Canavese

San Benigno Canavese (TO) : Torre-porta

SanBenigno_Portaricetto

Storia del sito:
La storia del borgo si identifica con quella dell’abbazia di Fruttuaria; risulta fortificato nel 1318 e il ricetto, sito ai confini del monastero, pare già esistente come entità autonoma, con strutture difensive, ponti, fossati, mura ecc. Nel 1340 San Benigno venne espugnato dalle truppe assoldate dai Valperga. Il ricetto venne ampliato alla metà del XV secolo; infatti risultano concessioni e franchigie concesse a San Benigno per i danni bellici subiti e per l’ampliamento del ricetto nel 1408 e nel 1443.
All’inizio del XVII secolo il ricetto era un nucleo stabile di residenza interno al borgo, probabilmente nell’area poi occupata dalla Parrocchiale settecentesca, che si era sviluppato intorno al perimetro delle mura. Si pensa che le strutture conservatesi siano quelle del borgo, che nel XVI secolo aveva assunto per estensione la denominazione di ricetto. La struttura emerge da mappe del 1750: due torri-porta quadrate a nord e ad est (quella ancora esistente) e due torri circolari agli estremi del fronte verso la piazza, di cui e rimasta quella sul fronte occidentale.

Descrizione del sito:
Del ricetto rimangono la forma pentagonale e l’assetto delle vie; una parziale struttura medievale si può ancora notare in alcune cellule edilizie nell’area più prossima al campanile dell’Abbazia. Su alcune facciate si possono ancora vedere tracce di finestre bifore.
La TORRE-PORTA rimasta risale alla seconda metà del XV secolo, ed era l’ingresso a est del borgo-ricetto. È in laterizi; ha forma di parallelepipedo con arco ogivale; presenta tracce dei bolzoni del ponte levatoio, due fasce di decoro a dentelli in cotto e feritoie. Verso l’interno la torre era aperta; negli ultimi secoli fu chiusa e riutilizzata anche come prigione. Oggi è proprietà privata.
La TORRE CIRCOLARE è monca ed ha subito diversi rimaneggiamenti nel corso del tempo.

Informazioni:
Gli edifici e le torri sono di proprietà privata. Comune di San Benigno Canavese, tel. 011 9880100

Link:
http://www.comune.sanbenignocanavese.to.it/ComSchedaTem.asp?Id=4823

Bibliografia:
VIGLINO DAVICO M., I Ricetti, Edialbra Regione Piemonte, Torino, 1979

Fonti:
Fotografia da http://it.wikipedia.org/wiki/Battifredo_%28torre%29#mediaviewer/File:San_Benigno_Canavese_Torino_-_Porta_Ricetto.jpg

Data compilazione scheda:
27/05/2006 – aggiornamento maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

San Benigno Canavese (TO) : Abbazia di Fruttuaria

02_MosaicoFruttuariaxAC

Storia del sito:
La storia del comune di San Benigno Canavese è strettamente legata a quella dell’abbazia di Fruttuaria, uno dei più antichi e grandiosi complessi monastici dell’Italia settentrionale. Sorta in un’area all’epoca scarsamente abitata ai margini delle selve (nella bolla di conferma dei privilegi di Fruttuaria da parte di Benedetto VIII del 1015, il monastero è detto fondato «in deserto loco») l’abbazia attrasse intorno a sé una comunità dapprima di maestranze adibite alla costruzione e al servizio del monastero, mutatasi poi in un fiorente borgo prevalentemente agricolo sotto il controllo degli abati.
L’imponente chiesa abbaziale racchiude al suo interno due edifici sovrapposti: uno del 1003, l’altro del 1776. Sotto il pavimento di quest’ultima chiesa, eretta su commissione del cardinale delle Lanze, si snoda infatti il percorso di visita agli scavi che hanno portato alla luce le strutture dell’abbazia dell’XI secolo con i suoi splendidi mosaici.
Fondata nel 1003 da Guglielmo da Volpiano su terre di proprietà paterna, l’abbazia di Fruttuaria acquistò velocemente grandezza e importanza, tanto che il numero dei monaci raggiunse il centinaio quando ancora il suo fondatore era in vita. Fruttuaria fu l’abbazia prediletta da Guglielmo, che volle infatti garantirne l’indipendenza e la sicurezza facendo sottoscrivere a ben 324 firmatari in tutta Europa uno straordinario documento da lui redatto tra il 1015 e il 1016.
In esso erano narrati i particolari della fondazione del monastero e l’aiuto ricevuto da Arduino di Ivrea. Fruttuaria fu affidata alla protezione dell’imperatore ed ebbe conferma da parte del papa dei notevoli privilegi ricevuti. L’abbazia divenne ben presto un centro di irradiazione della riforma monastica promossa da Guglielmo attraverso la diffusione delle Consuetudines Fructuarìenses, cioè delle regole e degli usi della casa madre codificati negli ultimi decenni dell’XI secolo. Nei secoli XI e XII l’abbazia visse il suo periodo di massimo splendore, giungendo alla formazione di un ordine monastico che nel XIII secolo comprendeva un centinaio di dipendenze: priorati, prepositure e semplici celle. Nel XIV secolo iniziò invece una fase di declino che raggiunse il suo culmine nel 1477, quando i monaci persero il privilegio di nominare l’abate che fu sostituito da un commendatario nominato direttamente dal papa. Nel 1585 Sisto V decretò la soppressione del monastero, trasformato in una Collegiata di preti secolari. Nel 1634 morì l’ultimo monaco. Nel 1770, l’allora abate commendatario, il cardinale Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze, decise la demolizione dell’antica abbazia e incaricò l’architetto Bernardo Antonio Vittone di edificare una nuova chiesa. Alla morte di Vittone la direzione del cantiere passò a Mario Ludovico Quarini. Prima della completa ricostruzione, l’edificio aveva già subito modificazioni nel tempo: era stato ampliato di due campate verso ovest e privato delle absidi orientali, sostituite da un coro notevolmente allungato. Le strutture del Mille dovevano però in gran parte ancora sussistere e i mosaici erano sicuramente ancora in uso, come testimonia la loro citazione nell’orazione funebre pronunciata per la morte del cardinale nel 1785. La ricostruzione dell’abbazia risparmiò parte dell’ala orientale del chiostro e il campanile.
La primitiva chiesa abbaziale venne alla luce nel 1979 in seguito agli scavi compiuti per la posa dell’impianto di riscaldamento. Dal 1980 al 1984 si è svolta l’indagine completa della chiesa settecentesca, mentre nel 1986 e nel 1991 lo scavo è proseguito sotto l’attuale pronao e nel sagrato antistante. Il percorso archeologico è stato allestito al di sotto del piano pavimentale dell’edificio attuale.

Descrizione del sito:
Guglielmo scelse per la sua chiesa una struttura assolutamente innovativa, con precedenti solo nell’abbazia di Cluny, che rispondeva alle esigenze di un edificio progettato in funzione della liturgia celebrata dai monaci. Esaminando la pianta della chiesa abbaziale si evidenzia lo schema basilicale a tre navate molto brevi sulle quali si innesta un largo transetto sporgente concluso alle estremità da cinque cappelle absidate orientate, moltiplicando in questo modo gli altari e le possibilità di celebrazioni anche contemporanee. Questa articolazione della chiesa era inoltre adatta ad ospitare processioni interne e cerimonie in occasione delle singole festività e ricorrenze dell’anno liturgico, mentre non erano previsti grandi spazi per i fedeli, raccolti nelle tre navate piuttosto corte.
Il fasto della liturgia e il rigore di vita dei religiosi erano importantissimi per il prestigio del monastero e per le sue fortune materiali, legate alle donazioni di chi assicurava la salvezza della propria anima alle preghiere dei monaci.
Piantachiesaoriginaria1Della struttura originaria si conservano ancora le due cappelle esterne, con le basi degli altari in muratura, mentre delle tre centrali rimangono solo gli innesti sul transetto. Le strutture risultano omogeneamente costruite con filari di ciottoli del vicino torrente legati con malta di calce di buona qualità. Si notano anche qua e là blocchi lapidei squadrati e mattoni sesquipedali.
Il coro era sopraelevato e sovrapposto alla cripta, ricostruita durante l’XI secolo e con un altare dedicato a Maria.
Al centro l’area interna della crociera era suddivisa in due settori: la parte ad ovest, sopraelevata rispetto alla navata centrale, doveva accogliere al centro un altare, quella orientale, cui si accedeva scendendo alcuni scalini, era dominata dalla presenza di una piccola rotonda, un monumento circolare creato a immagine dell’Edicola di Gerusalemme, edificata nel IV secolo per volere di Costantino, intorno alla tomba di Cristo scavata nella roccia.
Già nel X secolo in alcuni monasteri transalpini, in occasione dei riti pasquali, iniziarono a essere rappresentati i drammi sacri incentrati sull’episodio della visita delle pie donne al Sepolcro. A questo scopo furono realizzate diverse copie simboliche (sia fisse in muratura, sia mobili in legno) della tomba di Cristo, ispirate alle descrizioni dei pellegrini che si erano recati in Terra Santa.
Quello di Fruttuaria è il più antico Sepolcro fisso conservato in muratura, mentre le Consuetudines Fructuarienses ci hanno tramandato con ricchezza di particolari la suggestiva azione scenica che si svolgeva la mattina di Pasqua.
La cerimonia inizia, secondo precise disposizioni lasciate da Guglielmo ai suoi monaci, con il trasporto in processione dell’importante reliquia del Santo Sepolcro, da lui stesso procurata per Fruttuaria. L’azione scenica vera e propria si svolge poi fra le tre Marie e gli angeli, che attendono seduti dentro il Sepolcro, entrambi interpretati dai monaci. All’invito “Venite et videte locum ubi positus erat Dominus” entrano nel Sepolcro anche le pie donne. Ne escono insieme ai diaconi-angeli dispiegando e mostrando il sudario ai monaci e al popolo.
Intorno al XIII secolo la rotonda del sepolcro fu eliminata e i materiali della demolizione, lasciati in loco, furono utilizzati per rialzare il pavimento fino al livello dei mosaici. La ricomposizione di alcuni minuti frammenti pittorici raccolti tra la macerie ha permesso di ricostruire un ciclo figurato con personaggi di piccole dimensioni ma di notevole qualità artistica.
Le pavimentazioni originali, in battuto di malta rosata e a grandi lastre di pietra, furono sostituite e ricoperte (fine XI-inizio XII) da un mosaico a tessere prevalentemente bianche e nere, steso intorno al riquadro d’altare, che in quella occasione fu recintato da una transenna marmorea costruita con elementi di reimpiego. Il mosaico è composto da due pannelli laterali all’altare in cui si affrontano coppie di animali: probabilmente due leoni nel riquadro settentrionale, poco conservato, e due grifi rampanti separati da un alberello in quello meridionale. La fascia occidentale è invece occupata da un motivo geometrico e fitomorfo a cerchi secanti, che formano grandi foglie nervate, tra i quali sono inseriti alcuni uccelli. Della parte più occidentale rimangono solo parte di due pannelli centrali, di cui uno presenta ancora il motivo dei grifi disposti araldicamente, mentre l’altro si ripartisce in quadrati e poi in rombi con iscritte figure di piccole aquile.
Oltre la facciata della chiesa doveva estendersi un vasto avancorpo, costituito da portici affacciati su uno spazio aperto, di antica ascendenza paleocristiana.
La grande torre campanaria, sopravvissuta alle demolizioni seicentesche, si innalza per sei piani internamente serviti da una scala costruita intra muros, che inizia dalla cappella superiore, alla quale si accedeva invece dall’interno della navatella nord della chiesa, mediante una scala di cui resta appena un’impronta alla base. Il campanile è dotato di due cappelle sovrapposte: quella inferiore si trova a livello della chiesa con la quale comunicava attraverso un profondo varco aperto nelle murature. È coperta da una volta a crociera, aggiunta in un secondo tempo, che sostiene il pavimento a mosaico della cappella superiore. Per questa decorazione, assai danneggiata, si ipotizza un’esecuzione contemporanea a quella dei mosaici della chiesa, tra la seconda metà dell’XI e gli inizi del XII. La cappella superiore è dotata di abside ad oriente, ricavata nello spessore della muratura, affrescata da una Madonna in trono con il Bambino, generalmente attribuita agli inizi dell’XI secolo, di cui tuttavia si attende un riesame critico dopo la rimozione dei pesanti ritocchi che avevano alterato l’originale. Il campanile, strutturalmente separato dal corpo della chiesa, mostra la caratteristica decorazione della partitura esterna a doppia specchiatura, diffusamente ripresa in seguito dai campanili piemontesi.

Informazioni:
Visite guidate a cura dell’Associazione Amici di Fruttuaria Tel. 011 9880487 – 338 4128795 ; e-mail: no.ma@libero.it

Links:
http://polomusealepiemonte.beniculturali.it

Bibliografia:
Note tratte da M. SAPELLI RAGNI (a cura di) Tesori del Piemonte – Il Piemonte degli scavi- Siti e musei di antichità; G. ROMANO (a cura di), 1994, Piemonte romanico, Torino

Fonti:
Foto archivio GAT.

Data compilazione scheda:
06/02/2005 aggiornamento maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – G. A. Torinese

CampanilexAC_0338

San Giorgio Canavese (TO) : Cappella di San Giacomo di Ruspaglia

SanGiacomoWIKI

Storia e descrizione del sito:
In un documento redatto a Casalbeltrame (NO) nel 1174, Guido conte di Biandrate e i suoi figli donarono a quella “mansione” templare i beni da loro posseduti in San Giorgio del Canavese nel luogo detto Ruspaglia. Dopo qualche anno i Templari edificarono la chiesa di “Santa Maria di Ruspaglia”.
La titolazione di “Domus Sancte Marie de Ruspallia” compare in un atto stipulato a Vercelli nel 1222 nell’elenco delle mansioni templari di Vercelli, Novara, Ysana (Livorno Ferraris VC), Ruspaglia ed Ivrea. La “Domus” era un complesso tipico dell’Ordine del Tempio che comprendeva, oltre alla Chiesa, un “Xenodochium” (albergo per viaggiatori e forestieri ed anche ospedale), una azienda agricola comprensiva di varie “grange” e di territori condotti a mezzadria; nelle vicinanze vi era sicuramente anche un mulino. Analoga struttura era presente anche nella non lontana Ivrea, una conferma dell’importanza degli insediamenti templari esistenti lungo le Via Francigene, qui probabilmente lungo la “via Galexiae” che utilizzava il passo della Galisia, che collegava il Canavese con la Tarantasia (Val d’Isere).
Nel 1312 l’Ordine dei Templari venne violentemente sciolto e ciò provocò effetti anche a Ruspaglia, anche se forti dubbi sono stati sollevati sulla reale indipendenza già all’inzio del 1300 di questo insediamento; taluni ipotizzano una sua stretta dipendenza dalla Domus di San Nazario presso Ivrea.
Nel 1332, con vicende ancora oscure, era già in mano all’ordine dei Giovanniti o Gerosolimitani (poi di Malta) e dipendente dalla mansione di Ivrea.
Forse è questo il periodo in cui cambiò la dedicazione e venne intitolata a San Giacomo, poiché nei documenti non compare mai il titolo. Si suppone che il cambiamento sia avvenuto anche a causa di un percorso jacopeo che attraversava il territorio da nord a sud (strada Torino-Pavia).
Degli edifici del complesso templare è rimasta solo la chiesetta, ad aula unica, che è stata nei secoli rimaneggiata ed è sopravvissuta a scorrerie di cavalieri, ripetute invasioni e devastazioni di eserciti stranieri e anche ai vandalici cavi d’acciaio che nella notte tra il 3 ed il 4 dicembre 1991 distrussero in parte l’abside dell’edificio. La chiesetta nel 1999 è stata ancora una volta restaurata.

Informazioni:
La chiesetta sorge quasi al confine con il territorio del comune di San Giusto Canavese, dalla cui parrocchia dipende.  Strada per S. Giacomo di Ruspaglia. Dopo una fornace, la chiesetta si eleva su un piccolo poggio raggiungibile solo a piedi. Parrocchia di San Giusto Canavese, tel. 0124 35133

Link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Giacomo_di_Ruspaglia

Bibliografia:
RAZZA F., I Templari di Ruspaglia nel Canavese, Centro Piemont. di cultura, Ivrea TO, 1992
CIMA M., Uomini e terre in canavese tra età Romana e Medioevo, Ed. Nautilus, Torino, 2003
CAPONE B.; IMPERIO L.; VALENTINI E., Guida all’Italia dei Templari: gli insediamenti templari in Italia, Edizioni Mediterranee, Roma 1997

Fonti:
Notizie tratte nel 2008 dal sito http://www.ncc1701a.polito.it/trekking/culto/scheda.asp?id=8, non più atttivo nel 2014.
Fotografia da Wikipedia.

Data compilazione scheda:
22/02/2008 – aggiorn. maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

s giorgio can ruspaglia part

San Giorgio Canavese (TO): insediamento rustico di età romana

Descrizione:
Un insediamento rustico di età romana è stato scavato nel 2012 nei pressi dello svincolo autostradale.

Vedi articolo sui Quaderni della Soprintendenza Arheologica del Piemonte n° 29- 2014.  Un insediamento rustico di età romana a San Giorgio Canavese_PR

 
Link:

http://archeo.piemonte.beniculturali.it

Valperga Canavese (TO) : Chiesa di San Giorgio

valperga3

Storia del sito:
Il complesso delle pitture all’interno della chiesa di San Giorgio costituisce uno dei cicli pittorici medioevali più importanti dell’alto Canavese. Il più antico documento pervenutoci risale al 1150. La chiesa in quell’epoca era già costruita e funzionava come cappella del vicino castello dei signori di Valperga oltreché come parrocchiale del sottostante borgo: l’alto campanile con le sue eleganti bifore marmoree romaniche risale a quel periodo. Chiesa di nobili quindi, e di nobili che qui si facevano anche seppellire, ornandola e abbellendola per renderla sempre più una preziosa testimonianza del loro potere. Originariamente la chiesa era tutta decorata esternamente da pitture, oltre che dai rilievi in cotto; resta soltanto più, a testimoniare la ricchezza decorativa, la scena dell’Adorazione dei Magi, salvata dal degrado perché inglobata nella sacrestia seicentesca. In quel periodo la chiesa si dimostrò insufficiente e si resero necessari due ampliamenti successivi, allungando le navate; venne anche ricostruita la facciata, probabilmente all’inizio del 1700. Durante un’epidemia di peste, forse quella del 1630, la chiesa venne adibita a lazzaretto; per motivi igienici si ricoprirono con calce gli affreschi sulle pareti, episodio che permise di salvarli fortunosamente dal degrado. Fiorivano intanto le polemiche con la popolazione, che mal gradiva una chiesa parrocchiale così discosta dal concentrico e di completa pertinenza dei nobili; polemiche che si risolsero solo in epoca napoleonica, nel 1803, con la definitiva concessione del trasferimento della parrocchia nella chiesa della confraternita della Trinità, al centro del paese. Iniziava così un progressivo declino della chiesa di San Giorgio, anche per la scarsa manutenzione dei padroni del vicino castello, che venivano dichiarati nel 1936 decaduti dal diritto di giuspatronato, aprendo le possibilità di interventi statali. I lavori di restauro, intrapresi per iniziativa del valperghese sen. Giorgio Anselmi, si svolsero tra il 1937 ed il 1939 e portarono al consolidamento dell’edificio ed al recupero degli affreschi.
Nel 1996 l’associazione Amici di San Giorgio ha recepito l’allarme lanciato dal Dott. Bertotti, dando inizio a una serie di interventi sulla chiesa.

Descrizione del sito:
Le tracce della primitiva chiesa del X-XI secolo sono (le lettere si riferiscono alla piantina)valperga4:
rozzo acquasantino (a) in pietra di Pont ed alcune trascurabili parti della muratura nei pressi dell’abside. Il campanile (b) con eleganti bifore romaniche sostenute da colonnine in marmo bianche, appartiene a quell’epoca. La sacrestia piccola (c), l’abside (d) e le due navate adiacenti fino alla 4a cappella a destra e la 4a a sinistra comprese fanno parte della chiesa trecentesca. Nel quattrocento si ampliò la chiesa aggiungendo la 3a cappella a destra e la 3a a sinistra; accanto alle precedenti opere trecentesche si coprono di affreschi sia le pareti interne che quelle esterne della chiesa. Gli affreschi non sono certamente tutti dello stesso pittore né della stessa epoca, riconoscendosi la mano di più artisti di scuole pittoriche e di epoche diverse.
NAVATA DI DESTRA Seconda cappella: Dedicata alla Beata Vergine del Rosario e di patronato Valperga di Civrone. Altare del 600. Quadro d’ignoto autore: Crocifissione, ai piedi S. Anna e S. Francesco ed inginocchiato il donatore Pompeo di Valperga, vissuto alla fine del 1500. Stemma dei conti di Valperga e Benso Cavour. Due putti sostengono un ovale in cui è dipinta l’incoronazione di Maria Vergine. Terza cappella – L’altare era dedicato a S. Bartolomeo. Affresco di Madonna in trono tra S. Bartolomeo e S. Bernardo di Mentone, in ginocchio Giorgio di Valperga, morto nel 1471, la moglie Margherita di Mentone e quattro figlie. Sui capitelli delle colonne sono gli stemmi del Canavese e di Mentone, dei Valperga di Masino ed uno non identificato. La volta divisa in quattro vele, reca affrescate le scene della Natività, fuga in Egitto, adorazione de Magi e circoncisione. Quarta cappella – Dedicata a S. Antonio da Padova e di patronato del sen. Gerolamo Valperga. Nelle vele i primi quattro dottori della chiesa, S. Ambrogio, S. Agostino, S. Gerolamo e S. Gregorio Magno. Nel sottarco figure di profeti. Quinta cappella – Dedicata in origine a S. Pantaleone e di patronato dei Valperga di Masino nel 1756. Nella parete sopra l’altare, attorno al rosone in terracotta, é raffigurata l’Annunciazione; sul contraltare l’affresco di Cristo che esce dal sepolcro. Sul pilastro verso la navata centrale é rappresentata Santa Maria Maddalena. E’ la prima figura scoperta nei restauri del 1937-39. Sul pilastro di fronte una santa in abito medioevale che tiene sulla destra una palma. Nel sottarco sei figure, probabilmente di profeti. Nelle vele della volta i quattro evangelisti. Graziosa la decorazione sulla fascia bassa, con motivi naturalistici di leprotti e scoiattoli.
ABSIDE Scene della Passione. Situato in cornu Evangelii si trova l’altro importante ciclo pittorico della chiesa. Il grande affresco, m 4,50 x m 6,30, raffigura con crudo realismo alcune scene della Passione di Cristo, con personaggi rappresentati “dal vero”, che rivelano un artista di notevoli capacità tecniche e sensibilità artistica. Su un cartiglio sopra la porta della sacrestia si legge il nome e la data di esecuzione: Giovanni di Pietro de Scot(is) di P(i)a(cenza) 1462, pittore noto in Canavese anche per altre sue opere.
SACRESTIA Prima del Seicento la chiesa terminava sul lato destro alla quinta cappella ed all’abside. Alla fine del Seicento venne costruita la sacrestia laddove precedentemente era il cimitero dei bambini. Affresco di m. 4 x 4,90 che rappresenta l’adorazione dei Re Magi; é interrotto dal grande rosone in terracotta.
NAVATA CENTRALE Sul lato destro sovrastante gli archi della 4a e 5a cappella a destra esiste il più grande affresco m 8,90 x 4,60 rappresentante i miracoli e l’opera di San Michele; elementi stilistici ed iconografici lo farebbero datare alla primitiva chiesa trecentesca. Partendo dalla nostra sinistra vediamo, nel primo riquadro in alto sopra la quinta cappella di destra, la scena dell’apparizione di San Michele sul Monte Gargano al vescovo di Siponto, ed in quello vicino lo stesso vescovo che benedice un toro invulnerabile e riceve dall’Arcangelo la missione di istituire il culto divino sul monte. Nei due riquadri sottostanti a sinistra gli angeli portano in cielo le anime degli eletti mentre a destra San Michele assiste un infermo e guida sulla retta via un dubbioso. Sul terzo riquadro in alto San Michele guida l’esercito vittorioso; subito accanto combatte contro i demoni, trafiggendo Lucifero e spingendolo nell’inferno, raffigurato come un mostro con le fauci spalancate. In basso è ancora possibile identificare una chiesetta su un monte in riva al mare (forse Mont St. Michel in Bretagna) teatro di un altro intervento miracoloso dell’Arcangelo; nel vicino riquadro, sopra all’arcata della cappella, è raffigurata la resurrezione dei morti. Negli ultimi due affreschi, sulla destra, vediamo in alto San Michele corazzato che trafigge un peccatore, mentre in basso Cristo pantocratore è raffigurato come giudice supremo che presenzia alla separazione dei buoni dai dannati, tormentati in mille modi dai demoni e cacciati nelle fauci del mostro infernale. Nel secondo pilone a sinistra l’effige di San Nicola da Tolentino. Nel terzo pilone a sinistra un vescovo e Santa Apollonia. Sopra la porta del campanile, residuo di affresco di Adamo ed Eva; è l’affresco stilisticamente più antico di tutto il complesso.
NAVATA DI SINISTRA Prima cappella – Contiene il fonte battesimale. La cappella era posta sotto l’invocazione di S. Michele. Di patronato delle famiglie Ughetti nel 1729. Seconda cappella – Dedicata alla Madonna del Carmine e di spettanza della compagnia del Carmine. All’epoca del restauro fu deciso di portarvi l’altare di S. Maria della Liberazione. Immagine della Madonna con quattro figure di Santi oranti ai piedi: S. Giuseppe, S. Antonio da Padova, S. Giorgio, S. Pietro. In alto quadro di S. Francesco di Sales. Terza cappella – Sotto l’invocazione di S. Anna e poi di S. Caterina. Di patronato dei conti di Valperga di Civrone. A destra della finestra effigi di S. Francesco d’Assisi e Santa Chiara. I piloni sono affrescati: Santo Vescovo e Santo Frate, un beato col collo esile, S. Antonio da Padova, S. Francesco d’Assisi, Santa Margherita e Beato Giorgio. Nel sottarco le Sibille; nelle vele una Madonna col Bambino ed il simbolismo del Redentore. Quarta cappella – Sotto l’invocazione di S. Giovanni, di patronato dei Valperga di Masino. Del monumento tombale citato nel testamento del conte Giovanni Valperga del 1375 non si sono trovate tracce, salvo una pietra tombale con lo stemma di cui residua solo lo scudo sormontato dalla corona. Si è trovata e riportata sulla parete a nord un frammento di pietra tombale con alcune scritte: “nox, dies,..” con lo stemma dei Valperga Masino. In alto, lo stemma dei Valperga.
PARETE ESTERNA A MEZZOGIORNO Tre finestre in terracotta ornate a gettoni, due con uguali decorazioni e la terza verso ponente variata, appartenente alla successiva costruzione quattrocentesca. In alto ricco fregio in terracotta. Sul tetto tre pinnacoli in terracotta con croce. Sul muro avanzi degli affreschi di santi. Alcuni degli elementi del fianco meridionale sono stati utilizzati verso la fine del XIX secolo dall’architetto D’Andrade quali modelli per la realizzazione del Borgo Medioevale di Torino. In particolare, sulla facciata della Chiesa del Borgo si possono ammirare le riproduzioni di una finestra ogivale e dei fregi in cotto ed una copia del dipinto raffigurante San Bernardo, uno degli affreschi che, ormai irrimediabilmente perduti, colpivano, con la loro incombente presenza, il pellegrino che saliva dal borgo a valle verso la Chiesa di San Giorgio. La parete termina con la costruzione seicentesca detta “la Rotonda” per la forma circolare, antico sepolcreto dei Signori di Valperga.

Informazioni:
Associazione Amici di San Giorgio in Valperga Tel: 0124 617174 e-mail: amicisgiorgio@tiscali.it

Links:
http://www.amicisangiorgiovalperga.it/

http://www.comune.valperga.to.it/ComSchedaTem.asp?Id=1783

Bibliografia:
BERTOLOTTI A., 1874, Passeggiate nel Canavese, Tomo VII, Editrice CURBIS, Ivrea
BOGGIO C., 1887 e 1978, Le Prime Chiese Cristiane del Canavese, Torino 1887 e Ivrea 1978
COMUNITÀ MONTANA ALTO CANAVESE, 1989, edito da CMAC, a cura di CORSAC (Cuorgnè)
AA.VV., La Chiesa di San Giorgio in Valperga, ediz. Associazione Amici di San Giorgio in Valperga, 2010

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito internet www.amicisangiorgiovalperga.it

Data compilazione scheda:
18 maggio 2004 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

valperga2

valperga1

San Giorgio Canavese (TO) : Chiesa di Santa Maria Assunta

sangiorgio_parrocchiale1

Storia del sito:
Le prime notizie su una chiesa a San Giorgio Canavese risolgono al secolo XIII. Nel 1263 uno dei documenti comprovanti la convenzione, stipulato da Guglielmo e Ottone di Biandrate e da numerosi rappresentanti canavesani, risulta firmato “in ecclesia Sancti Georgii”. La dizione generica non permette di accertare di quale chiesa si tratti, ma si presume si faccia riferimento alla cappella del castello, allora probabilmente l’unica sede del culto a San Giorgio.
Nel corso del XIV secolo si ritiene che una chiesa sia stata edificata nella piazza centrale del paese, come è testimoniato dal campanile romanico, tuttora esistente, che è di quest’epoca. Ne abbiamo un riferimento preciso nell’atto citato del 1385 con cui Guidetto e Giorgio Biandrate costituiscono loro arbitro Amedeo VII di Savoia per le controversie col comune; l’atto è stipulato “in curte domus ecclesiae Sanctae Mariae” in San Giorgio, cioè nel sagrato cintato dell’attuale parrocchia. Alla fine del XV secolo questa chiesa, a causa dei tempi turbolenti e probabilmente anche in conseguenza dei molti usi cui era adibita, si era evidentemente mal ridotta se venne deciso di intraprendervi importanti lavori che condussero con ogni probabilità ad un rifacimento pressoché totale. Esso venne effettuato tra il 1470 ed il 1529, se si può dare credito ad una piccola lapide, visibile ancora nel recente passato sulla parte esterna del lato sud dell’attuale chiesa, dove le due date risultano indicate. Insieme ad altri precisi riferimenti trovati in un curioso graffito riportato dal Bertolotti ed in altre pubblicazioni, si può quindi confermare che la chiesa venne rinnovata in forma sostanziale all’inizio del XVI secolo ed infatti la facciata fu considerata (nelle linee di allora) uno dei pochi esempi di chiese rinascimentali in Piemonte. Essa subì tuttavia ulteriori ritocchi nel 1684, in parte per necessità di riparazioni, in parte nell’intento di ampliarla, e poi nuovamente nell’Ottocento con modifica di parecchi elementi decorativi della facciata e posa di nuovi intonaci. Quale conseguenza delle numerose trasformazioni, la facciata della chiesa si presentava all’inizio del secolo scorso assai modificata rispetto alla precedente struttura. I nuovi lavori intrapresi dall’Ing. Bartolomeo Gallo nel 1927-29, cui diede particolare impulso l’arciprete Don Sangiorgio con l’appoggio degli organi tutori, furono quindi orientati non soltanto all’ampliamento posteriore con costruzione della cupola e di un’abside, ma al ripristino in quanto possibile delle linee primitive della facciata. Fu abbassato il frontone centrale, si crearono due frontoni laterali arcuati, furono aperte delle finestre circolari in luogo di quelle rettangolari. Al riguardo, non è tuttavia sicuro che la primitiva chiesa avesse realmente finestre circolari, perché già le immagini del Sei-Settecento, inclusa quella del Theatrum Sabaudiae, mostrano finestre rettangolari. Venne anche la necessità di rifare completamente la decorazione interna che, a sua volta, aveva subito in passato numerosi e non sempre corretti interventi. In particolare la decorazione della cupola, affidata alla qualificata opera di locali pittori (Bartolomeo Boggio e Giovanni Comoglio), fu eseguita sulla falsariga della Chiesa di San Sebastiano.

Descrizione del sito:
Si tratta di un fabbricato che ovviamente non è più l’originale, ma ha ripreso all’esterno sobrie linee classiche che ben si accordano con la struttura della piazza. È rimasta immutata la lunetta dipinta nel 1537 da Fermo Stella da Caravaggio, contornata da otto apostoli e dalle parole poetiche della leggenda apostolica. Anche l’interno della Chiesa riserva al visitatore diverse importanti opere d’arte, tra le quali spiccano tre quadri di autore. Il secondo altare a destra racchiude il simbolo del paese, San Giorgio che uccide il drago, della scuola di Defendente Ferrari. Sotto questa pittura, un altro quadro di intensa religiosità: una Madonna in trono con bimbo della scuola di Gian Martino Spanzotti. L’altare accanto (primo a destra) contiene una Sacra famiglia di scuola piemontese del primo Cinquecento, in cui sono riconoscibili sia i caratteri stilistici dello Spanzotti, sia quelli di Defendente Ferrari.

Informazioni:
Casa Parrocchiale, tel. 0124 32116

Link:
http://www.comune.sangiorgiocanavese.to.it/ComSchedaTem.asp?Id=20329

Bibliografia:
Della Croce V., San Giorgio Biografia di un Paese, Comune di San Giorgio Canavese 1986

Fonti:
Notizie e fotografie dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
31/08/2006 – aggiornam. maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

sangiorgio_parrocchiale2

Pers_Foto_Ft_17

San Giorgio Canavese (TO) : Castello dei Biandrate

CastelloSGiorgio

Storia del sito:
Il Castello appartenne ai Conti di Biandrate (Novara). Guido fu il primo della famiglia a radicarsi a San Giorgio. Pur suddividendosi a sua volta in tre linee, questo ceppo conservò un carattere unitario, in quanto tutti i discendenti concorreranno a formare il “consortile” di San Giorgio. Seppur ridotti nella forma economica e politica (dopo la distruzione del castello di Biandrate novarese), i Biandrate traverseranno quindi senza ulteriori traumi i secoli del tardo medioevo e dell’evo moderno, restando protagonisti della storia a vari livelli, fino all’ultimo rappresentante della famiglia, deceduto nel 1916.
Sulla collina di San Giorgio furono edificate in tempi diversi parecchie costruzioni, al punto di dover parlare più di un complesso di castelli che di un unico maniero. Si distingue normalmente una costruzione più antica, eretta sulle rovine di un castello distrutto dalle milizie della Lega lombarda nel 1168, presumibilmente risalente ai sec. XII-XIV, di cui restano poche tracce, ed una più recente attribuibile, nel suo nucleo iniziale, al XV-XVI secolo.
Nel secolo XVII il castello subì importanti modifiche, terminate nell’anno 1726, a cura di Guido Aldobrandino (del ramo dei Biandrate di Foglizzo) al quale si deve verosimilmente la struttura unitaria della parte “nuova”. Essi non si limitarono all’eliminazione della torre centrale ma interessarono un po’ tutta la struttura architettonica del fabbricato principale che, sul lato di ponente, venne ad assumere un unico e rettilineo corpo di fabbrica e, su quello di levante, acquisì una grandiosa facciata del tutto nuova: tre avancorpi coronati al culmine da frontoni e balconate con due cortili interni.
Il castello “vecchio”, a sua volta, subì in questo periodo un rimaneggiamento ad opera di Baldassarre Ferdinando del ramo di Lusigliè. Dalle carte di un processo intestato dai conti di Foglizzo agli eredi dell’ultimo conte di Lusigliè, deceduto nel 1745, risulta che fin verso la fine del secolo XVII l’edificio appariva ancora in buone condizioni. Era diviso a sua volta in due corpi di fabbricato, uno a ponente e uno a levante, entrambi con due piani fuori terra, uniti fra loro da una galleria che divideva un cortile signorile da uno rustico. Tra la fine del secolo XVII e l’inizio del XVIII anche questo castello acquisì una struttura unitaria. L’edificio di ponente venne demolito e sostituito da una nuova costruzione ottenuta ampliando e modificando il fabbricato di levante e utilizzando l’area del cortiletto rustico posto sul lato di mezzanotte. Venne anche mozzata l’ultima torre per tenere il fabbricato in linea con quello nuovo.
In conseguenza i due castelli (vecchio e nuovo) vennero a presentarsi come due fabbricati contigui, ma nettamente separati e tali appaiono in due notevoli serie di acquarelli dipinte nel 1727 e nel 1795. Tale situazione durò fino all’inizio dell’Ottocento allorché, probabilmente in concomitanza con la demolizione del vicino convento e per decisione poco comprensibile dei proprietari, questi decisero di eliminare il castello “vecchio”, dove, a quanto pare, erano apparsi alcuni difetti di costruzione. L’edificio fu quindi quasi interamente demolito e l’area relativa sistemata a giardino all’inglese. Fu questo l’ultimo intervento al castello che rimase da allora quale lo si vede oggi.
Attualmente il Castello è di proprietà di una società privata che ha provveduto nel corso degli anni recenti ad effettuare vari interventi conservativi e viene utilizzato per aste di antiquariato, conferenze internazionali, ricevimenti, concerti di musica classica.

Descrizione del sito:
Il castello si presenta come un grande fabbricato residenziale con due facciate assai diverse nelle prospettive di levante e di ponente. Della parte “vecchia” restò in piedi unicamente l’edificio al culmine della rampa di accesso. Esso, sul lato opposto prospiciente il giardino, presenta ancora una bella facciata con finestre quattrocentesche. In questo fabbricato, in seguito destinato all’abitazione del custode, sono tuttora visibili dall’interno le strutture circolari delle vecchie torri.
Nella parte alta del giardino rimase pure un piccolo elegante padiglione (la “Gloriette”), presumibilmente fatto costruire in occasione dei grandi lavori effettuati all’inizio del ‘700.

Informazioni:
Il castello è di proprietà privata ed è stato ristrutturato per ospitare aste, concerti, banchetti ecc.  tel. 0124 32429 ,  email:  castellosangiorgio@tiscalinet.it

Links:
http://www.comune.sangiorgiocanavese.to.it/ComSchedaTem.asp?Id=4851

http://www.castellosangiorgio.it/

Fonti:
Fotografie dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
31/08/2006 – aggiornam. maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

sangiorgio cast part finestra

Salassa (TO) : ricetto e torre-porta

250px-Salassa_Torre_Porta

Storia del sito:
Il nome del sito non sembra derivare dalle popolazioni preromane dei Salassi, ma dal termine longobardo “Sala” che indicava un insediamento rurale. Nel 1251 i conti di Valperga acquistarono dai San Martino il mulino di Salassa e le decime del territorio. Salassa subì un incendio nel 1339 da parte delle truppe al soldo dei Sanmartino, nel 1388-1389 il borgo venne occupato dal marchese del Monferrato; nel 1479 altre devastazioni; nel 1426 i Valperga divennero i padroni del borgo.
Non si hanno notizie sull’origine del nucleo difeso, o RICETTO, di Salassa; il borgo subì nei secoli vari ampliamenti e il ricetto si trovò quindi ad occupare l’angolo settentrionale del borgo e ne costituì l’isolato più ampio. Dentro al ricetto sorge il cosiddetto “torrazzo”, pare la parte inferiore di una torre quadrata risalente all’XI secolo (casaforte) .
Il ricetto di Salassa conserva la TORRE cilindrica, un raro esempio di porta turrita di accesso. Alcuni dubitano della pertinenza ai ricetti di torri cilindriche, sostenendo la loro appartenenza a sistemi di più energica difesa; tuttavia, a meno che la torre non appartenesse ad un antico “castrum” medioevale, nel XIV secolo non esisteva più a Salassa un centro fortificato definibile castello. Un’altra particolarità è la posizione atipica dell’ingresso, nello spigolo sud, (è l’unico caso riscontrato) che fa presumere quindi l’adattamento del nucleo del paese in formazione ad una Torre preesistente, avvalorando l’ipotesi prima enunciata.

Per approfondire scarica allegato: PubblDominio2013_CarloNigra_Ricetti_Piemontesi

Descrizione del sito:
RICETTO. Databile al XIII secolo, è un notevole esempio di tale struttura che ha conservato la sua planimetria originale. Ha forma quadrata (vedi piantina) di 60/65 metri di lato, un unico ingresso difeso dalla torre posta nel vertice sud; l’impianto viario è costituito da un unico anello interno con collegamento centrale, in modo da creare due file di cellule edilizie interne; quattro schiere di cellule edilizie sono poi addossate alle mura (non ci sono tracce della “via di lizza”) e sono tagliate dalle due vie perpendicolari all’asse generatore del borgo.
Della cortina muraria permane un tratto a spina di pesce sul lato nord-est. Gli edifici hanno subito molte trasformazioni: permangono solo alcune cellule edilizie con muri in ciottoli di epoca medievale.

TORRE. La sua struttura risulta decisamente inconsueta: rotonda, ma su base rettangolare; è questa variazione di sagoma man mano che si sale una caratteristica difficilmente riscontrabile in altre costruzioni dello stesso tipo presenti nella zona. L’altezza totale è di 25 metri circa; diminuisce di metri 2,50 se calcolata all’ultimo ripiano che corrispondeva alla zona dei merli identificabile all’esterno con la cornice superiore a dentelli. A circa metà altezza si apre verso l’esterno un’unica finestra con cornice in cotto (databile al XIII secolo) per la guardia immediata alla saracinesca di chiusura. La parte inferiore è costituita da pietrame legato con malta molto povera, mentre la parte superiore, eseguita probabilmente in due tempi successivi, è realizzata in muratura. Tale parte superiore è stata probabilmente elevata nel 1725; ciò è testimoniato dalla data impressa sul manufatto e dal rilievo eseguito dal D’Andrade nel 1879.
L’ingresso unicamente carraio è largo poco più di due metri e largo altrettanto all’imposta; è coperto da un voltone a botte e veniva chiuso mediante un’anta a saracinesca che correva verticalmente in una scanalatura ricavata nel pietrame; vi era poi una seconda chiusura a due antoni, di cui sono ancora visibili gli appoggi del cardine sinistro: una pietra circolare forata superiormente ed un incavo nel mezzo del basamento. È ancora possibile individuare gli attacchi delle mura ad un’altezza di 6,3 metri circa (altezza inconsueta per una cortina muraria di un ricetto che di solito non superava i 4,5 metri). L’accesso alla Torre è oggi possibile attraverso una scala chiusa da una muratura e coperta da tetti a pantalera (prolungamento a sbalzo della falda di un tetto, sporgente oltre il muro esterno di un edificio; ha per lo più funzione di cornicione) .

Informazioni:
Il ricetto è situato nel quadrante a nord del borgo, in posizione elevata rispetto ai terreni esterni all’abitato. La torre è in piazza Marconi.
Comune, tel. 0124 36145 ;  email: info@comune.salassa.to.it

Links:
https://www.comune.salassa.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/torre

http://web.tiscali.it/salassa/ita/vbruno.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Salassa

Bibliografia:
VIGLINO DAVICO M., I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medieovale, Edialbra, Torino 1978

Fonti:
Immagini da Wikimedia.

Data compilazione scheda:
30/08/2006 – aggiornamento maggio 2014 e 2023

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

800px-Salassa_Ingresso_Ricetto

San Carlo Canavese (TO) : Chiesa di S. Maria Maddalena della Piè di Liramo e “Castrum”

La Pie0070

Storia del sito:
L’antica piè (pieve) oggi è denominata “chiesa di Santa Maria Maddalena”.
Pié di Liramo era un villaggio di poche case raggruppate intorno alla pieve ed alla domus plebis medievale; il primo documento che attesta Liramo come toponimo è del 1004.
Già nell’VIII-IX secolo nel sito vi era probabilmente una chiesa battesimale, di cui non si hanno però precise notizie, perché l’attuale costruzione romanica risale alla fine del X–inizi del secolo XI e in antico era dedicata a San Martino vescovo di Tours. L’edificio in origine era a tre navate, una maggiore e due minori, terminanti tutte con abside, come dimostrano ancora gli archi presenti e le tracce murarie esterne.
La pieve viene nominata per la prima volta in un documento del 1185, poi nel 1203, nel 1211, e ancora nel 1254, 1272, 1287 e 1308. La chiesa aveva accanto un piccolo monastero di agostiniani – chiamato prevostura – in cui abitavano i sacerdoti e da cui dipendevano altre chiese del territorio (Nole, Grosso, Caselle, Leinì, Baratonia, Varisella).
Nel XIV secolo la struttura venne conglobata nel castrum fortificato. Nel 1311 il vescovo Tedisio di Torino trasferì la parrocchiale del villaggio di Liramo da questa chiesa di San Martino a quella di Santo Stefano prope castrum, edificio di cui si è persa traccia, ma del quale si conoscono gli elenchi dei parroci dal 1380 sino alla metà del Cinquecento.
Nel 1356 Amedeo VI di Savoia concede alla famiglia Peracchi di Lanzo la “domus vocatam la pley de Lirone”; nel XIV secolo la pieve diviene sede del signore laico e del suo potere politico e cessa di esistere come centro religioso. Alla fine del Quattrocento la chiesa cambia titolo e diventa di “Santa Maria Maddalena”.
La visita pastorale del 1584 descrive la chiesa di S. Maria Maddalena priva di tetto, scrostata ed interdetta al culto e se ne ordina l’abbattimento insieme con quella di santo Stefano. Solo quest’ultima però viene demolita, mentre la prima viene restaurata e usata come cappella privata del castello. La Chiesa compare nelle successive visite pastorali del 1635, 1730, 1752 e 1771, 1840. Come ricorda un’iscrizione sulla facciata, vengono svolti restauri dalla famiglia dei conti Berlia nel 1741 e nel 1761.
Nel 1937 Cesare Bertea e Vittorio Mesturino effettuano scavi archeologici attorno alla chiesa e vengono alla luce i resti dell’antica navata sinistra: la chiesa viene restaurata.

Per quanto riguarda il CASTELLO, il castrum plebis, non si hanno notizie precise prima del catasto del 1500 nel quale viene descritto formato da “sala vegla cum sedime canapa qui nominatur canapa antiqua cum duabus cameris et duabus cameratis desuper dictam canapam…sala cum crota et camera, puteum caseamentis et heddificis”. Accanto al castello un edificio con “duabus sale et duabus cameratis cum suis corticinis, caseamentis, tecti et aira, viridarium seu jardinum”. Il castello era circondato da “muros, fortaliciis, fossatorum cum suis ripperis”; accanto vi erano la chiesa di S. Maria Maddalena e una platea; nelle vicinanze il mulino. Nel 1870 il complesso del castello e della chiesa viene trasformato in cascina. Attualmente ciò che resta del castello è una parte della casa forte e del torrione, che era stato portato a livello degli altri edifici nel 1853; appartiene ad un privato ed è in parte abbandonato.

Descrizione del sito:
L’edificio è a una navata, quella mediana originaria, conclusa da abside semicircolare con tre eleganti fornici; presenta una semplice facciata con tetto a due spioventi, i fianchi recano traccia degli archi delle navate minori. Il paramento murario più antico è in ciottoli di fiume e pochi mattoni.
La primitiva copertura in legno a cassettoni è stata sostituita nel Seicento con volta a botte. Non si hanno tracce visibili del campanile, probabilmente sostituito dal torrione medievale in mattoni.
L’interno della chiesa è arredato in stile barocco; l’altare maggiore del 1734 è sovrastato da una tela coeva con la Madonna e i santi Antonio e Stefano, dono della famiglia Grisi; ai lati due quadri secenteschi raffiguranti la Madonna e san Giovanni; un altro altare in legno di fine Settecento ha una tela dei primi del Seicento raffigurante la Madonna in trono con santa Maria Maddalena e san Giuseppe, dono della famiglia Cavalleri e Peracchio.
Nell’abside vi è un AFFRESCO del beato Amedeo di Savoia (1435–1472) che Maleto nella sua Historia del 1613 data al 1489. Il Beato indossa il collare dell’Annunziata, tiene in mano il bastone di comando e poggia il piede su una pietra con l’iscrizione delle parole di insegnamento che, secondo la tradizione, pronunciò prima di morire.
Ai piedi dell’altare vi è una lastra bianca di marmo, probabilmente recuperata dalla vecchia chiesa di Santo Stefano.

Informazioni:
La Chiesa si trova in Borgata La Piè, raggiungibile da Ciriè per la strada provinciale che porta a Lanzo oppure da San Carlo per Via Corio. Pro Loco, email: presidente@prolocosancarlo.it ; Comune tel. 011 9210193 ,  email: comune.sancarlo@icip.com

Links:
http://www.leterredimargherita.it/cms/index.php?option=com_content&view=article&id=52&Itemid=70

Bibliografia:
BOASSO G., Cenni storici sul comune e parrocchia di S. Carlo Canavese, Tip. G. Cappella, Ciriè TO, 1960
CASIRAGHI G., La diocesi di Torino nel Medioevo, Palazzo Carignano, Torino, 1979
DI PIERO A., VASSALLO M., Arte romanica nelle valli di Lanzo e nel basso Canavese, Torino, s.d.
OLIVERO E., Architettura religiosa preromanica e romanica nell’ Archidiocesi di Torino, Torino, 1941

Fonti:
Le notizie e le fotografie sono state fornite nel 2005 dal dr. Gianfranco Ballesio, del Comune di S. Carlo Canavese.
Fotografie archivio GAT.

Data compilazione scheda:
19/12/2005 – aggiornamento maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

La Pie0065

La Pie0069

San Carlo Canavese (TO) : Cappella di S. Maria di Spinerano

San carlo spinerano abside

Storia del sito:
Costruzione di architettura romanica, edificata all’inizio dell’XI secolo, di probabile origine benedettina. L’edificio, allora a tre navate terminanti due con abside ed una con campanile, è menzionato, col nome di chiesa di “San Solutore in Spinariano” (o Spinairano), per la prima volta nel 1118, tra i beni appartenenti all’abbazia di San Solutore in Torino. L’appartenenza é confermata in un documento del 1289. La chiesa viene ancora citata nel 1444, 1469, 1745.
Successivamente assume il titolo di “Santa Maria di Spinariano” e nel 1349 viene ammessa alla mensa dell’abbazia di San Mauro di Pulcherada, (l’odierna San Mauro Torinese) rimanendovi sino alla fine del Settecento.
Alla fine del Settecento viene ridotta ad una sola navata terminante con abside e campanile incorporato sul fianco destro. La chiesa viene restaurata all’inizio del ‘900 e dichiarata monumento nazionale; oggi appartiene alla Parrocchia di San Carlo Canavese.
L’interno del catino absidale è coperto di AFFRESCHI eseguiti alla metà del Quattrocento dal pittore conosciuto come “Dominicus de la marcha d’Ancona” che in realtà era il nome del committente, come scritto sotto la figura inginocchiata. Gli studi recenti hanno chiarito, anche sulla base di documenti di archivio, che la dicitura si riferisce al committente che svolgeva attività di chirurgo e non all’artista: si preferisce ora appellarlo “Pseudo Domenico della Marca d’Ancona” o “Maestro di Domenico della Marca d’Ancona”.
Si hanno notizie della datazione degli affreschi da due bolle dell’antipapa Felice V (Amedeo VIII di Savoia). Nella prima, del 1444, si viene a conoscenza che Domenico Pago, appartenente al terzo ordine francescano, si era ritirato dodici anni prima a vivere in solitudine come eremita nella chiesa di Santa Maria di Spinerano e a sue spese l’aveva restaurata costruendovi vicino la sua piccola abitazione. Nella seconda bolla, del 1449, si stabilisce la vacanzia del beneficio ecclesiastico, quindi, indirettamente, la morte o la partenza del religioso dal luogo; di conseguenza gli affreschi sono databili anteriormente al 1449.

La cappella è stata restaurata completamente tra il 2016 e il 2017 sia nell’interno che all’esterno.

Descrizione del sito:
La chiesa è recintata, la facciata imbiancata è semplicissima, con copertura a capanna; il paramento murario romanico, in parte deteriorato, è evidente nell’abside e nel campanile. L’abside conserva una decorazione con archetti pensili raccordati da lesene e tre finestrelle.
Il campanile non ha aperture nella parte inferiore, ma solo negli ultimi due piani: il penultimo con monofore, l’ultimo con bifore. I piani sono decorati da una fila di archetti e da una cornice in cotto. Le dimensioni del campanile sono piccole, ma in armonia con quelle della chiesa.
L’interno dell’abside è interamente coperto da dipinti. Al centro della calotta vi è una Madonna in trono col Bambino circondata da Sante tra le quali, a destra, si riconoscono sant’Elisabetta e santa Maria incinte, alle loro spalle sant’Anna, sant’Antonio abate che pone la mano sulla spalla del committente e alla sinistra santa Caterina d’Alessandria, con santa Chiara ed altra Santa sconosciuta.
Al di sotto, nel catino absidale, le figure dei 12 Apostoli, ciascuno con un cartiglio su cui è scritta una frase del Credo, separati da una semplice cornice geometrica.
La composizione ha ancora un impianto medievale e le figure risentono dell’influsso gotico, soprattutto per la bidimensionalità del disegno. Interessante è la decorazione degli abiti e la ricchezza del panneggio decorativo, testimonianza dell’importanza nel luogo dell’arte tessile. Raffinati i visi della Madonna e delle due sante alla sinistra. La figura dell’apostolo san Taddeo è stata ritoccata perché il tratto è più raffinato e i colori differenti. In alto sul timpano centrale è rappresentata la scena dell’Annunciazione, con una rara rappresentazione della Trinità.
Resti di affreschi romanici rappresentanti gli Apostoli affiorano in alcuni punti della chiesa. Sull’arco sovrastante il semicatino vi sono tracce di una fascia affrescata con disegno di mattoni posti a dente di sega, simile a quello nella chiesa di San Martino a Ciriè.
Sul muro interno sono appesi dei laterizi di epoca romana, resti di una tomba ritrovata nelle vicinanze.

Informazioni:
Il borgo di Spinerano (anticamente Spinariano) si trova ai confini del comune di S. Carlo Canavese con quello di Ciriè; la cappella è presso un campo giochi. Proloco, email: presidente@prolocosancarlo.it o al Comune tel. 011 9210193 email: comune.sancarlo@icip.com

Links:
http://www.comune.sancarlocanavese.to.it/ComSchedaTem.asp?Id=4831

http://www.prolocosancarlo.it

http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&type=auto&code=59400&Cappella_di_Santa_Maria_di_Spinerano__Spinerano,_San_Carlo_Canavese

Bibliografia:
BONICATTO Simone, Il maestro del chirurgo. Domenico della Marca d’Ancona e il contesto pittorico del Canavese. Origini e sviluppi di una bottega piemontese nella prima metà del Quattrocento, Editris 2000, Torino 2022
BIANCOLINI FEA D., Santa Maria di Spinerano, Atti del seminario di studi diretto da P. Sampaolesi, ISAL, 1975
CARESIO F., Romanico in Piemonte, Ed. Di Camillo design & comunicazione, Moncalieri, 1998
CASIRAGHI G., La diocesi di Torino nel Medioevo, Palazzo Carignano, Torino, 1979
DI PIERO A., VASSALLO M., Arte romanica nelle valli di Lanzo e nel basso Canavese, Torino, s.d.
MORETTO, Indagine aperta sugli affreschi del Canavese dal romanico al primo Rinascimento, Saluzzo, 1973
OLIVERO E., Architettura religiosa preromanica e romanica nell’Archidiocesi di Torino, Torino, 1941

Fonti:
Alcune notizie sono state fornite nel 2005 dal dr. Gianfranco Ballesio, del comune di San Carlo Canavese.
Fotografie archivio GAT.

Data compilazione scheda:
14/12/2005 – aggiornamento maggio 2014 e febbraio 2023

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G. A. Torinese

Spinerano Apostoli

Spinerano partic