Provincia di Cuneo

Costigliole saluzzo (CN) : Villa rustica romana

Descrizione del sito e dei ritrovamenti:
Dal 2003 al 2010 l’Università di Torino ha condotto regolari campagne di scavo volte a mettere in luce l’antico sito romano: un insediamento di notevole importanza, che si sviluppò a partire dall’età augustea fino al V secolo dopo Cristo.
Il sito è ubicato in posizione strategica, all’incontro tra lo sbocco in pianura della Val Varaita e l’importante direttrice pedemontana che passava, tra le altre località, per Forum Germa (Caraglio) e Pedona (Borgo San Dalmazzo).
Le varie emergenze sinora poste in luce rivelano un’occupazione molto estesa e fitta, per una superficie pari a quasi 4000 mq. L’area indagata in modo sistematico si estende per oltre 2000 mq; al suo interno si segnala un vasto complesso che ha conosciuto diverse fasi nel corso del tempo, a partire dall’età augustea fino al periodo tardo-antico. Esso ospitava apprestamenti e vasche per la pigiatura dell’uva e la raccolta del mosto. L’interesse di questa scoperta risiede nel fatto che si tratta a tutt’oggi del primo impianto per la produzione vinicola rinvenuto nel Piemonte meridionale, tra i meglio conservati in tutta l’Italia settentrionale. L’edificio serviva inoltre allo stoccaggio del vino e forse di altre derrate alimentari. Nel complesso erano presenti anche aree caratterizzate da un maggiore impegno costruttivo, a destinazione residenziale, come dimostra il rinvenimento di un ambiente pavimentato con un raffinato cocciopesto decorato da motivi a croce, realizzati con tessere in pietra bianca e grigia, nonché di un ampio cortile interno pavimentato con un’accurata gettata di pietrisco bianco impreziosita da bande in mosaico a tessere grigie.
L’esplorazione ha inoltre consentito il ritrovamento di numerosi reperti – ceramiche fini da mensa di produzione regionale e di importazione dall’Italia centrale, dalla Gallia e dall’Africa settentrionale; ceramiche per la cottura e la conservazione dei cibi; anfore; utensili in metallo; piccoli contenitori in vetro; laterizi; vasi in pietra; lucerne ecc. – che contribuiscono a ricostruire le attività quotidiane e la rete dei rapporti commerciali in cui era inserito il sito romano di Costigliole.
Tra le più interessanti scoperte nel principale edificio: ambienti residenziali e adibiti allo stoccaggio delle derrate agricole e una vasta sala che ha rivelato la presenza di due profonde vasche gemelle, decorate con modanature e accuratamente rivestite di malta, che rappresentano a tuttoggi un ritrovamento unico nell’edilizia privata di età romana nella nostra regione.

Presso il corso del torrente Varaita sono stati trovati materiali dell’età del Ferro: (VI- V secolo a.C.) relativi a un villaggio ligure. Sulla collina del castello tracce di un abitato utilizzato sino al II secolo a.C.d est
Informazioni:
Ad delle scuole. Info Comune tel. 0175 230121

Links:
http://www.comune.costigliolesaluzzo.cn.it/

http://www.targatocn.it/

https://iris.unito.it/handle/2318/125756#.XsOS32hLgsU

Bibliografia:
BARRA BAGNASCO M., Nuovi documenti romani nel Cuneese occidentale: Costigliole Saluzzo, in Studi di Archeologia in memoria di Liliana Mercando, a cura di M. Sapelli Ragni, Torino 2005
BARRA BAGNASCO M.; Elia D., Un contributo alla conoscenza della romanizzazione del Piemonte: l’insediamento di Costigliole Saluzzo, in L. Brecciaroli Taborelli (a cura di), Forme e tempi dell’urbanizzazione nella Cisalpina (II secolo a.C.-I secolo d.C.), Atti delle giornate di studio, Torino 4-6 maggio 2006, Firenze 2007
ELIA D.; MEIRANO V., La villa di Costigliole Saluzzo (CN). Contributo alla conoscenza del territorio piemontese in età romana in ORIZZONTI – Rassegna di archeologia, Fabrizio Serra editore, Pisa – Roma, Anno XIII, 2012

Fonti:
Notizie tratte dai siti sopra citati.

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Data compilazione scheda:
20 dicembre 2011 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Cortemilia (CN) : Resti del Castello ed edifici medievali

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Storia del sito:
Tradizionalmente deriva il nome dalla Cohors Aemilia di Marco Emilio Scauro che qui pose gli accampamenti nel 118 a.C., ma l’origine più probabile è da “Curtismilium” da “curtis”, vasta proprietà agricola autosufficiente di epoca altomedievale; infatti, sono stati trovati reperti di epoca romana.
Nel Medioevo, sotto la signoria dei Del Carretto fu un marchesato indipendente sino all’inizio del XIII secolo, epoca cui risale il castello, che fu in gran parte distrutto dagli Spagnoli nel 1635.
Cortemilia, principale centro commerciale dell’alta Langa e della Val Bormida, passò poi al comune di Asti, successivamente ai marchesi di Saluzzo che la diedero in feudo agli Scarampi. Nel 1615 divenne territorio sabaudo.
Cortemilia è costituita da due borghi: San Michele, con il castello, e San Pantaleo, con la Madonna della Pieve (vedi scheda).

Descrizione del sito:
Del castello sono rimasti un lungo tratto di mura, un torrione all’estremità nord-ovest della cinta muraria e una imponente TORRE a pianta circolare, in posizione dominante. È costruita in pietra, del XIII secolo, scandita da sei fasce, con alcune piccole aperture.

Nel Borgo San Michele sono rimasti, pur con modifiche, alcuni edifici medievali: in fondo alla Piazza Molinari, a sinistra, un edificio con bifora ogivale e, a destra, un altro edificio con due portali, l’uno con l’architrave scolpita con un’Annunciazione e l’altro con una Madonna affrescata nella lunetta. In corso Einaudi, i locali dell’ex convento di san Francesco, fondato nel 1213 a ricordo del passaggio del Santo, sono sede di convegni e spettacoli e conservano resti di affreschi gotici.

Informazioni:
I resti del castello si trovano sul colle del borgo San Michele e poco distante, a sud-est, sorge la torre. (Dominano la confluenza del torrente Uzzone col fiume Bormida).  Info Comune, tel. 0173 81027

Torre.

Links:
http://www.comune.cortemilia.cn.it

https://www.centrostudibeppefenoglio.it/it/articolo/9-11-843/arte/architettura/castello-di-cortemilia

http://it.wikipedia.org/wiki/Cortemilia

Bibliografia:
D. ROSTAGNO, Una stele romana scoperta a Cortemilia, Istituto internazionale di studi liguri, Bordighera IM, 1953

Data compilazione scheda:
16/11/2006 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Cortemilia (CN) : Pieve di Santa Maria o Madonna della pieve

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Storia del sito:
Il borgo San Pantaleo è di origine romana e conserva edifici medievali.
L’antica Pieve di Santa Maria è una chiesa di origine romanica, risalente al secolo XI e parzialmente riedificata nel XIII; nel 1213 vi soggiornò, secondo la tradizione, San Francesco, in transito sulla strada che univa Savona ad Asti, la Via Magistra Langarum.
L’edificio fu restaurato nel 1942.

Descrizione del sito:
In facciata si trova una pregevole bifora di epoca gotica, della stessa epoca è la decorazione ad archetti pensili ad arco acuto che ornano l’abside costruita in pietra arenaria locale.
Il campanile conserva la primitiva struttura romanica: è una torre a pianta quadrata con archetti marcapiano e monofore.
L’interno della Pieve è a navata unica; vi è conservato un bassorilievo in pietra arenaria, appartenente ad un ciborio di altare, databile tra il VII e il IX secolo, raffigurante la Gloria della Vergine.

Informazioni:
Nel Borgo San Pantaleo, a un chilometro dall’abitato, lungo la strada per Serole.  Parrocchia tel. 0173 81081

Links:
http://www.comune.cortemilia.cn.it

http://www.langamedievale.it/monumenti-medievali-langhe/pieve-di-s-maria/

Fonti:
Foto in alto tratta nel 2014 dal sito, non più esisitente nel 2020:http://foto.provincia.cuneo.it.
Fotografie in basso da www.mappeliguria.com

Data compilazione scheda:
16/11/2006 – aggiornam. luglio 2014 – maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Cherasco (CN) : Museo Civico G.B. Adriani

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Storia del Museo:
La fondazione del Museo risale al 1898, basato per la maggior parte sulle raccolte dell’ecclesiastico Giovan Battista Adriani, storico presso i Savoia, nato a Cherasco nel 1823.

Descrizione delle collezioni:
I beni culturali conservati comprendono tutto ciò che un erudito dell’ottocento riteneva fosse necessario conservare e documentare. Fra i reperti archeologici si possono trovare alcuni reperti dell’epoca del Bronzo, e una raccolta di reperti romani provenienti sia dalle aree di Bene Vagienna e di Pollenzo, sia dal territorio di Cherasco, che indica un’area ricca e non indagata.
Fra i materiali esposti possiamo trovare materiale ceramico, lucerne dal primo al tardo Impero, laterizi, vetri, due esempi di epigrafi riutilizzate su entrambi i lati, e oggetti d’importazione frutto di acquisizioni dell’Adriani. È esposta anche una collezione di sigilli di personaggi illustri ed enti, un ricco medagliere che copre un periodo compreso fra quattrocento e settecento, scritti e lettere. É presente inoltre una collezione di quadri (di ispirazione religiosa, ritratti sabaudi, acqueforti, litografie e tempere).
Sono conservati anche alcuni mobili che non sono stati depredati o perduti fra il dominio francese e il periodo fascista.

Descrizione del materiale esposto:
Le collezioni trovano posto nel seicentesco palazzo Gotti di Saleranno, fra stanze ricche di affreschi ben conservati. Le raccolte sono divise in otto sale, e sono distinte per tipo. Nella prima sala sono custodite le raccolte delle medaglie e dei sigilli, insieme a scritti e lettere, alcune armi da fuoco e vari oggetti antichi. Nelle restanti sale si trovano i quadri e le altre opere, insieme ai mobili. In due sale è conservato il materiale archeologico.

Informazioni:
Comune tel. 0172 427050

Link:
http://www.comune.cherasco.cn.it/index.php/musei

Bibliografia:
TARICCO B., Il Museo Civico Giovan Battista Adriani di Cherasco, Museo Civico G. B. Arianio, Cherasco CN 1992

Fonti:
Fotografia tratta nel 2014 dal sito www.cuneobikehotels.it.

Data compilazione scheda:
4 settembre 2004 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Gianfranco Bongioanni – G. A. Torinese

Cherasco (CN) : Chiesa di San Pietro

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Storia del sito:
La storia di Cherasco ha inizio nell’autunno del 1243 quando il marchese Manfredi Lancia, vicario imperiale, e Sarlo di Drua, podestà di Alba, ordinano la costruzione della città sul terrazzo alluvionale, alla confluenza fra la Stura ed il Tanaro, Nata a poca distanza dall’insediamento di un borgo romano, forse di origine ligure, chiamato Clarascum, Cherasco resta un modello esemplare di borgo medievale fortificato con la maglia regolare di strade ortogonali chiusa da una cortina muraria interrotta da quattro porte, alle estremità delle due strade principali. Rivelatasi presto un’importante piazzaforte militare, si staccò dalla dipendenza di Alba (sul frontone della porta di S. Martino campeggiava la scritta “Clarasci portae sunt Albae viribus ortae”); nel 1259 i cittadini cheraschesi si diedero a Carlo d’Angiò acquisendo una propria personalità giuridica e indipendenza dal comune di Alba. Nel 1277 entrò a far parte della Lega antiangioina insieme con Alba, Asti e Chieri ribadendo ancora la sua condizione di comune libero ed indipendente. Tale indipendenza ebbe termine già nel 1303 quando la città passò ancora una volta agli Angioini, che la tennero fino al 1347. Sconfitti da Amedeo VI di Savoia, la città passò al vincitore. Nel 1348 Luchino Visconti, duca di Milano, impadronitosi di Asti ed Alba, assediò Cherasco e la occupò. Per migliorare le già munite strutture difensive vi fece costruire il castello. Nel 1388 la città fu costituita in dote per Valentina, figlia di Gian Galeazzo Visconti, che andava in sposa nel 1387 a Luigi d’Orleans, fratello del re di Francia Carlo VII. Con il trattato di Cambrai del 1529 che poneva termine alle lotte tra Francesco I e Carlo V, Cherasco ritornò ai Savoia, ma la pace fu di breve durata. Contesa tra Francesi e Spagnoli subì assedi ed occupazioni, finché, con il trattato di Cateau-Cambresis del 1559, tornò definitivamente ai Savoia, che per tre secoli ne fecero la loro capitale diplomatica e la abbellirono di chiese e palazzi e di una nuova cinta di mura (Ascanio Vitozzi). Essendo immune dalla terribile pestilenza del 1630 l’anno successivo vi si radunarono a congresso i plenipotenziari di Austria, Francia, Spagna, Monferrato, e di Mantova con l’intervento del cardinale Mazzarino e di Vittorio Amedeo I e vi fu conclusa dopo cinque mesi la pace, detta appunto di Cherasco, che poneva termine alla guerra per la successione di Mantova e del Monferrato e con la quale il duca di Savoia, ottenne alcune terre del Monferrato. Assediata e occupata dal generale Massena, il 28 aprile 1796, nel palazzo Salmatoris, fu firmato l’armistizio fra la Francia e lo sconfitto Vittorio Amedeo III che dovette cedere Nizza, la Savoia e varie piazzeforti piemontesi, impegnandosi a rompere l’alleanza con l’Austria. Occupata Cherasco Napoleone fece demolire la metà esterna del castello e tutti i bastioni che la circondavano, sostituendoli con i viali che racchiudono il centro storico.

Descrizione del sito:
È la chiesa primaziale della città, costruita nello stesso periodo della fondazione della villanova (1243), da coloro che ivi si inurbavano dopo la distruzione del castello di Manzano (vallata del Tanaro) e delle strutture anche religiose che lo circondavano. A Manzano fu demolita la vecchia chiesa di San Pietro e i materiali più antichi e preziosi furono trasferiti sulla nuova facciata. Così la chiesa databile al secolo XIII come fondazione presenta inserti più antichi, come i marmi risalenti a necropoli o a fabbricati di età romana provenienti da Pollenzo o da ritrovamenti Cheraschesi o come una parte delle sculture lapidee databili al IX-X secolo. La facciata fu più volte rimaneggiata nei secoli sulla base delle esigenze del culto. Così fu chiuso il grande arcone centrale per addossare in controfacciata l’organo, e per esigenze di illuminazione e di afflusso/deflusso furono aperti i due portali laterali con le soprastanti finestre. Nel ‘700 furono sfondati i muri perimetrali, sulla via della Pace da una parte e sul giardino-cimitero dall’altra per ricavare una serie di cappelle laterali. Notevoli sulla facciata sono le iscrizioni romane.
In alto nelle piccole nicchie fa bella mostra di sé una sorta di gallerie di testine rappresentanti divinità o personaggi romani di vario gusto, spesso con chiare influenze orientaleggianti. A dare sobria decorazione alla facciata compaiono scodelle monocrome di cotto dipinto a ramina e invetriate sul tipo di quelle di S. Antonio di Ranverso, seppur meno vivaci nei colori. Si notino anche le sculture lapidee altomedievali del portale e delle fasce decorative o ancora i resti delle arenarie rappresentanti animali o simboli ricorrenti nella scultura romanica.
Negli archetti della galleria chiusa nel ‘700 furono affrescati alcuni stemmi di abati-prevosti della chiesa: ancora si intravedono pur in una generale consunzione. Di molto maggior rilievo è invece lo stemma dei Lunelli, di fianco al portale centrale. L’interno è completamente rifatto e tuttavia conserva un prezioso affresco nel campanile (datato 1488) rappresentante una crocifissione e le quattro grandi tele del coro e del presbiterio (opera di Giovanni Taricco, nipote del più celebre Sebastiano e di Giuseppe Ellena, entrambi cheraschesi).

Di età romana, nella facciata sono gli archetti delle logge; le testine marmoree; la fascia con iscrizioni tra cui l’epigrafe da Pollenzo di Gaiellus nauta, un traghettatore del Tanaro secondo la tradizione locale rappresentato con la sua barca (alla base della lesena a destra di chi guarda la facciata) e quella sull’altro lato in cui è individuabile una tabula lusoria, una sorta di scacchiera per un gioco simile al popolare “tela”. Più significativo il frontale del sarcofago di Acutia Sabina, posto sul portale centrale, nella cui figurazione i cheraschesi hanno sempre individuato due angeli (mentre si tratta di due putti che reggono l’iscrizione).

Dal 2004 si può visitare il “giardino dei semplici” realizzato sull’esempio di quelli che durante il Medioevo accompagnavano le comunità monastiche. Circondato da un muro costruito con ciottoli di fiume mescolati a mattoni, il giardino è costituito da quattro aiuole disposte intorno a un percorso a croce. Percorrendo i vialetti lastricati il visitatore ha modo di osservare le diverse tipologie di giardino: da quello tipicamente medievale con l’orto dei semplici, il roseto, il prato fiorito e le piante aromatiche a quello più didattico in cui vengono illustrate le tecniche di coltivazione del passato. Quattro alberi, un melo, un melograno, un nespolo e un agrifoglio, simboleggiano le quattro stagioni e il passare del tempo. Il giardino è inserito fra i “Giardini storici di interesse botanico” riconosciuti dalla Regione Piemonte.

Informazioni:
Via San Pietro. Tel. 0172 489081

Links:
http://cittaecattedrali.it/it/bces/279-chiesa-di-san-pietro

http://it.wikipedia.org/wiki/Cherasco

http://www.ilparcopiubello.it/index.php/park/dettaglio/739

Bibliografia:
Città di Cherasco – Pro Cherasco Scheda 17
MICHELETTO E.; MORO L., San Pietro a Cherasco: studio e restauro della facciata, CELID, Torino 2004

Fonti:
Fotografia in alto da Wikipedia. In basso archivio GAT.

Data compilazione scheda:
11 marzo 2002 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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Cherasco (CN) : Chiese di San Gregorio e di San Martino e altri edifici medievali

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Storia e descrizione dei siti:
CHIESA DI SAN GREGORIO, in via Cavour
La chiesa è stata rifatta nel XVII secolo e recentemente recuperata e utilizzata per mostre, conferenze e concerti. Di particolare interesse è il CAMPANILE romanico-gotico del XIII-XIV secolo, ben conservato, che presenta tre piani di bifore.

CHIESA DI SAN MARTINO
È una delle chiese coeve alla fondazione della città: presentava mattoni a vista e stile gotico, come si è cercato almeno di ricordare nella facciata e nel campanile, quando fu ricostruita nelle forme attuali nel 1881. Tra Sei e Settecento lo stato dell’edificio non lo rendeva agibile, fino al crollo totale del tetto, e solo verso la metà del Settecento fu riparato. Della primitiva costruzione si salvarono parti dei muri perimetrali e quasi tutta la facciata, che fu solo rinforzata e risanata.
La facciata è a doppio spiovente e reca murato in alto un antico bassorilievo raffigurante san Martino; nel fianco sinistro frammento di pluteo longobardo.
L’interno della chiesa presenta tre navate divise da pilastri. Nell’ultima campata a destra un affresco “Cristo alla colonna”. A testimoniare che la chiesa doveva essere affrescata abbastanza diffusamente, secondo le abitudini medievali, ci sono ancora degli affreschi alla base del campanile, piccoli frammenti, spesso decifrabili a stento, se si esclude la Santa che ancora corona la porta.

Sulla destra della piazza Caduti per la Libertà, si erge la TORRE DEL COMUNE del secolo XV, a pianta quadrangolare, recentemente restaurata.
Nella via Vittorio Emanuele, vari palazzi mostrano tracce medievali come le finestre ogivali di PALAZZO LELLIO: la loro costruzione risale agli anni di fondazione della città e, quindi, alla prima metà del XIII secolo. Sulla facciata esterna del PALAZZO CIVICO, recenti restauri hanno riportato alla luce testimonianze architettoniche antiche, come archi ogivali in cotto, trecenteschi, e bordi decorati di finestre posteriori.

Informazioni:
nel centro storico.  Comune tel. 0172 427050

Links:
http://www.comune.cherasco.cn.it/

http://www.academia.edu/953764/Le_chiese_di_Cherasco

Fonti:
Fotografie da Wikipedia e da www.esteticadellacitta.

Data compilazione scheda:
9 dicembre 2011 – aggiorn. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Ceva (CN) : Torre del Broglio e Campanone

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Storia del sito:
Nel XIII secolo venne costruito un nuovo borgo che occupava la collina detta “la Bicocca” nella piana tra il fiume Tanaro e il torrente Cevetta.
La struttura era quella di un ricetto, menzionato ancora nel XV secolo come “receptum castri Ceve”, che nel corso dei secoli venne completamente stravolto; l’unico accesso era un lungo ponte sul Tanaro, formato da due arcate a ovest e due a est, verso l’abitato, e difeso sul secondo pilone a partire dal borgo da una torre detta “del Broglio” o Brolio, perché era antistante l’omonima porta nella cinta del ricetto, ancora perfettamente conservata. Le arcate del ponte a sesto ribassato sono ormai interrate sotto l’attuale piano stradale.
Il ricetto era difeso, nel XIII secolo, da una cinta muraria che dalla porta del Brolio saliva ripidamente e percorreva tutto il ciglio dell’altura sovrastante che si chiamava Solaia. In questo tratto le mura erano terrapienate, vale a dire composte di un terrapieno chiuso fra due muri più alti e merlati: nel mezzo i soldati di guardia potevano camminare.
Qui sorgevano 3 torri: una al centro, rettangolare, dalla quale si dominava tutta la campagna fino ai lontani boschi delle Mollere e di Malpotremo. È l’unica che esiste tuttora, anche se sopraelevata nel XVII o XVIII secolo e trasformata in cella campanaria e per questo detta “il Campanone”.
La seconda torre, più modesta e semicircolare, era a levante e da essa si scorgeva in fondo il torrente Cevetta.
La terza, semicircolare pur essa, alla parte opposta, sovrastava la porta del Brolio. Inoltre, il sistema di difesa era completato da un bastione poderoso, come si può constatare dalle due porticelle che si vedono nei muri laterali della torre superstite, e che venne citato in un atto di vendita del 1607.

Descrizione del sito:
La TORRE DEL BROGLIO, costruita nel 1331, è quasi completamente di muratura in laterizio con alcuni tratti in ciottoli. Chiusa verso l’esterno, è aperta verso il borgo e lascia vedere tre livelli: il primo è coperto da volta a botte sul fornice; il secondo era costituito da un soppalco in legno; il terzo è il coronamento con il passo di guardia circondato da merlatura a coda di rondine (detti “ghibellini”) che aggetta su una serie di mensole tra le quali si aprono caditoie.
Sulla fronte esterna il fornice ogivale, con l’arco di mattoni e gli stipiti in pietra, veniva chiuso con una saracinesca in ferro a ghigliottina.
Tre fasce sovrapposte in cotto compongono un motivo decorativo e un progressivo allargamento delle dimensioni della torre: il più basso è formato da mensole scalari triangolari, il secondo e il terzo da archetti pensili ogivali; le fasce sono separate da un corso di mattoni di spigolo.
Sopra il fornice venne successivamente intonacato un riquadro, murando due feritoie: vi fu affrescato un grande stemma dei Savoia e due stemmi più piccoli, oggi completamente cancellati.

Il CAMPANONE (che era una torre della cinta fortificata del XIII secolo) ha pianta rettangolare con i lati di m. 6,35 e 4,29 ed è alto m. 17. Il lato maggiore è disposto nella direzione delle mura. La muratura è mista in pietrame e laterizi con perfetti spigoli in mattoni, senza aperture, salvo piccole luci per la scala interna. Aveva un coronamento a mensole in pietra che sostenevano il passo di ronda; al di sopra si alzava la merlatura.
La sopraelevazione ha conservato solo le mensole: la cella campanaria è in laterizio aperta da quattro fornici arcuati, smussata agli spigoli. Non è stata completata superiormente ed è stata coperta da un tetto di aspetto provvisorio. Vi è stato installato un orologio.

Informazioni:
La Torre del Broglio (o Brolio) detta anche, nonostante la merlatura, “Torre Guelfa”  è  di fonte a Via Greborio, ormai distante dal fiume.

“Il Campanone” è una torre che si trova tra i ruderi della cinta muraria sull’altipiano della Soraglia o Solaia a sud-ovest dal centro. Comune tel. 0174 721623

Links:
http://www.comune.ceva.cn.it

http://it.wikipedia.org/wiki/Ceva

Bibliografia:
PIOVANO A.; FOGLIATO L.; CIGNA G., 1976, I Castelli, itinerari di poesia, storia, arte nel cuneese di ieri e di oggi, Ediz. Gribaudo, Cavallermaggiore
BERTONE L., 2002, Arte nel Monregalese, L’Artistica Editrice, Savigliano

Fonti:
Immagini da Wikipedia.

Data compilazione scheda:
17/08/2005 – aggiorn. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

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Celle di Macra (CN) : Parrocchiale di S. Giovanni Battista

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Storia del sito:
La parrocchiale di Celle Macra, dedicata a San Giovanni Battista, risale al XIV secolo: viene infatti citata in documenti del 1386.
Fra XVII e XVIII secolo la Parrocchiale è stata quasi completamente riedificata in stile Barocco. Fa eccezione il campanile medievale, che conserva la sua struttura originale con bifore e cuspide piramidale.

Descrizione del sito:
L’interno della chiesa è composto di un’unica navata con volte a vela, un ampio presbiterio e due cappelle laterali, vicino all’ingresso. Sul lato sinistro, appena entrati, si nota il battistero attribuito alla bottega dei fratelli Zabreri mastri scalpellini originari di Pagliero, autori di numerose opere in valle.
Nella cappella di destra si trova la pala del Rosario, risalente al Sei-Settecento; a sinistra si trova invece la tela del Gonin, la quale originariamente fungeva da pala d’altare e ha così nascosto e preservato il vero gioiello di questa chiesa: il prezioso polittico di Hans Clemer, il Maestro d’Elva. Commissionata nel 1496 da Giovanni Forneris di Fiasco, probabilmente il parroco dell’epoca, l’opera composta di cinque tavole è posta in alto sulla parete absidale, tanto che per favorirne l’osservazione è stata appositamente costruita un’altana dietro l’altare maggiore. Sfuggito alle razzie napoleoniche, anche se è giunto a noi senza le cornici polilobate, questo polittico di Hans Clemer è una delle sue poche opere datate. Le cinque tavole sono dipinte a tempera all’uovo, su due registri sovrapposti: nel primo sono raffigurati, a tutta altezza, al centro la Madonna col Bambino che tiene in mano una pera; a destra san Paolo e san Giovanni Evangelista; a sinistra san Pietro e san Giovanni Battista, il quale presenta il committente in preghiera, come era usanza al tempo. Mancano le cornici ad ogiva in legno decorato e dorato che raccordavano le figure; sopra le tracce di queste, inclusi in tondi, sono raffigurati, a sinistra, san Sebastiano e san Michele; al centro l’Annunciazione con l’arcangelo e la Madonna; a destra santa Maria Maddalena e santa Caterina. Nel registro superiore, invece, le figure sono rappresentate a tre quarti: a sinistra troviamo san Lorenzo con la graticola simbolo del martirio, e sant’Antonio abate con bastone, libro e campanella. A destra santo Stefano e san Nicola di Bari con i tre bambini da lui resuscitati. Al centro due angeli sostengono un cerchio, del quale oggi restano solo le tracce dello sfondo, che in origine ospitava una decorazione scolpita, con ogni probabilità raffigurante il monogramma cristologico IHS. Quest’opera appartiene al primo periodo artistico di Hans Clemer: il tratto è ancora acerbo, rispetto al forte plasticismo delle realizzazioni successive. A Celle il Maestro d’Elva è riuscito a fondere le caratteristiche della pittura di area mediterranea provenzale, quali il gusto per l’ornamentazione e la decorazione esaltata dall’oro dello sfondo, con i nuovi influssi dell’arte lombarda e ferrarese, leggibili nell’emergere volumetrico delle figure.
Degno di attenzione anche il tabernacolo, con la sua forma a tempietto poligonale di tipo rinascimentale e i dipinti parietali posti ai lati dell’altare maggiore, realizzati nel Novecento.

Informazioni:
In Borgata Chiesa.   UFFICIO TURISTICO I.A.T. VALLE MAIRA  tel. 0171.917080; e-mail: iatvallemaira@virgilio.it  oppure Comune tel. 0171 999190 oppure Espaci Occitan – Dronero tel. 0171 904075

Link:
http://www.ghironda.com/valmaira/comuni/celle.htm

http://www.comune.celledimacra.cn.it

Fonti:
Testo tratto nel 2004 da schede reperibili in loco realizzate a cura di Espaci Occitan – www.espaci-occitan.it.
Fotografia in alto da Wikipedia; in basso da www.vallemaira.cn.it.

Data compilazione scheda:
20/07/2004 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – G. A. Torinese

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Celle di Macra (CN): Cappella di S. Sebastiano

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Storia del sito:
La cappella votiva fu costruita in occasione di una delle pestilenze che flagellarono la zona nel XV secolo.

Descrizione del sito:
L’edificio in pietra presenta un tetto in lose e un portico sotto il quale era posta la mulattiera che porta alla borgata Chiotto. Anticamente era una chiesa aperta in facciata e solo nel XIX secolo fu tamponato l’ingresso con l’inserimento della porta e la realizzazione di un affresco che rappresenta san Sebastiano e san Rocco.
INTERNO La chiesa, un unico locale con la volta ad ogiva, è stata interamente affrescata da Giovanni Baleison nel 1484. Questo artista operò in Piemonte e Liguria nella seconda metà del Quattrocento: in Valle Maira ha affrescato la cappella di San Sebastiano di Marmora e una casa nella borgata Bassura di Stroppo. Nell’abside semicircolare è rappresentato il martirio di san Sebastiano trafitto da frecce. La verzura cui è legato il santo, l’abbigliamento degli arcieri, lo sfondo nel quale s’intravede il tetto delle case ricordano lo stile fiorentino del XIII secolo. Ai lati sono rappresentati il Papa san Fabiano e san Rocco, invocati a protezione dalla peste. Nei piedritti laterali figurano a sinistra l’Arcangelo Michele intento a pesare le anime dei defunti e a destra il diavolo che portava via i dannati in una gerla. Sotto l’Arcangelo vi è un compasso simbolo d’equilibrio, sotto il diavolo s’intravedono le fauci spalancate di un drago ad indicare l’inferno. Sovrasta la scena l’Eterno racchiuso in una mandorla e sorretto da due angeli. L’altare, in muratura, è uno dei più antichi della provincia e risale al XV secolo. Il paliotto è decorato a motivi floreali: spicca al centro il trigramma di Cristo introdotto nel medioevo da san Bernardino da Siena. Sulla parete sinistra partendo dall’altare si può osservare l’Inferno suddiviso in otto riquadri cui corrispondono altrettanti gironi di peccatori: superbi ed eretici condannati a bruciare in una fornace, gli avari cotti su uno spiedo che è fatto girare dal diavolo Mammona, lussuriosi e corrotti fatti bruciare su grate roventi, invidiosi e maligni torturati da draghi alati che ne straziano il corpo, golosi costretti a mangiare dai diavoli, iracondi infilzati sui rami di un albero, pigri e oziosi immersi in una vasca d’acqua gelida e circondati da murene, traditori tra Lucifero e Giuda (traditori per eccellenza). Sulla parete destra partendo dall’altare si può osservare il Purgatorio, in cui le anime dei defunti sono confortate dagli angeli. Al di sotto del Purgatorio è presente la scritta che permette di attribuire la paternità degli affreschi all’interno della chiesa: MCCCCLXXXIIII DIE XV SEPTEMBRIS HAEC/ CAPELLA COMPLETA FUIT AD HONORE DEI ET GLORIOSE/ VIRGINIS MARIE ATQUE BEATI SEBASTIANI ET OMNIS/ SANCTORS/ EGO IOHANES DE BALEISO/ HABITATO/ DEMONTIS PICSI. A fianco è rappresentata la Città Celeste cinta da alte mura merlate, all’interno i Santi sono in adorazione del Cristo in gloria posto tra la Madonna e san Giovanni: san Pietro sulla scala che porta in Paradiso attende, con le chiavi in mano, le anime dei beati. Vicino alla scala è rappresentato il Limbo: dietro alla grata s’intravedono le anime dei defunti che non conosceranno mai la gioia del Paradiso. Nella parte bassa della parete destra è visibile una sfilata delle virtù teologali semicancellata: Forza, Fede, Temperanza, Fratellanza o Carità, Prudenza, Speranza e Giustizia, impersonate da donne colte in diversi atteggiamenti.

Informazioni:
In Borgata Chiotto, situata a circa un chilometro dalla borgata Chiesa. Info Comune tel. 0171 999190 o Espaci Occitan – Dronero tel. 0171 904075 oppure  UFFICIO TURISTICO I.A.T. VALLE MAIRA  tel. 0171.917080; e-mail: iatvallemaira@virgilio.it

Links:
http://www.comune.celledimacra.cn.it/

http://www.ghironda.com/valmaira/comuni/celle.htm

Fonti:
Testo tratto nel 2004 da schede reperibili in loco realizzate a cura di Espaci Occitan – www. espaci-occitan.it.
Foto in alto da http://www.ghironda.com/valmaira/immagini/cell01.htm; foto in basso da www.vallemaira.cn.it.

Data compilazione scheda:
20 luglio 2004 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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Cavallermaggiore (CN) : Edifici e chiese medievali

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Storia del sito:
Il nome potrebbe significare che era un luogo di allevamento di cavalli. Abitata sin dall’epoca romana (II sec. a.C.), infatti nel 1928 vi è stato un ritrovamento di una tomba romana in regione Trebbietta (I sec. d.C.). Alla fine del X secolo il territorio di Cavallermaggiore venne assegnato dai Marchesi di Torino alle abbazie di Novalesa e di Caramagna. In un documento datato 1028 si parla di “Cavallarium Witberti”, dal nome della famiglia dominatrice, che faceva capo a Witberto, un antenato di Arduino il Glabro, Marchese di Susa. In una bolla di Papa Lucio III (1185) si trova il nome di “Cavallarius Maius” che sarà nettamente distinto da “Cavallerleone” nel 1191. Una bolla di Papa Celestino III, infatti, parla di Cavallario Maiore e Cavallario Leone. Cavallermaggiore divenne territorio di conquista per le mire di diversi signori: nel XII secolo passò a Bonifacio del Vasto, ai Marchesi di Busca, poi ai Signori di Rossana e, infine, al Marchesato di Saluzzo. Nel 1314 vi si insediarono gli Acaja. Durante il XIV secolo venne redatto lo Statuto della cittadina, di cui ancora oggi è conservata una copia in pergamena datata 1392. Dal 1418, il territorio passò ai Savoia e la storia di Cavallermaggiore venne legata alle vicende della casata.

Descrizione del sito:
Il CENTRO STORICO conserva l’impianto urbanistico medievale. Al n° 136 di Via Roma, edificio con bassa torre medioevale (con due serie di falsi archetti marcapiano e monofore. All’interno scala elicoidale in cotto, secolo XIV) e cortile con il lato di fronte con tre logge sovrapposte del XIII secolo e il lato a destra con due logge del XVI secolo. Portale gotico in cotto nell’edificio delle scuole elementari.
A metà della bella e porticata via centrale è il palazzo cinquecentesco della famiglia Garneri, oggi sede del Municipio. Nella sala ex-consiliare del Palazzo rinascimentale (ora sede degli Uffici Demografici) si possono ammirare il soffitto in legno a cassettoni e il camino in bardiglio di Barge. Al centro spicca lo stemma dei Garneri con il motto “A Dieu Servir” datato 1590. Nel cortile loggiato il pozzo proviene dalla Motta San Giovanni. Sulla pietra che chiude il pozzo è scolpito un albero di gelso: è il più antico documento raffigurante queste colture che ci sia giunto. Uscendo sulla via principale si può ammirare la Torre Civica, la cui costruzione iniziò nel 1564 su progetto di Battista Filippi e terminò nel 1581. In altezza misura 28,60 metri, ed è dotata di un orologio e di una cella campanaria tuttora usata per annunciare eventi di vita cittadina. Restaurata nell’anno 2000, ha riportato alla luce le antiche decorazioni di W.L. Salis.

LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA PIEVE, ricostruita in luogo di un edificio medievale risalente alla prima metà dell’XI secolo, venne solennemente benedetta nel 1903. Si è conservato invece il CAMPANILE, che risale al ‘300, di forme gotiche con cuspide ottagonale, che presenta un notevole ciclo di AFFRESCHI (presumibilmente del XIV secolo) con storie di Santo Stefano ed una Crocifissione.

SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE: Inizialmente innalzato dai monaci agostiniani in forme tardo-gotiche (XV secolo), venne ricostruito all’inizio dell’ ‘800 in stile neoclassico. Il Campanile è ancora quello della primitiva chiesa del XIV secolo e presenta bifore e monofore. L’interno della chiesa è a tre navate su pilastri quadrilobati reggenti volte a costoloni. Sul fondo dell’abside semiottagonale si conserva un affresco quattrocentesco della Vergine delle Grazie, oggetto di devozione da parte dei cittadini. Da rimarcare la presenza dell’Immacolata di Jan Claret, pittore fiammingo del ’600 e l’affresco di Giovanangelo Dolce raffigurante San Gerolamo e Paolo eremita.

CAPPELLA DI SAN VITO: è una chiesetta campestre del X-XI secolo, con absidiola con affreschi di santi del ‘300 e ‘400 e nella cella lunette dipinte del ‘500. Da sinistra: san Bernardo e Antonio Abate (fine XV, inizio XVI secolo). Al centro Madonna in Maestà tra san Vito e san Modesto (XVI secolo inoltrato). A destra i santi Sebastiano e Giorgio. Nell’arco trionfale l’Annunciazione. Nelle lunette affreschi di fine XV o inizio XVI: martirio dei tre giovani nella fornace; un santo in piedi e due personaggi inginocchiati. La chiesa, di proprietà privata, necessiterebbe di essere studiata e salvaguardata.

CHIESA DI SAN MICHELE (PARROCCHIALE) edificata nel 1511, contiene dipinti e statue del XVI secolo e un bel crocifisso ligneo del XIII secolo proveniente dalla chiesa di san Pietro.

Nei dintorni, lungo la strada che porta alla chiesa della Madonna del Pilone, sorge il FORTE del MOTTURONE: faceva parte di un castello che risalirebbe al 1275, ripetutamente occupato dalle truppe del duca Carlo I nel 1537. Rimangono la cappella, ora casa rurale, e i resti in rovina della suggestiva torre a pianta circolare, alta circa 25 metri.

Informazioni:
Gli edifixci si trovano nel centro storico. La chiesa di S. Maria della Pieve in Vicolo Portone; il Santuario della B. V. delle Grazie in Via Ciartosio. Parrocchia, tel. 0172 381081 ;  Comune, tel. 0172 381055; email: info@comune.cavallermaggiore.cn.it

Links:
http://www.comune.cavallermaggiore.cn.it

Bibliografia:
G. Carità, E. Genta (a cura di), Percorsi storici, studi sulla città di Cavallermaggiore, Cavallermaggiore CN 1990, pp. 397-8.
Prato P., Il santuario della Madonna delle Grazie in Cavallermaggiore,  Tipografia e libreria Bressa, Savigliano 1900 – Tip. Saviglianese, 1926 – riedizione aggiornata  a cura di mons. Graneri,  Tipolit. F.lli Scaravaglio, Torino 1993

Fonti:
Fotografie GAT.

Data compilazione scheda:
8/10/2009 – aggiorn. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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