musei p. Cuneo
Valdieri (CN) : Parco archeologico e museo della necropoli protostorica
Storia del sito:
A nord-est di Valdieri, presso via Guardia della Frontiera, nel 1993 vennero alla luce tracce di una necropoli protostorica in uso tra il X e il VI secolo a.C. L’indagine di scavo estensivo venne condotta dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte dal 1993 sino all’autunno del 1995.
Dal 2008 la zona è stata sistemata ad “area archeologica attrezzata”, opportunamente protetta da una serie di coperture e dotata di allestimenti che ne spiegano le caratteristiche con un’impostazione didattica rivolta, in particolare, alle scuole.
Nel 2013 è stato inaugurato il Parco Archeologico.
Si tratta di un insieme integrato di beni archeologici, elementi naturali e accurate ricostruzioni ambientali che ha lo scopo di conservare e far conoscere il nostro patrimonio storico e preistorico al grande pubblico, calando il visitatore in momenti di vita quotidiana di culture e stili di vita oramai scomparsi, o molto lontani da noi.
La ricostruzione fedele di un edificio dell’età del bronzo, insieme a orti, recinti per gli animali domestici, fornaci e così via, ci permetteranno di rivivere momenti ed esperienze simili a quelle dei nostri antenati del 1200 a.C.
Affianca l’archeoparco il nuovo laboratorio didattico allestito presso la sede del Parco di Valdieri presso il quale si svolgeranno attività didattiche quali la preparazione di ceramiche, tessuti e monili realizzati con tecniche dell’età del bronzo o del ferro.
Descrizione del sito e dei ritrovamenti:
Il sito indagato è posto sul ciglio di un’ampia ed antica superficie terrazzata e presenta le caratteristiche di una piccola necropoli ad incinerazione caratterizzata da una struttura rettangolare allungata, di cui restano murature di circa 90 cm di spessore realizzate con materiale locale e costruite a secco. Tale struttura fu divisa in due ambienti con un tramezzo composto da ciottoli fluviali. A questo vano più antico, nel tempo, vennero addossati altri piccoli recinti funerari di forma quadrangolare. All’interno di ognuno di essi è stata individuata una sepoltura in pozzetto, talora in cassetta litica, con un cinerario biconico d’impasto coperto da una lastra di arenaria. Le tombe più antiche risalgono all’età del Bronzo, nei recinti e all’esterno della struttura vi sono sepolture dell’età del ferro (prima metà VI sec. a.C. con corredi che hanno restituito fibule, bracciali, anelli a globetti in bronzo.
Nei pressi di via delle Ripe, in occasione di lavori stradali, venne individuato il sito di un villaggio protostorico.
Lo spazio museale è allestito nel Museo della Resistenza e del Territorio di Valdieri presente all’interno di Casa Lovera, qui all’interno di una mostra curata dalla Soprintendenza archeologica Belle Arti e paesaggio per le provincie di Alessandria, Asti e Cuneo e dal titolo “Frammenti di storia. Vivere e morire in Valle Gesso 3.000 anni fa” si possono trovare ulteriori informazioni sul sito archeologico, ricostruzioni e reperti storici rinvenuti sia nella necropoli che in altre località della Valle Gesso.
Informazioni:
Parco naturale Alpi Marittime, piazza Regina Elena, 30 – tel: +39 0171 97397; email: info@parcoalpimarittime.it
Per visite al Museo, prenotare al Comune di Valdieri: 0171 97109 oppure 071 976850.
Links:
http://www.comune.valdieri.cn.it/
https://www.montagnedelmare.it/centri-visita/parco-archeologico-valdieri
Bibliografia:
VENTURINO GAMBARI M.; FAUDINO V., Necropoli Valdieri, Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo antichità egizie, Comune di Valdieri, 2011
VENTURINO GAMBARI M.; GIARETTI M., Valdieri, loc. via alle Ripe. Necropoli protostorica ad incinerazione, in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte”, 14 (1996), pp. 233-235
BARALE P. Nella valle dei Re: riferimenti archeoastronomici emersi da antiche sepolture di rango della necropoli protostorica di Valdieri (Valle Gesso – CN), Atti del XVIII congresso di storia della fisica e dell‘astronomia, 1998
Fonti:
Info e fotografie dai siti sopracitati.
Data compilazione scheda:
14 dicembre 2011 – aggiornamento febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Savigliano (CN) : Museo Civico Antonino Olmo
Storia del Museo:
Il Museo civico ha sede nell’antico convento di San Francesco, nel cuore del centro storico cittadino. Si tratta di un fabbricato secentesco quadrilatero di forma regolare, disposto su due piani, racchiudente un chiostro armonioso, le cui lunette affrescate raccontano episodi della storia dell’Ordine Francescano.
Beneficiato dei primi lasciti nel 1904, ed inaugurato nel 1913, con il tempo si è trasformato da museo di ambito locale a museo di interesse regionale, per le importanti donazioni d’arte di cui ha beneficiato, prima tra tutte la raccolta dei gessi dello scultore torinese Davide Calandra. Dopo anni di lavori di ristrutturazione, gradualmente ridiventa visibile in tutte le sue parti: la Gipsoteca, completamente riallestita, è stata riaperta al pubblico nel 2002. Dopo il rinnovamento del 2005-2007 anche il primo piano è interamente visitabile.
Descrizione del materiale esposto:
Al piano terreno sono esposti i reperti archeologici rinvenuti nel territorio. Il lapidario comprende anche la lastra tombale longobarda del presbiter Gudiris (per approfondire vedi: L’iscrizione_sepolcrale_di_Gudiris.pdf.)
Informazioni:
Tel. 0172 712982 oppure 0172 717545 ;
email: museocivico.gipsoteca@comune.savigliano.cn.it
Link:
http://www.comune.savigliano.cn.it
https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_civico_Antonino_Olmo
Fonti:
Fotografia in alto da https://www.facebook.com/museocivicosavigliano/photos?locale=it_IT
Data compilazione scheda:
16 luglio 2004 – aggiornam. febbraio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Carlo Vigo – Gruppo Archeologico Torinese
Sant’Albano Stura (CN) : necropoli altomedievale e Museo
Descrizione del sito e dei ritrovamenti:
Necropoli scavata inizialmente nel 2009-2011, individuata in occasione dei lavori per la costruzione dell’autostrada Asti-Cuneo. Sono state indagate 776 tombe e resta ancora da scavare una porzione a NW, il che permette di ipotizzare un numero complessivo di circa 800 tombe. In 10 anni di lavori, sono state scavate tutte le 842 tombe presenti, 560 delle quali erano provviste di preziosi corredi funebri.
I notevoli corredi recuperati indicano una continuità d’uso della necropoli dagli anni intorno al 600 d.C. fino agli inizi dell’VIII secolo.
Per quanto riguarda i corredi, il 64% delle sepolture ha restituito monili femminili, armi e relativi complementi o offerte più ridotte, mentre il 36% ne era privo.
Per approfondire vedi sito indicato.
Descrizione del materiale esposto:
Da ottobre 2016 sono esposti 14 corredi (7 maschili e 7 femminili) di età longobarda.
vedi allegato Ritrovamenti_archeologici_lungo_l’_Asti-Cuneo
Dal 2021, nell’antica Cappella di Sant’Antonio di Padova (restaurata per l’occasione), in piazza Donatori del Sangue, ha sede l’allestimento del Museo dedicato ai ritrovamenti della necropoli longobarda.
Il piccolo museo è tornato ad accogliere il pubblico e continuerà fino a settembre ogni domenica (con una sospensione le prime settimane di agosto).
“Lungo lo Stura… racconti di archeologia e paesaggio” introduce al pubblico la storia longobarda con un video, pannelli informativi ed immagini, ma anche reperti originali, rinvenuti nell’ormai famosa necropoli, che resta attualmente uno dei ritrovamenti più importanti su scala europea per quanto riguarda la presenza longobarda.
Informazioni:
In frazione Ceriolo, il sito non visitabile.
Il Museo è a ingresso libero. Info presso associazione Atelier Kadalù, email: info@atelierkadalu.it
Il Museo è sito nella cappella in Piazza Donatori del Sangue.
ink:
http://archeo.piemonte.beniculturali.it
https://visitmondovi.it/il-museo-dei-longobardi-a-santalbano/
Bibliografia:
E. MICHELETTO – S. UGGÈ – C. GIOSTRA, S. Albano Stura, frazione Ceriolo. Necropoli altomedievale: note sullo scavo in corso, in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte”, 26, 2011, pp. 243-247
Fonti:
Fotografia in alto tratta da https://percevalasnotizie.wordpress.com/2016/10/20/; in basso dal sito visitmondoi.it
Data compilazione scheda:
6/03/2014- aggiorn. giugno 2017 e aprile 2024
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
Saluzzo (CN) : Museo Civico Casa Cavassa
Storia del Museo:
La Casa Cavassa fu costruita nel XV sec. e appartenne ad un ramo dei Marchesi di Saluzzo che nel 1464 la donarono a Galeazzo Cavassa, membro di una nobile famiglia originaria di Carmagnola, quando divenne vicario generale del Marchesato di Saluzzo. Il figlio Francesco, che come il padre fu dottore in legge e ricoprì la carica di vicario generale, dal 1504 rinnovò il palazzo in stile rinascimentale.
Nei secoli seguenti l’edificio decadde e si degradò sino a che, nel 1883, fu acquistato dal marchese Emanuele Taparelli d’Azeglio che lo fece restaurare per donarlo alla città come sede di un Museo. Il pittore Vittorio Avondo e l’ingegnere Melchiorre Pulciano tentarono di recuperare l’aspetto rinascimentale dell’edificio e, secondo il principio del completamento in stile, allestirono le sale con oggetti del secolo XVI che vennero acquistati sul mercato antiquario o ricostruiti da artigiani locali.
Nel 1890, alla morte del Marchese d’Azeglio, il Museo passò alla città che lo aprì al pubblico l’anno seguente.
Nel 2003 è stato completato il restauro dell’edificio e delle collezioni, compresa la tavola di Hans Clemer. La facciata decorata in finto bugnato in grisaille (chiaroscuro), ha un portale marmoreo del Sanmicheli del 1523; i pannelli lignei della porta risalgono al 1400 e provengono da Casa Cavassa di Carmagnola.
Le finestre al primo piano sono crociate rinascimentali, al secondo vi sono tre bifore tardogotiche, originarie della prima costruzione quattrocentesca.
La facciata interna della casa sul ballatoio ha un ampio fregio a grisaille che rappresenta le “Fatiche di Ercole”, dipinto da Hans Clemer tra il 1506 e il 1511. (vedi immagine)
Descrizione del materiale esposto:
Il Museo si compone di 15 sale suddivise su due piani con soffitti lignei dipinti. Alcune sale hanno le pareti decorate con affreschi, in parte del XVI sec. Tutte le sale sono arredate con oggetti, mobili, arredi, dipinti del XV-XVI sec. o del 1800.
Nel “Salone di Margherita di Foix” sono collocate due significative opere del XV sec.: gli stalli in noce intagliato del coro in stile tardogotico, della seconda metà del XV sec. provenienti dalla Cappella Marchionale di Revello e il capolavoro del Museo, acquistato dal d’Azeglio: la grande tavola della “Madonna della Misericordia” che Hans Clemer, il “Maestro d’Elva”, dipinse nel 1499 per i Marchesi di Saluzzo. La Madonna è rappresentata in piedi con una veste dalle ampie maniche e con le braccia allargate in segno di protezione verso i devoti; in primo piano il Marchese Ludovico II e la moglie Margherita di Foix. (vedi immagine)
Sotto il dipinto vi è un cassone nuziale dorato d’arte veneta della fine del 1400.
Informazioni:
Tel. 0175 240006 – Numero verde 800 94 22 41 – email: musa@itur.it – biglietteria.cavassa@comune.saluzzo.cn.it
Link:
http://www.casacavassa.it
Bibliografia:
Gioielli del Piemonte. Sette secoli di palazzi e dimore, a cura di Europiemonte Alpi Editrice, Torino, 2003, Vol. I
per Hans Clemer vedi: GALANTE GARRONE G., RAGUAS E. (a cura di), Hans Clemer il Maestro d’Elva, Ed. Artistica Piemontese, Asti, 2002
Fonti:
Fotografie da Wikipedia e ultima foto da www.saluzzoturistica.it
Data compilazione scheda:
20/06/2005 – aggiornamento marzo 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A.Torinese
Garessio (CN) : Museo Civico Geo-speleologico
Storia del Museo:
Il Museo fu fondato nel 1970 per esporre una serie di reperti archeologici e geologici provenienti sia dal territorio circostante, sia da zone molto distanti.
Nel 2003 venne riorganizzato lo spazio espositivo e aggiornati i contenuti divulgativi.
È ospitato nei locali del Palazzo Comunale, in una sala ove, nel 1974, sono stati collocati affreschi del XV secolo, staccati dalla Chiesa di Santa Maria Maddalena di Cerisola.
Descrizione delle collezioni:
Il Museo, che possiede circa un migliaio di reperti, è composto da una sezione geo-speleologica, con minerali e fossili provenienti anche dalle grotte del territorio e da una sezione archeologica con reperti dal neolitico all’età romana.
Sono esposti reperti preziosi per la ricostruzione della storia della Valle Tanaro provenienti dai dintorni di Garessio (ceramiche del Neolitico, frammenti ed epigrafi romane provenienti da Borgo Ponte di Garessio) e rinvenuti sia durante tre campagne di scavi all’arma del Gray (reperti del Neolitico), sia in occasioni fortuite.
Descrizione del materiale esposto:
La sezione archeologica è dedicata ai cicli produttivi di manufatti di pietra, ceramica, vetro e ferro dalla preistoria alla fine dell’epoca antica e la loro diffusione in differenti ambiti culturali.
I manufatti esposti illustrano le tecniche e i metodi di fabbricazione degli strumenti litici (sgrossatura, scheggiatura, ritocco, levigatura,) con esempi della loro applicazione durante il Paleolitico e il Neolitico.
I numerosi reperti di prodotti ceramici esposti nel Museo, per lo più frammentari, spaziano dal VI sec. a.C. al V sec. d.C.; dai manufatti neolitici all’elaborato vasellame di epoca romana (con esempi etruschi) e offrono la testimonianza di differenti abilità tecniche, esigenze funzionali, influenze culturali (diversi tipi di decorazioni incisa, impressa, dipinta).
Altri reperti permettono di accennare a tecnologie più avanzate per la lavorazione del ferro e del vetro.
Informazioni:
Il museo ha sede presso il Palazzo Comunale, “Salone degli affreschi”, telefono: 0174.803130; email: museodigaressio@gmail.com, oppure: info@museodigaressio.tk
Links:
http://www.museodigaressio.eu.
http://www.comune.garessio.cn.it/ComSchedaTem.asp?Id=25390
Data compilazione scheda:
05/05/05 – aggiornamento maggio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese
Dogliani (CN) : Museo Storico Archeologico Giuseppe Gabetti
Storia del Museo:
Il nuovo allestimento del Museo è stato inaugurato il 21/10/2006, dopo otto anni di chiusura. Il precedente allestimento storico-archeologico è stato trasformato in un più sistematico e approfondito percorso archeologico.
L’istituzione del Civico Museo Storico Archeologico Giuseppe Gabetti risale agli anni Settanta del secolo scorso a seguito della scoperta occasionale a San Quirico, una località di Dogliani, di un piccolo nucleo di sepolture di età romana, databile al I secolo d.C. Grazie all’interessamento dell’Associazione “Amici del Museo”, il museo, inaugurato nel 1983 e intitolato al doglianesi Giuseppe Gabetti (1886-1948), noto germanista, ha visto aumentare nel corso degli anni le sue collezioni con la collaborazione dei cittadini, che hanno segnalato e consegnato reperti di carattere storico e archeologico, tra cui una importante testa in arenaria databile alla media età del Ferro già inserita nelle vecchie mura di Dogliani. Da sempre ospitato nello storico edificio del Palazzo Comunale, oggi il nuovo allestimento trova una sede più ampia nei locali posti al primo piano, già pertinenti a un’ala presumibilmente di origine secentesca del complesso monastico del Convento del Carmine.
Descrizione delle collezioni:
Il percorso museale, corredato da pannelli illustrativi con testi in italiano e in inglese, è dedicato al popolamento di Dogliani e del suo comprensorio attraverso le diverse epoche storiche, dalla preistoria fino all’età romana con riferimenti al periodo medievale, ancora poco noto. Si sviluppa attraverso quattro sale. La prima si apre con la sezione paleontologica, che illustra l’evoluzione geologica del territorio attraverso una serie di fossili provenienti dalla vallata del Rea, per poi passare alle fasi preistoriche e protostoriche (Neolitico, età del Bronzo ed età del Ferro), documentate da asce in pietra verde e in bronzo, oltre che da ceramica di impasto rinvenuta presso le Pile di Valdibà e dalla testa in arenaria da Dogliani databile alla media età del Ferro.
Alla fase della romanizzazione (I secolo a.C.) e alla prima età imperiale romana (I d.C.) si riconducono alcuni corredi provenienti dalla necropoli di Carrù che, insieme alla stele funeraria di Caio Annio Celere, ritrovata a San Quirico nel 1660, aprono un ampio sguardo anche sulla viabilità dell’alta valle del Tanaro attraverso la documentazione epigrafica.
Le altre sale sono dedicate ai rinvenimenti fatti a Dogliani e nel Doglianese che in età romana apparteneva amministrativamente al territorio della vicina città di Augusta Bagiennorum. Una sala attrezzata per ospitare convegni, conferenze e presentazioni multimediali, propone una serie di pannelli dedicati alle realtà museali esistenti nelle province di Cuneo (Alba, Bra, Bene Vagienna e Borgo San Dalmazzo), di Alessandria (Libarna, Acqui Terme, Ovada e Villa del Foro) e di Asti, al fine di illustrare al visitatore la varietà dei percorsi archeologici che caratterizzano il Piemonte meridionale.
Informazioni:
Nel palacco del Comune. Tel. 0173 70107 / 0173 70210 ; email: turismo@comune.dogliani.cn.it
Links:
http://archeo.piemonte.beniculturali.it
Fonti:
Foto in alto tratta nel 2014 da www.piemonteoutdoor.it; foto in basso dal sito, non più attivo nel 2020: www.cuneobikehotels.it e dal catalogo del Museo.
Data compilazione scheda:
10/5/2007 – aggiorn. luglio 2014 – maggio 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Carlo Vigo – Gruppo Archeologico Torinese
CUNEO : Museo Civico
Storia del Museo:
La sede del Museo Civico è in via Santa Maria, una traversa di via Roma, dove si erge il complesso monumentale, oggi secolarizzato, di San Francesco. Alcuni elementi architettonici mostrano la presenza di più anime artistiche, intervenute nel corso dei secoli: la facciata gotica della chiesa, il campanile, il chiostro seicentesco. Poche tracce invece sono rimaste degli affreschi del XIV e XV secolo.
Tuttavia il Museo Municipale di Cuneo ha una connotazione stilistica forte: rappresenta una delle rare testimonianze architettoniche dell’epoca medievale a Cuneo. Dichiarato monumento nazionale, la sua struttura esprime al meglio lo spirito architettonico di queste terre, influenzate dalla non lontana Provenza e al contempo dalla cultura delle genti delle Alpi, le cui vette incorniciano la città.
Grazie a collezioni che spaziano dall’archeologia e dal folklore locale alla religiosità nei secoli, il museo rappresenta un importante punto di riferimento per molto del territorio provinciale che all’interno delle vecchie celle dei frati, nel refettorio, lungo le pareti dei portici del chiostro, potrà ritrovare testimonianze di varie epoche della vita dell’uomo, dei suoi percorsi, dei suoi riti.
La chiesa smise la sua originale veste di luogo di culto quando l’esercito napoleonico cacciò i frati che vi dimoravano sin dal XIII secolo. L’ordine fu soppresso dal governo francese che era stanziato a Cuneo, capoluogo del Dipartimento di Stura. Il convento fu usato prima come caserma e poi come guarnigione. Salvo un tentativo di riprenderlo da parte dei religiosi nel 1830, la sua funzione militare rimase invariata anche dopo il 1945, quando divenne un distretto di proprietà del comune di Cuneo.
Soltanto dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso l’edificio fu adibito a luogo di attività culturali: inizialmente l’Amministrazione comunale decise di utilizzarlo per aprirvi un asilo comunale; successivamente fu scelto come sede del Museo Civico, senza perdere la vocazione alla didattica, come testimoniano i percorsi pensati all’interno delle esposizioni per i bambini e i ragazzi delle scuole. La chiesa attigua è diventata nel tempo un luogo per esposizioni temporanee e spettacoli. Oggi il museo è lo specchio della storia economica, sociale, e religiosa dell’odierno territorio cuneese grazie alle collezioni raccolte a partire dal 1930 per iniziativa del braidese Euclide Milano, autentico protagonista della vita culturale piemontese.
Descrizione del materiale esposto:
La prima sala, conosciuta anche come la sala della Sacrestia, della nuova chiesa di San Francesco, ospita la sezione del museo dedicata alla preistoria e protostoria. Dell’antico ambiente rimane traccia nella presenza di alcuni grandi archi decorati, di un pilastro e relativo capitello recante lo stemma della famiglia cuneese dei De Morri e di una monofora.
I reperti archeologici qui conservati sono esposti in ordine cronologico, dal Paleolitico all’età del Ferro, tutti provenienti dal territorio cuneese.
Tra i pezzi più rilevanti della sezione la vetrina dei reperti del sito neolitico delle Grotte di Aisone. A monte dell’abitato del paesino omonimo si trovano, infatti, delle cavità naturali che in età preistorica, furono utilizzate dall’uomo come luogo abitativo temporaneo. Aisone è l’unico comune della valle Stura che rientra nel Parco Naturale delle Alpi Marittime, più esteso nell’alto vallone del Gesso e nelle altre valli alpine e che, gemellato con il Parco nazionale francese del Mercantour, nel 1993 ha ottenuto il Diploma europeo per l’ambiente.
Nell’area, nata dall’unione tra il Parco naturale dell’Argentera e la Riserva del Bosco e dei laghi di Palanfré, sono molte le vie militari, le mulattiere e i sentieri che risalgono i valloni del parco, un tempo le vie montane erano costruite per le battute di caccia, quando il re si appostava in attesa dei camosci sospinti da schiere di 200, a volte addirittura 300 battitori mentre oggi sono diventati percorsi classici dell’escursionismo. Tra gli altri reperti di valore conservati nella sala dedicata alla preistoria, alcuni calchi storici delle rocce incise del monte Bego, sito della Valle delle Meraviglie oggi in territorio francese.
Il Conseil General des Alpes-Maritimes ha deciso di creare il Musée des Merveilles a Tende per valorizzare e contribuire alla tutela dello straordinario patrimonio di questa zona montuosa: è, infatti, uno dei siti ad incisioni rupestri più importanti del mondo. È stato il professor Henry De Lumley a concepirlo, con l’idea di rivolgersi ai visitatori di tutte le età. L’affinità di contenuti con il Museo Civico di Cuneo, l’identico approccio “aperto” al pubblico, nonché la vicinanza fisica, hanno dato il via ad una stretta collaborazione tra le due realtà espositive.
Dall’archeologia alle tradizioni popolari, nasce così sulle Alpi Marittime un interessante percorso nella storia delle consuetudini socioculturali di una regione transnazionale ancora tutta da scoprire ed approfondire.
La romanizzazione del cuneese
Sempre al piano terreno è collocata l’antica sede delle cucine dei frati, conosciuta come la cosiddetta sala delle Bifore. Essa approfondisce il periodo storico in cui il territorio entrò a far parte dell’espansione di Roma. I documenti storici dell’epoca sono divisi secondo criteri topografici: nelle vetrine testimonianze provenienti da Cuneo stessa, da Busca, Castelmagno e Caraglio, in epoca romana zona importante di comunicazione verso le Gallie.
Al primo piano si apre il gran salone, dominato dall’imponente sipario del teatro municipale Toselli su cui è dipinta la leggenda della nascita della città di Cuneo, dopo la ribellione degli abitanti di Caraglio. L’opera fu realizzata da Gaetano Borgo Caratti, allievo di Francesco Hayez. Nel salone trova posto anche un quadro di Luigi Rigorini del 1940, rappresentante l’assedio del 1557 e un ritratto (fine XVI secolo) del duca di Savoia Emanuele Filiberto, che diede a Cuneo il titolo di città e aggiunse allo stemma angioino il motto “Ferendo” (sopportando), parte dell’effige sabauda. All’interno dello spazio espositivo trovano posto alcuni reperti archeologici medievali provenienti dal convento di San Francesco e da piazza Boves, un’acquasantiera del convento di Sant’Antonio fuori le mura e una pala d’altare di Defendente Ferrari.
Ai lati del “Salone del Museo” alcune piccole salette dedicate in particolare all’Alto Medioevo e a collezioni numismatiche. Un’altra è utilizzata per la proiezione di video ai gruppi di scolaresche.
L’etnografia in “cella”
Nell’ex convento è la parte delle celle dei monaci affacciate sul chiostro a conservare i “pezzi” etnografici del museo: la collezione spazia dagli abiti di inizio Novecento ad accessori della vita quotidiana del XVIII secolo, dalle insegne di negozi e locande in legno e ferro battuto a biciclette, mobili e strumenti delle attività commerciali e artigianali.
Grande rilievo è dato alla ricostruzione delle attività di lavorazione e filatura della lana e del cotone, testimoniate da un orditoio a muro e da un grande telaio; una vetrina è dedicata alla tradizionale attività femminile della produzione di merletti e pizzi localizzata nelle valli Varaita e Maira.
Esposizioni temporanee:
Durante la realizzazione dell’autostrada Asti-Cuneo (scavi 2009-2011: Lotto Cuneo, Castelletto Stura, Consovero) sono affiorati contesti archeologici di eccezionale rilevanza, di età romana e altomedievale, in corso di restauro. In attesa che maturino le condizioni per il riallestimento complessivo delle collezioni archeologiche cuneesi, nasce dalla sinergia tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e il Museo Civico di Cuneo l’idea di rendere fruibili al pubblico, attraverso forme di comunicazione moderne e innovative, alcuni di questi straordinari reperti. Il 18 luglio 2014 è stata inaugurata la prima “prova” del futuro allestimento. L’evento prevede l’esposizione di tre corredi – due maschili (con ricche cinture ageminate e armi) e uno femminile – della necropoli longobarda messa in luce a Sant’Albano Stura, un unicum per estensione e quantità di deposizioni (finora sono state indagate 776 tombe) nel panorama storico archeologico italiano. Oltre all’innovativa teca multimediale, dotata di grafica tattile e riproduzioni 3D di alcuni reperti per i non vedenti, il piccolo allestimento punta su una nuova forma di comunicazione attraverso un totem multimediale interattivo. Vedi qui.
Informazioni:
Il Museo è sito nel Complesso di S. Francesco, vedi SCHEDA. Tel. 0171 634175 ; email: museo@comune.cuneo.it
Link:
http://www.comune.cuneo.gov.it/cultura/museo-civico-di-cuneo.html
Bibliografia:
SAPELLI RAGNI M. (a cura di) Tesori del Piemonte – Il Piemonte degli scavi. Siti e musei di antichità
MERCANDO L. (a cura di), 1998, Archeologia in Piemonte, Allemandi
Fonti:
Fotografia dal sito www.comune.torino.it
Data compilazione scheda:
20/01/2005 – aggiornam. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Simona Vigo – G. A. Torinese
Cherasco (CN) : Museo Civico G.B. Adriani
Storia del Museo:
La fondazione del Museo risale al 1898, basato per la maggior parte sulle raccolte dell’ecclesiastico Giovan Battista Adriani, storico presso i Savoia, nato a Cherasco nel 1823.
Descrizione delle collezioni:
I beni culturali conservati comprendono tutto ciò che un erudito dell’ottocento riteneva fosse necessario conservare e documentare. Fra i reperti archeologici si possono trovare alcuni reperti dell’epoca del Bronzo, e una raccolta di reperti romani provenienti sia dalle aree di Bene Vagienna e di Pollenzo, sia dal territorio di Cherasco, che indica un’area ricca e non indagata.
Fra i materiali esposti possiamo trovare materiale ceramico, lucerne dal primo al tardo Impero, laterizi, vetri, due esempi di epigrafi riutilizzate su entrambi i lati, e oggetti d’importazione frutto di acquisizioni dell’Adriani. È esposta anche una collezione di sigilli di personaggi illustri ed enti, un ricco medagliere che copre un periodo compreso fra quattrocento e settecento, scritti e lettere. É presente inoltre una collezione di quadri (di ispirazione religiosa, ritratti sabaudi, acqueforti, litografie e tempere).
Sono conservati anche alcuni mobili che non sono stati depredati o perduti fra il dominio francese e il periodo fascista.
Descrizione del materiale esposto:
Le collezioni trovano posto nel seicentesco palazzo Gotti di Saleranno, fra stanze ricche di affreschi ben conservati. Le raccolte sono divise in otto sale, e sono distinte per tipo. Nella prima sala sono custodite le raccolte delle medaglie e dei sigilli, insieme a scritti e lettere, alcune armi da fuoco e vari oggetti antichi. Nelle restanti sale si trovano i quadri e le altre opere, insieme ai mobili. In due sale è conservato il materiale archeologico.
Informazioni:
Comune tel. 0172 427050
Link:
http://www.comune.cherasco.cn.it/index.php/musei
Bibliografia:
TARICCO B., Il Museo Civico Giovan Battista Adriani di Cherasco, Museo Civico G. B. Arianio, Cherasco CN 1992
Fonti:
Fotografia tratta nel 2014 dal sito www.cuneobikehotels.it.
Data compilazione scheda:
4 settembre 2004 – aggiornam. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Gianfranco Bongioanni – G. A. Torinese
Bra (CN) : Museo Civico di Archeologia Storia e Arte di Palazzo Traversa
Storia del Museo:
Il museo attuale, sito in Palazzo Traversa, è l’erede del Museo Popolare di Storia e d’Arte braidese, fondato nel 1919 su iniziativa di Euclide Milano, studioso braidese di storia locale, e funzionario dell’Amministrazione Comunale di Bra. Milano raccolse nel tempo reperti della vicina Pollentia e dell’area comunale, nonché opere d’arte e oggetti antichi.
Palazzo Traversa è risalente al XV sec., la cui edificazione è attribuita alla famiglia artigiana dei Malabaida.
Descrizione delle collezioni:
Il percorso di visita segue un criterio cronologico a partire dal secondo piano dove si trovano le testimonianze storiche antecedenti l’epoca romana.
Sala preistorica e preromana: La sala, in cui è documentata la presenza umana nel territorio braidese sin dal periodo neolitico, si pone come una sorta di prefazione alla narrazione della storia pollentina. Nella vetrina sono esposti un rasoio lunato di epoca etrusca, il calco di un’ascia bipenne in bronzo rinvenuta durante i lavori ottocenteschi di sterro presso il castello reale di Pollenzo e una spada in ferro ripiegata su se stessa a uso rituale. Si sta preparando un nuovo allestimento con ritrovamenti recenti nel territorio di Pollenzo.
Sala romana e salone degli stemmi: Attraverso testi e immagini si illustrano vari aspetti della vita quotidiana pollentina. Le necropoli, localizzate fuori dell’abitato (rio Laggera e Cascina Pedaggera), non sono state toccate dall’espansione degli insediamenti abitativi e produttivi e hanno perciò restituito la maggior parte dei materiali esposti.
Nella sala sono presentate due diverse tipologie funerarie: la sepoltura ad anfora segata, proveniente dalla necropoli della Pedaggera, documenta la consuetudine al riutilizzo di questi contenitori per deporvi le ceneri del defunto cremato e il suo corredo; le urne cinerarie in marmo attestano invece una tipologia funeraria più ricercata a testimonianza di una maggior agiatezza economica.
I reperti databili per la maggior parte tra il I e il II sec. d.C. sono suddivisi per tipologie. Troviamo dapprima gli oggetti in vetro, soprattutto balsamari che contenevano anticamente aromi, unguenti, cosmetici, medicamenti e profumi. Si tratta di oggetti comuni, prodotti localmente. Le bacchette ritorte in vetro verde-azzurro o blu erano invece usate probabilmente per mescolare gli unguenti. Di particolare interesse una coppa biansata in vetro trasparente verde chiaro, realizzata mediante soffiatura entro stampo, tecnica che consentiva di ottenere decorazioni a rilievo sulla superficie esterna. La coppa presenta un cartiglio entro cui il vetraio siriano Ennione ha impresso il suo nome in caratteri greci. In pasta vitrea bianca o nera sono alcune pedine da gioco, provenienti in genere da sepolture maschili e associate spesso a dadi di osso o avorio: testimoniano l’ampia diffusione della passione per il gioco, a cui sin dall’epoca repubblicana si era cercato invano di porre un freno e che era già molto diffusa nel mondo greco.
Sono presenti reperti in metallo: elementi di arredo, applicati come guarnizioni a cassetti, ante o cofanetti, chiavi, un’interessante serratura in bronzo. Le due campanelle (tintinnabula) di forma troncopiramidale venivano utilizzate non solo tra le pareti domestiche, ma anche in pubblico in occasione dell’apertura dei mercati o durante alcune cerimonie religiose. Assai prezioso è il set di strumenti chirurgici. Il gusto per gli ornamenti personali è documentato da anelli di bronzo, bracciali e fìbule. Sempre al mondo femminile rimanda un piccolo gruppo di manufatti in osso: le fusaiole, dischetti forati in cui veniva infilato il fuso per filare. Una vetrina è riservata alle lucerne: da quelle di età repubblicana, dal tipico becco a incudine, si arriva fino a quelle di epoca tarda, ornate con borchiette, motivi geometrici e vivaci figure.
Ricca la collezione di ceramica: da quella comune a quella più raffinata da mensa, comprendente la ceramica a pareti sottili e la cosiddetta terra sigillata. La prima tipologia, ottenuta grazie all’utilizzo di un impasto molto depurato, è esemplificata essenzialmente da vasi per bere. Fra la terra sigillata compaiono invece soprattutto piatti di diversa provenienza e datazione, decorati con motivi a rotella o semplici figurine applicate. I servizi da mensa di epoca romana erano composti da diversi pezzi di ceramica fine, ma anche di vetro e, quando il censo lo consentiva, di metallo pregiato. I recenti rinvenimenti nella necropoli monumentale di piazza Vittorio Emanuele a Pollenzo (vetri, anfore, lucerne, elementi lapidei) andranno ad arricchire un panorama già ampio di documenti della vita quotidiana di età romana, nei suoi molteplici aspetti, e delle vicende del centro antico fino all’Alto Medioevo.
Il percorso cronologico di visita prosegue nella sala riservata all’età tardo-antica, periodo di cambiamento dell’abitato romano di Pollentia. La lucerna fittile a forma di pesce documenta la diffusione della religione cristiana in quest’area. Analoga simbologia cristiana si riscontra anche in altre due lucerne, l’una decorata con due colombe affrontate, l’altra con un pavone. Il motivo della colomba, in questo caso raffigurata con un ramoscello nel becco, ritorna anche nell’ornamento di un frammento di lastra in marmo lavorata a bassorilievo.
Un esiguo numero di reperti documenta l’età medievale, epoca in cui ebbe origine l’abitato di Bra. Il frammento di lastra marmorea decorata con motivi geometrici fu rinvenuto durante alcuni lavori di scavo. I due leoni in arenaria furono invece acquistati da Euclide Milano nel 1917 dall’antiquario Giovanni Savanco. Provenienti dall’antica chiesa di Sant’Andrea, facevano parte di un portico romanico: sul dorso sono ancora chiaramente visibili le impronte circolari per l’alloggiamento delle colonnine. La protome leonina in pietra fu recuperata, insieme a un altro esemplare analogo, durante i lavori di ristrutturazione della scomparsa chiesa di San Giovanni Vecchio e donata al museo nel 1959.
Dalla stessa chiesa proviene anche il frammento di affresco gotico in cui è raffigurata Santa Lucia.
Infine lo stemma dei Visconti, scolpito a bassorilievo su una lastra di marmo murata fino alla metà degli anni Novanta in una casa nel centro storico di Bra, dimostra che la città entrò a far parte dei domini viscontei a partire dalla metà del XIV secolo.
Sala numismatica: La collezione di monete è formata da tre nuclei principali che coprono un arco cronologico amplissimo, che spazia dall’antichità fino al Regno d’Italia. Per quanto riguarda gli esemplari classici, è nota con certezza solo la provenienza di otto antoniniani, originariamente facenti parte del cosiddetto Tesoro di Demonte. Sono presenti esemplari che coprono l’intero arco della storia romana, dall’epoca repubblicana fino alla caduta dell’impero d’Occidente. Le monete medievali e moderne formano infine un complesso assai articolato in grado di fornire un esaustivo colpo d’occhio sulle principali zecche italiane.
I reperti lapidei e le epigrafi Al piano terra del museo sono stati sistemati i reperti lapidei di cospicue dimensioni: monumenti a carattere funerario e alcuni materiali di spoglio provenienti da edifici civili. Di particolare pregio è l’ara di Castricia Saturnina, rinvenuta ad Alba nel 1779 e in seguito trasferita nella tenuta reale di Pollenzo. Sul fianco destro è rappresenta una scena di sacrificio, mentre sul lato opposto si intuisce una figura femminile ritta sopra un podio all’interno di un tempio. Nella parte frontale, sotto l’iscrizione, due amorini sorreggono uno scudo rotondo con i busti della piccola Castricia Saturnina e del padre, Publio Castricio Saturnino, preside del collegio degli Augustali a Pollentia e Augusta Bagiennorum.
Il museo conserva inoltre un significativo gruppo di stele funerarie. Si segnala innanzitutto quella del merkator vinarius, importante testimonianza della presenza, già in epoca antica, di un’attività tuttora largamente praticata. La professione svolta dal purpurarius (tintore di stoffe) Quinto Vansidio Nasone ci riconduce invece alle fonti letterarie, che ricordano Pollentia a proposito della produzione delle lane nere. Infine una stele in arenaria, rinvenuta lungo la strada che collega Pollenzo a Cherasco, apparteneva a un liberto originario di Rieti, Tito Titio Felice. Nato probabilmente in condizione servile, fu poi acquistato da un ricco cittadino di Pollenzo e qui finalmente restituito alla condizione di uomo libero.
Il restante materiale epigrafico conservato nel museo esula dal contesto funerario. Un’epigrafe di ragguardevoli dimensioni, rinvenuta all’inizio del XIX secolo dall’architetto Carlo Randoni e appartenente a un tempio dedicato alla Vittoria, fu in seguito spezzata in diversi frammenti utilizzati come pavimentazione e quindi dispersi. Tre di essi tuttavia furono recuperati dal museo, dove tornarono nel 1934 e nel 1973. Un curioso blocco di marmo, rinvenuto nel sito del teatro, reca sullo spigolo tre nomi incisi. Si trattava probabilmente della parte superiore dello schienale di una gradinata con l’indicazione dei tre personaggi a cui erano riservati i posti a sedere.
Informazioni:
Ingresso da Via Parpera, 4 ; tel. 0172 423880 ; email: traversa@comune.bra.cn.it
Link:
http://www.palazzotraversa.it/
Bibliografia:
SAPELLI RAGNI M. (a cura di), Tesori del Piemonte. Il Piemonte degli scavi. Siti e musei di antichità, La Stampa, Torino 2004
FILIPPI F. (a cura di), Museo – Territorio. Guida alla sezione archeologica “Edoardo Mosca”, Bra, s.d.
BARELLI C., CRAVERO G. (a cura di), 2001, Il Museo Civico di archeologia, Storia e Arte di Palazzo Traversa a Bra, Guide ai Musei in Piemonte, 7, Regione Piemonte
CARITA’ G. (a cura di), 2004, Pollenzo. Una città romana per una “Real Villeggiatura” romantica.
Fonti:
Fotografie tratte dal sito del museo: www.palazzotraversa.it/
Data compilazione scheda:
04/09/2004 – aggiornam- luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Gianfranco Bongioanni e Mauro Marnetto – G. A. Torinese
Borgo San Dalmazzo (CN) : Museo dell’Abbazia.
Storia del Museo:
Il Museo dell’abbazia è il traguardo di dieci anni di lavori nella chiesa parrocchiale di San Dalmazzo, nel lontano Medioevo fulcro di un monastero benedettino di straordinaria importanza, il quale conservò memoria nel suo nome, San Dalmazzo di Pedona, anche della città romana da lungo tempo scomparsa. Indagini archeologiche condotte in concomitanza con il consolidamento della cripta romanica, oggi recuperata al culto dopo secoli di abbandono, hanno consentito di creare un suggestivo percorso di visita al quale il visitatore accede dopo aver approfondito le più significative problematiche dell’insediamento, illustrate, insieme ai reperti di scavo, nelle tre sale del museo posto al piano terreno della quattrocentesca villa abbaziale.
Sin dal cortile d’ingresso si colgono gli indizi della complessa stratificazione di strutture murarie di epoche diverse: le absidi della chiesa romanica (XI sec.) si sovrappongono infatti ai resti dell’edificio di culto di età longobarda (VIII sec.), lasciati a vista sotto una copertura in vetro.
Nel Museo si è accolti dal busto-reliquaiario in argento risalente al 1594 (copia dell’originale custodito nella chiesa) e da grandi riproduzioni di dipinti con san Dalmazzo in veste di soldato romano della legione tebea, di evangelizzatore e di vescovo, con la palma del martirio o l’arma che lo uccise colpendolo al capo.
Descrizione del materiale esposto:
La SALA I ripercorre, con l’ausilio di ricostruzioni grafiche basate sul rilievo archeologico, le diverse fasi della lunga storia del sito: dalla necropoli romana alla prima chiesa cristiana fondata nel VI sec. sulla tomba attribuita al santo. Dal grande edificio di culto a tre navate costruite su impulso del re longobardo Ariperto II nell’VIII sec., alla più modesta chiesa riedificata nel Mille, dotata di una piccola cripta. Infine, l’imponente abbaziale dei primi anni del XII sec., con cinque navate precedute da un atrio monumentale e grande cripta ad oratorio. L’edificio, di dimensioni molto più ampie di quelle attuali (riprodotte nell’ultimo disegno a parete), viene illustrato anche dal modello ligneo che campeggia al centro dell’ambiente. Un pannello mostra la consistenza del patrimonio monastico ancora nel 1246, quando una bolla papale elencò le chiese dipendenti dalla casa madre. E’ chiara l’espansione privilegiata verso la Liguria e la Francia attraverso le valli Vermenagna, Gesso e Stura, percorse da tracciati stradali di primaria importanza sin dalla preistoria e durante le fasi di romanizzazione del territorio, le cui problematiche archeologiche sono sinteticamente evidenziate nei due pannelli successivi.
Nella SALA II l’attenzione è rivolta ai ritrovamenti archeologici di età romana nell’area della chiesa: si tratta di frammenti di stele funerarie e di cippi, esposti sulla parete, come quello dedicato alle Matrone, divinità che connotavano le selve e la montagna, o ancora il ritratto di personaggio maschile, databile al III sec. (in vetrina). Di particolare interesse è l’iscrizione funeraria di un addetto alla stazione doganale della Quadragesima Galliarum, a conferma del ruolo primario svolto dalla città di Pedona nei primi secolo dell’impero.
La vetrina accoglie i corredi ceramici, vitrei e metallici di alcune tombe a incinerazione e ad inumazione, databili in prevalenza tra il II e il III sec. d.C., mantenute in vista nel percorso archeologico. Alcuni disegni ricostruiscono la cerimonia funebre dell’incinerazione e le principali tipologie tombali messe in luce, con il prevalere, dalla metà del III sec., del rito dell’inumazione. Nell’ambito della necropoli, esterna alla città romana ed ai margini della strada verso il colle di Tenda, nel VI sec. sorse la chiesa, probabilmente si di una memoria cristiana, piccolo edificio commemorativo di una tomba importante.
Nella prima vetrina della SALA III è esposto un frammento di coperchio con croce in rilievo, appartenente a una grande tomba in lastre di pietra, forse proprio il sepolcro di san Dalmazzo, traslato nella prima metà dell’VIII sec. nel presbiterio della nuova abbaziale e racchiuso entro un recinto di marmi decorati, vividamente descritto da fonti narrative del IX sec. (il passo è riprodotto nel pannello e sulla parete della sala). Il disegno ricostruttivo in vetrina ne ipotizza le dimensioni evidenziandone la ricchezza decorativa, risultato del lavoro di una raffinata bottega di artigiani, che ricevevano i blocchi di marmo bardiglio cavati a Valdieri, montando poi i pezzi finiti nella chiesa. Le diverse fasi della lavorazione e della posa in opera sono illustrate a parete, mentre la seconda vetrina riunisce i nuclei di frammenti appartenuti in origine ad una grande recinzione presbiteriale, prima divisi tra il Museo Archeologico di Torino ed il Museo Civico di Cuneo.
Sussistono ormai pochi dubbi sull’attribuzione di un così articolato arredo liturgico ad una fondazione regia, in un’area di confine tra i territori longobardi e franchi, nei quali i monasteri svolgevano anche un chiaro ruolo strategico. L’ultima vetrina accoglie i lacerti del ciclo decorativo in stucco che abbelliva la nuova chiesa edificata nei primi anni del XII sec., al momento del massimo fulgore del cenobio: la pellicola bianca, in più punti arricchita da colori, si estendeva sulle pareti della chiesa e della cripta, che ne conservano ampi lacerti, come si potrà vedere nel percorso archeologico.
In quest’ultima sezione del Museo si è voluto puntare ancora una volta sugli aspetti relativi al cantiere di realizzazione di questa particolare tecnica decorativa, che scavi accurati restituiscono oggi in modo puntuale.
L’AREA ARCHEOLOGICA
Dal museo si raggiunge l’area archeologica dopo aver percorso un corridoio nel quale è illustrata l’ipotetica ricostruzione del monastero nel Medioevo, sulla base di alcuni indizi archeologici e di piante storiche. Scendendo una scala, al di sotto della quale sono riaffiorate le tracce dell’abside laterale della grande chiesa abbaziale longobarda, in continuità con le strutture murarie lasciate in vista nel cortile, si entra nell’annesso meridionale della cripta romanica; qui sono presenti tracce della pavimentazione policroma in stucco e cocciopesto databile ai primi anni del XII sec. Esse coprono parte dell’abside semicircolare della chiesa paleocristiana, il cui sviluppo si percepisce meglio nell’ambiente adiacente.
Si percorre quindi l’ampio corridoio realizzato nel Settecento durante i lavori di costruzione della villa abbaziale, dove si sono poste in risalto, con una copertura in vetro, le più significative tra le numerose tombe dell’XI-XII sec., che testimoniano l’ampiezza e l’importanza del cimitero circostante la chiesa.
Al di sotto del porticato addossato al fianco meridionale di quest’ultima sono visibili due tombe ad incinerazione di età romana, nelle quali sono state collocate copie dei corredi ceramici esposti nelle vetrine del museo; le sepolture erano racchiuse entro un recinto funerario in muratura, nel sito scelto per l’edificazione della probabile memoria e poi della chiesa paleocristiana, nella quale si dispongono importanti tombe in grandi lastre di marmo, risalenti al VI sec. (ad una di esse appartiene il frammento di coperchio esposto nel museo). Si rientra quindi nella chiesa, dove vecchi scavi avevano evidenziato l’esistenza di una cappella, decorata nella seconda metà del Quattrocento da un pregevole ciclo affrescato; qui, ad una profondità molto maggiore rispetto al piano pavimentale del XV sec., sono visibili resti murari del recinto funerario romano, lungo il quale una sepoltura ad inumazione coperta con tegole attesta la continuità d’uso della necropoli sino al IV-V sec.
Alcuni gradini consentono di risalire alla quota del pavimento della sacrestia settecentesca e la visita riprende quindi al livello della chiesa: una piccola abside, con antistante altare, testimonia l’ampliamento della cripta negli annessi laterali nel XII sec., quando un nuovo piano di calpestio occultò anche le basi dei pilastri romanici articolati da semicolonne, conservate per tutta l’altezza con il loro rivestimento in stucco. In più punti si notano i reimpieghi di materiali scultorei dell’VIII sec. e romani, tra i quali un importante frammento di ara con la raffigurazione di un animale e di due vasi.
Tornando sui propri passi si ridiscende nel settore centrale della cripta romanica, nella quale si sono recuperati gli intonaci originari della prima metà dell’XI e del XII sec.; sono inoltre visibili ampie porzioni dei rivestimenti in stucco delle semicolonne ed altre sculture altomedievali riutilizzate, come il bel piastrino annegato in uno dei sostegni della navatella e un capitello.
Attraverso una delle due porte di epoca romanica si sale nell’angusto annesso laterale nord della cripta, in corrispondenza del campanile e di qui, mediante la scala originaria, si raggiunge nuovamente il piano della chiesa, dove è ancora visibile l’abside che nel XII sec. concludeva il grande impianto a cinque navate dell’abbaziale.
Giunti al piano più alto, dove sono esposti paramenti sacri ed ostensori-reliquari di pregevole fattura, si entra nella cappella alta, edificata e riccamente decorata nel XVII sec. per accogliere le reliquie di san Dalmazzo (in una teca è conservato il reliquiario in argento esposto in copia nel museo), dalla quale si ha una completa visuale dell’interno della chiesa barocca. La visita si conclude, attraversate due piccole sale che accolgono arredi liturgici di diverse epoche, ridiscendendo nel corridoio d’ingresso.
Informazioni:
Museo, tel. 0171 262573
Abbazia: Piazza XI Febbraio, 4 – tel. 0171 266133
Links:
http://www.museoabbazia.it/
Bibliografia:
GAZZOLA G.M., San Dalmazzo di Pedona: itinerario storico e artistico, Agami, Cuneo 2000
MICHELETTO E.(a cura di), La Chiesa di San Dalmazzo a Pedona: archeologia e restauro, Agami, Cuneo 1999
MICHELETTO E., San Dalmazzo di Pedona: il museo dell’Abbazia,- Borgo San Dalmazzo 2005
Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra indicato.
Data compilazione scheda:
05/08/2008 – aggiornam. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Feliciano Della Mora – G. A. Torinese