Provincia di Alessandria

Castelnuovo Scrivia (AL) : Chiesa dei Santi Pietro e Paolo

Castelnuovo Scrivia (AL) - Chiesa Pietro e Paolo

Storia del sito:
La chiesa rappresenta uno dei rari casi di datazione certa perché lo scultore Magister Albertus firmò la lunetta del portale nel 1183. La traduzione dal latino della scritta incisa è: “Io maestro Alberto, ho fatto nell’anno 1183 dall’incarnazione del Signore Nostro Gesù Cristo, regnante l’imperatore Federico (Barbarossa), essendo Otoba supervisore dei lavori”. 

Non si sa chi fosse Otoba, se un capocantiere o un maestro, però è significativo e raro che “Albertus” si sia firmato e abbia potuto fregiarsi del titolo di magister. Di lui si sa poco; sono rimaste solo altre sculture in San Giacomo a Gavi (AL) e nel duomo di Genova. 
La costruzione dell’edificio probabilmente fu favorita dal fatto che il comune di Castelnuovo, di parte ghibellina, fu alleato del Barbarossa e partecipò alla distruzione di Tortona nel 1155 ottenendo in cambio immunità, privilegi e fondi per opere pubbliche. 
La chiesa venne rimaneggiata nel XIV, XVII e XX sec., ma gli interventi non furono tali da alterare l’impianto romanico. 
Nella facciata si notano interventi del 1800 sulla parte più esterna del portale.

Descrizione del sito:
La chiesa presenta la facciata caratterizzata dal portale a falso protiro (con capitelli a crochet e piccoli leoni stilofori), relativamente semplice rispetto a altri esempi in area piacentina e pavese, dei quali subisce l’influsso. 

Le sculture della lunetta rappresentano la lotta di Sansone col leone, un tema iconografico classico. Sansone è raffigurato con una lunga treccia mentre cavalca la belva in corsa. La scultura è uno dei lavori più pregevoli della scultura della seconda metà del XII sec. in area padana. 
L’interno della Chiesa è a tre navate e venne rifatto all’inizio del 1600, pare su disegno di Pellegrino Tibaldi. 
Di fianco al portale sinistro un affresco del primo 1400 con la “Madonna della Misericordia”. Si sono conservati alcuni capitelli romanici, probabilmente opera del magister Albertus con foglie e palmette di imitazione corinzia. 
Affreschi e tele che ornano la chiesa datano al sec. XVI e successivi.

Le altre sculture di Magister Albertus in area padana si trovano nella Chiesa di San Domenico a Gavi (AL).

Informazioni:
Parrocchia tel. 0131 826185

Link:
Comune di Castelnuovo Scrivia

Chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo

Bibliografia:
ARENA R., Magister Albertus tra Piemonte e Liguria, “Piemonte Romanico”, Torino, 1994.

RIZZI G., VOLTA S., Portale di Maestro Albertus. Collegiata dei Santi Pietro e Paolo, Castelnuovo Scrivia, Milano, 1991.
CARESIO F., Romanico in Piemonte, Ed. Di Camillo, Moncalieri, 1998.

Fonti:
Foto tratta dalla pagina Wikipedia: Chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo

Data compilazione scheda:
12 maggio 2005 – aggiornamento maggio 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

castelnuovo scultlun

Castelnuovo Bormida (AL) : Castello

Castelnuovo Bormida (AL) - Castello

Storia del sito:
Un castello, o piuttosto un receptum, fu fondato tra la fine del secolo X e i primi del secolo XI dai vescovi di Acqui in un’area loro donata da Ottone III imperatore. Si deve arrivare al 1040/1041 per riscontrare, in un atto di donazione di terreni, nonchè di attribuzione di rendite e pievi concesse da San Guido al monastero benedettino di San Pietro in Acqui, la prima testimonianza documentale dell’esistenza di un nuovo castello posto in prossimità del guado della via Emilia sulla Bormida, là dove in epoca tardo-imperiale doveva esistere la tenuta di un For’mentius da cui si ritiene sia derivato il toponimo di Formentiana. Il castello rimase sotto il controllo dei Vescovi di Acqui nel secolo XI e probabilmente sino ai primi del XII; successivamente passò in dominio dei marchesi di Monferrato, con diploma di conferma del possesso nel 1164 da parte di Federico Barbarossa e Guglielmo il Vecchio. Nel corso del Duecento vi furono infiltrazioni dei marchesi d’Incisa con dominio alessandrino-monferrino e con estromissione degli Alessandrini per opera dei marchesi di Monferrato, verso la fine del secolo. Nel corso dei secoli XV e XVI le fortificazioni del castello vennero, sempre su impulso dei Paleologi ed in particolare del marchese e condottiero Guglielmo VIII, ulteriormente ristrutturate e potenziate dai vari signori succedutisi nel tempo, anche con l’ampliamento costituito dal torrione quadrangolare successivamente rimaneggiato ed ancora esistente. Successivi feudatari furono gli Adorno genovesi tra il Trecento ed il Quattrocento; poi i Porro, gli Zoppi, i Sacco, i Moscheni, i Grasso, i Grillo e i Ferrari. Questi ultimi conservarono il titolo anche quando il Monferrato passò a Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1708 ed a Castelnuovo venne conferita la dignità di marchesato nel 1738. Castelnuovo perse sempre più rapidamente la propria importanza strategica ed il castello cambiò gradatamente, nel corso dei secoli XVIII e XIX, la propria funzione ed il proprio aspetto da quelli di postazione fortificata di carattere prettamente militare a quelli di palazzo residenziale dei marchesi Ferrari.

Descrizione del sito:
Il castello si presenta come una grandiosa struttura in mattoni di forma trapezioidale, completa di fossato e di torre, frutto di una stratificazione di interventi succedutisi nel corso dei secoli.

Della costruzione primitiva del secolo XI rimangono soltanto una porzione della cinta muraria e la base della massiccia torre quadrata in pietra, coronata da beccatelli.
Successive modifiche strutturali ed aggiunte di corpi di fabbrica intervennero tra il secolo XIV ed il XVIII, dapprima finalizzate a potenziare le opere di fortificazione: probabilmente al tardo Quattrocento risale la costruzione, successivamente rimaneggiata, del bastione di forma quadrata che domina l’accesso al paese dalla strada proveniente da Cassine. 

Informazioni:
Comune, tel. 0144 714535

Link:
https://www.comune.castelnuovobormida.al.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/

Castelnuovo Bormida

Bibliografia:
G. PISTARINO, Storia aperta di Castelnuovo Bormida, A.T. Pro Loco, Castelnuovo Bormida AL, 1996.

Fonti:
Foto in alto tratta dal sito del comune. Foto in basso tratta dal sito www.castelnuovobormida.net

Data compilazione scheda:
15 gennaio 2007 – aggiornamento maggio 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Castelnuovo Bormida (AL) - Torre

 

Castelletto d’Orba (AL) : Castello e altri edifici medievali

Castelletto d'Orba (AL) - Castello

Storia e descrizione dei siti:
Il paese conserva l’impianto medievale del borgo, dotato di ricetto, con tre porte urbiche, di cui se ne conservano due, e vari edifici dell’epoca.

Il CASTELLO ha una massiccia struttura quadrangolare, accentuata dalla posizione dell’edificio che domina l’intera località. La sua fondazione, forse anteriore all’anno Mille, sarebbe avvenuta per mano di Aleramo, marchese del Monferrato. L’attuale costruzione risale al XIII secolo. ma fu rimaneggiato nel XVII. Il castello fu di proprietà dei Marchesi di Monferrato fino al secolo XIV, passando poi, fino al XVII secolo, alla famiglia genovese degli Adorno. Restaurato all’inizio del XX secolo da Alfredo D’Andrade. Caratteristica architettonica sono i tipici elementi del gotico piemontese, come le numerose bifore con colonnine ed archi di marmo sormontate dai caratteristici “occhi di bue” e da una coronatura di merli ghibellini.

Il nucleo dell’antico ricetto era raggiungibile attraverso tre porte, una delle quali detta PORTA  DELLA BERLINA, del XIV secolo, è ancora visibile; la porta della “Gagliarda” fu restaurata alla fine del  XIX secolo dal D’Andrade e la porta dell’“Ajres” fu invece distrutta nel XVII secolo. La Torre Buzzi è invece di recente costruzione (inizio ‘900) in stile tardo gotico, forse ubicata nel luogo dove sorgeva l’antico castello obertengo distrutto nel XVI secolo.

CASA DEL MARCHESE Residenza estiva del Marchese del Monferrato risalente al XII secolo si affaccia sulla probabile porta denominata “Porta dell’Olmo”, forse guado sul torrente Albara.

CHIESA DI SAN ROCCO Il portale reca la data 1630, ma l’edificio è precedente, ipotesi supportata da una raffigurazione murale del santo risalente al XIV secolo. Adibita a lebbrosario nel XVI secolo, probabilmente aveva la stessa funzione già nel XII secolo. Al suo interno si può notare un altare policromo in legno del XV secolo.

Informazioni:

Link:
Comune di Castelletto d’Orba

https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_AL_Castelletto-Orba.htm

Fonti:
Foto e notizie tratte nel 2014 dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
12 novembre 2011 – aggiornamento maggio 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Porta della Berlina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Castelletto d’Orba

Castellazzo Bormida (AL) : Chiesa di Santo Stefano

Castellazzo Bormida (AL) - Chiesa di Santo Stefano

Storia del sito:
La chiesa di Santo Stefano era denominata “extra muros” per la sua lontananza dall’antico centro abitato. Di origine monastica, viene fatta risalire al secolo XI, sia per la presenza di cripta, sia per le tre absidi, simili a quelle di Santa Giustina a Sezzadio (vedi scheda).

Nel secolo XVI la chiesa versava in uno stato di abbandono, dovuta anche alla vertenza tra due istituzioni religiose che se ne contendevano il possesso. Lavori di recupero vennero svolti alla fine del 1500 e poi, dalla metà del 1600 fino al 1685, venne eseguito il rifacimento della facciata, delle volte di copertura e dell’interno, lasciando intatte solo le tre absidi, la cripta e parte delle murature perimetrali.
Nel 1997-98 si è proceduto ad un’opera di risanamento (costruzione di vespaio nella cripta e di un’intercapedine perimetrale) che ha confermato che la chiesa primitiva aveva le dimensioni dell’attuale.

Descrizione del sito:
La parte romanica di maggior interesse è la struttura esterna delle tre absidi, in laterizio, decorate da lesene, prive di finestre. 

L’impianto della chiesa è a navata unica, con le absidi innestate direttamente nel transetto. La piccola cripta ha semplici colonne che reggono volte a crociera.

Altri resti di edifici medievali sono il “Torrione” e la “torre dell’orologio”(vedi sito del Comune in basso). 

Informazioni:
 Via Milite Ignoto, 24 — Info Comune tel. 0131 272801

Link:
http://www.comune.castellazzobormida.al.it – Chiesa di Santo Stefano

http://it.wikipedia.org/Castellazzo Bormida – Chiesa di S. Stefano

Bibliografia:
IENI G., Itinerari artistici nell’Alessandrino, Ed. Cassa di Risparmio di Alessandria, Alessandria, 1984.
MORETTI C., Catalogo di edilizia ecclesiastica nel territorio di Castellazzo Bormida, Ugo Boccassi editore, Alessandria, 2001.

Fonti:
Foto tratte dalle pagine internet del sito del Comune: Chiesa di Santo Stefano

Data compilazione scheda:
6 dicembre 2005 – aggiornamento agosto 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Castellazzo Bormida (AL) : Chiesa della Trinità da Lungi

Storia del sito:
La Chiesetta, isolata nella campagna, come indicato nel nome, fu probabilmente edificata su un’area già dall’antichità dedicata al culto. Viene citata in un documento del 1134. Purtroppo fu manomessa e rimaneggiata nei secoli successivi, soprattutto nel 1731, quando le si diedero forme barocche.

Descrizione del sito:
L’impianto romanico è ancora visibile nella parte bassa della facciata (di mattoni con innesti in pietre grigie), nella quale si apre un portale ad arco a tutto sesto con architrave e lunetta senza decorazioni. La parte alta della facciata è un rimaneggiamento settecentesco, anche se vi sono ancora due lesene con capitelli a fogliame della prima metà del XII sec. e tre monofore con una larga cornice in pietra. La parte esterna a oriente conserva ancora elementi di muro con reimpiego di mattoni romani e tratti in pietrame a spina di pesce. Originariamente aveva tre absidi, delle quali si conserva quella centrale, ma con una soprelevazione che ha irrimediabilmente leso le proporzioni originali.
L’interno della chiesa ha maggiormente conservato le caratteristiche romaniche con tre navate e copertura a capriata. I pilastri sono a sezione quadrata con addossate semicolonne e lesene e danno una sensazione di forte verticalità. I capitelli, molto allungati rispetto al diametro, sono scolpiti con intrecci di animali, vegetali, mostri e sirene.
All’interno del cilindro absidale rimangono resti di affreschi.

Informazioni:
Comune, tel. 0131 272801

Link:
http://www.comune.castellazzobormida.al.i – Chiesa della Trinità dal Lungi

https://www.chieseromaniche.it/Schede/72-Castellazzo-Bormida-Trinita-da-Lungi.htm

Bibliografia:
IENI C. Itinerari artistici nell’Alessandrino, Alessandria, 1984.
CARESIO F., Romanico in Piemonte, Ed. Di Camillo, Moncalieri, 1998.
MORETTI C. Catalogo dell’edilizia ecclesiastica nel territorio di Castellazzo Bormida, Ed. Boccossi, Alessandria, 2001.

Fonti:
Foto in altro tratta dalla pagina internet: Castellazzo Bormida – SS. Trinità da Lungi
Foto in basso tratte nel 2014 dalla pagina del Comune.

Data compilazione scheda:
12 maggio 2005 – aggiornamento giugno 2014 e maggio 2024

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Castellazzo Bormida (AL) - Chiesa della Trinità da Lungi (Vista abside)

Castellazzo Bormida (AL) - Chiesa della Trinità da Lungi (particolare capitello)

Cassine (AL) : Torre daziaria medievale

Torre Cassien2 fotoCaldini

Storia e descrizione del sito:
Vedi allegato dell’arch. A.B. Caldini  TORRE LEVARETTA CASSINE

Informazioni:
in frazione Alvaretta o Levaretta, regione Torrazza.

Link:
www.inforestauro.org

Fonti:
Foto di A. B. Caldini e notizie per gentile concessione dell’Autrice.

Data compilazione scheda:
6 marzo 2015

 
torre Cassine1 Foto Caldini

Cassine (AL) : Palazzo Zoppi, Chiesa di San Giacomo e altri edifici medievali

 Cassine (AL) - Chiesa San Giacomo (facciata)

Storia del sito:
Nel territorio di Cassine vi furono insediamenti sin dalla tarda età del ferro; fu abitato dai Liguri Statielli e poi venne compreso del municipium di Aquae Statiellae. In epoca medievale, per la natura strategico-difensiva del sito posto su una collina, venne costruito il primo nucleo fortificato (castrum), nei pressi del piazzale della Ciocca, retrostante la chiesa di San Francesco e il Palazzo Comunale. Cassine comparve nella storia in documenti del 985 e del 995; l’imperatore Ottone II la concesse ad Aleramo, successivamente al Vescovo di Acqui. Attorno al castrum sorse l’insediamento che, tra il X e il XIII, acquistò sempre maggior consistenza, concretizzando un’autonomia comunale parallela all’emergere della nuova città di Alessandria, seppure già nel 1161 Federico I Barbarossa avesse investito Guglielmo di Monferrato del feudo di Cassine. Questo fatto costrinse i Cassinesi a doversi alleare con Alessandria, per difendere la propria autonomia comunale, sino alla pace del 1199. Nel 1203 Cassine venne denominata oppidum, termine che attesta l’esistenza di un nucleo fortificato con mura, torri e un castello sulla sommità della collina. Tra il XII e il XV secolo Cassine si trovò coinvolta, con alterne vicende, nelle guerre tra Alessandria e Genova, poi cadde alternativamente sotto la signoria dei Marchesi di Monferrato, dei Visconti e degli Sforza di Milano. 

Nel XIV-XV secolo sorse un nuovo nucleo fortificato al limite superiore del paese (Guglioglio) e si definirono precise aree urbane che assunsero il nome delle porte ad esse collegate. Nel 1404 fu occupata da Facino Cane. Nel 1451 fu assediata da Guglielmo del Monferrato, nel 1556 occupata dalle milizie di Carlo V, nel 1644 dai Francesi e nel 1707 annessa ai domini sabaudi.

Descrizione del sito:
Il borgo medievale di Cassine conserva ancora alcuni pregevoli edifici risalenti al XV e XVI secolo: la più nota e interessante è la CASAFORTE QUATTROCENTESCA DEI CONTI ZOPPI (già degli SFORZA). Il complesso si presenta con una aggregazione di edifici tardomedievali, in cui il torrione a nord e i resti delle mura appartengono alla costruzione originaria, mentre il resto dell’edificio porta segni di aggiunte successive e della trasformazione in residenza signorile. La facciata, rimaneggiata, presenta una bella bifora.

Al primo piano si conserva parte di un importante ciclo pittorico di cultura lombarda della metà del XV secolo, con scene di caccia, di giochi e di vita cortese, ricche di raffigurazioni allegoriche e decorazioni geometriche tipiche del gotico cortese, nello stile del Pisanello, affini agli affreschi della casa dei Borromeo a Milano. 
Nel cortile del palazzo, ad archi ribassati gotici, vi sono decorazioni pittoriche con motivi araldici e velari; vi si trova anche una cappella al cui interno sono conservati una pregevole tavola trecentesca di scuola piemontese che rappresenta la Madonna col Bambino e reperti romanico-gotici, provenienti dalla distrutta chiesa di S. Francesco di Valenza.

Altri edifici medievali sono:
CASA PERO, la cui facciata presenta elementi architettonici del periodo gotico (finestre ad ogiva tamponate) e all’estremità superiore resti di un fregio decorativo in mattoni;

CASA ARCASIO ora PAGLIA, bel complesso di vaste proporzioni con, all’interno, elementi murari medievali, un cortiletto tardo rinascimentale ed elementi litici di un portale cinquecentesco;

CASA MAZZOLENI ora CUTTICA DI REVIGLIASCO ha una facciata tardomedievale con in basso una struttura porticata e antiche botteghe;

PALAZZO BUZZI – PIETRASANTA, evidente esempio di trasformazione da una più arcaica struttura di casa-torre medievale ad un impianto tardo rinascimentale di casa-corte. L’antica torre medievale, con monofore e bifore tamponate e un fregio terminale in mattoni, è visibile all’estremità nord.

Nella parte più alta del paese, detta Guglioglio, si trova la CHIESA DI SAN GIACOMO che presenta esternamente sulla facciata e sul lato nord caratteri romanici e il cui interno, a tre navate, è il risultato di interventi di ristrutturazione che non permettono di leggere completamente la struttura originaria. Sul primo pilastro a sinistra è affrescata una Madonna con Bambino del XV secolo. Altri frammenti pittorici sono stati staccati e sono conservati parte in Palazzo Zoppi, parte nella Galleria Sabauda di Torino. Il campanile è del 1430.

Descrizione dei ritrovamenti:
In località San Giorgio, presso una cava, è stato scoperto un abitato ligure della seconda età del Ferro (IV-II secolo a.C.) e un edificio funerario a pianta quadrata, di età romana.

Informazioni:

Link:
http://www.comune.cassine.al.it – Palazzo Zoppi

http://www.comune.cassine.al.it – Chiesa di San Giacomo

http://www.comune.cassine.al.it – Palazzo Buzzi – Pietrasanta

Bibliografia:
ARDITI S., CUTTICA DI REVIGLIASCO G., Cassine note di analisi storica, territorio, insediamenti rurali e concentrico, Alessandria, 1986 

ARDITI S., La collezione d’arte del conte Giovanni Zoppi in Cassine, in “Aquesana”, n. 8 (2001), pp. 41-61.

Fonti:
Foto tratte dalle pagine internet del sito del Comune sopra indicate.
Ultima foto tratta dalla pagina : Foto di Cassine

Data compilazione scheda:
5 febbraio 2006 – aggiornamento agosto 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Cassine (AL) - Palazzo Buzzi - Pietrasanta

Cassine (AL) - Palazzo Buzzi - Pietrasanta (2)

Cassine (AL) - Palazzo Zoppi

Cassine (AL) : Complesso conventuale di San Francesco e museo di San Francesco “Paola Benzo Dapino”

Cassine (AL) - San Francesco

Storia del sito:
Il complesso conventuale di san Francesco risale al XII-XIV secolo e fu edificato in stile gotico lombardo nel sito del castrum. Dal 1291 si hanno indizi del trasferimento nel convento dei frati minori conventuali. L’arrivo dei francescani attesta un progressivo inserimento della comunità religiosa nel tessuto sociale della cittadina medievale. In San Francesco si svolgevano le adunanze della comunità nei momenti critici della sua vita. Se San Francesco adempiva al ruolo di sede comunitaria per la vita di Cassine, analoga funzione svolgeva l’ampio spazio antistante, utilizzato per il mercato annuale. 

Non si conosce l’intera storia della Chiesa di San Francesco a causa della dispersione dell’archivio. La chiesa ha subito varie modifiche nel corso dei secoli: al 1430 risale un campanile, l’altro al 1614; al 1548 il portale classicheggiante. Nel XVII secolo vi furono due scorrerie di truppe francesi e un terremoto che provocò danni all’edificio della chiesa, cui si rimediò con la costruzione di due robusti contrafforti e il rifacimento delle prime due campate (alla fine del 1600). 
Altri lavori vennero eseguiti dopo l’arrivo da Roma, nel 1713, delle spoglie di Sant’Urbano martire, unitamente ad una settantina di reliquie custodite in preziose teche lignee intagliate: venne sistemata una cappella destinata ad accogliere le spoglie del martire. Nel 1733 venne rifatto il pavimento, l’anno successivo vennero collocati il pulpito e gli stalli del coro. Con la soppressione per decreto di Napoleone iniziò il definitivo decadimento del complesso francescano: i Minori conventuali tornarono a Cassine nel 1830; un decennio più tardi furono sostituiti dai Padri Cappuccini che ressero il convento fino al 1858. Negli edifici del convento i frati, a metà Ottocento, aprirono scuole pubbliche che vennero mantenute anche dopo che il Comune acquistò il complesso. L’abside quadrata della chiesa venne restaurata nel 1928.
Nel 2011 è stato inaugurato il Museo che espone una serie di arredi in un unico organismo costituito dagli elementi superstiti del convento e con la realizzazione di una nuova struttura avente funzione di ingresso. Il complesso, adiacente la chiesa, si compone di tre ambienti: Sala Capitolare, Sacrestia e Quadreria.

Descrizione del sito:
La CHIESA DI SAN FRANCESCO ha la facciata in cotto, con coronamento di archetti pensili originali romanici, come nel fianco sud; il portale gotico fortemente strombato.

La chiesa presenta un impianto basilicale a tre navate, a cui se ne aggiunge una quarta costituita dall’insieme delle cappelle intercomunicanti sorte in fasi successive sul lato sud. I vari interventi di ristrutturazione in stile barocco non permettono di leggere completamente la struttura originale, con archi ogivali e volte a crociera cordonate. I capitelli sono prevalentemente cubici, dalla fattura molto semplice; in alcuni casi compaiono tipologie a forma svasata con una decorazione scultorea a carattere vegetale. Un ulteriore elemento artistico è la decorazione pittorica: tutte le superfici interne delle zone superiori della chiesa furono decorate, poco dopo l’edificazione, con fregi cosmateschi, finti conci alternati e finti marmi, fregi a spirale, rosoni e altri motivi in stretta connessione al momento architettonico. 
L’interno conserva resti di AFFRESCHI dal XV al XVII secolo. Sul primo pilastro a sinistra è affrescata una immagine di Madonna con Bambino datata al XV secolo grazie all’analisi mensiocronologica (cioè basata sulla misura dei mattoni).

A sinistra della facciata della chiesa vi è l’ex-convento, con un bel portale ogivale a conci di tufo e mattoni alternati. Il chiosco presenta portico e loggia; in un’aula a sinistra, l’antica SALA CAPITOLARE vi è un ciclo pittorico trecentesco raffigurante la “vita di Cristo” (Crocifissione, Epifania…) attribuito al “maestro di Cassine”, cui alcuni studiosi attribuiscono anche affreschi nella chiesa di san Michele a Pavia. Al centro della parete orientale c’è una Crocifissione, mentre sul lato destro sono raffigurati san Francesco e san Giacomo. Sulla parete nord sono effigiate le Storie dei Magi e l’Adorazione del Bambino in braccio alla Vergine, mentre sulla parete opposta si trova una Vergine con Bambino in trono e sant’Antonio abate, santa Caterina d’Alessandria e san Giorgio. Nelle vetrine sono esposti alcuni reliquiari lignei, dipinti e dorati, appartenenti a un unico complesso giunto nel 1713 a Cassine come dotazione a corredo delle spoglie di sant’Urbano Martire. Altro reliquiario importante è quello del triregno funebre di papa San Pio V, databile al 1588. Nella Sala Capitolare vi sono anche due crocifissi lignei policromi di ambito alessandrino (XV-XVI sec.).

La SACRESTIA, modificata nel 1713, con l’inserimento di due armadi la costruzione, sulla parete orientale, di un altare in muratura sovrastato dall’affresco della Vergine con Bambino e i santi Matteo e Bonaventura, attribuite al Monevi. Durante il restauro degli armadi, sulla parete Nord, è emerso un affresco del 1532 con la stessa iconografia dell’altare. Sul lato opposto è stato rinvenuto il dipinto di un cavaliere munito di scudo e vessillo con croce; il soffitto a cassettoni lignei è tardomedievale. Completano gli arredi una scultura lignea secentesca dell’Ecce Homo e quattro reliquiari del ‘700 in lamina d’argento e il reliquiario della Vera Croce (XVIII sec.).

La QUADRERIA si trova nella terza sala, originariamente collegamento fra sacrestia e chiesa. Contiene 14 tele della Via Crucis (1796) del bolognese Fancelli, tele sei-settecentesche e la pala della Vergine con Bambino fra san Francesco e san Biagio, di fine Cinquecento, opera dell’alessandrino Soleri. Durante il restauro sono stati individuati strati pittorici sovrapposti ed è emerso che la figura di san Francesco era stata dipinta sopra una precedente raffigurazione di un santo Vescovo.

Informazioni:
Piazza Vittorio Veneto, 2 .  Comune tel. 0144 715151

Allegato Pieghevole Museo Cassine



Link:
http://www.comune.cassine.al.it – Complesso conventuale di San Francesco

https://www.comune.cassine.al.it/it-it/vivere-il-comune/cultura/museo-d-arte-sacra-di-san-francesco-paola-benzo-dapino

Bibliografia:
ARDITI S., Il trecentesco complesso conventuale di San Francesco di Cassine, in Alto Monferrato, tra Piemonte e Liguria, tra pianura e Appennino, storia, arte e tradizioni, coordinamento di Luigi Gallareto e Carlo Prosperi, Torino 1998.

GREGORI M. (a cura di), Pittura murale in Italia dal tardo duecento ai primi del Quattrocento, Ist. Bancario S. Paolo Torino, Torino, 1995.

Fonti:
Foto in altro tratta dalla pagina Wikipedia: Cassine, monumenti e luoghi d’interesse

Foto in basso tratta dalla pagina del sito del Comune: Complesso conventuale di San Francesco

Data compilazione scheda:
24 gennaio 2006 – aggiornamento giugno 2014 – dicembre 2021

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Cassine (AL) - San Francesco (particolare)

Cassine (AL) - San Francesco (particolare 2)

 

Casale Monferrato (AL) : Museo Civico

Storia del museo:
L’istituzione del Museo risale al 1854, quando la collezione etnografica formata da Carlo Vidua fu donata alla città da Clara Leardi.
Il Museo ha sede nell’antico convento agostiniano di Santa Croce, affrescato all’inizio del Seicento da Guglielmo Caccia detto il Moncalvo.
Nelle ventiquattro sale sono ordinate oltre quattrocento opere suddivise nei settori Pinacoteca e Gipsoteca Bistolfi. Di recente è stata aperta la Sala Archeologica, allestita con i reperti risalenti all’età del Bronzo Finale (X secolo a.C.) rinvenuti a Morano Po (loc. Pobbieto). (vedi scheda su Archeocarta).

Esposizioni temporanee:
Sino al 2007 fu allestita la mostra: “In riva al fiume Eridano”. Nel periodo 2007-2014 il Museo Civico ha poi ospitato la mostra archeologica “Longobardi in Monferrato”, che è stata disallestita nell’estate 2014 per decorrenza dei termini del deposito.

Informazioni:
tel 0142 444309 oppure 0142 444249 email: cultura@comune.casale-monferrato.al.it

Link:
http://www.comune.casale-monferrato.al.it/Museo Civico

Bibliografia:
VENTURINO GAMBARI M. (a cura di), “In riva al fiume Eridano”, catalogo della mostra allestita sino al 2007 al Museo Civico di Casale Monferrato

Data compilazione scheda:
10 settembre 2004 – aggiornamento giugno 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Carlo Vigo – Gruppo Archeologico Torinese

Casale Monferrato (AL) : Duomo di Sant’ Evasio

Casale Monferrato - Duomo San Evasio (facciata)

Storia del sito:
Il duomo di Casale è stato oggetto nei secoli di pesanti ristrutturazioni che ne hanno alterato la struttura romanica ma, all’interno, sono custoditi capolavori assoluti dell’arte romanica piemontese come il nartece, i mosaici e una statua lignea raffigurante il Cristo realizzata nella seconda metà del XII secolo. 

Al momento della sua consacrazione nelle forme romaniche, ad opera di papa Pasquale II, il 4 gennaio 1107, la chiesa di S. Evasio aveva già alle spalle una lunga storia, che ne faceva uno dei luoghi più rappresentativi della regione; il mo­tivo stava forse nella figura stessa del santo cui era dedicata, un santo locale del quale si conservavano già allora le reliquie, una personalità il cui culto era radicato da secoli nella tradizione del popolo della regione. 
La particolare importanza e vivacità del culto di sant’Evasio e della comunità cristiana locale è confermata anche dalla presenza di documenti che riguardano la chiesa ben prima del 1000: una donazione di Igone, vescovo di Vercelli, del maggio 974, parla di una chiesa nella quale è sepolto il corpo veneratissimo dello stesso Evasio confessore; un’ulteriore donazione del 988 testimonia che la chiesa è già capopieve e ci informa che il luogo ove sorge è detto Casalis S. Evasii. Un dato che sembra contrastare con quanto sopra emerge dalla bolla di Innocenzo III del 1212, che elenca i diversi papi che prima di lui confermarono i beni del capitolo di S. Evasio: il primo di questa lista è Pasquale II, papa dal 1099 al 1118, lo stesso che consacrò nel 1107 la chiesa ricostruita in forme romaniche. Resta però attestato che già prima del 1000 la chiesa era officiata da un clero stabilmente residente; con tutta probabilità la ricostruzione romanica portò a una semplice riforma del capitolo stesso. 
Alla fine del XII secolo è testimoniata la costruzione del chiostro, voluta dall’imperatore Federico I. 
La chiesa fu poi gravemente danneggiata agli inizi del se­colo seguente, allorché una coalizione di vercellesi, astigiani e alessandrini distrusse Casale; in quest’occasione furono trafugate ad opera degli alessandrini le reliquie di sant’Evasio. La chiesa fu immediatamente ricostruita aumentandone l’altezza e allargandone il transetto. Nel 1403 vi furono solennemente traslate le reliquie dei santi Evasio, Natale e Proietto, riprese agli alessandrini, e nel 1474 Casale fu elevata a sede vescovile. 
Al secolo seguente risale probabilmente il crollo parziale del campanile, colpito da un fulmine.
Agli inizi del Settecento la chiesa subì un ammodernamento in stile barocco, che comportò il rivestimento di molte parti in stucco e l’intonacatura di quasi tutto l’interno, con la sola eccezione del nartece. Verso la metà del secolo seguente l’edi­ficio cominciò a mostrare segni di cedimento, e comparvero larghe crepe; fu nominata una commissione e fu consultato il più famoso architetto dell’epoca, l’Antonelli, il quale propose di abbattere la chiesa e di costruirne una nuova! 
Fu l’intervento del Rosmini, il grande filosofo, che evitò lo scempio, dissuadendo il vescovo; fu allora interpellato il Canina, altro noto ar­chitetto dell’epoca, che propose di riportare alla luce l’antica muratura. Alla sua morte, giunta dopo breve tempo, l’incarico di condurre in porto il restauro fu affi­dato al conte Edoardo Mella. Il suo restauro, grandemente criticato, non si di­staccava molto dalle linee della scuola ottocentesca, e comportava la ricostruzione dell’edificio nelle sue supposte linee originali, con alcuni interventi di “aggiusta­mento” che oggi appaiono inaccettabili ma che allora rappresentavano la norma. Così furono modificati i sostegni (colonne e pilastri) che in origine erano di tipi diversi e a volte asimmetrici, riducendoli a perfetta uguaglianza e simmetria; su di essi fu poi steso un intonaco grigio. Il Mella fece anche ricostruire le volte e le decorò con affreschi, smussandone poi i costoloni perché davano ombra alla decorazione; ricostruì infine la cupola e aprì alcune finestre sul lato settentrionale. Il danno forse maggiore fu la sostituzione dei capitelli scolpiti in pietra con esem­plari nuovi in stucco. La facciata asimmetrica — il versante destro è più stretto — è divisa in cinque parti, trasferendo così all’ester­no la suddivisione interna in cinque navate. È fiancheggiata da due alti campanili, anch’essi completati in fase di restauro; entrambi facevano parte della primitiva chiesa dell’XI secolo; abbattuti nell’assedio del 1218, furono ricostruiti subito do­po, e presentano ancora parti originali: quello di sinistra, detto di S. Evasio, fino all’altezza della galleria, quello di destra, detto del SS. Sacramento, fino all’altezza del loggiato. La cuspide di quest’ultimo fu aggiunta dal Mella, che li tinteggiò entrambi nell’attuale tinta bruno-rossastra.Il fianco settentrionale è interamente rifatto, almeno per le parti più visibili, mentre la parete laterale dell’atrio, in pietra tufacea, è ancora quella originale. 
A destra dell’abside si innalza una terza torre campanaria, che rivela anch’essa diverse epoche costruttive: i due ordini inferiori presentano la caratteristica spar­tizione romanica ottenuta tramite una lesena centrale che separa due riquadri en­tro i quali si apre una stretta feritoia; ciascun piano termina con il tipico motivo ad archetti ricchi. Gli ordini intermedi sono gotici, gli ultimi due ottocenteschi. La muratura della parte bassa, di fattura più grezza rispetto a quella della chiesa, testimonia l’anteriorità dell’epoca di costruzione del campanile. In origine la torre, che non è in asse con l’edificio, era da questo separata, e tale rimase fino alla ricostruzione del 1218, allorché la parte orientale della chiesa fu ampliata.
Un’altra torre si ergeva in origine sopra l’incrocio delle navate con il transetto; crollò parzialmente nel 1544 e fu sostituita un secolo più tardi dall’attuale cupola, impostata, come detto, sull’originale tamburo. Infine accanto alla chiesa, sul lato sinistro, sorgeva il già citato chiostro fatto costruire dal Barbarossa, che venne distrutto nel secolo scorso per consentire l’apertura della via Liutprando. 
Accanto alle parti più direttamente visibili risalenti ancora all’edificio consa­crato nel 1107 c’è tutta una serie di elementi accessibili solo agli stu­diosi, nascosti nei sottotetti dell’edificio. 
L’originaria chiesa di S. Evasio viene così ad evidenziarsi come una costruzione per molti aspetti diversa dall’attuale, sia nella pianta, che era a croce latina e priva di cappelle laterali, che nell’alzato, che soprattutto nella parte superiore presentava un aspetto lontano dall’attuale: il tetto esterno non era a due versanti continui come l’attuale, ma a salienti interrotti, la copertura interna era in legno a vista e non a volte, e la navata centrale riceveva luce da una serie di finestre — clerestory —poste in alto, sotto l’imposta del tetto. Con l’incendio questa parte alta della chiesa andò distrutta e fu ricostruita elevando le volte costolonate. All’esterno, la facciata principale è totalmente ri­fatta. 
Fortunatamente più rispettoso dell’antico si dimostrò il restauro del nartece, la cui struttura è ancor oggi pressoché integra.

Descrizione del sito:
Vasto ambiente rettangolare, coperto da una volta originalissima, percorsa da enormi archi a tutto sesto — due trasversali e due longitudinali — che si incrociano determinando una sorta di scacchiera di nove riquadri rettango­lari, coperti con volte a crociera con o senza costoloni, o a botte. Una simile rea­lizzazione non ha paragone nell’architettura romanica italiana; la sua origine è schiettamente orientale e richiama alcuni edifici armeni e, in ambiente più vicino, le moschee di Cordoba e di Tolosa (La Mezquita de Bib-Al-Mardum) datate al X secolo. Le sue pareti sono percorse, su tre lati, da una galleria con ampi finestroni che si affaccia sull’atrio stesso, con eleganti bifore e trifore; la parete che separa l’atrio dalla vera e propria chiesa è percorsa da un doppio ordine di aperture, cinque grandi arcate nell’ordine inferio­re e cinque in quello superiore, di altezza decrescente secondo il profilo della pa­rete. Fra queste ultime, solo la bifora all’estrema sinistra è originale, le altre sono tutte rifatte.

La muratura dell’atrio è in grossi conci di tufo ben squadrati e uniti con poca malta.
La critica è divisa riguardo alla datazione di questa parte dell’edificio; il Porter sosteneva che esso fosse posteriore alla primitiva chiesa, attribuendolo alla metà del XII secolo sulla base della presenza, sotto il tetto della chiesa stessa, di parti scolpite appartenenti alla originale facciata, sulle quali si nota l’interruzione causata dall’imposta degli archi dell’atrio. La Gabrielli al contrario sostiene che esso sia contemporaneo alla chiesa, perché nei travi del sottotetto sono ancora visibili tracce delle bruciature presumibilmente dovute al già datato incendio, e perché la decorazione scultorea presente nell’atrio è dello stesso tipo di quella che doveva comparire all’interno della chiesa, secondo i resti che ne rimangono visibili sempre nel sottotetto. 

Il duomo presentava in origine un vasto corpus di sculture, purtroppo in gran parte oggi scomparse o quasi illeggibili, localizzate tanto all’interno della chiesa quanto nell’atrio. La perdita più grave riguarda senza dubbio i capitelli dei pila­stri che separano le navate; appesantiti da aggiunte settecentesche, furono integral­mente sostituiti dal Mella. Tracce dell’originaria scultura sono rimaste nelle fine­stre del transetto primitivo, visibili nel sottotetto. Il motivo decorativo degli archi di tali finestre, a ovuli e festoni su colonnette sottili, con capitelli a fogliami — solo uno presenta un volto d’uomo — si ritrova tal quale nelle sculture dell’atrio. È proprio quest’ultima la zona ove è visibile in maggior quantità la decorazione originaria, nelle ghiere degli archi e nei capitelli delle colonnine che li reggono. Impressionante è la varietà dei temi decorativi impiegati, di­versi per ciascuno degli archi: girali, festoni, fogliami, figure umane ed animali. Particolarmente interessante la figurazione sugli archi della galleria del lato sini­stro dell’atrio, ove si trovano scene di lotta fra animali — un cavallo che ne calpe­sta un altro, un cervo che lotta contro un cane — e raffigurazioni simboliche — un girasole fra due pavoni e due colombi.
Nei capitelli dell’atrio è frequente l’impiego della tecnica a traforo nelle figurazioni umane ed animali: guerrieri, sirene, teste di gatto e cane, ecc. I lapicidi che realizzarono queste sculture, molto probabilmente, si trasferirono a Casale quando volsero al termine i lavori nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Vercelli. Non va dimenticato che all’epoca la chiesa dedicata a sant’Evasio, retta da un capitolo di canonici che seguiva la regola di sant’Agostino, dipendeva dalla diocesi di Vercelli e che “la comunità casalese con­quistò una definitiva consapevolezza della propria identità politica nella seconda metà del XII secolo, lottando per l’erosione di spazi di autonomia all’interno della do­minazione vercellese”. L’accresciuta potenza del borgo di Casale, la volontà di au­tonomia, i privilegi accordati alla chiesa dall’imperatore e dai marchesi del Monferrato sono stati più volte portati a sostegno di una datazione nella seconda metà del XII secolo per la costruzione di un corpo architettonico di eccezionale complessità come l’atrio di sant’Evasio. 
Le sculture del portale di Santa Maria Maggiore fanno pensare che proprio la città di Vercelli possa essere stata il centro propulsore ideale di repertori all’antica, poiché in tale sito non fu difficile agli scultori reperire esempi da imitare ancora visibili nei ru­deri degli edifici romani, oltre che nella stessa Basilica di Santa Maria Maggiore risa­lente al IV secolo, i cui materiali di spoglio servirono senza dubbio da modello per il nuovo edificio romanico. 
Il Crocefisso: stupenda statua lignea rivestita di lamine d’argento, è visibile sopra l’arcone est del presbiterio di sant’Evasio, benché questa non fosse la destinazione originaria. Sappiamo infatti che la croce fu sottratta dai casalesi alla Cattedrale di Alessandria, durante l’assedio del 1404. Dopo circa due secoli era vendicato il furto delle reliquie dei santi patroni di Casale, compiuto dagli alessandrini nel 1215. De Francovich, pur non essendo a conoscenza di quest’avvenimento, aveva proposto una datazione alla seconda metà del XII secolo che, tenuto conto della provenienza dell’opera, è possibile precisare intorno al 1170, anno in cui ha inizio la costruzione della Cattedrale di Alessandria, divenuta sede di diocesi a partire dal 1175. Di dimensioni leggermente inferiori rispetto alla croce di Vercelli, ne ricorda l’immagine per la monumentalità. 
I mosaici della Cattedrale di Casale Monferrato, scoperti sotto il presbiterio durante i lavori di restauro condotti tra il 1858 e il 1860, sono ora murati nelle pareti del deambu­latorio prossimo al presbiterio. A Casale il tessuto musivo si arricchisce di tessere colorate (rosse, gialle, azzurre, grigie e marroni) che macchiano vivacemente l’insieme della composizione; il mosaicista, per la prima volta, tenta di restituire il modellato delle figure servendosi delle diverse gamme della policromia. I contorni delle immagini sono segnati da una sottile linea di confine nera e poi ammorbiditi con una striscia di colore che si differenzia secondo i soggetti: azzurro o grigio per gli abiti, rosato per i volti e gli in­carnati, marrone per i cavalli. Lo spazio è riempito dai protagonisti, linee eleganti suggeriscono il movimento e l’agilità delle figure; i motivi ornamentali di matrice classica, che fanno da cornice alle scene, sono eseguiti con grande cura. I soggetti rap­presentati sono in parte relativi a storie bibliche (Giona ingoiato dalla balena, la lotta di Abramo contro i re cananei, Nicanore sconfitto da Giuda Maccabeo), in parte si rifanno alle interpretazioni dei testi di Plinio, fondamentali nel Medioevo, per le nozioni relative agli abitanti, reali e di fantasia, delle zone più remote della terra (il pigmeo e la gru, l’acefalus, l’antipodes); numerose sono anche le figure e le scene simboliche (la sfinge, il mostro dalle sette teste). Episodio isolato sembra quello del duello, facilmente acco­stabile al frammento, analogo per soggetto, presente a Vercelli. Sulla base di tale con­fronto Kingsiey Porter afferma che il mosaico di Casale, meno avanzato dal punto di vista stilistico rispetto a quello di Vercelli, può essere datato intorno al 1140.

Informazioni:
Tel. 0142 452219

Link:
http://www.comune.casale-monferrato.al.it – Cattedrale di Sant’Evasio

http://it.wikipedia.org/wiki/Duomo_di_Casale_Monferrato

http://it.wikipedia.org/wiki/Mosaici_del_duomo_di_Casale_Monferrato

http://www.medioevo.org/artemedievale/Pages/Piemonte/Casale.html

Bibliografia:
CHIERICI S., Piemonte, la Val d’Aosta, la Liguria, Jaca Book, 1979 AA.VV., Piemonte romanico, Banca CRT, 1994.

Fonti:
Foto tratte dalla pagina Wikipedia: Duomo di Casale Monferrato

Data compilazione scheda:
15 settembre 2004 – aggiornamento giugno 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Casale Monferrato - Duomo San Evasio (interno)