1500. Riproduzione di un’incisione di Giovanni Gastaldo impressa a Venezia nel 1556 da Gabriele Giolito. L’opera rappresenta il Piemonte, la Liguria e parte della Lombardia. Sala n. 9 – Il ‘700 e l’800. Durante questo periodo Trino si ripopola e, grazie ad una vigorosa ripresa edilizia, assume l’aspetto non soltanto di borgo rurale, ma di vera piccola città. Ne sono testimonianza i grandi palazzi innalzati nel ‘700 ed esistenti ancora oggi.
Informazioni:
Il museo è all’interno del Palazzo Paleologo, Piazza Garibaldi, 7. Tel. 0161 829363 – 0161 806011
email: segreteria@tridinum.org
Links:
http://www.tridinum.org/
http://www.comune.trino.vc.it/
Bibliografia:
ANDREOLI, MONTANARI, 1995, Il bosco nel medioevo, Clueb
NEGRO PONZI MANCINI M.M. (a cura di), 1989, S. Michele di Trino, in Studi trinesi n. 8
BORLA S., 1982, Trino dalla Preistoria al Medioevo, Società di storia e archeologia Tridinum
BORLA S., 1980, La mansio di Rigomagus, Trino
Fonti:
Il testo della scheda fu tratto, in parte, nel 2004 dal sito Internet della Provincia di Vercelli.
Fotografie archivio GAT.
Data compilazione scheda:
16 febbraio 2004 – aggiornamento febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Carlo Vigo – Gruppo Archeologico Torinese
Serravalle Sesia (VC): Museo d’Arte e Antichità “Don Florindo Piolo”
Storia del Museo:
Il Museo possiede alcuni reperti locali di epoca romana, lascito dello storico don Piolo (fine Ottocento-inizio Novecento), una collezione etnografica, una collezione di ex-voto ed una quadreria.
Dopo la ristrutturazione dell’edificio del castello Avondo, il museo è stato riaperto nel 2012, ma è visitabile solo su prenotazione.
Informazioni:
Il Museo è ospitato nel Castello degli Avondo – Via G. Torchio, 10.
Per orari, costi ed aperture dei musei contattare l’ATL Valsesia di Varallo Sesia – Tel. 0163.564404
Link:
http://www.comune.serravallesesia.vc.it/
Data compilazione scheda:
11/07/05 – aggiorn. febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
Borgosesia (VC) : Museo di Archeologia e Paleontologia Carlo Conti
Storia del Museo:
Il Museo è dedicato allo scultore ed Ispettore Onorario della Soprintendenza alla Antichità, Carlo Conti, che nel 1931 con la sua opera “Valsesia Archeologica”, già prefigurava in modo organico un vero e proprio museo archeologico di valle. L’allestimento concreto di un museo doveva essere avviato già dall’autunno del 1932, ma una serie di vicende, anche politiche, determinarono l’accantonamento del progetto, nonostante il fatto che negli anni ’50 ampi scavi fossero condotti dal Conti per la Soprintendenza, soprattutto al Ciutarun, e poi nel 1976 da Alice Freschi alla Ciota Ciara. Dalla metà degli anni ’60 l’azione di sensibilizzazione, protezione e indagine delle grotte del Fenera da parte di Federico Strobino con i volontari del Gruppo Archeo-Speleologico di Borgosesia determinava importanti scoperte, stimolando e sostenendo l’attività di ricerca dagli scavi di Giuseppe Isetti, Francesco Fedele, agli studi di Alberto Mottura e soprattutto di Giacomo Giacobini, agli interventi di sondaggio nella Ciota Ciara della Soprintendenza (diretti da F. M. Gambari). Lo stesso Strobino curava diverse pubblicazioni che rendevano noto il Monte Fenera anche al di fuori dell’ambito locale e realizzava con l’autorizzazione della Soprintendenza e l’appoggio del Comune proprio sopra l’attuale Biblioteca una prima piccola struttura museale didattica, rivolta alle scuole e mantenuta vitale dall’impegno dei volontari.
Il 29 settembre 2007 è stato inaugurato il Museo, nel quadro della definizione di una strutturata rete museale dedicata nella provincia proprio all’archeologia ed in collegamento con altre raccolte minori anche in valle, a partire dal museo di Rimella di prossima riapertura, anche con lo scopo di un rilancio della divulgazione e dell’informazione e per una ripresa delle attività di ricerca al Fenera e nella valle, stimolando le segnalazioni e le consegne di reperti da parte dei cittadini occasionali scopritori e costituendo un punto di riferimento per l’attività dei gruppi di volontariato. Imprescindibili appaiono poi la collaborazione con l’Ente Parco del Monte Fenera (Monfenera) per la valorizzazione di questo eccezionale complesso archeologico e paleontologico ed uno stretto rapporto con Soprintendenza ed Università, che già hanno da tempo in programma una nuova fase di ricerche, scavi, scoperte.
Descrizione del materiale esposto:
Il percorso espositivo, progettato dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici del Piemonte – che ha destinato al museo praticamente la quasi totalità dei reperti di proprietà statale provenienti dall’area – con la collaborazione del Laboratorio di Paleontologia Umana dell’Università degli Studi di Torino (Prof. G. Giacobini), punta ad una esposizione semplice e rivolta soprattutto alle scuole, che permette di conoscere l’abbondante repertorio di fauna pleistocenica proveniente dalle caverne del Fenera (con particolare approfondimento per i resti di orso speleo) oltre alle eccezionali tracce ossee e materiali della presenza dell’uomo di Neandertal in questo angolo di Piemonte.
Il Museo di Borgosesia diventa una importante struttura per la conoscenza del paleolitico in Piemonte tra circa 60.000 e 10.000 anni a.C., del neolitico (6.000-3.500 a.C.), con particolare riguardo alla attestazione della Cultura del Vaso a Bocca Quadrata ed alla impressionante testina in pietra raffigurante una divinità femminile, la più antica statua in pietra in Piemonte. Attraverso i ritrovamenti dell’età del Rame (3.500-2.200 a.C.), con punte di freccia e lame di pugnale in selce ed osso, e dell’età del Bronzo (2.200-900 a.C.), in particolare i resti ceramici di offerte per il culto delle acque di stillicidio nella Grottina del Laghetto al Fenera.
Con la Cultura di Golasecca e la prima età del Ferro (900-400 a.C.) emerge la concentrazione demografica nell’attuale Borgosesia, con gli abitati nella zona dell’Ospedale e con le prime tombe nella fascia occidentale della città, a controllo dell’accesso alle importanti risorse minerarie dell’alta valle. Nella seconda età del Ferro (400-89 a.C.) eloquenti corredi tombali femminili mostrano la ricchezza dei gioielli in bronzo e la caratterizzazione prima insubre e poi vallesana della popolazione dell’antica “Seso” fino al progressivo inserimento anche giuridico nel mondo romano, in particolare dall’89 a.C. con la fondazione del centro urbano di riferimento di “Novaria”.
Le tombe da via N. Sottile, i resti dall’insediamento e le epigrafi esemplificano bene la cultura materiale e gli stessi nomi degli abitanti del vicus di Seso in età romana, collocato lungo un primario itinerario stradale (ricordato anche da Tolomeo) che congiungeva Ivrea a Domodossola ed a Locarno, finché a partire dal V sec. d.C. il progressivo disfacimento dell’organizzazione pubblica dell’impero romano porta un piccolo nucleo di abitanti a considerare più sicura una rioccupazione delle grotte del Fenera, ed in particolare del Riparo Belvedere e della Ciota Ciara, che ha restituito importanti reperti tra cui i resti di una fucina del ferro e ad una eccezionale patera con figura di angelo impressa. Completano il percorso museale i reperti delle probabili aree sacre del centro preromano e romano di Borgosesia e le articolate attestazioni medievali dal circondario, a partire da un valido repertorio di vasellame in pietra ollare.
Informazioni:
Info e prenotazioni: tel: +39 0163 020051 ; museocarloconti@gmail.com
Links:
www.museocarloconti.it
https://www.facebook.com/MuseoCarloConti/
Fonti:
Aggiornamento scheda del 23/12/2007 con notizie tratte dal sito del Comune di Borgosesia. Fotografie da materiale illustrativo del Museo.
Una nuova guida del Museo è stata pubblicata nel 2012.
Data compilazione scheda:
16 luglio 2004 – aggiorn. febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Carlo Vigo – Gruppo Archeologico Torinese