Provincia di Alessandria

Acqui Terme (AL) : Siti archeologici romani

Acqui Terme (AL) - Sito archeologico della Piscina Romana

Storia e descrizione dei siti:

AREA RCHEOLOGICA DI VIA CASSINO, 28
A maggio 2014 è stato inaugurato il recupero e il nuovo allestimento di uno dei più importanti siti archeologici di epoca romana della città, l’impianto artigianale di via Cassino.
Nell’antico edificio, rinvenuto nei primi anni ’80 del secolo scorso e di cui si conservano importanti resti, è possibile riconoscere un impianto artigianale destinato alla produzione di vasellame ceramico d’uso comune, risalente al I-II secolo d.C., ma rimasto in uso fino alle soglie dell’età medievale.

Composto da sei ambienti (in uno dei quali sono stati rinvenuti i resti di un forno), distribuiti attorno ad un cortile centrale dove si trova un pozzo dotato di una vera in pietra, l’edificio si affacciava con un porticato sul marciapiede di una strada acciottolata conservata per un lungo tratto. Ubicato lungo l’antica via per Hasta (Asti), ai margini del perimetro urbano antico.

SITO ARCHEOLOGICO DELLA PISCINA ROMANA (CALIDARIUM) – CORSO BAGNI/VIA GHIONE
Resti facenti parte di un vasto complesso termale risalente all’età imperiale, ritrovati nel 1913, durante la costruzione di un edificio. Si tratta di una vasta piscina affiancata da alcuni ambienti riscaldati attraverso un sistema ad ipocausto che
costituiva un settore di un vasto complesso termale risalente all’età imperiale romana. Ritrovata nel 1913 durante la costruzione dei nuovi portici fu in parte reinterrata ed in parte inglobata nel piano cantinato del palazzo allora in costruzione. Ulteriori scavi effettuati negli anni ’70 del secolo scorso e altri compiuti nel 2001 hanno messo in luce la piscina e confermato la maggiore estensione dell’impianto termale di cui faceva parte.
La piscina presenta forma rettangolare e dimensioni considerevoli (m 13 x m 6,5). La vasca è scavata direttamente nella roccia e chiusa all’intorno da un poderoso muro perimetrale in scaglie di pietra che sorreggeva la copertura. L’accesso poteva avvenire da ogni lato, poiché l’intero perimetro murario che la delimita presenta tre gradoni, di altezza differente, dai quali si poteva scendere all’interno della vasca; sui lati lunghi essa è costeggiata da un largo corridoio mentre sui lati brevi si trova un passaggio più stretto. In origine, l’ambiente doveva essere coperto da una volta rivestita da mosaici in tessere di pasta vitrea colorata e dotato di ampie finestre protette da vetrate e la vasca rivestita di marmi molto pregiati. La piscina, forse approvvigionata direttamente dall’acqua della sorgente “Bollente”, doveva svolgere la funzione di grande calidarium cioè di ambiente in cui prendere bagni caldi.

TEATRO ROMANO – VIA SCATILAZZI
Posto nelle immediate vicinanze di piazza della Bollente, l’antico teatro di Aquae Statiellae, risalente all’epoca imperiale e riportato alla luce alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, sfruttava il pendio naturale del colle per la cavea, rivolta verso la sottostante piazza, dove si doveva trovare la scena, i cui resti sono oggi nascosti sotto alcuni palazzi moderni. Nel banco roccioso della collina erano direttamente tagliate parte delle gradinate destinate agli spettatori, collegate da scalinate di accesso di cui ancora si conservano alcuni resti. L’edificio doveva creare una monumentale scenografia urbana con l’antica fontana della Bollente e con l’impianto termale che sorgeva accanto ad essa e che ne sfruttava le acque.

Informazioni:

Link:
https://turismo.comuneacqui.it/

https://www.acquimusei.it/limpianto-artigianale-di-via-cassino/

https://www.acquimusei.it/la-piscina-romana-di-corso-bagni/

https://www.acquimusei.it/il-teatro-romano-di-via-scatilazzi/

Fonti:
Fotografie tratte nel 2014 dal sito del Comune di Acqui.

Data compilazione scheda:
7 giugno 2014 – aggiornamento agosto 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Acqui Terme (AL) - Sito archeologico del Teatro romano

Acqui Terme (AL) : Museo Archeologico

AcquiTerme (AL) - Museo Archeologico (La necropoli lungo la via Aemilia Scauri)

Storia del Museo:
Acqui Terme occupa oggi quello che fu il sito della città romana diAquae Statiellae, centro sorto nella prima metà del II secolo a.C., in luogo di Carystum, antica capitale dei Liguri Statielli, difficile da localizzare con precisione vista la scarsità di tracce archeologiche di età protostorica. 
I reperti archeologici finora ritrovati permettono di avviare una ricostruzione dell’iniziale popolamento del territorio acquese durante il Paleolitico e il Neolitico, intensificatosi poi nel corso dell’età del Bronzo e del Ferro. La presenza in età preromana di un insediamento su questo territorio e la formazione di una città, vitale per lunghi secoli a partire dall’età romana, è senz’altro riconducibile all’esistenza delle ricche acque termali, elemento peculiare della città. Ancora oggi il paesaggio acquese è caratterizzato dalle rovine del grandioso acquedotto romano e dalla monumentale fonte detta La Bollente, posta al centro della città. 
I numerosi e significativi reperti archeologici acquesi, frutto di varie campagne di scavo o di ritrovamenti fortuiti, sono stati raccolti all’interno del Museo Archeologico ricavato negli ambienti del vecchio Castello dei Paleologi. 
Dopo alcuni tentativi di raccogliere i reperti acquesi, malamente conclusi tra Ottocento e Novecento, una sommaria esposizione fu allestita alla fine degli anni Settanta, trascurando tuttavia di approfondire la conoscenza dei contesti perduti. 
L’odierno allestimento del museo, inaugurato nel 2002, mira a colmare questa lacuna e rappresenta il primo lotto di un progetto che mira al recupero completo del castello. Un secondo lotto è’ stato completato nel 2013.

Descrizione delle collezioni:
Le sei sale del museo sono organizzate per temi e periodi cronologici, in modo da spaziare dalla preistoria all’età romana e al Medioevo. 
Le prime due sale,riservate al periodo preistorico, affrontano le tematiche del popolamento del territorio dal Paleolitico alla seconda età del Ferro. 
Una scheggia in selce rinvenuta a Toleto di Ponzone e un raschiatoio proveniente dai terreni della vecchia fornace acquese collocata sulla strada per Savona sembrano confermare una frequentazione dell’Appennino ligure-piemontese a partire dal Paleolitico inferiore. Altri reperti testimoniano la presenza di gruppi di cacciatori nomadi che probabilmente si spostavano seguendo i branchi di selvaggina e raccogliendo i vegetali nati spontaneamente. 
Più nutrita la documentazione riferibile al Neolitico (fine VI-metà IV millennio a.C.), lungo arco di tempo in cui l’uomo passa dalla sopravvivenza basata sulla caccia e sulla raccolta a un’economia produttiva imperniata sull’agricoltura e sull’allevamento. Gli insediamenti si fanno stabili e inizia la produzione di recipienti in ceramica e di utensili levigati come asce, accette e scalpelli. Il reperto più antico riferibile all’età del Bronzo (2200-900 a.C.) è un frammento di un grande vaso biconico recuperato ad Acqui Terme durante i lavori di estrazione nella cava di argilla collocata sulla destra della strada per Savona, nell’area della necropoli romana. 
A partire dalla media età del Bronzo gli insediamenti si concentrano nei bassi terrazzi fluviali del Bormida. È in questo periodo che si attua il graduale passaggio dal rito funerario dell’inumazione a quello della cremazione, con la deposizione dei resti dapprima all’interno di fosse scavate nel terreno e forse ricoperte da un basso tumulo, poi in un’urna fìttile, insieme agli oggetti di abbigliamento e di corredo raccolti dal rogo funebre. In riferimento all’età del Bronzo finale (XII-X secolo a.C.) è particolarmente interessante l’area del Sassello, assai sfruttata per l’approvvigionamento del rame necessario alla nascente metallurgia. Numerosi i materiali qui rintracciati: punte di lancia, rasoi, lingotti, frammenti di spada e di vasi. 
La seconda sala illustra l’età del Ferro (IX-II secolo a.C.) e soprattutto il momento di passaggio dall’abitato dei liguri statielli alla formazione della città romana. 
La prima età del Ferro è condizionata dallo sviluppo del commercio etrusco, fino al crollo del macrosistema dell’Etruria Padana a seguito delle invasioni galliche, iniziate sul finire del V secolo a.C. Appartiene a questo periodo una fibula con lunga staffa a globetto rinvenuta nel 1961 ad Acqui. La seconda età del Ferro termina con l’avvio del processo di romanizzazione (II secolo a.C.) ed è caratterizzata dall’arroccamento delle popolazioni nelle vallate appenniniche e dalla prevalenza di un’economia basata sulla pastorizia e sull’impiego come mercenari negli eserciti.

Le tre sale seguenti affrontano l’età romana, con l’obiettivo di raccogliere in maniera sistematica l’insieme dei dati acquisiti nel centro urbano in tempi differenti, dagli scavi più recenti e meglio documentati alla rilettura delle conoscenze più datate. Si è potuta così abbozzare una prima ricostruzione dell’impianto urbano di età romana. 
Aquae Statiellae è stata costruita intorno alla sorgente termale, urbanizzando la piana, terrazzando l’altura del castello e cercando di ovviare con opere di drenaggio agli allagamenti cui era soggetta la valle del Medrio. 
La terza sala espone i corredi delle necropoli urbane, testimonianza dell’alto tenore di vita degli antichi abitanti del centro. Lungo il tracciato della strada consolare, l’antica via Aemilia Scauri, ad est e a ovest, sono state individuate due grandi necropoli sviluppatesi in gran parte tra l’inizio dell’età augustea e la fine del I secolo d.C. 
I corredi più antichi – come quelli dei settori di piazza San Guido e via De Gasperi – sono caratterizzati da ceramiche da mensa, bottiglie, lucerne e unguentari. Merita di essere ricordato un anello in ambra con una gemma intagliata a forma di piccola scimmia. Si distingue inoltre una sepoltura raccolta dentro un’anfora, con un ricco corredo di coppe, bicchieri e vasi fittili, oltre a uno specchio, una lucerna, alcuni unguentari e un prezioso piatto in vetro verde scuro. 
Le tombe ritrovate in via Alessandria sono caratterizzate da una maggiore monumentalità. Si tratta più spesso di pozzetti quadrati in muratura con nicchie in cui era deposto il corredo, con una certa prevalenza di urne cinerarie e oggetti in vetro. Si segnalano strigili in bronzo argentato lavorati a bulino con la raffigurazione di opliti, recipienti vitrei di vari tipi, tra i quali spicca un rhyton, la cui funzione riporta direttamente all’ambiente termale. 
È ipotizzabile che l’asse stradale che costeggiava l’impianto cittadino a sud dell’abitato abbia acquistato maggior importanza a partire dalla seconda metà del I secolo, forse in concomitanza con la costruzione dell’anfiteatro e del vicino centro termale. 
Alla piazza della Bollente, sin dall’antichità centro dell’impianto urbano, è dedicata la sala principale del museo. Sono qui collocati resti dei sedili marmorei della grande fontana romana pertinente all’impianto termale romano, di cui si conserva, sotto i portici di via Saracco, la dedica a mosaico voluta dai magistrati responsabili di una delle ricostruzioni o dei restauri, forse collocabile tra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale. 
Si può immaginare che alla fine del I secolo a.C. lo spazio oggi costituito dalla piazza e dal tribunale fosse occupato dalla monumentale fontana, ubicata nella parte più alta, nel punto in cui sgorga la sorgente. I dati degli scopritori raccontano di gradini in marmo e di una vasca di forma circolare con un diametro di quattro metri e mezzo, circondata lungo tutto il perimetro interno da un sedile con schienale sempre in marmo. Il pavimento era in calcestruzzo rivestito di lastre marmoree, con un pozzo quadrato centrale da cui sgorgava la sorgente. La parte bassa, invece, doveva essere destinata al complesso termale. Questo doveva essere assai articolato con una serie di vani strutturati secondo funzioni diverse. 
I pochi tratti, individuati durante recenti campagne di scavo, mettono in evidenza alcuni muri che dovevano delimitare una nicchia rettangolare, al centro della quale sorgeva una struttura circolare. La pavimentazione, posta su un solido vespaio, era costituita da un mosaico in tessere bianche, mentre l’andamento delle pareti era sottolineato da un largo bordo a fascia in tessere nere. La parete occidentale doveva ospitare un alveus, una vasca per il bagno a immersione, mentre in quella settentrionale era invece posto un labrum, un largo bacino su basamento in muratura, destinato a contenere acqua fredda per rinfrescarsi dai bagni caldi. Mancano le tracce del consueto impianto di riscaldamento a ipocausto, ma è ipotizzabile che gli ambienti venissero scaldati sfruttando il calore delle acque termali. Accanto al calidarium si aprivano altri ambienti con funzioni differenti, come il laconìcum (sauna), il tepidarium e il frigidarium (destinati ai bagni tiepidi e freddi), la natatio (la piscina che solitamente concludeva il percorso termale). 
La stessa sala conserva numerosi reperti provenienti dagli scavi di edifici pubblici e privati: ricchi materiali architettonici in marmo e in terracotta, frammenti di sculture, arredi domestici marmorei e un frammento di mosaico con iscrizione. Pochissime le notizie relative ai frammenti di sculture ritrovati in territorio acquese. Si distingue per pregio la mano femminile rinvenuta nell’edificio di via Aureliano Galeazzo. Si tratta dell’unico esempio di grande scultura reperito in città. Le dimensioni notevolmente superiori alla grandezza naturale e la qualità del pezzo, insieme alla destinazione pubblica del luogo del ritrovamento, fanno pensare a una statua, forse rappresentante una divinità. 
Interessanti le testimonianze relative ai pavimenti romani della città, che permettono la ricostruzione di quattro tipi differenti di pavimentazione. I sectilia pavimenta erano i più pregiati e costosi. Se ne sono rinvenuti quattro esemplari, tutti di età imperiale, a disegno geometrico, giocato sul contrasto cromatico delle mattonelle nere e bianche, I pavimenti a mosaico sono il tipo più rappresentato, con oltre una ventina di attestazioni. Si tratta soprattutto di esemplari in tessere bianche, talvolta arricchiti da cornici nere. Pochi i casi di decoro geometrico, come quello a stelle e quadrati di via Carducci, databile al I secolo d.C., o quello decorato da cornici a onde correnti di tradizione tardoellenistica, ritrovato nei pressi della Bollente. A un altro edificio pubblico deve essere assegnato il mosaico che reca un’iscrizione, quella di M. Octavius Optatus, che fece costruire il pavimento stesso, o l’intero edificio, a sue spese. 
Un altro tipo di pavimentazione piuttosto diffuso è rappresentato dai cocciopesti, apprezzati per la loro resistenza e impermeabilità. Di essi si registrano una decina di esemplari, alcuni semplici, altri con decorazioni in scaglie o tessere o piastrelle in marmo e pietra. Il più interessante appartiene a una domus rinvenuta in corso Roma e presenta piastrelle romboidali e triangolari disposte in modo regolare. Infine esistono testimonianze di pavimenti in elementi di laterizio o cotto, in particolare piastrelle rettangolari disposte a spina di pesce. Nel 2013 è stato riportato nel museo il frammento di pavimento musivo di epoca romana recentemente rinvenuto in via Mariscotti, nella zona occidentale della città, nel corso degli scavi per la posa delle tubazioni per il teleriscaldamento cittadino. 
Centro termale con una intensa vita commerciale Segue una sala dedicata agli aspetti della vita commerciale e produttiva della città antica: una selezione delle centinaia di anfore, rinvenute nella bonifica antica di via Gramsci, testimonia l’intensità dei traffici commerciali che interessarono Aquae Statiellae e che ebbero come fulcro il porto di Savona, tramite con la penisola iberica. Alle importazioni di materiali dalla Spagna si affianca la produzione locale di oggetti di immediata necessità. Dalla fornace suburbana di via Cassino proviene un consistente nucleo di materiali ceramici di uso comune, come pentole, tegami, coppe e brocche prodotti in serie e sicuramente destinati ad un commercio locale. Altri oggetti, come le matrici per la produzione di lucerne, informano di una produzione più specializzata che doveva avvenire anch’essa in loco.

La presenza della sede episcopale, in epoca paleocristiana, si inserisce in una serie di elementi che confermano la continuità abitativa della città. La prima testimonianza certa dell’episcopato acquese risale alla seconda metà del V secolo. La sua collocazione sul colle attesta il progressivo abbandono della maggior parte dell’abitato antico posto nella piana e l’accentramento nella parte più alta e protetta. Non si conoscono ancora nel dettaglio le dinamiche storiche vissute da Acqui nel corso dell’alto medioevo, tuttavia, nella pur lacunosa documentazione, in città sono evidenti tre aree cimiteriali altomedievali di notevole consistenza: la zona di San Pietro, l’area di corso Roma e quella di piazza della Conciliazione. Tra le chiese assume infatti una particolare rilevanza quella dedicata all’apostolo Pietro, a cui è appunto connessa l’ampia area cimiteriale, collocata in quello che era stato il centro della città romana. Si conosce purtroppo poco delle vicende costruttive di questa chiesa, ma la presenza di un variegato campionario scultoreo alto-medievale fa pensare a diverse fasi di rifacimento dell’arredo liturgico. Purtroppo gran parte di queste decorazioni è conservata soltanto in fotografia, poiché molti dei pezzi rinvenuti nel cantiere degli anni Trenta sono andati perduti. Le immagini consentono in ogni caso di datare i decori in un’epoca compresa tra la fine del VII secolo e l’età carolingia. 
Poco distanti sorgono le tombe attribuibili al cimitero della chiesa di San Giovanni, attestata almeno dal X secolo. La chiesa, poi donata ai francescani e completamente ricostruita, è giunta a noi con la dedica a san Francesco. Il cimitero è comunque più antico: nel corso di indagini archeologiche in corso Roma sono state portate alla luce 31 tombe a inumazione prive di corredo e databili tra VII e X secolo d.C. Dai dintorni del centro urbano provengono invece corredi funebri che attestano la presenza dei longobardi: pettini, orecchini, fibbie di cinture, lame di coltello, resti di casse funebri.

Un’ultima vetrina è infine dedicata a un gruppo di materiali ceramici del XVI secolo rinvenuti nei terreni che andarono a colmare la vecchia piscina medievale della fonte termale, in piazza della Bollente. Testimoniano la diffusione di tipologie decorative e di produzioni tipiche del primo rinascimento.

Informazioni:
Tel.  0144 57555

Link:
http://www.acquimusei.it -Museo archeologico di Acqui Terme

Bibliografia:
SAPELLI RAGNI M. (a cura di), 2004, Tesori del Piemonte. Il Piemonte degli scavi. Siti e musei di antichità.

Fonti:
Fotografie tratte dal sito del Museo archeologico di Acqui Terme

Data compilazione scheda:
08 gennaio 2005 – aggiornamento giugno 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – G. A. Torinese

AcquiTerme (AL) - Museo Archeologico (L'abitato di Aquae Statiellae)

Acqui Terme (AL) : Duomo di Santa Maria Assunta

AcquiTerme (AL) - Duomo di Santa Maria Assunta

Storia del Sito:
Fu consacrato nel 1067 dal Vescovo San Guido, ma la costruzione era iniziata una quarantina di anni prima. 

Dopo essere stata rimaneggiata nel secolo XVII, della fabbrica romanica oggi si conservano il transetto, il campanile e le tre belle absidi semicircolari liberate dal restauro del 1971/72. Durante questi lavori è stato scoperto un sarcofago in pietra del sec. XI.

Descrizione del Sito:
Il campanile in cotto a bifore e trifore del sec. XIII, posto in facciata, venne completato nel 1479. 

Le tre absidi (vedi fotografia) sono tripartite da lesene rettangolari e da una serie di archetti pensili a coronamento delle monofore. Costruite con conci di pietra arenaria locale non perfettamente squadrati, alternati lunghi e medi, disposti a corsi orizzontali abbastanza regolari. 
La facciata è preceduta da un atrio del 1600, ma conserva il portale marmoreo che Giovanni Antonio Pilacorte scolpì nel 1481: la lunetta a bassorilievo rappresenta l’Assunta e gli Apostoli; negli stipiti vi sono statue di Santi. 
L’interno è a cinque navate divise da pilastri con rilievi rinascimentali, con un ampio transetto. 
Sotto il presbiterio si trova la cripta dell’XI sec., con un corpo longitudinale triabsidato e uno trasversale monoabsidato ciascuno suddiviso in tre navatelle da una selva di colonnine. Nel braccio destro il sarcofago del Vescovo Guido morto nel 1070. 
Dalla parte destra del presbiterio si accede al chiostro della canonica, ultimato nel 1495, ma con resti romanici, cinto su tre lati da un portico, e su due da una loggia. Dal coro proviene un mosaico che un’iscrizione data al 1067, nel quale, tra animali che sembrano ispirati ai repertori favolistici dell’antichità, compare la storia del volo di Icaro. Formato da tessere nere su fondo bianco, ora è conservato nel Museo d’Arte Antica di Torino.

Informazioni:

Link:

https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_di_Santa_Maria_Assunta_(Acqui_Terme)

Bibliografia:
FRANZONI C., PAGELLA E., Arte in Piemonte. Antichità e Medioevo, Priuli e Verlucca ed., Ivrea, 2002
PAGELLA E., Il mosaico pavimentale del duomo di Acqui : elementi per un riesame, in: “Palazzo Madama. Studi e notizie”, Torino, 2.2011(2012), pp. 82-95

Fonti:
Fotografia tratta dall’articolo Wikipedia Acqui Terme

Data compilazione scheda:
10 giugno 2005 – aggiornamento giugno 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Acqui Terme (AL) : Chiesa dell’Addolorata (già Abbazia o Basilica di San Pietro)

AcquiTerme (AL) - Chiesa dell'Addolorata

 Storia del Sito:
Tra il 989 e il 1018 il Vescovo Primo fece radicalmente rinnovare una precedente chiesa cimiteriale paleocristiana, edificando una chiesa a tre navate in stile romanico, che fu la cattedrale di Acqui sino alla consacrazione della nuova chiesa di Santa Maria Assunta.
Negli anni immediatamente seguenti l’edificio divenne la chiesa del convento dei Benedettini. La vita monastica proseguì sino agli ultimi decenni del secolo XV: poi iniziò la decadenza dell’edificio. Nel 1720 venne divisa la navata centrale e si eresse la chiesa dedicata alla Vergine Addolorata, trasformandola in stile barocco. 
Tra il 1927 e il 1930 furono eseguiti forti interventi di restauro per riportare l’edificio alle presunte antiche linee romaniche, tra cui la rimozione di stucchi e affreschi all’interno. 
La Chiesa che oggi vediamo è frutto di un restauro integrale del 1960.

Descrizione del Sito:
Originale romanico resta il bel CAMPANILE ottagonale, raro esempio in Piemonte, dell’inizio del secolo XI appoggiato sull’abside sud, aperto in alto da un giro di bifore. 

L’interno della Chiesa contiene un affresco, staccato, della metà del XV secolo con una “Deposizione” di scuola lombarda; tele seicentesche e una statua lignea dell’Addolorata del 1720. 
La parte absidale, originale, rivela una tecnica costruttiva più antica e meno raffinata di quella delle absidi del duomo, con ciottoli di fiume, mattoni di recupero e blocchi di pietra rozzamente spaccati in corsi orizzontali molto irregolari. 
La decorazione consta di semplici lesene ritmicamente ripetute.

Informazioni:

Link:

https://www.cittaecattedrali.it/it/bces/165-chiesa-dell-addolorata-acqui-terme-al
http://www.medioevo.org/ – La cattedrale e San Pietro ad Acqui Terme

Bibliografia:
FRANZONI C., PAGELLA E., Arte in Piemonte. Antichità e Medioevo, Priuli e Verlucca ed., Ivrea, 2002.

Fonti:
Foto tratte dall’articolo Wikipedia: Acqui Terme

Data compilazione scheda:
10 giugno 2005 – aggiornamento giugno 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Acqui Terme (AL) : Acquedotto romano

AcquiTerme (AL) - Acquedotto romano

Storia del sito:
Acqui Terme è posta sulla riva sinistra del fiume Bormida, in quella parte di territorio popolata già in età protostorica dalla tribù ligure degli Statielli; la città più importante di questa tribù, Carystum, fu poi conquistata nel II secolo a.C. dalle milizie romane del Console Marco Popilio Lenate. Data la sua favorevole posizione, divenne punto strategico di collegamento tra la zona mediterranea ed il nord, ruolo potenziato dalla realizzazione della via Aemilia Scauri, che collegava Tortona a Vado Ligure. Inoltre, grazie alle sue sorgenti di acqua calda, divenne un importante centro termale. Intorno al secolo I a.C. sorse così la città romana che fu nominata AQUAE STATIELLAE, alludendo al popolo che precedentemente vi era insediato e all’acqua termale proveniente dal suolo in gran quantità. Il periodo di maggior splendore della città fu tra il I ed il II secolo d.C.; citata nei testi di Plinio, Strabone, Seneca e Tacito.
Della città romana ci sono pervenute molte testimonianze, in parte conservate ora al Museo Archeologico (vedi scheda). Esistevano almeno due impianti balneari termali nell’abitato romano: il primo e forse il più importante era situato nell’attuale piazza della Bollente e fu rinvenuto il secolo scorso durante gli scavi sotto il tempietto neoclassico, realizzato dal Cerruti nel 1879, a coronamento della fonte da cui sgorga l’acqua termale a 75°C. A testimonianza di ciò rimangono parte di un pavimento a mosaico della piscina termale visibile sotto i portici di via Saracco, contenente una scritta dedicatoria riportante il nome di chi aveva rinnovato tali struttu-re e i sedili in marmo conservati presso il Museo Archeologico. Il secondo complesso era costituito da un’altra piscina termale rinvenuta all’inizio di corso Bagni. Degli impianti idrici destinati all’uso pubblico è stata rinvenuta, poco prima della piazza del Comune, una fontana a zampillo con annessa vasca rettangolare lapidea che fungeva da abbeveratoio servita da una conduttura in piombo ancora visibile. 
Le rovine più importanti sono quelle dell’ imponente ACQUEDOTTO databile intorno al I secolo d.C., che riforniva il centro della città attingendo l’acqua dal torrente Erro, nei pressi del paese di Cartosio, e valicando la valle del fiume Bormida. Arrivata in città l’acqua veniva raccolta in una grande cisterna in un punto elevato, non individuato, da cui le condutture in piombo distribuivano l’acqua che alimentava le fontane e le vasche pubbliche e private e che, secondo alcuni studi, era utilizzata anche per ridurre la temperatura dell’acqua delle piscine termali.

Descrizione del sito:
L’acquedotto era lungo circa 13 km, su un percorso in gran parte sotterraneo e in parte fuori terra, con il tratto terminale sospeso, mantenendo una pendenza costante. Attraversava il fiume Bormida su grandi archi retti da pilastri, sette dei quali oggi sono ancora visibili e ben rendono l’idea dell’originaria struttura; altri otto pilastri si trovano nei pressi della strada per Cartosio. 
I pilastri, alti circa quindici metri, sono costruiti con la tecnica dell’”opera a sacco”, caratteristica dell’edilizia romana, con nucleo interno di conglomerato cementizio e paramento esterno in blocchi di arenaria. Rimangono quattro arcate intere larghe circa 7 m.

Informazioni:

Link:
http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/en/musei/aree-archeologiche/65-aree-arch-prov-di-alessandria/294-archi-dell-acquedotto-romano-di-aquae-statiellae

Fonti:
Foto tratte dall’articolo Wikipedia Acqui Terme

Data compilazione scheda:
14 settembre 2008 – aggiornamento agosto 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Acqui Terme – Ovrano (AL) : Chiesa dei SS. Nazario e Celso

Ovrano (AL) - Acqui Terme (Chiesa dei SS. Nazario e Celso

Storia del Sito:
La costruzione della pieve di Ovrano probabilmente fa seguito alla fase di evangelizzazione dell’area iniziata dal vescovo Guido attorno al 1000 e perseguita poi, nel XII secolo, dai monaci benedettini. Il lugo è citato nell’atto di fondazione dell’Abbazia di San Quintino di Spigno, dell’anno 991. I benedettini furono i primi proprietari dell’edificio, eretto nella prima metà del secolo XII e la cui dedicazione, ai santi Nazario e Celso, fa supporre degli stretti legami con l’arcivescovato di Milano. Tali rapporti sono confermati dalla frequenza in zona di altre cappelle dedicate ai due martiri, unitamente a più antichi titoli provenienti dall’oriente e dal sud d’Italia.

Descrizione del Sito:
La chiesa rispetta l’orientamento est-ovest, ed ha pianta rettangolare ad aula unica, con un basso campanile addossato sul lato meridionale. L’abside semicircolare è priva dei tipici archetti pensili di coronamento, ma presenta le tre classiche campiture ripartire da lesene, caratterizzate dalla stessa alternanza di conci lunghi ad altri più corti che si riscontra nelle vicine pievi di Morsasco e di Visone. La conformazione delle lesene e delle monofore absidali di queste due piccole chiese ha spinto alcuni autori a integrare idealmente l’abside di Ovrano sul modello dell’abside con triplice serie di archetti e muratura (Rebora, 1991). Un’ulteriore analogia con la pieve di Morsasco è data dalle due finestrelle quadre che affiancano il portale ad arco della facciata.

La tessitura muraria presenta conci di pietra arenaria locale di grandi dimensioni, abbastanza ben squadrati e con spigoli puliti, alternati negli stipiti ad altri più piccoli con funzione ammorsante. La tecnica di taglio del materiale ed il gusto decorativo e il confronto con edifici di età tardo-romanica non consente di spostare la data di fondazione oltre la metà del Millecento.

Informazioni:
 A nord della frazione Ovrano.  Pro Loco Ovrano, tel. 0144 323496. La pieve di Ovrano  appartiene al Comune di Acqui Terme.

Link:
http://www.inforestauro.org – Pieve di S. Vito (confronto con Ovrano)

Fonti:
Testo e fotografie tratti dalla pagina internet sopra indicata.

Data compilazione scheda:
31 dicembre 2011 – aggiornamento giugno 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese