Torino città
TORINO : Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi.
Storia del Museo:
La nascita del Museo si può far risalire alla costruzione della “vedetta alpina” sulla cima del Monte dei Cappuccini avvenuta nel 1874. Successive modifiche ed ampliamenti nel corso degli anni 1877, 1885, 1888, 1901, 1911, 1918 lo portarono alla situazione attuale dopo un radicale intervento strutturale avvenuto negli anni 1940-1942.
Una ristrutturazione dell’immobile, terminata alla fine del 2005, ha portato ad un totale riallestimento dal 2006.
Sede anche di mostre temporanee.
Descrizione del materiale esposto:
Il museo espone due riproduzioni (calchi in gesso del 1940) di un’incisione rupestre della Valcamonica e dell’incisione del “Capo tribù” del Monte Bego, Alpi Marittime.
Inoltre, sempre nella prima sala, è presente una riproduzione in vetroresina del 1999 di “Ötzi”, l’Uomo di Similaun.
Descrizione del materiale non esposto:
Le collezioni di proprietà del Museo Civico di San Remo non sono state utilizzate per l’attuale allestimento e vengono per ora conservate nei magazzini del museo. Vi sono interessanti selci lavorate con diversa fattura: paleolitico medio – industria musteriana, proveniente dalle Alpi Marittime; paleolitico superiore – industria Aurignaziana e Mesolitica, proveniente dalla Val Pennavaire – Liguria; ascia del Campignano – Monti Lessini; materiale vario di età eneolitica e del bronzo, proveniente dai Monti Lessini.
Informazioni:
Tel. 011 6604104 email: posta@museomontagna.org
Link:
http://www.museomontagna.org
Data compilazione scheda:
30/12/2005 – aggiornamento marzo 2014 – settembre 2015
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Feliciano Della Mora – Gruppo Archeologico Torinese
TORINO : Museo Egizio
Storia del Museo:
Carlo Emanuele I acquistò nel 1628 una parte delle rarità esotiche della Collezione Gonzaga, tra cui la Mensa Isiaca. Queste vennero sistemate a Palazzo Madama. Nel 1753 Carlo Emanuele III diede incarico al naturalista Vitaliano Donati di guidare una spedizione in Egitto e in Oriente con il compito di reperire altre antichità. Giunsero così a Torino statue e papiri ma fu solo con l’acquisto della Collezione Drovetti che si costituì il primo Museo Egizio, allora unico al Mondo. Bernardino Drovetti, di origine piemontese, si era distinto nell’esercito napoleonico come ufficiale di cavalleria alla battaglia di Marengo. Nel 1803, inviato in Egitto con la carica di Console generale di Francia, iniziò la sua trentennale permanenza nella valle del Nilo, durante la quale raccolse una notevole quantità di reperti poi conservati nella sua casa di Alessandria. Nel 1820 il conte Carlo Vidua di Casale Monferrato, in visita al Drovetti, rendendosi conto del valore della collezione si prodigò affinché fosse acquisita a Torino. Con la ratifica delle Regie Patenti, Carlo Felice nel 1824 concluse l’acquisto della collezione successivamente donata all’Ateneo. Gli oggetti vennero pertanto sistemati nelle stanze del palazzo dell’Università insieme con gli altri pezzi antichi già presenti e costituirono un primo museo d’antichità. I reperti vennero spostati nel 1831 nelle sale del Palazzo della Reale Accademia delle Scienze, fondata nel 1783 con sede nei locali prima appartenenti all’ordine dei gesuiti, abolito in seguito alla soppressione nel regno sabaudo. Una parte del palazzo fu destinata ad ospitare la raccolta egizia. Le sale vennero aperte al pubblico nel 1831. Successivi apporti scientifici arricchirono ulteriormente il Museo con il frutto di scavi condotti all’inizio del XX secolo dalla missione archeologica italiana guidata da Ernesto Schiaparelli (a Giza, Gebelein e Asiut) e in seguito con la missione di Giulio Farina ancora a Gebelein. Descrizione delle collezioni: nel Museo sono esposti reperti che coprono tutto l’arco della storia egizia e comprendono i seguenti periodi: Paleolitico Superiore (dal 40000 a.C.) Neolitico Inferiore (dal 5000 a.C.) Antico Regno (dal 2650 a.C.) Medio Regno (dal 2050 a.C.) Nuovo Regno (dal 1550 a.C.) Periodo Tardo (dal 1100 a.C.) Ellenistico (332 a.C. – 30 a.C.) Periodo Romano (30 a.C. – 324 d.C.) Periodo Bizantino (324 d.C. – 639 d.C.) Il Museo Egizio gestito dalla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino si stà impegnando ad adeguarsi ai più moderni standard museali, cosi la Fondazione si sta occupando dello studio e salvaguardia delle collezioni in possesso e al rinnovamento delle strutture espositive. L’impegno notevole è anche per la ristrutturazione del palazzo la nuova riapertura del museo è prevista per Aprile 2015.
Descrizione delle collezioni:
Nel Museo sono esposti reperti che coprono tutto l’arco della storia egizia e comprendono i seguenti periodi: Paleolitico Superiore (dal 40000 a.C.), Neolitico Inferiore (dal 5000 a.C.), Antico Regno (dal 2650 a.C.), Medio Regno (dal 2050 a.C.), Nuovo Regno (dal 1550 a.C.), Periodo Tardo (dal 1100 a.C.), Ellenistico (332 a.C. – 30 a.C.), Periodo Romano (30 a.C. – 324 d.C.), Periodo Bizantino (324 d.C. – 639 d.C.).
Descrizione del materiale esposto:
Da Aprile 2015 la nuova ristrutturazione del Museo, che comprende, sinteticamente al PIANO IPOGEO: la Storia del Museo, la Biglietteria e il Guardaroba.
Al PIANO TERRA: la Galleria dei Re, il Tempio di Ellesjia / Sala Nubiana e la Caffetteria.
Al PIANO PRIMO: reperti da Deir El Medina, la Tomba di Kha, la Galleria dei Sarcofagi, la Papiroteca, sale con reperti dalla Valle delle Regine, reperti di Epoca Tarda, di Epoca Tolemaica e di Epoca Romana e Tardoantica.
Al PIANO SECONDO: sale con reperti di Epoca Predinastica/ Antico regno, laTomba degli Ignoti/Tomba di Iti e Neferu, sale con reperti del Medio Regno e del Nuovo Regno. In questo piano vi sono anche le Aule Didattiche.
Informazioni:
Tel. 011 561 7776 e sito del Museo
Link:
http://www.museoegizio.it
Bibliografia:
CURTO S., 1984, L’antico Egitto nel Museo Egizio di Torino, Tipografia Torinese Editrice, Torino
DONADONI ROVERI A.M. (a cura di), 1987-89, Museo Egizio di Torino. Civiltà degli egizi. I. La vita quotidiana. II. Le tradizioni religiose e funerarie. III. Le arti della celebrazione, Electa, Milano.
ROCCATI A., 1993, Il Museo Egizio di Torino, Libreria dello Stato, Roma
DONADONI ROVERI A.M. ; LEOSPO E.; ROCCATI A., Splendori dell’ Antico Egitto, De agostini, Milano 1997
GRIMAL N., Storia dell’ antico Egitto,,Ed. Laterza- Bari 2002
Data compilazione scheda:
13 agosto 2013 – aggiornam. settembre 2014 e aprile 2015
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Alessandra Pueroni – Gruppo Archeologico Torinese
TORINO : Museo di Storia Naturale Don Bosco
Storia del Museo:
Il Museo è stato fondato da don Giovanni Bosco nel 1878 per servire come dotazione didattica alla scuola di Valsalice. La raccolta si incrementò continuamente con donazioni e con materiale proveniente dalle missioni salesiane da tutto il mondo. L’attuale allestimento risale al 1967.
Descrizione delle collezioni:
Il Museo presenta, oltre alla collezione archeologica, una collezione paleontologica, una collezione zoologica, una collezione etnologica, una collezione mineralogico-petrografica, un’esposizione botanica. È esposta anche una serie di attrezzature di fisica e chimica.
Nell’ambito del museo vi si trova anche materiale archeologico italiano e straniero, in particolare delle civiltà precolombiane dell’America, tra cui una ricca collezione di punte di frecce, coltelli e raschiatoi del Sudamerica.
Informazioni:
Tel. 011.6300629 (segreteria sempre attiva) oppure 011 6300611
Link:
https://liceovalsalice.it/museo-di-storia-naturale-don-bosco/
http://www.mrsntorino.it/cms/sistema-naturalistico-museale/museo-di-storia-naturale-don-bosco
Fonti:
Info e fotografia dal sito del liceo Valsalice, sopra indicato.
Data compilazione scheda:
19 dicembre 2001 – aggiorn. marzo 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Feliciano Della Mora – Gruppo Archeologico Torinese
TORINO : Museo di Antropologia ed Etnografia
Storia del Museo:
La storia del Museo è collegata a quella dell’omonimo Istituto Universitario le cui origini risalgono al 1923, anno in cui venne istituito per il prof. Giovanni Marro l’insegnamento di Antropologia.
Nel 1925 l’Istituto di Antropologia disponeva di due stanze negli ammezzati di Palazzo Carignano; qui il prof. Marro iniziò a far affluire numerosi reperti antropologici frutto di campagne di scavo personalmente condotte in Egitto qualche anno prima, raccolte etno-antropologiche di svariata origine e provenienza, nonché pezzi collezionati dal padre Antonio Marro psichiatra, sociologo ed antropologo.
Nel 1936 le collezioni furono trasferite nell’attuale sede di Palazzo San Giovanni. Disponendo di nuovi locali, le raccolte del Museo si ampliarono notevolmente con nuovi acquisti.
Alla morte del Prof. Marro, nel 1952, la cura delle collezioni venne assunta dalla sua assistente, successivamente incaricata per l’insegnamento, Prof. Savina Fumagalli.
Dopo la scomparsa della Prof.ssa Fumagalli nel 1961, le collezioni del Museo, fino ad allora di proprietà privata, passarono all’Università.
Tra il 1962 ed il 1968 si attuò una nuova fase di ristrutturazione impostando nuove basi espositive e di conservazione delle collezioni.
Nel 1984 viene chiuso al pubblico in quanto i locali dello storico edificio non erano più rispondenti alle norme di sicurezza.
Le sue collezioni saranno trasferite nel Palazzo degli Istituti Anatomici.
Descrizione delle collezioni:
Le collezioni di studio e riferimento conservate nel Museo e nel Dipartimento possono essere suddivise in:
A) Collezioni Primatologiche
B) Collezioni Antropologiche
C) Collezioni Paletnologiche
D) Collezioni Etnografiche.
Il materiale espositivo del museo comprende reperti di qualità eccezionale e unici al mondo; ad esempio la collezione egiziana costituisce un unicum per il suo valore scientifico. Essa comprende 650 scheletri egizi completi (alcuni di epoca neolitica), 1300 crani isolati, 80 teste di mummia, 5 mummie complete predinastiche e 15 dinastiche.
Reperto unico, di valore inestimabile, è lo “Zemi” antillano in cotone, reperito verso la fine del secolo scorso in una grotta a Santo Domingo. Idolo caratteristico delle popolazioni Taino originarie delle isole caraibiche, era considerato sede degli spiriti dei morti e dei fenomeni naturali.
Sui reperti del Museo sono stati compiuti e si stanno compiendo approfonditi studi di carattere scientifico, antropologico e paleopatologico.
Il Museo possiede anche una vasta biblioteca specifica con testi a partire dal secolo XVI e collezioni fotografiche del prof. Marro sugli scavi in Egitto del 1911-1936; di Bicknel (del 1905-1913) su incisioni rupestri pre e protostoriche; di Gariazzo Sesti (inizio 1900) riguardanti popolazioni del bacino del Congo.
Informazioni:
ATTUALMENTE CHIUSO Tel. 011 6704550 oppure 011 6704551 ; email: museo.antropologia@unito.it
Link:
https://www.museoantropologia.unito.it/
Fonti:
Info e fotografie tratte nel 2005 dal sito del Museo.
Data compilazione scheda:
13/04/2006 – aggiornamento marzo 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
TORINO : Museo di Antichità (Archeologico)
Storia del Museo:
Il nucleo più antico del Museo, ospitato nell’edificio delle vecchie Serre di Palazzo Reale, è nato dalle collezioni raccolte dai Savoia a partire da Emanuele Filiberto nel 1572, sistemate nell’Ottocento nel palazzo dell’Accademia delle Scienze insieme alla collezione egizia di B. Drovetti; in seguito le collezioni furono scisse e andarono a creare rispettivamente il Museo di Antichità ed il Museo Egizio di Torino.
Un nuovo padiglione, realizzato dagli architetti Gabetti e Isola sotto la Manica Nuova di Palazzo Reale, è stato inaugurato nel maggio 1998 e ospita i reperti provenienti dal territorio piemontese.
Nel 2013 il materiale archeologico inerente Torino e i suoi immediati dintorni ha trovato posto in una terza sezione, sottostante la Manica Nuova di Palazzo Reale, direttamente collegata ai resti del teatro romano; concepita come mostra temporanea, seppur di lunga durata, è negli intenti del Museo e della Soprintendenza renderla permanente, con i dovuti aggiustamenti. I magazzini del Museo ospitano i reperti rinvenuti nelle più recenti campagne di scavo in Piemonte, nonché i materiali, provenienti da collezioni, di seconda e terza scelta.
Descrizione delle collezioni:
Padiglione delle Collezioni: sculture greche e romane; ritratti romani; mosaico romano di Orfeo da Cagliari (III sec. d.C.); calchi del fregio dell’arco di Augusto a Susa (8 a.C.); ceramiche greche e magno-greche (VI secolo a.C. – età ellenistica); collezione etrusca; collezione cipriota (età del Bronzo – epoca tardoromana); collezioni preistoriche e protostoriche. Padiglione del Territorio: materiali provenienti dal Piemonte, dall’età preistorica al Basso Medioevo.
Manica Nuova di Palazzo Reale: mostra “Archeologia a Torino” con materiali relativi alla città e al territorio limitrofo. In due salette continue all’esposizione del materiale torinese è visibile il “tesoro di Marengo”, ricco ritrovamento di argenti romani, per lo più di II sec. d.C., effettuato a Marengo (AL) nel 1928; tra i reperti si segnalano: il busto di Lucio Vero, il pulvino di un letto, un vaso a forma di capitello corinzio e l’iscrizione con dedica alla Fortuna.
Descrizione del materiale esposto:
Nel padiglione vecchio sono esposte sculture greche e romane (rilievi, statue, ritratti, bronzetti); una serie di ritratti romani, tra cui le statue loricate rinvenute a Susa; i calchi del fregio dell’arco di Augusto a Susa (8 a.C.); il mosaico romano di Orfeo (III sec. d.C.) rinvenuto nel ‘700 a Cagliari; la collezione Moschini di ceramiche greche e magno-greche (tra cui il prezioso psyktèr di Euthymides, ultimo quarto VI secolo a.C.); materiali etruschi (un sarcofago, urnette cinerarie, buccheri, bronzi); le collezioni preistoriche e protostoriche; la collezione cipriota (reperti da Cipro, età del Bronzo – epoca tardoromana.
L’allestimento del padiglione “nuovo” organizzato su una struttura a rampe digradanti che vuole ricordare la stratigrafia di uno scavo archeologico, è realizzato in modo da ripercorrere a ritroso la storia del Piemonte, dal Medioevo fino alla Preistoria, rispecchiando cioè il modo di procedere di uno scavo. Partendo dal Medioevo, è esposta la ceramica rinvenuta a Novara; di particolare rilievo sono poi i corredi provenienti dalle necropoli longobarde di Testona Moncalieri, di Carignano e del Lingotto. Nella sezione romana si segnalano: i vetri, provenienti da una ricca collezione ma disposti ora in ordine cronologico; i bronzetti da Industria (Monteu da Po, TO), rinvenuti nel santuario di Iside e Serapide, tra i quali degni di nota sono il tripode con ricca decorazione figurata, il toro simbolo del dio Apis, la cosiddetta “danzatrice” e il satiro di età ellenistica (II sec. a.C.) le lapidi stele funerarie la notevole testa monumentale da Alba.
Per quanto riguarda l’epoca preromana si segnalano i corredi delle tombe della cosiddetta cultura Golasecca e i materiali provenienti dai villaggi palafitticoli di Viverone con caratteristiche asce in pietra verde.
La mostra “Archeologia a Torino” raccoglie molti reperti tra i più signficativi rinvenuti in città e dintorni a partire dal XVI secolo, tra i quali, a mo’ d’esempio, si segnalano: il materiale protostorico rinvenuto (anche grazie ai soci GAT) presso i siti collinari di Bric San Vito e Castelvecchio di Testona; una testa in bronzo dorato risalente all’epoca imperiale romana; un mosaico policromo con genietto che cavalca un delfino (II sec. d.C.); i resti di un monumento equestre, rinvenuti nel 1577; la ricostruzione dell’area sacrificale (I sec. d.C.) rinvenuta presso le mura orientali; una selezione del ricchissimo materiale rinvenuto nella necropoli longobarda di Collegno; un vasto repertorio del materiale lapideo di epoca romanica rinvenuto negli scavi della basilica paleocristiana del Salvatore; il ricco tesoro monetale cinquecentesco ritrovato nel 1996.
Informazioni:
Tel. 011 5212251 /011 5211106 (centralino) email: sba-pie.museoantichita@beniculturali.it
Links:
https://www.museireali.beniculturali.it/museo-antichita/
https://www.piemonte.beniculturali.it/index.php/it/i-luoghi-della-cultura/musei/museo-archeologico
http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/it
Bibliografia:
L. MERCANDO, Museo di Antichità di Torino. Le collezioni, Roma 1989
Data compilazione scheda:
13/04/2006 – aggiornamento giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Elisa Lanza – Gruppo Archeologico Torinese; Fabrizio Diciotti – Gruppo Archeologico Torinese
TORINO : ex Museo Civico di Numismatica, Etnografia, Arti Orientali
Storia del museo:
L’edificio di Via Bricherasio, 8 che ospitava le collezioni venne costruito alla fine del XIX secolo in uno dei quartieri più belli della città come abitazione privata del conte Severino Casana. Dopo diversi passaggi di proprietà, nel 1959 fu acquistato dal Comune di Torino. Nel 1977 la Civica Amministrazione decise di destinare il palazzo a sede del Museo raggruppando e riordinando le collezioni di numismatica, etnografia e arti orientali giacenti in diversi musei. La ristrutturazione edilizia e l’allestimento delle diverse sezioni portarono all’inaugurazione della sede museale nel maggio del 1989.
Nel 2001 il museo fu chiuso e le collezioni numismatiche trasferite in parte a Palazzo Madama, in parte in un deposito esterno.
Nel 2007 venne aperto il MAO – Museo d’Arte Orientale, in cui furono raccolti ed esposti i reperti provenienti dalla sezione orientale del Museo di Numismatica, Etnografia e Arti Orientali. Si rimanda alla scheda specifica.
Descrizione delle collezioni:
Al piano rialzato, in due sale erano raccolte le collezioni numismatiche che formano il “medagliere delle raccolte numismatiche torinesi”; al primo piano, in quattro sale, era collocata la collezione etnografica; le collezioni di arti orientali erano esposte nella grande sala al terzo piano.
Le raccolte numismatiche provengono da tre differenti collezioni riunite in un solo gruppo detto “Medagliere delle raccolte numismatiche torinesi”. Il complesso è composto da:
Collezione del Museo di Antichità di proprietà statale costituito da 30.000 pezzi raccolti nella prima metà del secolo scorso e da successive acquisizioni della collezione Drovetti, della collezione Lavy e da scavi archeologici. La collezione comprende monete greche, romane, bizantine.
Collezione ex reale D.C. (beni della Corona) già a Palazzo Reale di proprietà statale comprende monete antiche, medievali e sabaude quelle sia emesse nei territori sia nei possedimenti d’oltremare; è inoltre ricca di sigilli e medaglie provenienti dall’altra raccolta reale S.M. (beni privati).
Collezione del Museo Civico proprietà del comune di Torino, esigua nel secolo scorso, oggi consta di circa 30.000 pezzi grazie a donazioni e acquisti degli anni trenta. Sono presenti particolari monete bizantine, dei Savoia e di Milano, medaglie e sigilli.
La collezione Etnografica è una delle più antiche per formazione tra quelle dei Musei Civici, iniziata con piccoli lasciti nella seconda metà del secolo scorso; il nucleo si è ampliato nel tempo per le donazioni di raccolte e per scambi con il Museo Egizio. I materiali provengono dall’Africa, dall’America, dall’Oceania. Gli oggetti africani (statuine, strumenti musicali, armi) sono stati raggruppati per tipologia e per temi anziché per tribù, data la scarsità di materiale rappresentativo per le varie etnie. Gli oggetti provenienti dall’Oceania erano esposti secondo un criterio geografico; tra i reperti provenienti dall’America sono di particolare rilievo i manufatti delle civiltà precolombiane.
Link:
http://www.museotorino.it/view/s/9bbc02115b5841c09807695e842229f2
Bibliografia:
Museo Civico di Numismatica, Etnografia, Arti Orientali, 1989
Data compilazione scheda:
13/04/2006- aggiornam. 2008 e 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Laura Cordera – Gruppo Archeologico Torinese
TORINO : Museo Civico di Arte Antica.
Storia del Museo:
Il Museo Civico di Torino era nato nel 1860 sulla spinta di diverse esigenze ed entusiasmi. Il clima post-unitario e la scia degli ideali risorgimentali avevano acceso il desiderio di raccogliere e conservare le patrie memorie storiche e artistiche. L’ampliamento della città aveva fatto scaturire i più disparati ritrovamenti archeologici.
A questo ricco repertorio, nucleo del museo che si installa dal 1863 in via Gaudenzio Ferrari, si aggiungono presto iniziative del governo cittadino, lasciti da parte di privati, acquisizioni dalle residenze sabaude dismesse, doni regi… Il tutto per raccogliere in un unico luogo la più vasta raccolta di testimonianze della storia di Torino e del Piemonte.
A questa prima vocazione se ne affianca subito un’altra. Il museo torinese, infatti, come altri musei nel secondo Ottocento, aveva subito il fascino di un modello come il South Kensington di Londra (oggi Victoria and Albert Museum), dedicato alle arti decorative e applicate all’industria. L’idea in voga era quella di fornire modelli del passato agli artigiani e ai designer per poter promuovere il miglioramento dei prodotti industriali e applicare le “belle arti” a oggetti di utilità. Il Museo Civico di Torino affinò fin dall’inizio una propria peculiarità, puntando soprattutto a raccogliere esempi rappresentativi delle manifatture di ogni periodo, con ogni tecnica e con ogni materiale, per disegnare una storia dell’arte del lavoro a partire dal periodo bizantino fino all’epoca moderna: mobili, rilievi e statue lignee, stoffe, arazzi, pergamene e codici miniati, lavori in ferro, bronzo, ottone, avori, vetri, ceramiche e porcellane… Con un patrimonio ormai inestimabile il museo, nel 1930, chiede ospitalità a Palazzo Madama e qui si insedia nel 1934. Le collezioni si distribuiscono nel palazzo seguendo i suggerimenti storici dell’intricata architettura e nascono così suggestive ambientazioni delle epoche che il palazzo ha attraversato.
Il repertorio medievale viene allestito negli ambienti quattrocenteschi del piano terra, mentre le sale sei-settecentesche del primo piano vengono destinate alle raccolte barocche. Le collezioni di arti decorative trovano sede al secondo piano, allestito con i nuovi arredi realizzati in quei primi decenni del Novecento, che contribuiscono al conturbante straniamento che prende chi passa attraverso tante epoche.
Il museo, dopo i lavori di restauro, è stato riaperto a Dicembre 2006.
Descrizione delle collezioni:
Con le sue 30.000 opere, il museo conserva un patrimonio eterogeneo che va dalla sezione di pittura, nella quale si susseguono opere di maestri dal Quattrocento al Settecento, alle miniature, fino alle collezioni di scultura che documentano la produzione secolare piemontese e valdostana. Le arti applicate e decorative sono testimoniate, tra l’altro, da una raccolta di ceramica che vanta oltre 4.000 oggetti e dalla preziosa collezione di vetri dorati graffiti e vetri dipinti, unica al mondo per quantità e qualità. Poi, ancora smalti, avori, ori e argenti.
Per approfondire: Museo_civico_arte_antica-depliant
Informazioni:
Il museo è sito in Palazzo Madama (vedi scheda) tel. 011 4433501; 011 4429929 email: palazzomadama@fondazione torinomusei.it
Links:
https://www.palazzomadamatorino.it/it
http://www.comune.torino.it/musei/elenco/arteantica.shtml
Fonti:
Notizie e fotografie tratte nel 2006 dal sito www.comune.torino.it.
Data compilazione scheda:
13/04/2006 – aggiornamento aprile 2008 e marzo 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Feliciano Della Mora – Gruppo Archeologico Torinese
TORINO : MAO – Museo d’Arte Orientale
Storia del Museo:
Vedi scheda “TORINO: Museo Civico di Numismatica, Etnografia, Arti Orientali”.
Descrizione delle collezioni:
Il Museo d’Arte Orientale è organizzato in sette sezioni che ad aprile 2015 sono state riallestite: GANDHARA: Le sculture del Gandhara offrono infatti uno dei più interessanti esempi di interazione creativa fra culture nate in aree lontane (l’India e il bacino del Mediterraneo), generate da diverse strutture socio-politiche e ispirate a diversi orientamenti filosofico-religiosi.
INDIA: La sezione indiana del museo presenta esempi della vigorosa scultura di epoca Kushana (II secolo a.C.-II secolo d.C.), raffinate opere del periodo Gupta (IV-V secolo) e affascinanti immagini dell’India medioevale (IX-XIV secolo).
SUDEST ASIATICO: Sono presenti sculture del periodo Khmer, dai rilievi negli stili di Banteay Srei (X secolo) e del Bayon (XII-XIII secolo) alle sculture a tutto tondo dei periodi Bakheng (X secolo) e Baphuon (XI secolo). Accanto a queste il museo possiede opere birmane che vanno da una scultura lignea del periodo di Pagan (X secolo) ai legni e ai bronzi del XVIII e XIX secolo, e opere thailandesi in bronzo laccato e dorato dei periodi Sukhothai (XV secolo), Lan-na (XVI secolo), Ayudhya (XVII-XVIII secolo) e Bangkok (XVIII-XIX secolo).
CINA: Il museo possiede una collezione di oggetti d’arte della Cina antica (dal 3.000 a.C. al 900 d.C. circa) con vasellame neolitico, bronzi rituali, lacche e terrecotte. Oltre duecento statuette e oggetti dell’arte funeraria cinese documentano cultura e costumi dei periodi Han (206 a.C.-220 d.C.) e Tang (618-907).
GIAPPONE:Il museo offre al visitatore una suggestiva presentazione della raffinata produzione artistica giapponese, con importanti statue lignee (dal XII al XV secolo), con eccezionali paraventi degli inizi del XVII secolo, e con dipinti, lacche e xilografie policrome (note come ukiyo-e, “immagini del mondo fluttuante”).
HIMALAYA: Il museo dispone di una assai ricca collezione di arte buddhista tibeto-nepalese e sino-tibetana, con sculture in legno e in metallo, con strumenti rituali riccamente decorati e con numerosi dipinti a tempera (thang-ka) databili dal XII al XVIII secolo. Dispone inoltre di due preziosi manoscritti del XV secolo e possiede una delle maggiori raccolte europee di copertine lignee intagliate e dipinte.
ISLAM: Il museo illusta l’evoluzione di questa produzione dal IX al XVII secolo, dalle ceramiche di Nishapur, di Rayy e di Raqqa a quelle di Iznik e di Damasco, sottolineando le interazioni stabilite con la porcellana cinese e l’influenza esercitata sulle maioliche e faenze italiane.
Informazioni:
Palazzo Mazzonis, tef.011.4436927 – 011 4429636(biglietteria)
Email: mao@fondazionetorinomusei.it
Link:
http://www.maotorino.it
Fonti:
Fotografie dal sito sopra indicato.
Data compilazione scheda:
13/04/2006 – aggiorn. ottobre 2010, marzo 2014, aprile 2015
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Giulia Piovano – Amici di Palazzo Reale
TORINO : Galleria Sabauda
Storia del Museo:
Il 2 ottobre 1832, Carlo Alberto aprì al pubblico le collezioni d’arte dell’antica quadreria ducale e reale, le collezioni del ramo Savoia-Carignano e quelle provenienti da Palazzo Durazzo di Genova (poi divenuto Palazzo Reale), acquisito da Carlo Felice nel 1824. Nacque la Reale Galleria, nucleo originario della futura Galleria Sabauda. La sede museale fu Palazzo Madama.
Nel 1860 per volontà di Vittorio Emanuele II, la Reale Galleria fu ceduta allo Stato e assume il titolo di Regia Pinacoteca Nazionale, passando dalla proprietà dinastica alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione Pubblica. Nel 1864 venne donata all’istituzione la prestigiosa collezione dei marchesi Tancredi e Giulia Falletti di Barolo.
La sede cominciò a rivelarsi non idonea alla funzione museale e quindi nel 1865 le collezioni vennero trasferite al secondo piano del Palazzo dell’Accademia delle Scienze.
Nel 1932 il museo celebrò il suo primo centenario e assunse la nuova denominazione di Galleria Sabauda. Dopo la seconda guerra mondiale le raccolte vennero riordinate e riallestite. Altri riallestimenti seguirono nel 1982, 1997 e 2004.
Il 20 marzo 2012 la Galleria Sabauda lasciò la sua sede storica e il 5 aprile fu aperta al pubblico la nuova sede presso la Manica Nuova di Palazzo Reale con ingresso in via XX settembre 86. Le circa 5000 opere escluse dall’esposizione furono collocate nel deposito museale appositamente approntato presso l’edificio della Cavallerizza nel Castello di Moncalieri, aperto al pubblico da settembre 2014, in attesa del riallestimento completo della Galleria su quattro piani della Manica Nuova di Palazzo Reale.
La Galleria è stata riaperta nell’allestimento nuovo e completo a dicembre 2014.
Descrizione delle collezioni:
Le opere patrimonio della galleria Sabauda comprendono anche dipinti, sculture, oggetti di vario tipo databili dal Duecento al Quattrocento, quindi entro i limiti dell’epoca medievale che sono stati scelti per le schede Archeocarta. Vi è anche un gruppo di affreschi gotici del primo Quattrocento strappati, negli anni sessanta del secolo scorso, da pareti di edifici di culto compromessi e poi demoliti.
Tra i capolavori che sono stati sicuramente realizzati prima del 1492 vi sono i dipinti di:
Bernardo Daddi (1290 – 1348) Incoronazione della Vergine
Barnaba da Modena (noto dal 1361 al 1386) Madonna col Bambino
Mariotto di Mardo (1394 – 1424) I quattro evangelisti
Beato Angelico (circa 1400 – 1455) Angeli; Madonna col Bambino
Jan van Eych (circa 1390 – 1441) Stimmate di san Francesco
Rogier van der Veyden (circa 1399 – 1464) Donatore in preghiera; Visitazione
Giorgio Schiavone (Juraj Ćulinović) (circa 1433 – 1504) Madonna col Bambino
Antoine de Lonhy (noto dal 1446 al 1490) San Domenico nello studio
Antonio Benci detto il Pollaiolo (1431 – 1498) L’arcangelo Raffaele e Tobiolo
Hans Memling (circa 1430 – 1494) Passione di Cristo
Giovanni Martino Spanzotti (circa1455 – 1526) Santi Francesco d’Assisi, Sebastiano, Giovanni Battista, Antonio abate con il donatore; Madonna in trono con Bambino e Santi
Andrea Mantegna (1431- 1506) Madonna col Bambino, san Giovannino, santa Caterina e altri Santi
Filippino Lippi (1457 – 1504) I tre arcangeli e Tobiolo
e la scultura in marmo di
Desiderio da Settignano (1430 ‒ 1464) Madonna col Bambino
Informazioni:
Via XX Settembre, 86
Links:
https://www.museireali.beniculturali.it/galleria-sabauda/
https://www.museireali.beniculturali.it/catalogo-galleria-sabauda/#/
Bibliografia:
Il catalogo delle opere è reperibile sul sito indicato al n°2.
Data compilazione scheda:
11ottobre 2014 – aggiornam. dicembre 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
TORINO : Chiese di S. Salvatore, S. Giovanni, S. Maria de Dompno
Storia e descrizione del sito:
Nel 1490 iniziarono i lavori di demolizione delle chiese medievali di S. Salvatore, S. Giovanni e di S. Maria de Dompno per costruire su quest’area un Duomo nuovo in forme rinascimentali. Il committente (cardinale Della Rovere) affidò a Meo del Caprina la direzione dei lavori. Il 22 luglio venne posta la prima pietra del nuovo edificio, la cui navata centrale si sovrappose all’antica chiesa di S. Giovanni (A), la navata sinistra occupò la navata meridionale e parte della centrale di S. Salvatore (B) e la navata destra venne a coincidere con l’area di S. Maria de Dompno (C). Le tre chiese medievali facevano parte di un’area curiosa ed articolata che occupava due insulae ed era compresa fra le mura romane, l’attuale Palazzo Reale e via XX Settembre. A nord del S. Salvatore era un chiostro (D) che, costruito la prima volta nel IX secolo, venne ricostruito o restaurato dal vescovo Landolfo (1010-1038). Infine nel XIV secolo vi fu la costruzione di un maggior chiostro che sostituì l’antico. Parte di questo (una porzione di due archi poggianti su colonna e capitello) venne alla luce alla fine dell’Ottocento durante la demolizione di un muro. Tra il chiostro e la cinta muraria erano le case dei canonici (E). Dietro le case vi erano il chiostro e il S. Salvatore sino a raggiungere la torre (F) che stava tra l’abside del S. Salvatore e l’abside del S. Giovanni era il cimitero dei canonici (G) . Nel 1843 in quest’area vennero alla luce tombe senza corredo “triangolari, formate da grossi mattoni di fabbrica romana, alcuni dei quali con impugnatura ma senza bollo”. Nello stesso cimitero fu ritrovata la lapide sepolcrale dell’infante Anteria, morta all’età di due anni nel 523 e quella spezzata ma completa del vescovo Ursicino “insieme con le sue ossa benissimo conservate”. Il cimitero è documentato sino alla fine del XV secolo. Sul lato meridionale, dove oggi è Palazzo Reale, vi era il palazzo del vescovo (H) affiancato da una torre (I) divisa in cinque ordini con due finestre per lato in ogni ordine e con cuspide ancora visibile nella cartina del Carracha del 1572. Dietro il palazzo vescovile erano orti, granai, abitazioni e un deposito detto il Paradiso dove veniva conservato il vino dei canonici. Fra la torre e il lato meridionale di S. Maria de Dompno era probabilmente un chiostro (L). In fronte al S. Salvatore venne costruito nel 1468 dal vescovo di Torino Giovanni di Compeys un possente campanile (M) a tre ordini con cella campanaria e munito nel 1485 di ‘ugla’ cioè di guglia o cuspide, coperta di lamiere (“tolle”) stagnate e fornita di un pomo e una gran croce. Sul campanile è stata murata, come architrave di una finestra una lastra marmorea romanica. L’intera area fu oggetto a metà del XVI secolo di una profonda ristrutturazione. Il palazzo vescovile, usato dalla corte già nel XV secolo come dependance per supplire alle carenze strutturali del castello di Porta Phibellona, venne riattato e destinato a funzioni burocratiche e residenziali, contemporaneamente si demolirono le case dei canonici, al fine di costruire un palazzo “detto di S. Giovanni” che Emanuele Filiberto volle dignitoso ma non magniloquente. Castrum Phibellone, palazzo del vescovo e palazzo S. Giovanni erano inoltre comunicanti per mezzo di porticati. Il primo, documentato nel 1497, correva affiancato alle mura e univa il castello di Porta Phibellone con il palazzo del vescovo; il secondo correva dietro l’abside del S. Giovanni e univa il palazzo del vescovo con il palazzo di S. Giovanni. L’area in seguito a tali lavori perse la connotazione religiosa per divenire spazio del potere laico.
S. SALVATORE Durante scavi effettuati nel 1909 nella piazzetta del Duomo vennero alla luce i resti di una basilica del VI secolo a tre navate suddivise da pilastri molto ravvicinati di un metro di lato. Notizie degli scavi ricordano che il pavimento della chiesa era formato da un consistente strato di coccio pesto e cemento su un letto di ciottoli. L’interno dell’edificio misurava circa 17 metri di cui 10 nella navata centrale e 3 e mezzo in quelle laterali. Il muro perimetrale del lato settentrionale (verso il teatro romano) misurava un metro di spessore, mentre quello di facciata, che mostrava una sola apertura centrale, si avvicinava ad uno spessore di circa 60 centimetri. Alla fine dell’VIII secolo o all’inizio del IX sul tracciato della prima si ricostruì una nuova basilica, ancora divisa da pilastri ma più distanziati fra loro. Fu inoltre costruita una cripta al termine della navata maggiore e si sopraelevò di alcuni scalini il presbiterio. Un successivo rimaneggiamento, nell’XI-XII secolo, riguardò l’anticipazione e l’ulteriore sopraelevazione del presbiterio al quale si accedeva attraverso una scala di sette scalini e la cui decorazione era costituita da un grande mosaico a tessere marmoree bianche e nere ravvivate da tessere di terracotta rosse. “Al centro del mosaico – scrive Costanza Segre Montel – è l’immagine della fortuna, raffigurata in atto di far girare una ruota che determina le sorti dell’uomo. La ruota è addentata da grandi mascheroni e circondata da una serie di cerchi contenenti animali vari, a loro volta cinti dal gran cerchio ondulato dell’oceano, punteggiato dalle isole (restano la Britannia, la Scozia, le Orcadi e la remota Tule), mentre ai quattro angoli del quadrato esterno soffiano i venti”. Le iscrizioni sono tratte dalle Etymologiae e dal De Natura Rerum di Isidoro di Siviglia. Rimosso dopo la scoperta, il mosaico è conservato a Palazzo Madama dove sono anche custoditi i fregi decorativi altomedievali (lastre e capitelli) provenienti dal S. Salvatore e facenti parte della collezione Vagnone di Castelvecchio. La basilica era chiesa parrocchiale ma “ridotta ad esiguo numero di anime” fu soppressa nel 1443 e unita a quella di S. Maria de Dompno.
S. GIOVANNI A sud della basilica del S. Salvatore, entro la stessa insula, sorgeva nel VII secolo la cattedrale ariana di S. Giovanni. La chiesa aveva forma basilicale probabilmente a tre navate e al centro della navata maggiore era, come ricorda Paolo Diacono nella Historia Longobardorum, un battistero dal cui fonte battesimale si ergevano colonne che sostenevano una cupola. Un battistero con queste caratteristiche, dedicato a S. Callisto, è custodito nel Museo Cristiano di Cividale del Friuli. La cattedrale fu ricostruita in forme romaniche per volere del vescovo Landolfo (1010-1038) la cui iniziativa si inserì in un panorama regionale più vasto che vide sorgere dopo l’anno mille numerose fondazioni religiose ad opera vescovile (S. Solutore a Torino, S. Maria a Cavour, S. Stefano a Ivrea), marchionale (S. Maria di Caramagna, S. Maria di Pinerolo, S. Giusto di Susa) e monastica. Gli edifici ristrutturati o ricostruiti ex-novo dal vescovo Landolfo furono caratterizzati dalla presenza di cripta (S. Maria di Testona e S. Maria di Cavour), da pianta basilicale a tre navate divisa da possenti pilastri e da abside semicircolare (S. Giovanni di Piobesi). Nelle opere landolfiane è altresì evidente un intenso riutilizzo delle strutture presenti in loco al fine di sopperire alla scarsità di mezzi e di materiali pregiati. Nelle alterne fortune della città, il S. Giovanni era centro di fede, di pietà religiosa, ma anche luogo d’incontro per la comunità. “Manifestazione caratteristica di questa devozione – scrive Giampiero Casiraghi – era la grandiosa distribuzione di grano e di vino, che si faceva il 24 giugno nella solennità di S. Giovanni Battista. Un carro dipinto a vivaci colori, ornato di spighe e carico di grano, di segale e di fusti di vino veniva trainato nella cattedrale da bianchi buoi. Dopo la benedizione del vescovo e l’offerta di un cero, il priore della festa dava inizio alla distribuzione ai poveri. Svuotato del suo contenuto, il carro era poi trascinato di corsa per le vie della città, fra gli applausi della folla”. Nei secoli XIV e XV la cattedrale fu oggetto di interventi conservativi e innovativi (abside e presbiterio) che non modificarono di molto la struttura originaria. Il 25 ottobre del 1443 il titolo parrocchiale passò alla vicina chiesa di S. Maria de Dompno. Sfortunatamente il ricco corredo della cattedrale medievale è andato per lo più distrutto o disperso. Tra i reperti ancora visibili è un arcangelo Michele attribuito ad uno scultore di formazione lombardo-veneto, datato intorno al 1480, murato nella controfacciata destra del Duomo. Conservata nel primo altare a destra è una Madonna in terracotta datata 1460-1470 conosciuta come Madonna Grande o Madonna delle Grazie. Nella sagrestia del Duomo è conservato un dipinto raffigurante S. Anna attribuito al tolosano Antoine de Lonhy, immigrato ad Avigliana nel 1462. Nella parrocchiale di Vinovo sono due grandi figure in pietra di Cristo e della Vergine realizzate a cavallo fra il XII e il XIII secolo e facenti parte della statuaria dell’antica cattedrale. Sempre di tale provenienza é, molto probabilmente, un busto femminile conservato all’interno della casa parrocchiale della chiesa di S. Maria di Pozzo Strada attigua, in età medievale, al monastero ospedale dei Gerosolimitani del S. Sepolcro.
S. MARIA DE DOMPNO La più antica e sicura notizia della chiesa risale al 1228 ma in virtù della sua titolazione si ipotizza che l’edificio sia stato costruito su iniziativa del vescovo Claudio (817-827). Una datazione altomedievale della chiesa di S. Maria de Dompno, citata in documenti antichi come “cappella del vescovo”, è verosimile in quanto il vescovo Claudio, persona di grande cultura e rigore intellettuale, venne preposto alla cattedra di Torino direttamente dall’imperatore Ludovico il Pio, il quale a Metz e a Reims, edificò cattedrali doppie dedicate a S. Salvatore e a S. Maria de Doms. La parrocchia di S. Maria sorgeva nel quartiere di Porta Doranea che occupava l’area compresa fra corso Regina Margherita, piazza Castello, via Milano e via Garibaldi. La chiesa, leggermente arretrata rispetto al S. Giovanni, aveva pianta basilicale a tre navate e in documenti della metà del XIII secolo è attestato un portico. Nella chiesa si trovava un altare dedicato alla Vergine sotto il titolo di S. Maria ad Nives. “Secondo un’antica consuetudine – scrive Giampiero Casiraghi – ogni domenica i canonici del capitolo cattedrale andavano in processione dalla chiesa del Salvatore all’altare di S. Maria delle Nevi e se ne tornavano, dopo appropriate preghiere, alla chiesa del S. Salvatore per la messa solenne. Dinanzi alla sua statua stava continuamente acceso un grande lampadario per conto dei canonici del capitolo. Anche in seguito, nella nuova chiesa cattedrale, a ricordo di tale devozione, certamente più antica di quella che i torinesi riservano oggi alla Consolata, fu eretta la cappella della Madonna delle Grazie detta anche Madonna Grande”
Informazioni:
I resti si trovano sotto l’attuale Duomo di Torino. Alcuni reperti, come il mosaico restaurato nel 2024, sono visibili nel rinnovato Museo Diocesano di Torino, Piazza S. Giovanni,4 . Tel. 011 5787018
Links:
http://www.archeogat.it/archivio/torinomedievale/percorsoTAPPE/05MONduomo.htm
http://www.museotorino.it/view/s/c31347e011504ee48069d9d2ad893944
https://www.diocesi.torino.it/museodiocesano/
Bibliografia:
GRUPPO ARCHEOLOGICO TORINESE, Guida Archeologica di Torino, Savigliano (CN), 2010, Terza Ediz., 2° vol., pp.72-88
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AA. VV., 1993, Torino fra Medioevo e Rinascimento, Archivio Storico della Città di Torino, Torino
AA. VV., 1988, Archivi di Pietra, Assessorato ai servizi demografici della Città di Torino, Torino
BRUNO G., 1911, Il campanile di S. Giovanni e gli scavi della piazzetta, Torino CASARTELLI NOVELLI S., 1974, Corpus della scultura altomedievale – La Diocesi di Torino, Centro Italiano Studi sull’alto Medioevo, Spoleto
CASARTELLI NOVELLI S., 1970, Le fabbriche della cattedrale di Torino dall’età paleocristiana all’altomedioevo, in Studi Medievali S. Ili, XI, 2
GRIBAUDI P., 1933, Lo sviluppo edilizio di Torino dall’epoca romana ai giorni nostri, in Torino, n. 8, Torino
GRIBAUDI P., 1911, Un mosaico cosmografico medioevale scoperto a Torino, Roma PALETTA F., 1917, A proposito di un mosaico medievale scoperto a Torino nel marzo del 1900, Atti SPABA, Torino
RONDOLINO F., 1898, Il duomo di Torino illustrato, Torino
Fonti:
Il testo della presente scheda è tratto dalla Guida Archeologica di Torino, a cura del Gruppo Archeologico Torinese. Immagine in alto dal testo: GRUPPO ARCHEOLOGICO TORINESE, Guida Archeologica di Torino, vol 2, p. 72. Foto in basso GAT.
Data compilazione scheda:
29 marzo 2004 – aggiorn. marzo 2014 e giugno 2024
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Carlo Vigo – Gruppo Archeologico Torinese
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