Provincia Verbano Cusio Ossola
Stresa – Brisino (VB) : Chiesa di Sant’Albino e iscrizioni
Storia e descrizione del sito:
Non ci sono documenti sulla costruzione della Chiesa dedicata a Sant’Albino, si sa che inizialmente fu costruita una cappellina sull’area occupata dall’attuale navata destra: una porta con architrave e spallette in sasso, ora murata, suffraga quest’ipotesi.
L’affresco portato alla luce nel 1963 conferma l’esistenza della cappellina, perché è collocato decentrato nei confronti della parete attuale: infatti, quando fu costruita la Chiesa, incorporandovi il primitivo edificio, si eliminò l’affresco troppo basso, coprendolo di intonaco, e la pala del nuovo altare fu collocata in testa alla navata centrale.
L’affresco, che rappresenta la Madonna in trono con in braccio il Bambino che tiene fra le dita un rosolaccio, fu giudicato dalla prof.ssa Noemi Gabrielli opera del primo Trecento e fu eseguito su masso erratico, previa lisciatura e preparazione accurata del fondo. Il masso era presumibilmente già stato adattato a edicola, in mezzo alla campagna. Quando la popolazione decise di costruire la prima cappellina, il masso fu incorporato e collocato nel posto preminente.
Si sa che alla metà del Trecento l’edificio era già catalogato tra le chiese della zona.
Oggi le murature esterne della chiesa e del campanile, non intonacate, sono formate da pietre talora rozzamente squadrate e la costruzione è in stile romanico. Il portico antistante l’ingresso è chiaramente di secoli successivo alla costruzione primitiva. La chiesa presenta tre navate e fu usata anche come lazzaretto: lo testimonia la cappella aggiunta a metà della navata destra e dedicata a san Carlo Borromeo, quindi dopo la terribile epidemia del 1576.
Un tempo la chiesa fu parrocchiale di Brisino e Magognino, comuni che nel XX secolo furono inglobati in quello di Stresa.
Fu dichiarata Monumento Nazionale del Comune di Stresa.
Descrizione dei ritrovamenti:
Le prime testimonianze di insediamenti a Brisino risalgono al I secolo a.C.: durante gli scavi per una costruzione in località “Le Piane”, a fianco della strada che porta al Cimitero, furono rinvenute quattro lastre di pietra con iscrizioni, che erano state usate nel Medioevo per formare una cassa rettangolare, che fu trovata vuota. Attualmente queste “Stele” sono conservate nell’Antiquarium di Mergozzo. Iscrizioni
I stele: Askonetio / Pinu
II stele : Kiketu /Retalos
III stele : Exobna /Diuconis
IV stele : Luto /Artonis
Informazioni:
La chiesa si trova nel Cimitero della frazione Brisino, in Via per Magognino. Telefono 0323 31189.
Links:
http://altarusch.blogspot.it/2011/03/7-brisino-ieri.html
http://www.stresaturismo.it/
Fonti:
Info dai siti sopra citati, nel primo vi è la storia di Brisino.
Foto in alto da http://www.pbase.com/lucasarah/churches&page=all
Bibliografia:
per le iscrizioni vedi
Giorcelli Bersani S., Segni e simboli dell’integrazione: documenti scritti del passaggio alla romanità nell’Italia nord-occidentale, in E. Migliario, L. Troiani, G. Zecchini (a cura di), Società indigene e cultura greco-romana, Atti del Convegno Internazionale, Trento 7-8 giugno 2007, Roma, 2010, pp. 163-184.
Data compilazione scheda:
30 dicembre 2012; aggiorn. maggio 2019
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Ornavasso(VB) : Necropoli
Storia del sito:
Nel 1890, durante i lavori di completamento della linea ferroviaria Novara-Domodossola, nei pressi dell’oratorio campestre di San Bernardo, fu attivata una cava. Dagli scavi iniziarono a emergere “cocci di antichi vasi di terra e frammenti di oggetti di rame”. Enrico Bianchetti, storico e archeologo ossolano, intuendo subito l’eccezionale portata della scoperta, non appena seppe che “i manovali, delusi come al solito nella volgare credenza di aver ritrovato il tesoro, andavano distruggendo con inconscia barbarie quanto s’imbatteva sotto i loro picconi”, si adoperò immediatamente per “far cessare tanta rovina” e con l’aiuto dell’amico Giuseppe Antonio Ronchi portò alla luce la necropoli di San Bernardo. A conclusione degli scavi, studiò e inventariò il materiale rinvenuto.
L’anno seguente fu scoperta a poca distanza la necropoli di In Persona. Bianchetti compilò un catalogo di tutte le tombe e dei relativi corredi, redasse una relazione degli scavi e formulò alcune considerazioni sulla società, sull’economia e la storia del popolo cui le necropoli erano appartenute. La morte non gli permise di portare a termine l’opera che fu ripresa e ultimata dal collaboratore Ermanno Ferrerò. Il catalogo fu pubblicato nel 1895 negli atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la provincia di Torino e rappresenta ancora oggi un valido strumento per lo studio delle popolazioni alpine.
Successivi scavi compiuti a San Bernardo nel 1941 e nel 1952 portarono alla scoperta di altre 16 tombe, oltre alle 165 rinvenute da Bianchetti nel 1890. Nel 1961 il professor Vittorio Tonolli acquistò la “Raccolta Bianchetti” e la donò al Museo del Paesaggio di Verbania dove è attualmente conservata. Negli anni Settanta, in Italia e in Germania, furono pubblicati due importanti studi a conclusione di un secolo di riflessioni e approfondimenti scientifici sui reperti di Ornavasso, che vengono oggi riconosciuti dagli esperti tra i più importanti per lo studio dell’epoca preromana nell’arco alpino nord-occidentale.
Descrizione del sito e dei ritrovamenti:
Le due necropoli occupavano complessivamente un’area di 3.700 metri quadri. La maggioranza delle tombe era ad inumazione.
Il sito più antico e più importante è quello di San Bernardo. Da qui provengono corredi funerari di particolare ricchezza, con gioielli, armi, vasellame, utensili e monete. I gioielli d’argento, presenti in gran numero nelle sepolture, attestano la floridezza economica della comunità. Le armi, soprattutto le lunghe spade celtiche di ferro, testimoniano invece l’indipendenza di queste genti dalla potenza romana. Gli oggetti di lusso di provenienza mediterranea (anelli con gemme incise, servizi da banchetto di bronzo e d’argento e monete) documentano l’esistenza di un’aristocrazia abbiente che intratteneva rapporti privilegiati con Roma. Le iscrizioni graffite in alfabeto leponzio su numerosi vasi dimostrano l’uso diffuso della scrittura in lingua celtica e tramandano i nomi dei defunti.
La necropoli di In Persona ha restituito 165 tombe databili tra la fine del I secolo a.C. e il I secolo d.C. I corredi sono meno complessi e meno ricchi di quelli di San Bernardo. La rarità d’armi testimonia l’ormai avvenuta sottomissione a Roma. La scarsità di oggetti di lusso e monete documenta un profondo cambiamento nell’organizzazione sociale ed economica della comunità e la perdita di potere e ricchezza da parte della vecchia aristocrazia.
Informazioni:
Ornavasso, località Punta di Migiandone
Il sito non è visitabile
Bibliografia:
DE MARINIS R., 1988, Liguri e Celto-liguri, in “Italia Omnium Terrarum Alunma”, Milano, pp. 157-259
RITTATORE E., 1975, La civiltà del ferro in Lombardia, Piemonte, Liguria, in “Popoli e Civiltà dell’Italia Antica”, IV, Roma, pp. 223-328
TIZZONI M., 1981, La cultura tardo La Tene in Lombardia, in “Studi Archeologici”, I, Bergamo pp. 5-39
SAPELLI RAGNI M. (a cura di), 2004, Tesori del Piemonte. Il Piemonte degli scavi. Siti e musei di antichità
GAMBARI-SPAGNOLO, 1997, Il Civico museo archeologico di Arona, Regione Piemonte
Pubblicazioni di Enrico Bianchetti
· L’Ossola inferiore. Notizie storiche e documenti, 2 vol., Torino, 1878
· Ornavasso (Novara). Di una antica necropoli scoperta a poca distanza dall’abitato, in Not. Scavi, 1892, pag. 293-295
· I sepolcreti di Ornavasso, in Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, vol. VI, 1895
· Appunti sull’Ossola inferiore e altri scritti, Fond. monti, Anzola 1994
Sulle necropoli di Ornavasso
· AA.VV., 1998-1999, I sepolcreti di Ornavasso, cento anni di studi, (4 vol.), Università degli studi di Roma “La sapienza”
· Caramella P., De Giuli A., 2003, Archeologia dell’Alto Novarese, Mergozzo
· Carducci C., 1950, Ornavasso (Novara), Tombe d’età repubblicana, in Not. Scavi, pag. 214-220
· Graue J., 1974, Die Graberfelder von Ornavasso, Amburgo · Lo Porto F.G., 1954, Ornavasso (Novara). Nuovi scavi nel sepolcreto di S. Bernardo, in Not. Scavi, pag. 257-265
· Piana Agostinetti P., 1972, Documenti per la protostoria della Val d’Ossola, Cisalpino Goliardica, Milano
Data compilazione scheda:
11/11/2004- aggiornamento febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Simona Vigo – G. A. Torinese
Oggebbio (VB) : Oratori di Santa Maria e di Sant’Agata

Storia e descrizione del sito:
In frazione GONTE-CADESSINO sorge un oratorio intitolato a Santa Maria o Madonna della Misericordia, edificato tra il XIII e il XIV secolo sul sito di una preesistente chiesa dell’XI secolo di cui rimane il campanile. Rimaneggiata nel corso dei secoli successivi, conserva all’interno due cicli di affreschi quattrocenteschi.
Il CAMPANILE romanico è ingentilito da due ordini di bifore sovrapposte, racchiuse da specchiature coronate da archetti pensili. L’edificio è a navata unica conclusa da un coro poligonale.
All’interno della chiesa, gli AFFRESCHI sulla parte sinistra della navata raffigurano un’Ultima Cena; sotto, sette riquadri illustrano le Opere di Misericordia: “Dar da mangiare agli affamati”, “Dar da bere agli assetati”, “Ospitare i Pellegrini”, “Vestire gli ignudi”, “Visitare i carcerati” (è stata coperta da una lesena), “Visitare gli infermi”, “Seppellire i morti”. Sulla parete opposta una Madonna della Misericordia e una Madonna incoronata con Santo guerriero. L’attribuzione degli affreschi va ad un prete di Valsesia.
In frazione NOVAGLIO, sulla collina che guarda il lago, sorge l’ORATORIO DI SANT’AGATA. L’impianto romanico venne incorporato nel XIV secolo in un ampliamento che realizzò la facciata a monte, con aggiunta di elementi gotici e rinascimentali; tale facciata venne abbattuta tra il XVII e il XVIII secolo per aggiungere l’abside ottagonale che capovolse l’orientamento dell’oratorio. L’edificio fu ristrutturato negli anni dal 1960 al 1970. (Vedi fotografia qui )
Informazioni:
Il comune di Oggebbio comprende 15 frazioni; in quella di Gonte, località Cadessino, sorge l’oratorio di Santa Maria Assunta.
In frazione Novaglio sorge l’oratorio di Sant’Agata.
Comune, tel. 0123 491005; Parrocchia, tel. 0323 48168
Link:
http://www.comune.oggebbio.vb.it
Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito del Comune. Foto in alto da www.ossolanews.it/
Data compilazione scheda:
14/07/2007 – aggiornamento febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese


Montecrestese (VB) : Siti megalitici
Storia e descrizione del sito:
Alcuni interessanti complessi megalitici si trovano nel territorio di Montecrestese: due in località Croppola e tre nella località denominata Castelluccio. Si tratta di insiemi di muri e camere megalitiche e di gruppi di “menhir”, allineati o disposti a cerchio, che formano disegni di poche decine di metri. Tutti i complessi sono addossati alla collina e guardano verso il fondo valle.
I siti chiamati Croppola I e Castelluccio I sono i più interessanti per le dimensioni dei megaliti, per la loro disposizione e conservazione e per il loro rapporto con le camere ipogee e con i terrazzamenti. Nella costruzione dei muri di sostegno delle strisce di terreno riservati all’agricoltura vennero intenzionalmente ricavate delle cavità comunicanti con l’esterno mediante una piccola apertura. Alcune di esse hanno una forma rotondeggiante ottenuta mediante una falsa volta, chiusa superiormente da una pioda abbastanza ampia. Altre sono in pianta pressoché rettangolare con apertura presso l’estremità del lato più lungo, con falsa volta. Attualmente queste cavità artificiali sono vuote e inutilizzate o parzialmente riempite di pietre che i contadini hanno raccolte sul terreno antistante, altre hanno subito il crollo di qualche elemento portante.
Informazioni:
In località Croppola e Castelluccio. Un cartello indica dalla strada asfaltata il sentiero da percorrere per raggiungere i siti, il primo dopo circa 10′, il secondo dopo circa 30′ di cammino.
Link:
http://www.comune.montecrestese.vb.it/ComSchedaTem.asp?Id=19053
Bibliografia:
AA.VV., Megalitismo in Ossola, in “Oscellana”, 4, ottobre-dicembre 1990 , Domodossola VB
BERTAMINI T., Storia di Moncrestese, Ed. Oscellana, Domodossola VB, 1991
COPIATTI F.; DEGIULI A:, PRIULI A., Incisioni rupestri e megalitismo nel Verbano Cusio Ossola, Grossi, Domodossola VB, 2003
GASPANI – Megalitiche Valdossola-Montecrestese.pdf
Fonti:
Fotografie tratte dal sito del Comune.
Nella pagina indicata sono descritti anche i ritrovamenti effettuati nella zona, databili tra l’eneolitico e l’epoca romana.
Data compilazione scheda:
13/01/2008 – aggiorn. 2012 e febbraio 2014 e 2024
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Montecrestese (VB) : Tempietto lepontico o torre di Roldo
Storia del sito:
La maggior parte delle costruzioni di epoca celtica era eseguita principalmente di legno o in legno con fondazioni di pietra. Rari sono i ritrovamenti di edifici realizzati completamente in pietra (in Irlanda, Bretagna, Occitania e Galizia) e quello di Roldo è l’unico ad essersi discretamente conservato in tutta l’area Gallo-romana.
L’edificio è stato scoperto e studiato da Tullio Bertamini nel 1975 . Dall’accurato esame dei materiali e delle tecniche costruttive, l’edificio è stato datato al primo secolo dell’era cristiana in un periodo nel quale gli influssi culturali romani erano ancora molto scarsi. Che si trattasse di un edificio di culto è dimostrato dalle tecniche costruttive, dalla posizione, dall’orientamento sull’asse nord-sud e soprattutto dall’uso della pietra e del marmo locale e la pianta interna a doppia cella che attestano un uso sacrale “importante”.
Dopo la cristianizzazione dei territori dell’Ossola (IV sec.) fu convertito ad uso profano e, attorno al XIII secolo, fu sopraelevato per trasformarlo in torre di vedetta. Esso si trova oggi inglobato in mezzo ad altre costruzioni.
Descrizione del sito:
L’edificio sorge in cima a uno sperone da cui si vede l’intera alta valle e da essa è perfettamente visibile. Esso è poi stato costruito su una grande roccia che è stata scavata per ospitarne le fondamenta e tutto lascia pensare che fosse proprio tale roccia la prima origine del culto su quel sito. E’ costruito interamente in pietra lavorata con una certa maestria e legata a calce. La soprelevazione medievale è chiaramente visibile all’esterno anche per la diversità del paramento murario.
Il tempietto di Roldo ha forma rettangolare dalle misure esterne di m 5,50 di lunghezza e di m 3,60 di larghezza. All’interno è diviso in due piccoli vani: una cella di 2,45 per 2,90 m e un atrio di m 2,45 per 1,10. Si accede all’atrio da una porta con arco a tutto sesto e si passa nella cella grazie ad un’altra porta, che è stata però demolita per creare un ambiente più ampio, a cui fu opposta una porta: queste sono le modifiche più evidenti.
La cella è coperta da una volta a botte impostata a m 2,85 di altezza ed alta, al centro, m 4,10. La copertura era di lastre di pietra sagomate a tegoloni ed è stata nascosta dalla sopraelevazione. Il tetto in beole di tale torre è crollato all’inizio del decennio 1970-80 e fu sostituito con una copertura in lamiera. Vicino alla finestra doveva trovarsi l’altare (o una base con la statua), dati i segni che si rilevano sul pavimento. A circa 4 m di altezza lungo l’intero perimetro del muro sta una pietra piatta e scura, la “laugera”, non di cava locale ma proveniente dalla val Bognanco che aveva una precisa funzione: sui lati Sud e Nord funge da corda di un arco di scarico, sul quale poggiano gli elementi della volta a botte della cella, perché la spinta sia solo in parte scaricata su questi due muri.
L’edificio ha una sola piccola finestra, di cm 45 per 58, posta sulla parete di fondo ad una altezza dal pavimento tale che la luce solare penetri direttamente nell’edificio solo nel periodo compreso fra l’equinozio di autunno e quello di primavera (23 settembre – 21 marzo) e che l’illuminazione massima si abbia a mezzogiorno del solstizio d’inverno (22 dicembre), quando il raggio del sole attraversa l’intero tempietto. Per questo non è del tutto azzardato supporre che il tempio fosse dedicato al dio solare Belenos.
Informazioni:
In frazione Roldo. Telefono Pro Loco 0324 232883
Links:
http://www.comune.montecrestese.vb.it/ComSchedaTem.asp?Id=19051
Bibliografia:
BERTAMINI T., Tempietto lepontico a Montecrestese, in “Oscellana”, 1, gennaio-marzo 1976, Domodossola VB in allegato, tratto dal sito del Comune
BERTAMINI T., Storia di Montecrestese, Ed. Oscellana, Domodossola VB, 1991
Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra indicato.
Scarica PDF: Tempietto Roldo- Comune Montecrestese
Data compilazione scheda:
14/01/2008 aggiorn. 2012 e febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Montecrestese (VB) : Campanile e chiesa parrocchiale
Storia del sito:
A Montecrestese vi sono testimonianze di sopravvivenze culturali liguri e celtiche; oltre al tempietto (vedi scheda), vi sono siti megalitici (vedi scheda) e la presenza di numerosissime protomi umane negli elementi decorativi delle architetture religiose, che probabilmente si rifà all’antichissimo culto delle teste mozze. Queste sculture decoravano la primitiva chiesa romanica del XII secolo e furono inserite anche nelle successive ricostruzioni della chiesa parrocchiale, intitolata a Santa Maria Assunta. Nel secolo XV la chiesa venne ampliata con l’aggiunta di due navate laterali che però non presentavano la precedente decorazione romanica, infatti sono prive di archetti ciechi. Nella facciata della chiesa tutti i peducci degli archetti ciechi sono protomi umane; quelle sparse sui muri della chiesa nuova ed altre andate disperse ci assicurano che con ogni probabilità l’intera decorazione era costituita di esse, con poche eccezioni.
Il CAMPANILE di Montecrestese, sorto poco dopo la chiesa romanica, quindi nel secolo XII, fu costruito proprio sulla cima di una roccia di serizzo (o sarizzo) a poca distanza dalla chiesa, ma ha una singolare prerogativa: quello che vediamo oggi ergersi è l’involucro esterno aggiunto nei secoli XVI e XVII al campanile romanico che non fu distrutto, ma conservato all’interno fino all’altezza dell’antica cella campanaria. La scala in sasso che porta alla sommità del nuovo campanile si sviluppa tra le mura interne di questo e quelle esterne del campanile romanico a cui si appoggia.
Negli Atti di Visita pastorale del 1582 si accenna anche al campanile che in quell’epoca non era già più quello romanico. La data di ricostruzione non è nota, ma si presume che, per l’analogia costruttiva che esso presenta con altre costruzioni del genere come i campanili di Crodo, di Baceno e di Craveggia, esso sia opera di maestri muratori valsesiani che lo realizzarono nei primi decenni del secolo XVI. Man mano che il nuovo campanile andava innalzandosi attorno all’antico, questo rimase in funzione fino a quando dalla cella campanaria inferiore le campane furono installate in quella superiore. La cella campanaria venne inizialmente portata a livello dei grandi finestroni ad arco acuto che si trovano al di sotto del primo cordolo. Fino a questa altezza la muratura e in particolare il paramento esterno mostra una notevole e bella uniformità nelle misure dei blocchi di serizzo squadrato, nella regolarità dei corsi e per il fatto che ogni blocco presenta al centro della faccia esterna un piccolo incavo che, pur avendo anche una spiegazione tecnica circa il modo con cui veniva issato al livello d’opera, crea nell’insieme un elemento decorativo che invece non troviamo al di sopra di questa altezza. In seguito, l’innalzamento del campanile fu ripreso con la costruzione del tratto che porta fino alla cimasa della cella campanaria attuale. La data 1603 scolpita su un massello marmoreo che fa da chiave dell’arco posto ad oriente ci dice l’epoca in cui questa aggiunta fu fatta. Si ebbe cura in questo innalzamento di mantenere un identico paramento murario così che la costruzione presenta una bella omogeneità. Il nuovo campanile ebbe una cella campanaria in volta e per copertura una cuspide di lamiera. La definitiva posa delle campane sulla nuova torre avvenne qualche anno dopo nel 1637, anno in cui furono anche chiuse le finestre ad arco acuto della precedente cella campanaria. Dopo il 1650, la vecchia guglia coperta di lamiera venne tolta e il campanile di Montecrestese ebbe la forma attuale con l’attuale cuspide. Attorno all’anno 1700 il campanile fu dotato di un orologio privo di quadrante e semplicemente collegato con la campana maggiore per mezzo della quale dava il segnale orario Questo orologio durò fino al 1878, allorché venne sostituito da altro più moderno.
Descrizione del sito:
L’ANTICO CAMPANILE è una robusta torre con base quadrata di circa 4 m per lato e che si eleva di circa 24 m. Oltre il pian terreno, al quale si poteva accedere mediante una porta posta ad oriente, si riscontrano altri sei piani, nell’ultimo dei quali era la cella campanaria, raggiungibile mediante un sistema di scale di legno. Ogni piano è segnato esteriormente da una specchiatura con leggera risega terminante con quattro archetti ciechi costruiti con piccoli conci. Le aperture si aprono dal basso verso l’alto in crescendo: una finestra a feritoia su ogni lato nel primo piano, una monofora più ampia nel secondo, una bifora con colonnina e capitello a stampella nel terzo, mentre il quarto, quinto e sesto piano si alleggeriscono con trifore. La costruzione è molto solida. Il paramento esterno è in pietra a vista con corsi paralleli e regolari, connessi con buona malta. Tutta la costruzione è fatta di blocchi di discrete dimensioni ben legati da impasto cementizio.
Informazioni:
Parrocchia, tel. 0324 35113
Links:
http://www.comune.montecrestese.vb.it/ComSchedaTem.asp?Id=19050
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Montecrestese_parrocchiale.jpg
Bibliografia:
BERTAMINI T., Storia di Montecrestese, Edizioni Oscellana, Domodossola VB, 1991
Fonti:
Notizie e fotografie tratte dai siti sopra indicati.
Data compilazione scheda:
13/01/2008 – aggiornamento febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Mergozzo (VB) : Civico Museo Archeologico (Antiquarium)
Storia del Museo:
Una piccola mostra di materiale archeologico del territorio di Mergozzo, allestita nell’estate del 1969, fu motivo di incontro per un gruppo di appassionati delle più antiche testimonianze storiche del paese.
Si costituì così, sotto forma di comitato, il Gruppo Archeologico di Mergozzo (G.A.M.) che, nell’antica Casa del Predicatore concessa dalla Parrocchia, cominciò a raccogliere in custodia conservativa il materiale archeologico che fu possibile reperire presso vari privati che ne erano in possesso o emerso dagli scavi condotti negli anni a Mergozzo ed in altre località provinciali. Divenuta inadeguata la sede originaria, grazie all’intervento del Comune di Mergozzo e della Regione Piemonte, con il coordinamento della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Piemonte, a partire dal 2003 i materiali sono stati trasferiti in una nuova e più moderna sede, rispondente agli attuali criteri di sicurezza ed accessibilità, inaugurata nel settembre 2004.
Descrizione del materiale esposto:
Il museo è articolato in due sezioni, una dedicata alla tradizione della lavorazione della pietra, una a carattere archeologico. Al primo piano la sezione “della pietra” ospita strumenti ed attrezzi del lavoro tradizionale dei cavatori e degli scalpellini che coltivarono le cave di granito di Montorfano e di marmo di Candoglia; accanto agli attrezzi sono esposti alcuni manufatti in pietra da contesti archeologici: epigrafi preromane e romane, opere medievali dal sito di Montorfano.
Tra le testimonianze “di pietra” si segnalano quattro grandi steli funeriarie in pietra da Brisino (Stresa) che conservano i nomi dei defunti trascritti nel locale alfabeto leponzio (I secolo a.C.).
Al secondo piano il percorso si articola in due sale, proponendo reperti archeologici ordinati secondo criteri cronologici. I reperti più antichi risalgono alla fine dell’età della pietra ed all’età del bronzo: si tratta per lo più di industria litica proveniente da Mergozzo, accanto al famoso pugnale in bronzo dell’Arbola e a materiali da altre località (Baceno, Cireggio, Grassona di Cesara).
I reperti archeologici individuati sui terrazzamenti sovrastanti Mergozzo ed il lago dimostrano come l’uomo si sia insediato in queste zone almeno 5000 anni or sono. I ritrovamenti costituiti per la maggior parte da attrezzi in selce e frammenti ceramici risalenti ad un periodo comprendente il III ed il II millennio a. C. fanno pensare a capanne di legno e paglia, per un esiguo numero di abitatori dediti alla caccia, alla pesca e successivamente ad un’arcaica forma di agricoltura.
Tra questi materiali si segnalano per l’interesse documentario le asce da combattimento in pietra da Baceno e da Mergozzo risalenti al terzo millennio avanti Cristo.
La tarda età del ferro è invece rappresentata dai corredi della necropoli di Carcegna (I secolo a.C.) e da una spada celtica con fodero da Mozzio di Crodo, testimonianze della locale popolazione leponzia, dedita alla pastorizia, alla caccia, alla guerra ed aperta ai contatti commerciali con il mondo romano e transalpino.
Grazie alla sua posizione quale luogo di transito Mergozzo assunse decisiva importanza in epoca romana.
Una seconda sala illustra questo periodo, attraverso i materiali dai numerosi scavi effettuati in questa località, che consentono di cogliere sia i costumi funerari (due necropoli sono state riportate alla luce in località Cappella e Praviaccio, con nuclei tombali attribuibili dal I al III secolo d. C.), che alcuni aspetti della vita quotidiana e delle tecniche produttive antiche, (i resti di una fornace per laterizi databile ai primi secoli dell’Impero e le fondazioni di un edificio sono state rinvenute in località Robianco). Inoltre le vestigia di un grande edificio, un sacello, un’ara dedicata a Giove e varie tombe sono state scoperte in frazione Candoglia.
Accanto ai più comuni oggetti di vita quotidiana, vasellame in ceramica e vetro, ornamenti personali, attrezzi da lavoro, si segnalano alcuni reperti più rari o curiosi, quali le pedine colorate in vetro per il gioco di strategia dei latrunculi, o, ancora, uno stilo scrittorio in ferro.
In particolare provenienti dalla necropoli alla “Cappella”, scoperta da Egisto Calloni nel 1898, sono esposti i corredi completi di sei tombe, rinvenute nel 1970, comprendenti due olpi, una lucerna, varie monete e altri oggetti che concorrono a datare la necropoli al I e II secolo d.C.
Della necropoli in località “Praviaccio” sono esposti i corredi completi di sette tombe. Il materiale comprende ceramica di imitazione campana, coppette in terra cinerognola a pareti sottili, olpi di forme e dimensioni differenti, lucerne, fusaiole, balsamari in vetro, fibule in bronzo e in ferro, punte di lancia, un’ascia, anelli e numerose monete di bronzo (I – III sec. d.C.)
Chiudono il percorso i reperti delle tombe tardo antiche (IV-V secolo d.C.) di Carcegna e quelli altomedievali di san Giovanni in Montorfano, aprendo uno sguardo sulla fine del mondo antico e la Cristianizzazione del territorio. Nei costumi funerari si osserva il ritorno del rito inumatorio con la deposizione nelle sepolture di corredi comprendenti gruzzoli di diverse decine di monete. I reperti dall’area di San Giovanni in Montorfano rivelano invece l’impianto di una delle prime chiese cristiane con annesso battistero (VI secolo d.C.).
Informazioni:
Telefono: 0323 670731 email: museomergozzo@tiscali.it
Links:
ttp://www.comune.torino.it/museiscuola/propostemusei/pie/vb/civico-museo-archeologico-mergozzo.shtml
http://www.comune.mergozzo.vb.it/ComSchedaTem.asp?Id=6885
Catalogo e materiale illustrativo
Gruppo Archeologico Mergozzo . La preistoria dell’arte, 1977
Gruppo Archeologico Mergozzo . Ossola di pietra nei secoli, 1978
Maulini Colomo F.; Ferro Bianco B.,Questi sono gli statuti del Comune e degli uomini di Mergozzo anno 1378, 1978
Gruppo Archeologico Mergozzo. Li molini e edificij d’acque d’Ossola e terre vicine , 1982
Gruppo Archeologico Mergozzo . Quando arriva la ghisa , 1985
Galloni E. Le colonne di granito di Montorfano della Basilica di San Paolo fuori le mura , 1988
Gruppo Archeologico Mergozzo. I di d’la festa, osservanza e trasgressione nel rituale festivo , 1990
De Giuli Alberto . Plebs Margotij , 1992
Caramella P. De Giuli A. Archeologia dell’alto novarese , 1993
Gruppo Archeologico Mergozzo Domina et Madonna. La figura femminile tra Ossola e lago Maggiore dall’antichità all’ottocento, 1997
Gruppo Archeologico Mergozzo Storia di Mergozzo , 2003
GRUPPO ARCHEOLOGICO MERGOZZO, 1985, Quando arriva la ghisa GALLONI E., 1988, Le colonne di granito di Montorfano della Basilica di San Paolo fuori le mura GRUPPO ARCHEOLOGICO MERGOZZO, 1990, I di d’la festa, osservanza e trasgressione nel rituale festivo DE GIULI A., 1992, Plebs Margotij
CARAMELLA P., DE GIULI A., 1993, Archeologia dell’alto novarese
GRUPPO ARCHEOLOGICO MERGOZZO, 1997, Domina et Madonna. La figura femminile tra Ossola e lago Maggiore dall’antichità all’Ottocento
GRUPPO ARCHEOLOGICO MERGOZZO, 2003, Storia di Mergozzo
Produzione editoriale:
L’editore “Antiquarium Mergozzo” fa capo al Gruppo Archeologico Mergozzo (G.A.M.), associazione per la ricerca e conservazione dei reperti archeologici e valori artistici, storici e bibliografici di Mergozzo. Il G.A.M. opera senza compenso alcuno, con impegno e costanza, in un discorso culturale che ha trasformato un’iniziativa volontaristica in un’attività responsabilizzata e riconosciuta, volta alla ricerca storica e archeologica e allo studio, valorizzazione e tutela di tutto quanto può costituire il patrimonio artistico e storico di Mergozzo, in particolare e piu in generale del Verbano-Cusio e Ossola. Negli anni della propria attività il G.A.M. ha effettuato scavi archeologici, ha allestito mostre documentarie ed ha pubblicato raccolte di studi su temi specifici, fornendo occasione per nuove attività di ricerca e per una attenta cura del patrimonio culturale locale.
Fonti:
Testo e foto tratti nel 2004 dal sito internet www.mergozzo.it, ora chiuso, e da “Il Piemonte degli scavi – siti e musei di antichità”.
Altre info negli allegati reperibili nelle pagine dei siti sopra indicati.
Data compilazione scheda:
22 maggio 2004 – aggiornamento 2010 e febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese
Mergozzo (VB) : Chiese di San Graziano a Candoglia e di Santa Maria a Bracchio

Storia e descrizione del sito:
CHIESA DI SAN GRAZIANO
L’edificio religioso, datato alla seconda metà del secolo XI, in frazione CANDOGLIA, è immerso nel verde ai piedi della montagna dove campeggia la grande cava di marmo rosa con cui venne costruito il Duomo di Milano.
La facciata a capanna è qualificata da due arconi ciechi, stretti, lunghi e poco profondi, ai lati del portale, che si presenta sormontato da un archivolto formato da irregolari conci trapezoidali di marmo rosa. Il gradevole campanile a vela che si alza sul margine sinistro è di epoca posteriore rispetto all’edificazione dell’oratorio romanico.
La muratura esterna è formata da materiale povero e frammentario, con masselli di reimpiego disposti a casaccio. Le pareti laterali sono divise in tre campi da quattro lesene abbastanza larghe, mentre la struttura absidale viene ripartita in cinque campiture. Anche gli archetti pensili che corrono nell’abside e nelle pareti laterali denotano una fattura povera e modesta. Attualmente sono stati discutibilmente consolidati da spessi strati di cemento. Anche le monofore nell’abside sono state alterate e vi sono solo le due finestre rettangolari seicentesche nella parete meridionale.
CHIESA DI SANTA MARIA DELLA NATIVITÀ E SANT’ANNA
La chiesa romanica, ora inglobata nella zona cimiteriale della frazione BRACCHIO, fu edificata nella prima metà del secolo XI secondo i dettami del più tipico stile romanico alpino, con l’unica navata rettangolare conclusa dall’abside semicircolare. L’edificio è stato ampliato nel 1550 con l’aggiunta della parte anteriore e col rifacimento della facciata. Nel 1597 la chiesa è descritta “tecto tabulato et apto pavimento”, con due navate, la maggiore conclusa da abside circolare ed una minore con altare nuovo. Il campanile in “capite navis minori” era collegato alla Chiesa tramite una porta. Nel XVII secolo fu costruita l’attuale volta in muratura e nel secolo successivo fu aggiunto il protiro. Originariamente la Chiesa aveva una navata con abside, che conserva ancora l’originario coronamento ad archetti poggianti su beccatelli raffiguranti testine antropomorfe, che non ci sono nel corpo allungato del XVI secolo.
I blocchi di pietra della muratura dei fianchi dell’edificio appaiono squadrati in maniera abbastanza sommaria e talvolta intervallati da mattoni, il tutto giunto da spesse coltri di malta; i corsi sono sufficientemente regolari, disposti di piatto e di taglio. Attualmente la parete si osserva consolidata e riordinata dai restauri ottocenteschi. Brutte finestre rettangolari hanno sostituito nel tempo le monofore strombate, il cui profilo si intravvede ancora nella muratura dell’abside. Questa si presenta divisa in tre campiture coronate ciascuna da quattro archetti, che ripetono gli stessi moduli stilistici della fiancata meridionale, salvo la presenza di cocci di cotto alla base degli archetti e negli archivolti delle aperture. Alcune iscrizioni marmoree di carattere funerario attualmente ne caricano la superficie.
Il campanile ha quattro ordini di specchiature, coronate da una coppia di archi. Nei primi tre piani le aperture sono state malamente murate e brutalmente intonacate nel 1861; aperta si conserva la bella bifora terminale con la colonnina cilindrica, il capitello a stampella e la coronatura a ghiera.
Descrizione dei ritrovamenti:
L’abitato della frazione CANDOGLIA ha origini antiche, testimoniate da un grande edificio di epoca romana imperiale e da un sacello con ara dedicata a Giove, recante l’iscrizione “IS DEI IOVI AEDEM”, scoperti nelle vicinanze dell’oratorio romanico dedicato a San Graziano.
Nel 1968 fu eseguito uno scavo nel sagrato che mise in luce un edificio a pianta rettangolare dalle dimensioni interne di metri 20 x 11, diviso in vari ambienti, distrutto da un incendio non più tardi della prima metà del IV sec. d.C. Tale edificio oggi non è più visibile; i materiali ed i disegni relativi allo scavo sono conservati presso l’Antiquarium di Mergozzo.
Informazioni:
Chiesa di San Graziano: in frazione Candoglia, Via S. Graziano
Chiesa di Santa Maria della Natività e Sant’Anna: in frazione Bracchio, nel cimitero
Link:
http://www.comunedimergozzo.it/
Bibliografia:
Le due chiese sono trattate in: “OSCELLANA”, anno XXXVIII n° 2 Luglio-Settembre 2008 (reperibile anche sul web)
Fonti:
Notizie e fotografie dal testo citato e dal sito del Comune.
Data compilazione scheda:
7 dicembre 2011 – aggiornamento febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese


Mergozzo (VB) : Chiesa di Santa Marta
Storia del sito:
Si trova a poche decine di metri dalla Parrocchiale romanica di Santa Maria Assunta, che fu ricostruita totalmente nel Seicento. La chiesetta-oratorio di Santa Marta ha mantenuto molte caratteristiche della costruzione che risale al XII secolo. In origine era dedicata ai Santi Quirico e Giulitta, martirizzati nel 305, una delle poche chiese con questo titolo reperibili nella zona, e tutte di antichissima origine; infatti fu edificata come rifugio-cappella per i viandanti e i pellegrini dei quali i due santi erano considerati i patroni.
Nel 1603 il Vescovo di Novara Carlo Bascapé la assegnò alla Confraternita di Santa Marta da cui deriva la denominazione odierna. Nel XVI secolo, accanto al lato nord della chiesa, venne affiancato un piccolo ospizio per i pellegrini. Alla fine del medesimo secolo la volta interna della chiesa si presentava ancora a capriate ma un secolo più tardi venne realizzata la volta a botte ancor oggi visibile. Nel 1729 fu innalzato il piccolo campanile a vela e murate le tre monofore dell’abside che verranno riaperte solo nei lavori di restauro nel 1932; nello stesso anno venne anche murata la finestra aperta dalla Confraternita per illuminare l’interno della chiesa e ripristinata l’originale monofora a doppia strombatura. Nel 1807 furono emanate leggi dello Stato che abolirono tutte le confraternite e così anche quella di Santa Marta sparì definitivamente intorno al 1830.
Descrizione del sito:
L’edificio conserva lo stile romanico, massiccio e sobrio, con pochi elementi decorativi. La pianta è a navata unica centrale di forma rettangolare con abside semicircolare. La muratura è realizzata in conci di serizzo ben squadrati mentre il tetto è in beole. La facciata ha un semplice portale sormontato da un architrave di granito, da un archivolto con blocchi trapezoidali disposti a raggiera e la tipica finestra cruciforme. La piccola lunetta del portale ospita un affresco seicentesco rappresentante la Santa. Il timpano viene segnato da blocchi sporgenti e dalla cornice sguanciata che segue ed unisce gli spioventi del tetto. Una diversa attenzione decorativa caratterizza le due fiancate: quella che guarda a settentrione è priva di aperture, ha una lesena, che la divide in due ampie campiture e la cornice di archetti. La parete sud mostra invece una qualità artistica elevata; divisa da lesene formate da blocchi di pietra, è segnata superiormente dalla fuga di archetti che poggiano su mensoline di granito o di serizzo, scolpite con semplici figure antropomorfe o con elementari stilizzazioni geometriche. Anche il bel portale, situato verso l’angolo con la facciata e preceduto da tre gradini a causa del dislivello del terreno, si presenta strombato e con piccole colonne con capitelli ornati da sculture ormai poco leggibili su cui si poggia un archivolto con conci ben squadrati e disposti a raggiera. Da notare la bella ghiera toroidale, nella parte più interna sotto l’archivolto.
L’abside è tripartito da due lesene semicircolari poggianti su una zoccolatura ed è abbellito da dodici archetti ben sagomati e spartiti in gruppi di quattro. La muratura è di ottima qualità, con i blocchi di pietra squadrati in maniera impeccabile, e organizzati in corsi regolari di piatto e di taglio da maestranze di sicura esperienza. Apprezzabili anche gli archetti ricavati da un solo concio e le rudimentali testine di forma umana che sono scolpite sui beccatelli.
Informazioni:
Parrocchia tel. 0323 80253
Link:
http://www.comunedimergozzo.it/
Bibliografia:
“OSCELLANA”, anno XXXVIII n° 2 Luglio-Settembre 2008 (reperibile anche sul web)
Fonti:
Notizie e fotografie dal testo citato e dal sito del Comune.
Data compilazione scheda:
7 dicembre 2011 – aggiornamento febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Mergozzo – Montorfano (VB) : Chiesa di San Giovanni Battista
Storia del sito:
L’area su cui sorge la chiesa di S. Giovanni è stata interessata da una campagna di scavi e restauri durata dal 1970 al 1984, durante la quale sono state riportate alla luce nell’area esterna adiacente al fianco sud le fondamenta, tuttora visibili, di una chiesa romanica triabsidata databile tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo, nonché numerose tombe medievali, i resti di un altro edificio e reperti di epoca romana ed imperiale. Il luogo è citato per la prima volta in una pergamena dell’885, anno in cui Reginaldo da Pombia, arcidiacono della chiesa di Novara, dona un oliveto di sua proprietà, sito in loco et fundo muregocio vicino alla terra sancti Iohannis. All’interno della chiesa le ricerche hanno poi portato all’individuazione di strutture preesistenti all’edificio romanico e più precisamente di un battistero paleocristiano ad aula rettangolare con abside decorata e dotato di fonte ottagonale all’esterno e circolare all’interno. Vasca battesimale che subì modifiche nel corso dei secoli in relazione all’evoluzione del rito stesso, ossia al momento in cui si passò dall’immersione totale a quella parziale degli adulti e poi totale o parziale dei bambini. Su tali basi gli studiosi propongono una datazione del complesso battesimale più antica (V-VI secolo), confermata anche dai resti di decorazione rinvenuti nell’abside del battistero. Si può supporre che la chiesa più antica e il battistero fossero la primitiva pieve di Mergozzo, posta sotto la protezione del castello ora scomparso. La chiesa attuale può ritenersi edificata alla fine dell’XI secolo
Descrizione del sito:
L’edificio ha una pianta a T, con un abside terminale; si stacca quindi dallo schema ad aula come da quello basilicale per adottare un’iconografia insolita.
La muratura è per lo più in pietra chiara non squadrata, disposta su corsi orizzontali: fa eccezione nell’abside dove è più irregolare. La fronte si presenta assai semplice, solcata da un portale ad arco con lunetta priva di decorazione, sopra al quale si apre una lunetta a strombo modanato. Lungo gli spioventi del tetto corre una cornice di archetti realizzati in pietra e cotto alternati, su mensole lisce. Il motivo degli archetti prosegue lungo tutto il perimetro della chiesa, se pure con alcune varianti: nella navata le mensole sono a volte decorate con testine umane e animali o rosette; nell’abside alla serie di archetti si sostituisce una galleria appena abbozzata, che ricorda il motivo dei fornici presente in alcune costruzioni lombarde dell’XI secolo.
Il tiburio ottagonale che si innalza all’incrocio fra la navata e il transetto, ed il fianco meridionale della chiesa presentano invece una serie di archetti intrecciati. Un’altra caratteristica interessante è l’assenza di lesene angolari, sostituite da mensole decorate. Particolarmente curate sono le finestre ad arco dalla strombatura profonda e modanata; più alte e strette quelle del fianco meridionale, più proporzionate quelle dell’abside e del lato orientale del transetto.
L’interno presenta volte a crociera con costoloni ben in vista; all’incrocio fra nave e transetto si innalza il tiburio a volta ottagonale a spicchi su pennacchi. La navata è divisa in due campane da lesene con addossate delle semicolonne; sugli spigoli delle lesene si impostano i costoloni, mentre le semicolonne reggono gli archi trasversali. Di notevole presenza, perché anomala nell’architettura romanica dell’Italia settentrionale, è l’abbondante presenza di mensole a reggere parti delle volte; ovunque infatti la volta si imposta su uno degli angoli esterni dell’edificio, non poggia su un elemento verticale – pilastro o colonna – che scende fino a terra, ma appunto su mensole incastrate nel muro, che offrono anche una pregevole decorazione scolpita.
Informazioni:
Ai margini dell’abitato di Montorfano, frazione di Mergozzo. Ufficio IAT (info e accoglienza turistica) C.so Roma, 20 – 28802 Mergozzo. Tel. 0323 800929
Links:
http://www.comune.mergozzo.vb.it/ComSchedaTem.asp?Id=2860
Bibliografia:
CHIERICI S., CITI D., 1994, Italia Romanica. La Val d’Aosta, la Liguria, il Piemonte
PEJRANI BARICCO L. 1982 e 1983, Mergozzo, Chiesa di S. Giovanni in Montorfano, in «Quaderni della Soprintendenza archeologica del Piemonte», n. 1, pp. 171-173 e n. 2, pp. 171-172
PEJRANI BARICCO L., 1984, Montofano di Mergozzo, Chiesa di S. Giovanni, in BIANCOLINI D. (a cura di), Problemi di tutela e conservazione nel novarese, Borgomanero, pp. 67-89
ROMANO G., 1984, Montorfano di Mergozzo, in Problemi di tutela, pp. 79-81 (per gli affreschi della fase paleocristiana del V-VI secolo)
“OSCELLANA”, anno XXXVIII n° 2 Luglio-Settembre 2008 (reperibile anche sul web)
Fonti:
Immagini dal sito del Comune; ultima in basso da “Oscellana”.
Data compilazione scheda:
22 maggio 2004 – aggiornamento 2011 e febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese