Torinese e valli di Lanzo

Moncalieri (TO) : Collezione Archeologica del Real Collegio

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Storia del Museo:
La collezione venne costituita da Padre Bruzza, ad eccezione di alcuni pezzi pervenuti a seguito di successive donazioni di privati. In essa troviamo reperti provenienti da varie parti d’Italia, tra il 1839 ed il 1883.
Dopo la chiusura del Real Collegio e il passaggio dell’edificio  alla fondazione Collegio Carlo Alberto sorta nel 2004 su iniziativa della Compagnia di San Paolo e dell’Università di Torino, le collezioni – di proprietà dei Padri Barnabiti – sono state divise: quelle di storia naturale (mineralogica e malacologica, ornitologica, entomologica; la raccolta di numerosi strumenti scientifici tra cui quelli di meteorologia appartenuti alla specola del Collegio istituita da Padre Denza) sono rimaste nei locali dell’ex Collegio, invece la collezione archeologica, numerosi dipinti, la raccolta numismatica e la biblioteca ricca di 40.000 volumi sono stati trasferiti nella Casa dei Padri Barnabiti.

Descrizione delle collezioni:
Un primo nucleo della collezione archeologica comprende gli oggetti piemontesi provenienti dalla zona vercellese, reperiti da Padre Bruzza durante il suo soggiorno a Vercelli tra il 1839 ed il 1853. Si tratta in maggioranza di balsamari in vetro, collocabili tra il I ed il II sec. d.C., quasi tutti ritrovati in contesti di necropoli romane situate nei territori di Vercelli, Pezzana, Casale Monferrato, Tronzano e Aosta. Sono inoltre presenti oggetti metallici ed in particolare un “piede” (unità di misura romana corrispondente a 289 mm) ritrovato nel 1834 a Pollenzo.
Si registra anche la presenza di una applique da Industria e lucerne, munite di bollo di fabbrica. Il pezzo più importante comunque è costituito da un’epigrafe funeraria proveniente da Monticello.
Il secondo nucleo della collezione è costituito da reperti provenienti dalla zona campana ed apula. Padre Bruzza soggiornò a Napoli dal 1853 al 1856. I vasi di tipo Gnathia (Puglia) sono diciassette e sono su fondo a vernice nera con decorazione a motivi vegetali. I vasi a figure rosse sono ventisette provenienti da Taranto e Ruvo e sette provenienti da Napoli. Alcuni frammenti pittorici provengono da Pozzuoli ed in particolare dalle tombe monumentali lungo la Via Campana che portava a Cuma (I sec. a.C. – II sec. d.C.). A questo nucleo si aggiungono frammenti di vasi aretini e figurine in terracotta.
Da Capo Miseno provengono quattro epigrafi funerarie e da Baia una fistula plumbea con epigrafe.
Il terzo nucleo di reperti proviene da Roma e dintorni e risale al periodo di soggiorno a Roma di Padre Bruzzafra il 1867 ed il 1883.
Reperti provengono dal Testaccio, da Frascati (zona della Villa della Ruffinella al Tuscolo) e da Palestrina e comprendono, tra gli altri, numerose lucerne, dall’epoca tardo-repubblicana sino alla paleocristiana, due epigrafi e dodici vasi attici.
Un quarto nucleo di reperti è costituito da oggetti eterogenei acquisiti per vie diverse e provenienti da varie località (Sulcis – Sardegna, Tarquinia – VT, Chiusi – PG da cui ci giunse un’urnetta funeraria, ecc.). Altri tre pezzi provengono da fuori italia (Tunisi, Alessandria d’Egitto, Filippopoli in Tracia).
Nucleo a se stante fanno una ventina di reperti egizi autentici ed un centinaio di calchi di scarabei, amuleti e gemme. I due ushabti sono uno di legno ricoperto da bitume, mentre l’altro di faience azzurra risalenti ad un periodo compreso fra la XIX e la XXII dinastia. Completano la raccolta frammenti di papiro, due teste ed una mano di mummia proveniente dalla Valle dei Re, frammenti di tele e di bende ad uso funerario.

Informazioni:
Le collezioni sono visitabili  il secondo sabato del mese con visita guidata a cura del GAT, prenotare alla mail: segreteria@archeogat.it; oppure su appuntamento con i Padri Barnabiti, tel. 011 641571

Link:
http://www.archeogat.it/real-collegio-di-moncalieri/
http://www.comune.moncalieri.to.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/134

Bibliografia:
BERTOLOTTO C. (a cura di ),  Il Real Collegio e i Barnabiti a Moncalieri,  Celid Edizioni, Torino 1997

Gruppo Archeologico Torinese, La Collezione Archeologica del Real Collegio di Moncalieri, giugno 2019 in proprio ISBN 978-88-944478-0-4

Fonti:
Fotografia dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
26 ottobre 2000 – aggiornam. a cura del GAT a giugno 2014 – ottobre 2015 – maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Feliciano Della Mora – Gruppo Archeologico Torinese

Moncalieri (TO) : Chiesa collegiata di S. Maria della Scala

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Storia del sito:
Dopo l’abbandono di Testona, il flusso migratorio già in atto da tempo spinse gli abitanti di Testona ad arroccarsi sull’altura che dominava il corso del Po, dando origine al nuovo borgo di Moncalieri. All’esistenza di una chiesa nel nuovo borgo comunale, dedicata alla Vergine Maria, si accenna già nel 1232, ma stando ad alcuni legati testamentari, fatti dai testatori allo scopo di contribuire al completamento dell’edificio, nella seconda metà del XIII secolo la costruzione non era ancora completata. Le spese richieste avevano infatti messo in grave difficoltà le finanze della collegiata e un prevosto di essa, in particolare Ottone de Advocato dei signori di Trofarello, si impegnò a fondo per reperire i fondi necessari a portare a termine la costruzione. Non mancarono anche donazioni di terre, forniture di calce, di mattoni, prestazioni di trasporto dei materiali dalla fornace al cantiere con tutte le bestie da soma disponibili. Lo stesso vescovo di Torino, Tedisio, il 6 maggio 1318 contribuì donando ‘graziosamente’ al Capitolo moncalierese cento lire viennesi. Grazie a questi interventi la costruzione fu terminata intorno al 1330. L’organismo costruttivo originario subì dal Settecento in poi demolizioni, aggiunte, rifacimenti, ampliamenti mutilazioni e pseudo restauri, e solo nel 1963 una serie di interventi riportarono la chiesa all’incirca al suo primitivo aspetto.

Descrizione del sito:
Non è stato possibile trovare neppure un accenno dei progettisti che forse vanno cercati nel vicino convento di San Francesco: la ricchezza e la linearità dell’interno ne fanno una bella opera del periodo gotico-lombardo.
La facciata è tuttora imponente e richiama sempre l’attenzione di chiunque giunga sulla piazza; il torrione mozzo che le fa da campanile sulla destra è di buona fattura e conservazione. L’arco d’ingresso forse nacque con una ghimberga, riscontrabile in molte altre chiese simili e coeve; ma di essa è sparita qualsiasi traccia. Ciò che rimane sono volute in cotto, di gusto secentesco, che non rispecchiano minimamente lo stile della chiesa. Il grosso rosone circolare fu inserito con il restauro del 1857 al posto della trifora originaria e richiese un poderoso sforzo per rinforzare, con chiavi in ferro, tutta la facciata, mettendo in serio pericolo la stabilità stessa dell’edificio. Una attenta lettura dell’angolo ove attualmente è collocato il fonte battesimale dimostra inequivocabilmente che il campanile fu aggiunto in seguito, sulla pianta voluta a tre navate sino al muro di facciata. Di questo campanile parlano sovente le cronache e gli ordinati di Moncalieri: non era nato per essere campanile, ma torre civica come conferma la sopravvivenza dell’antico cammino di ronda per la scolta, tuttora visibile sotto il tetto. La scalinata d’accesso è opera ottocentesca e sostituì quella vecchia, in mattoni, a due rampe di linea curva rivolte una verso l’attuale vicolo Andrea Cotta e l’altra verso il palazzo comunale. Anche all’interno l’organismo costruttivo originario subì nel tempo demolizioni, aggiunte, rifacimenti, che ne minarono l’integrità stilistica. Ne derivò una pianta romanico-gotica (con modi diversi di esecuzione delle opere murarie), a tre navate con absidi terminali. La quarta navata fu un inserimento successivo, sorta verso il 1400 per ospitare le cappelle cimiteriali delle famiglie nobili cittadine.
Delle tre absidi primitive, solo quella a destra è ancora parzialmente esistente; quella centrale fu demolita verso il 1745 per far posto al nuovo presbiterio ed al ricchissimo coro ligneo, opera barocca di Giuseppe Antonio Riva, e, infine, la terza abside di sinistra divenne, dapprima, cappella gentilizia della nobile famiglia dei Lingotto e, successivamente, sdoppiata, ospitò nella parte anteriore, un altare dedicato a san Giuseppe e, nella parte posteriore, una modesta sacrestia Pochi anni dopo venne inoltre inserita la cappella intitolata al beato Bernardo di Baden, destinata a conservare l’urna con le reliquie del santo patrono di Moncalieri, beatificato nel 1480. Nella navatella nord, o quarta navata che dir si voglia, erano addossate sette cappelle di patronato delle più nobili famiglie di Moncalieri, che vennero demolite a metà dell’Ottocento, nell’ambito di un restauro che trasformò la chiesa in forma ‘neogotica’, arricchendola di affreschi secondo il gusto dell’epoca. Un nuovo restauro (1963-1968) tentò di riportare la chiesa alle condizioni originarie, asportando la pesante decorazione musiva ottocentesca.
La prima cappella a sinistra ospita il “Compianto sul Cristo Morto”, bellissimo gruppo in arenaria dipinta rappresentante la deposizione di Gesù nel sepolcro, opera ritenuta quattrocentesca, un piccolo capolavoro di arte borgognona o fiamminga. La pellicola pittorica che vediamo è frutto di diversi strati di ridipinture posteriori. Il pregevole gruppo fu donato dal generale francese e governatore di Moncalieri (dal 1539 al 1553) Blaise di Monluc.

Informazioni:
Tel. 011 641915

Links:
http://www.comune.moncalieri.to.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/130

http://www.medioevo.org/artemedievale/pages/piemonte/Moncalieri.html

Bibliografia:
LA ROCCA C., 1986, Da Testona a Moncalieri. Vicende del popolamento sulla collina torinese nel medioevo, Torino
DAVICO VIGLINO M., MASSARA G.G. (a cura di), 2000, Moncalieri Territorio ed Arte, Famija Moncalereisa
OCCHIENA E., La chiesa collegiata di santa Maria della Scala a Moncalieri, fotografie di Roberto Goffi, Allemandi, Torino 1991

Fonti:
Fotografia in alto dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
4 dicembre 2003 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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Moncalieri (TO) : Castello

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Storia del sito:
L’esistenza di un castello è attestata per la prima volta in un documento della metà del Duecento, si trattava probabilmente di una casaforte a guardia del ponte sul Po di Moncalieri. Nel 1475 per volere di Jolanda di Valois, moglie di Amedeo IX di Savoia, subì una radicale trasformazione. L’edificio venne ampliato e munito di quattro torri angolari cilindriche (oggi ne rimangono due, incorporate nella facciata, la terza è riapparsa durante i restauri effettuati nel 1990, la quarta è andata distrutta). Caduto in rovina durante le guerre franco-spagnole, tornò a nuova e più splendida vita fra Seicento e Settecento per volere di Carlo Emanuele I (1580-1630) e Cristina di Francia. I lavori vengono affidati a Carlo e Amedeo di Castellamonte e a Benedetto Alfieri. Con Vittorio Amedeo III, su progetto dell’architetto Francesco Martinez, l’edificio assunse l’aspetto odierno: pianta quadrilatera, con quattro padiglioni più alti agli spigoli. Il lato posteriore verso la collina non è un corpo fabbricato ma un ampio terrazzo di collegamento con il parco. Pittori come Michele Angelo Rapous e Angelo Antonio Cignaroli, mobilieri insigni come Giuseppe M. Bonzanigo e Pietro Piffetti contribuirono a rendere sontuosa la regia dimora. Devastato e spogliato dai Francesi che ne fecero via via una caserma, un ospedale e un carcere militare, nel XIX sec. venne restaurato in fasi successive da Vittorio Emanuele I (che vi morì nel 1824) e Carlo Alberto. Fu infine residenza preferita di Vittorio Emanuele II, che lo fece arredare secondo il gusto di ricco eclettismo della seconda metà dell’Ottocento. È una dimora sabauda fra le più ricche di memorie: Vittorio Amedeo II, primo re di Sardegna, vi fu rinchiuso dal figlio Carlo Emanuele III. In una delle sue sale fu firmato nel 1849 il famoso proclama di Moncalieri, ispirato da Massimo d’Azeglio. Con esso Vittorio Emanuele II, rivolgendosi direttamente al paese, scioglieva una Camera dei Deputati diventata “impossibile” dopo l’abdicazione di Carlo Alberto e faceva approvare da una nuova assemblea il trattato di pace stipulato con l’Austria al termine della prima guerra d’indipendenza. Trasformato nuovamente in ospedale militare durante la prima guerra mondiale, dal 1948 il complesso è stato dato in consegna al I° battaglione Allievi Carabinieri Piemonte

Descrizione del sito e dei ritrovamenti:
Sono visitabili, a testimonianza dell’antico splendore, gli appartamenti della regina Maria Adelaide, moglie di Vittorio Emanuele II e della principessa Maria Letizia, nipote del “Re Galantuomo” oltre alla sala nella quale nel 1849 venne firmato il proclama di Moncalieri. Gli esempi più interessanti di decorazione settecentesca, risparmiati dai restauri dell’Ottocento, si trovano in particolare nell’appartamento di Maria Letizia con un delizioso salotto cinese, divenuto poi sala da bagno. Sempre del settecento inoltrato è la volta a tempera con “Figurine e paesaggi esotici” di raffinata fattura. La camera da letto della principessa è rilevante per l’unità stilistica di tutti gli elementi che la compongono. Fastosa la sala di ricevimento, ricca di dipinti di notevole interesse. I recenti scavi della Soprintendenza Archeologica del Piemonte hanno restituito materiale medievale. In particolare è stata indagata la torre ovest di facciata del castello, ampliata da Tommaso III di Savoia alla fine del XIII secolo. L’indagine ha interessato il deposito stratificatosi all’interno della torre con il progressivo scarico di materiale di rifiuto proveniente dalle cucine della nobile dimora. È stato così recuperato uno straordinario complesso di materiali anche organici ottimamente conservati grazie alle particolari condizioni di giacitura in ambiente sigillato, con scarsissima umidità. In successione stratigrafica sono state ritrovate 43 monete e gettoni, datati tra la seconda metà del XIII e la fine del XVI-XVII secolo, e un vasto campionario di ceramiche invetriate datate tra la fine del XIII e la seconda metà del XV secolo.

Informazioni:
Tel. 3665992861 oppure 011 6401260 ; email: accademiaarchimandriti@yahoo.it

Links:
http://www.comune.moncalieri.to.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/693

http://www.residenzereali.it/index.php/it/residenze-reali-del-piemonte/castello-di-moncalieri

http://www.beniculturali.it/mibac/

Bibliografia:
DE BENEDETTI MICHELE, Palazzi e Ville Reali d’Italia, 1973; PERNICE FRANCESCO, Moncalieri – Il castello passato e presente, 1992
PERNICE FRANCESCO, Il castello di Moncalieri. Restauri 1989-1990
PEYROT A. – SINEO G., Moncalieri nei secoli: notizie storiche ed iconografiche
PANTÒ G., Produzione e commerci di vasellame d’uso domestico tra la fine del mondo antico e il Medioevo, in Archeologia in Piemonte. Il Medioevo, a cura di MERCANDO L. e MICHELETTO E.
PANTÒ G. (a cura di), Il sapere dei sapori: cuochi e banchetti nel castello di Moncalieri ( catalogo della mostra 2005-1006), Celid, Torino 2005

Fonti:
Fotografia dal sito http://www.residenzereali.it/

Data compilazione scheda:
13/04/2006 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

Moncalieri (TO) : Casaforte di La Rotta

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Storia del sito:
L’etimologia del sito “rotta” è incerta: dalla rottura degli argini che fanno i fiumi in piena oppure il luogo della rotta oppure “via rupta” cioè via aperta oppure il senso stradale di “rotta” cioè la direzione giusta.
Non è un castello vero e proprio, ma un’opera di dimensioni ridotte, che può essere ascrivibile al modello della casaforte, realizzata secondo la tipica struttura richiesta da edifici di questo genere. Ben poco si sa della sua vera storia, legata all’ordine dei Cavalieri Gerosolimitani (o Cavalieri di Malta) che avevano ampi possedimenti in zona.
Dal punto di vista strutturale ed architettonico il castello subì diversi rimaneggiamenti: numerosi i cambiamenti alla metà del XV secolo ad opera dei Gerosolimitani di Moncalieri. Si sa che nel 1455 il castello apparteneva ai Gerosolimitani, grazie alla lapide murata sull’ingresso, voluta dal gran priore Giorgio di Valperga, che riporta come anno di origine dell’edificio il 1452: “…PRIOR ILLE GEORGIUS ORTUS EX DARÀ COMITUM VALPERGIE STIRPE BEATI MONTISCALERII PRECEPTOR EN EDE JOHANNIS CUIUS IN AUGMENTUM CASTRUM ISTUD ADIDIT MILLE QUADRIGENTA ET QUINQUAGINTA DUOBUS RELIGO GAUDE PROQUE IPSO NUMINE ADOTA”.
Nell’arco dei secoli la zona fu teatro di feroci battaglie ed atti di sangue. Forse per questo nacque ed è ancora viva la credenza popolare che gli spettri infestino la campagna circostante e l’edificio stesso

Descrizione del sito:
Sulla facciata diversi particolari ricordano il suo antico splendore, nonostante i rimaneggiamenti: le eleganti bifore, l’uso del cotto, la bella torre a pianta quadrata.

Informazioni:
Tra la statale 393  che  conduce a Villastellone e l’autostrada.  Di proprietà privata.

Links:
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_della_Rotta

Bibliografia:
CELLINI M., Guida Insolita ai misteri, segreti, leggende e curiosità dei Castelli del Piemonte, Newton & Compton editori, 2001
CENTINI M., I Templari in Piemonte, Ed. Vis Vitalis, Torino 2011

Fonti:
Fotografie da Wikipedia.

Data compilazione scheda:
15/11/2006 – aggiornamento maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Livio Lambarelli – Gruppo Archeologico Torinese

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Marentino (TO) : Chiesa cimiteriale di Santa Maria “dei morti”

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Storia del sito:
Costruita nel XII secolo, già chiesa plebana di Marentino, posta all’interno del nucleo abitato, quando la popolazione si spostò verso l’attuale centro storico del paese, probabilmente in seguito alla costruzione di un ricetto, subì la sorte di altre pievi (Buttigliera, Pecetto, Andezeno): perse via via di importanza, assumendo poi la funzione di cappella cimiteriale.
Un intervento di restauro risalente al secondo dopoguerra ha cancellato tutte le sovrastrutture barocche, conservando di queste solo le volte interne in sostituzione del tetto originario con orditura a vista. Attualmente il soffitto è ligneo. La chiesa si presenta oggi qual era nel XII secolo quando fu costruita o al massimo nel XV quando fu affrescata.
Presenta nell’abside affreschi opera del pittore chierese Guglielmetto Fantini (attivo sicuramente dal 1435 al 1450, autore del ciclo del battistero di Chieri e di parte della decorazione della chiesa di San Sebastiano a Pecetto) e altri di un ignoto pittore di qualità inferiore. Entrambi mostrano influssi jaqueriani. Il breve ciclo del Fantini è accompagnato da una iscrizione, solo parzialmente leggibile, da cui risultano la data dell’ottobre 1450 e il nome del committente “presbiter Martinus de Panicis de Corteliano” (Bertello-Fioretti, 1977, con trascrizione imprecisa della scritta).
La Chiesa di Santa Maria Assunta detta “dei Morti”, monumento nazionale, è stata oggetto di tre diversi interventi di restauro nel decennio, l’ultimo e più importante di questi si è concluso nel 2011 e ha visto riaffiorare la bellezza originaria della Chiesa sia al suo interno che al suo esterno, in particolare il recente restauro degli affreschi ha eliminato i rifacimenti attuati negli anni ’50 del secolo scorso.

Descrizione del sito:
ESTERNO. Edificio a pianta rettangolare di modeste dimensioni (internamente dodici metri per sei) chiusa da un abside semicircolare. La struttura muraria presenta mattoni alternati con conci di arenaria senza una trama precisa. La facciata con il tetto a doppio spiovente, segnato da una cornice di archetti intrecciati, è caratterizzata da un corpo centrale avanzato coperto da un tettuccio che, sotto un arco a tutto sesto in conci di arenaria alternati con gruppi di tre mattoni, racchiude il portale sormontato da una lunetta. Tra l’arco e la lunetta un anello in arenaria poggia su due capitelli. Gli elementi in arenaria mostrano tracce di una decorazione con un motivo ad intreccio. Frammenti di decorazioni sono conservati all’interno sul muro di controfacciata. L’abside presenta tre feritoie e quattro colonnine con capitello. Sul fianco destro e sull’abside labili tracce di piccole sculture antropomorfe.
INTERNO. Si presenta spoglio con muratura a vista. Sulla parete destra una lunetta con decorazioni di arenaria dell’ingresso ora tamponato.
Gli AFFRESCHI presentano, nel cilindro absidale, lacunoso nella parte inferiore, figure di Santi: da sinistra san Cristoforo che regge il Bambino sulle spalle; un santo pellegrino con bastone e conchiglia sul cappello, probabilmente san Giacomo;una scritta sotto la monofora e san Sebastiano trafitto dalle frecce; al centro una Madonna del latte racchiusa da una cornice. Seguono sulla destra altri tre santi, solo quello centrale è identificato da una scritta: san Valeriano.
Il catino absidale, racchiuso da una ricca cornice geometrica, reca una Pietà o Compianto sul Cristo morto, con una Madonna che regge in grembo il corpo del Figlio. A sinistra santo Stefano e, a destra, santa Lucia su uno sfondo a elementi decorativi geometrici; ai lati rocce nude e in alto una croce che sfrutta la concavità della volta. Si crea così una scenografia di effetto.
La critica ritiene opera del Fantini la Pietà, i due Santi a sinistra e a destra san Valeriano. Invece, per la minore qualità pittorica, sono opera di un altro artista la Madonna del latte e i due Santi a destra.

Informazioni:
La chiesa è situata all’interno del cimitero di Marentino.  Comune tel. 011 9435000 o Parrocchia 011 9435244

Links:
http://www.comune.marentino.to.it/

http://www.jaquerio.afom.it/?s=marentino

Marentino_Monumenti_2011 (Per altre informazioni sul paese e i suoi monumenti)

Bibliografia:
VANETTI G., 1984, Chieri ed il suo territorio, Edizioni Corriere, 1995; Le chiese romaniche delle campagne astigiane a cura di Liliana Pittarello, Asti, pp. 38-41
ROMANO G., 1988, Momenti del Quattrocento chierese, in DI MACCO M.;ROMANO G., Arte del Quattrocento a Chieri.

Fonti:
Fotografie GAT e dawww.jaquerio.afom.it

Data compilazione scheda:
4 aprile 2004 – revisione 14 aprile 2013

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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Lemie (TO) : Ponte di Forno

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Storia e descrizione del sito:
Il ponte è eretto sul torrente Stura ed è simile ad altri ponti in pietra, tipici delle Valli di Lanzo, quale il più noto “ponte del Diavolo” a Lanzo (vedi scheda).
Risale all’anno 1477 e venne eretto grazie alla munificenza dei fratelli Goffi, titolari della concessione per lo sfruttamento delle miniere locali di ferro e rame; per questo è anche detto “ponte Goffi”.
La borgata ove si trova è detta “Forno” perché vi erano stati costruiti forni per la fusione dei metalli estratti dai monti circostanti e conserva i resti del borgo minerario, attivo nel sec. XIV.

Il ponte è in pietra, formato da due arcate disuguali a schiena d’asino. Al centro dell’arcata maggiore vi è un’edicola dedicata alla Madonna, in origine affrescata. Si ritiene che l’edicola sia stata costruita per accrescere il peso del centro dell’arco e quindi la spinta tra i due blocchi laterali.

Informazioni:

Links:
http://www.vallediviu.it/borgata-forno/

Fonti:
Fotografia tratta dal sito http://www.vallediviu.it

Data compilazione scheda:
25/05/2005 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A.Torinese

Lemie (TO) : Cappella di San Giulio

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Storia e descrizione del sito:
La cappella di San Giulio, nella borgata di Forno, risale anch’essa al sec. XIV e alla generosità della famiglia Goffi. Ancora nella prima metà del 1800 si poteva leggere sulla facciata la dedicazione con la data del 1486.
San Giulio è sconosciuto nelle Valli di Lanzo ed è invece legato alla zona di Orta, dalla quale provenivano molti immigrati a Forno.
La Cappella è molto semplice e costituita da un presbiterio quadrato cui venne aggiunto un atrio per i fedeli. L’interno è ad una navata coperta da una volta a botte con affreschi della seconda metà del XV secolo di un pittore sconosciuto che viene detto “maestro di Forno di Lemie”. Analogie con opere coeve di altre chiese piemontesi sembrerebbero indicare un artista formatosi nella seconda metà del XV secolo in ambiente jaqueriano, forse addirittura un membro della famiglia Jaquerio.
Sulla parete di fondo la Madonna in trono con il Bambino e a sinistra santa Lucia e il beato Amedeo IX di Savoia; a destra san Giulio che presenta alla Vergine tre personaggi che una sottostante iscrizione in caratteri gotici identifica con tre membri della famiglia Goffi.
Sulla parete di sinistra sono dipinti su due fasce, a partire dall’alto, le figure di san Michele Arcangelo, san Sebastiano, san Giovanni Battista, santa Cristina e santa Caterina.
Sulla parete destra vi sono sant’Antonio Abate e san Giorgio che trafigge il drago e salva una damigella piangente. Quest’ultimo dipinto è notevole per la cromaticità e per la raffigurazione del paesaggio.
Sulla volta vi è l’immagine di Dio Padre e dell’Annunziata; sul lato sinistro dell’arco di ingresso del presbiterio, in origine sul cammino dei viaggiatori, è rimasta la parte superiore della figura di San Cristoforo.

Restaurata nel 2014 vedi la cappella di san giulio

 

Informazioni:
In borgata Forno. Visitabile installando l’app:  https://play.google.com/store/apps/details?id=it.cittaecattedrali.chieseaporteaperte&hl=it

Rivolgersi alla sig.ra Tricca, tel. 0123 60233

Links:
http://www.vallediviu.it/cappella-di-san-giulio/

Bibliografia:
MASSARA G.G. Un ciclo pittorico al Forno di Lemie Soc. Storica Valli di Lanzo, Lanzo, 1979

Fonti:
Fotografie tratte dal sito www.vallediviu.it. L’ultima in basso di M. Actis Grosso dal sito www.chieseromaniche.it

Data compilazione scheda:
25/05/2005 – aggiornam. 2011 e giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A.Torinese

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Leini (TO) : Torre

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Storia del sito:
Il nome antico era Leynì; dopo la seconda guerra mondiale subentrò la tendenza a scriverlo: Leinì. A febbraio 2009 il Ministero dell’Interno della Repubblica Italiana sentenziò che il nome del comune è quello che ha stabilito il Regio decreto del 1939, cioè senza la “y” e senza l’accento finale trasformandolo in “Leini”.
Dagli inizi del XIV secolo Leynì fu feudo dei Provana. Nel 1387 un documento tratta un conto pagato dai Provana per fortificazioni e riparazioni “recepti et ville” di Leynì. Probabilmente la fortificazione ospitava case abitate permanentemente. Vi era un castello, di cui ora resta il nucleo, e la torre nella quale Amedeo VIII di Savoia nel 1403 firmò con Teodoro di Monferrato il contratto delle nozze dei figli.
Ricetto e castello occupavano l’area nord-occidentale del “borgo nuovo” delimitato da un fossato e da una roggia. Il sito del ricetto è soprelevato di circa m 2,5 rispetto al terreno circostante, e pare che la motta sia artificiale.

Descrizione del sito:
È ancora leggibile il tracciato delle mura; ne restano infatti alcuni tratti della parte inferiore nei lati a nord e a levante, formati da ciottoli disposti a spina di pesce.
La TORRE è detta DELL’AMMIRAGLIO in riferimento ad Andrea Provana, l’ammiraglio che combatté a Lepanto nel 1571. È una costruzione che risale al XIV secolo, a forma di parallelepipedo, in laterizio, quasi senza aperture ed un coronamento rimaneggiato in epoca successiva.

Informazioni:

Links:
http://www.comune.leini.to.it

http://it.wikipedia.org/wiki/Leini

Bibliografia:
VIGLINO DAVICO M., I Ricetti, Edialbra, Torino, 1978

Fonti:
Fotografia dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
29/05/2006 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

Lauriano (TO) : Resti del Castrum

Storia del sito:
Il comune di Lauriano si trova nel territorio riferibile alla città romana di Industria (vd. scheda), i cui resti sono amministrativamente nel territorio dell’attuale Monteu da Po. Reperti di epoca romana (monete, statuette, monili) vennero trovate a Lauriano nel 1745 in un pozzo e in altri luoghi e poi nel 1808 a seguito degli scavi eseguiti dal Conte Morra. Vi furono altri sporadici ritrovamenti di monete nei primi decenni del 1900.
Dell’abitato di Lauriano si hanno notizie certe solo in un documento dell’imperatore Ottone III del 7 maggio 999 che lo definisce “Lavriana”. In un diploma dell’imperatore Arrigo del 1014 viene confermata la cessione di “Levranum” al Vescovo di Vercelli. Dal sec. XII al XIV il territorio fu, anche contemporaneamente, feudo del Vescovo e dei Marchesi del Monferrato, in seguito passò ai Savoia. Probabilmente il primo nucleo dell’abitato sorse sulla collina del Romitorio, successivamente si spostò verso il basso, ove è tuttora. L’abitato subì molte traversie, saccheggi, incendi, distruzioni, particolarmente intorno al 1625; infine vi fu la devastante alluvione del 1835.
Su un colle rimangono, sotto un intrico di vegetazione, soltanto le rovine dell’antico “castrum”, che era probabilmente un complesso fortificato del XII secolo con strutture difensive, avente la funzione di ricetto, cioè luogo di deposito di prodotti agricoli e di rifugio per la popolazione in occasione di pericolo. Si hanno notizie di questo edificio da una sorta di elenco delle mura e fortificazioni del Ducato di Mantova e Monferrato compilati nel 1597-1598
Dai documenti che si riferiscono a Laurino, in latino ed in italiano, risulta, il 7 Febbraio 1598 a firma di Alex Ferrero, giurisdicente di Lauriano, che già sul finire del XVI secolo l’ “antiquum castrum” era da tempo abbandonato e ridotto a “castello ruinato”, in rovina probabilmente a causa del prelievo di materiale per nuove costruzioni. Già allora le rovine erano circondate da rovi: “rippagi pieni di spine”! In un documento del 17 Novembre 1714 la struttura viene descritta come “castello antico di detto luogo e affatto demolito, cioè il sitto del medesimo al presente del tutto rimboschitto in misura di giornate due”. Tale descrizione, se esatta, ci fornisce la ipotetica estensione del sito fortificato circa mq. 7.600.
Si hanno notizie dell’esistenza di una chiesa privata dedicata a San Salvatore “ecclesia Sanctii Salvatoris de Castro Lauriani” perché citata nell’elenco delle decime relative agli anni 1357-1359.

Descrizione del sito:
Oggi sotto l’intrico di rovi è possibile vedere i ruderi del castrum e intorno alla sommità della collina un muro a secco formato da pietre e mattoni di recupero alto all’incirca m. 3 e con spessore di base superiore al metro.

Informazioni:
Sulla cima della collina più alta di Lauriano, nei pressi della Chiesa del Romitorio (vedi scheda). Le rovine sono localmente denominate “castlas”.

Bibliografia:
BAROETTO L., ELIA R., Ricordi di Lauriano, Edizioni Pro Loco Lauriano-Piazzo
MARZI A., I segni del popolamento: abitati, chiese e castelli in età tardomedioevale, in CIGNA A., SETTIA A. (a cura di), DCCCCXCVIII – 1999 Per un millennio da Trebledo a Casalborgone, Chivasso, 2000
ROSADA M. (a cura di),“Rationes Decimarum Italiae” nei sec. XIII-XIV , Città del Vaticano, 1990

Fonti:
Immagine da: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Antico_insediamento_lauriano.JPG

Data compilazione scheda:
05/10/2005 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Lauriano (TO) : Chiesa del Romitorio

lauriano romitorio abside

Storia del sito:
La denominazione esatta è Chiesa di Santa Maria dell’Assunzione “Supra Montem” con annesso Romitorio.
La Chiesa viene citata in un documento del 1750 che la indica come parrocchiale sin dal 1113, dedicata a SANTA MARIA DELL’ASSUNZIONE “SUPRA MONTEM”, la cui festa patronale ricorreva il 13 Maggio.
Accanto alla chiesetta, intorno al 1100, vi era il Cimitero, chiuso nel 1548, quando la Chiesa non fu più Parrocchiale. La struttura romanica, XI-XIII sec., è stata rimaneggiata nel corso dei secoli. Sicuramente è rimasta originale l’abside.
La modifica maggiore fu la costruzione accanto al lato destro della Chiesa dell’abitazione dell’eremita, affiancata da un arco di mattoni a vista, probabilmente come sostegno dell’edificio sul lato più scosceso della collina. L’ “eremita”, dal quale deriva l’attuale nome della Chiesa, cioè “ROMITORIO”, viene ricordato in documenti della fine del 1600; altri religiosi vi abitarono nel secolo seguente. Dal 1826 non si hanno più notizie della presenza di eremiti nella chiesetta.
Alla fine del 1700 venne ricostruito l’altare in forme barocche.
In epoca imprecisata divenne proprietà dei conti Morra di Lauriano che, nel 1808, fecero costruire sotto il pavimento della Chiesa 24 loculi per adibirla a cappella cimiteriale della famiglia. Vi furono sepolte 18 salme fino al 1936, quando vennero vietati i cimiteri privati.

Descrizione del sito:
La struttura è molto semplice con la facciata intonacata e priva di decorazioni su cui si aprono la porta, una finestrella alla destra ed un occhio a forma di trifoglio. Vi è un piccolo campanile.
La parte più antica che si è conservata, del XII secolo, è l’abside semicircolare con l’esterno di mattoni a vista, con tre finestrelle, di cui solo due aperte. Superiormente corre una fila di archetti ciechi.
L’impianto della Chiesa è a croce latina priva di transetto, con volte a crociera. All’interno dell’abside restano tracce di affreschi, molto degradate per l’umidità.
L’edifico del Romitorio è composto di quattro piccoli locali su due piani, collegati da una scala di sette gradini. Dall’esterno, attraverso una porta, si accede al piano terra dove si trovano un piccolo ingresso, una cucina molto degradata, una porta di ingresso alla Chiesa e una grande stanza con due finestre. Al piano superiore vi sono altre due stanze, una più grande e una di piccole dimensioni. L’intero edificio necessita di restauri.

Informazioni:
Sulla cima della collina più alta di Lauriano. Info Famiglia Baroetto tel. 011 9187570

Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Lauriano

Bibliografia:
BAROETTO L., ELIA R. Lauriano e le sue chiese nel tempo, Edizioni. Pro Loco Lauriano-Piazzo
BAROETTO L., ELIA R. Ricordi di Lauriano, Edizioni Pro Loco Lauriano-Piazzo
MARZI A., I segni del popolamento: abitati, chiese e castelli in età tardomedioevale, in CIGNA A., SETIA A. (a cura di), DCCCCXCVIII – 1999 Per un millennio da Trebledo a Casalborgone, Chivasso, 2000

Fonti:
Notizie e foto in alto tratte nel 2005 dal sito http://members.xoom.virgilio.it/_XOOM/prolauriano/romitorio.html, non più attivo nel 2014.
Foto in basso da www.ilmonferrato.info

Data compilazione scheda:
19/07/2005 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

lauriano romitorio