San Benigno Canavese (TO) : Abbazia di Fruttuaria

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Storia del sito:
La storia del comune di San Benigno Canavese è strettamente legata a quella dell’abbazia di Fruttuaria, uno dei più antichi e grandiosi complessi monastici dell’Italia settentrionale. Sorta in un’area all’epoca scarsamente abitata ai margini delle selve (nella bolla di conferma dei privilegi di Fruttuaria da parte di Benedetto VIII del 1015, il monastero è detto fondato «in deserto loco») l’abbazia attrasse intorno a sé una comunità dapprima di maestranze adibite alla costruzione e al servizio del monastero, mutatasi poi in un fiorente borgo prevalentemente agricolo sotto il controllo degli abati.
L’imponente chiesa abbaziale racchiude al suo interno due edifici sovrapposti: uno del 1003, l’altro del 1776. Sotto il pavimento di quest’ultima chiesa, eretta su commissione del cardinale delle Lanze, si snoda infatti il percorso di visita agli scavi che hanno portato alla luce le strutture dell’abbazia dell’XI secolo con i suoi splendidi mosaici.
Fondata nel 1003 da Guglielmo da Volpiano su terre di proprietà paterna, l’abbazia di Fruttuaria acquistò velocemente grandezza e importanza, tanto che il numero dei monaci raggiunse il centinaio quando ancora il suo fondatore era in vita. Fruttuaria fu l’abbazia prediletta da Guglielmo, che volle infatti garantirne l’indipendenza e la sicurezza facendo sottoscrivere a ben 324 firmatari in tutta Europa uno straordinario documento da lui redatto tra il 1015 e il 1016.
In esso erano narrati i particolari della fondazione del monastero e l’aiuto ricevuto da Arduino di Ivrea. Fruttuaria fu affidata alla protezione dell’imperatore ed ebbe conferma da parte del papa dei notevoli privilegi ricevuti. L’abbazia divenne ben presto un centro di irradiazione della riforma monastica promossa da Guglielmo attraverso la diffusione delle Consuetudines Fructuarìenses, cioè delle regole e degli usi della casa madre codificati negli ultimi decenni dell’XI secolo. Nei secoli XI e XII l’abbazia visse il suo periodo di massimo splendore, giungendo alla formazione di un ordine monastico che nel XIII secolo comprendeva un centinaio di dipendenze: priorati, prepositure e semplici celle. Nel XIV secolo iniziò invece una fase di declino che raggiunse il suo culmine nel 1477, quando i monaci persero il privilegio di nominare l’abate che fu sostituito da un commendatario nominato direttamente dal papa. Nel 1585 Sisto V decretò la soppressione del monastero, trasformato in una Collegiata di preti secolari. Nel 1634 morì l’ultimo monaco. Nel 1770, l’allora abate commendatario, il cardinale Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze, decise la demolizione dell’antica abbazia e incaricò l’architetto Bernardo Antonio Vittone di edificare una nuova chiesa. Alla morte di Vittone la direzione del cantiere passò a Mario Ludovico Quarini. Prima della completa ricostruzione, l’edificio aveva già subito modificazioni nel tempo: era stato ampliato di due campate verso ovest e privato delle absidi orientali, sostituite da un coro notevolmente allungato. Le strutture del Mille dovevano però in gran parte ancora sussistere e i mosaici erano sicuramente ancora in uso, come testimonia la loro citazione nell’orazione funebre pronunciata per la morte del cardinale nel 1785. La ricostruzione dell’abbazia risparmiò parte dell’ala orientale del chiostro e il campanile.
La primitiva chiesa abbaziale venne alla luce nel 1979 in seguito agli scavi compiuti per la posa dell’impianto di riscaldamento. Dal 1980 al 1984 si è svolta l’indagine completa della chiesa settecentesca, mentre nel 1986 e nel 1991 lo scavo è proseguito sotto l’attuale pronao e nel sagrato antistante. Il percorso archeologico è stato allestito al di sotto del piano pavimentale dell’edificio attuale.

Descrizione del sito:
Guglielmo scelse per la sua chiesa una struttura assolutamente innovativa, con precedenti solo nell’abbazia di Cluny, che rispondeva alle esigenze di un edificio progettato in funzione della liturgia celebrata dai monaci. Esaminando la pianta della chiesa abbaziale si evidenzia lo schema basilicale a tre navate molto brevi sulle quali si innesta un largo transetto sporgente concluso alle estremità da cinque cappelle absidate orientate, moltiplicando in questo modo gli altari e le possibilità di celebrazioni anche contemporanee. Questa articolazione della chiesa era inoltre adatta ad ospitare processioni interne e cerimonie in occasione delle singole festività e ricorrenze dell’anno liturgico, mentre non erano previsti grandi spazi per i fedeli, raccolti nelle tre navate piuttosto corte.
Il fasto della liturgia e il rigore di vita dei religiosi erano importantissimi per il prestigio del monastero e per le sue fortune materiali, legate alle donazioni di chi assicurava la salvezza della propria anima alle preghiere dei monaci.
Piantachiesaoriginaria1Della struttura originaria si conservano ancora le due cappelle esterne, con le basi degli altari in muratura, mentre delle tre centrali rimangono solo gli innesti sul transetto. Le strutture risultano omogeneamente costruite con filari di ciottoli del vicino torrente legati con malta di calce di buona qualità. Si notano anche qua e là blocchi lapidei squadrati e mattoni sesquipedali.
Il coro era sopraelevato e sovrapposto alla cripta, ricostruita durante l’XI secolo e con un altare dedicato a Maria.
Al centro l’area interna della crociera era suddivisa in due settori: la parte ad ovest, sopraelevata rispetto alla navata centrale, doveva accogliere al centro un altare, quella orientale, cui si accedeva scendendo alcuni scalini, era dominata dalla presenza di una piccola rotonda, un monumento circolare creato a immagine dell’Edicola di Gerusalemme, edificata nel IV secolo per volere di Costantino, intorno alla tomba di Cristo scavata nella roccia.
Già nel X secolo in alcuni monasteri transalpini, in occasione dei riti pasquali, iniziarono a essere rappresentati i drammi sacri incentrati sull’episodio della visita delle pie donne al Sepolcro. A questo scopo furono realizzate diverse copie simboliche (sia fisse in muratura, sia mobili in legno) della tomba di Cristo, ispirate alle descrizioni dei pellegrini che si erano recati in Terra Santa.
Quello di Fruttuaria è il più antico Sepolcro fisso conservato in muratura, mentre le Consuetudines Fructuarienses ci hanno tramandato con ricchezza di particolari la suggestiva azione scenica che si svolgeva la mattina di Pasqua.
La cerimonia inizia, secondo precise disposizioni lasciate da Guglielmo ai suoi monaci, con il trasporto in processione dell’importante reliquia del Santo Sepolcro, da lui stesso procurata per Fruttuaria. L’azione scenica vera e propria si svolge poi fra le tre Marie e gli angeli, che attendono seduti dentro il Sepolcro, entrambi interpretati dai monaci. All’invito “Venite et videte locum ubi positus erat Dominus” entrano nel Sepolcro anche le pie donne. Ne escono insieme ai diaconi-angeli dispiegando e mostrando il sudario ai monaci e al popolo.
Intorno al XIII secolo la rotonda del sepolcro fu eliminata e i materiali della demolizione, lasciati in loco, furono utilizzati per rialzare il pavimento fino al livello dei mosaici. La ricomposizione di alcuni minuti frammenti pittorici raccolti tra la macerie ha permesso di ricostruire un ciclo figurato con personaggi di piccole dimensioni ma di notevole qualità artistica.
Le pavimentazioni originali, in battuto di malta rosata e a grandi lastre di pietra, furono sostituite e ricoperte (fine XI-inizio XII) da un mosaico a tessere prevalentemente bianche e nere, steso intorno al riquadro d’altare, che in quella occasione fu recintato da una transenna marmorea costruita con elementi di reimpiego. Il mosaico è composto da due pannelli laterali all’altare in cui si affrontano coppie di animali: probabilmente due leoni nel riquadro settentrionale, poco conservato, e due grifi rampanti separati da un alberello in quello meridionale. La fascia occidentale è invece occupata da un motivo geometrico e fitomorfo a cerchi secanti, che formano grandi foglie nervate, tra i quali sono inseriti alcuni uccelli. Della parte più occidentale rimangono solo parte di due pannelli centrali, di cui uno presenta ancora il motivo dei grifi disposti araldicamente, mentre l’altro si ripartisce in quadrati e poi in rombi con iscritte figure di piccole aquile.
Oltre la facciata della chiesa doveva estendersi un vasto avancorpo, costituito da portici affacciati su uno spazio aperto, di antica ascendenza paleocristiana.
La grande torre campanaria, sopravvissuta alle demolizioni seicentesche, si innalza per sei piani internamente serviti da una scala costruita intra muros, che inizia dalla cappella superiore, alla quale si accedeva invece dall’interno della navatella nord della chiesa, mediante una scala di cui resta appena un’impronta alla base. Il campanile è dotato di due cappelle sovrapposte: quella inferiore si trova a livello della chiesa con la quale comunicava attraverso un profondo varco aperto nelle murature. È coperta da una volta a crociera, aggiunta in un secondo tempo, che sostiene il pavimento a mosaico della cappella superiore. Per questa decorazione, assai danneggiata, si ipotizza un’esecuzione contemporanea a quella dei mosaici della chiesa, tra la seconda metà dell’XI e gli inizi del XII. La cappella superiore è dotata di abside ad oriente, ricavata nello spessore della muratura, affrescata da una Madonna in trono con il Bambino, generalmente attribuita agli inizi dell’XI secolo, di cui tuttavia si attende un riesame critico dopo la rimozione dei pesanti ritocchi che avevano alterato l’originale. Il campanile, strutturalmente separato dal corpo della chiesa, mostra la caratteristica decorazione della partitura esterna a doppia specchiatura, diffusamente ripresa in seguito dai campanili piemontesi.

Informazioni:
Visite guidate a cura dell’Associazione Amici di Fruttuaria Tel. 011 9880487 – 338 4128795 ; e-mail: no.ma@libero.it

Links:
http://polomusealepiemonte.beniculturali.it

Bibliografia:
Note tratte da M. SAPELLI RAGNI (a cura di) Tesori del Piemonte – Il Piemonte degli scavi- Siti e musei di antichità; G. ROMANO (a cura di), 1994, Piemonte romanico, Torino

Fonti:
Foto archivio GAT.

Data compilazione scheda:
06/02/2005 aggiornamento maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – G. A. Torinese

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