Chieri (TO) : Città romana di “Carreum Potentia”

CHIERI (18)-GAT

Storia del sito:
Chieri, la romana Carreum Potentia, costituiva, oltre alla sua più nota vicina, Torino (Julia Augusta Taurinorum), l’unico centro urbano sul quale in epoca romana gravitava il complesso collinare torinese. Entrambe le città si svilupparono su precedenti insediamenti celto-liguri, come testimoniato con particolare evidenza dal loro attuale nome, di origine celtica (Karr-o nel caso di Chieri), che nei secoli si è imposto su quello romano.
Anche la denominazione romana fornisce elementi di interesse; nello specifico, Potentia (traducibile con potenza, forza) ci riporta a casi di città con nomi simbolico-augurali (Pollentia=Pollenzo, Valentia=Valenza Po, Industria) nate in stretta connessione con il progetto di riorganizzazione territoriale di tutto il Piemonte sud-orientale che si realizza alla fine del II sec. a.C. con l’obiettivo di insediarvi coloni romani attraverso la parcellizzazione (centuriazione) e la distribuzione delle terre conquistate. Progressivamente una serie di atti amministrativi sancisce il processo di romanizzazione: sotto Cesare, i suoi abitanti vengono censiti nella tribù Pollia; in età augustea , Chieri viene inclusa nella IX Regione augustea ed in età successiva diviene municipium.
Il suo territorio risulta limitato da Industria a nord, da Asti ad est, da Pollenzo a sud e ad ovest da Torino; con buona probabilità, comunque, è il Po a fungere da confine amministrativo tra Torino e Chieri e, contemporaneamente, da demarcazione tra XI e IX Regione augustea. Nei primi secoli dell’impero sembra, nel complesso, seguire l’evoluzione comune a molti centri italici godendo di un soddisfacente benessere; in particolare Plinio il Vecchio cita Chieri nella sua “descriptio Italiae” tra le “nobili” città della regione compresa tra Po ed Appennino, definizione che certo allude ad una situazione di prosperità economica e ad un evoluto tessuto urbano e sociale.
Peraltro per Chieri si registra una precoce decadenza; risente infatti molto presto della concorrenza di Torino, colonia a vocazione internazionale, restando forzatamente esclusa dalle grandi direttrici di traffico. Si ipotizza una contrazione del nucleo abitato e un suo spostamento verso l’area collinare di San Giorgio a partire già dal II sec. d.C.; la sua debolezza sarà ufficialmente sancita dall’inserimento dell’intero territorio chierese nella diocesi di Torino.

Descrizione del sito:
L’abitato urbano, privo di mura, sembra si estendesse su un’area quadrata con lato di 6-700 m compreso all’incirca tra le attuali via S. Raffaele, via dei Molini, via Tana ad ovest; via S. Pietro, via Pellico, via S. Domenico a sud; via S. Antonio a nord.
Al suo interno, dai recenti scavi effettuati nel corso del restauro del Palazzo Fassati di San Severino, è emerso un complesso di rilievo quanto a dimensioni e ad impegno costruttivo, identificato con il foro e consistente in una grande piazza quadrangolare, di circa 60 m di lato, delimitata ad est da murature segnalate sotto via Palazzo di Città, circondata da portici e provvista di una vasca di raccolta dell’acqua. La sua realizzazione in età augustea, all’inizio del I sec. d.C., potrebbe segnare il riconoscimento dello status municipale di Carreum. Proprio a partire da tale età si riscontrano notevoli rifacimenti ed ampliamenti delle strutture urbane, anche nell’ambito delle abitazioni private, come ad esempio in vicolo Tre Re, dove l’impianto risultava completato da un collettore fognario.
Lo sviluppo urbanistico non sembra però aver seguito una rigorosa metodologia di pianificazione, fatto in buona parte imputabile ai vincoli geo-morfologici del terreno collinare; l’edilizia pubblica si sarebbe pertanto focalizzata su due problemi, entrambi idrici, seppure opposti: da un lato il drenaggio, da cui la necessità di realizzare terrazzamenti in funzione delle pendenze, dall’altro l’approvvigionamento e la distribuzione dell’acqua potabile.
Al di fuori del perimetro urbano si collocano invece sia le necropoli sia gli impianti artigianali, indagati in modo sistematico a partire dagli anni ’80 del Novecento; appartengono alla seconda categoria le bonifiche con anfore presso Ponte del Nuovo e quelle di via Tana, dove si è rilevato un impianto risalente alla fine del I sec. d.C., costituito da un porticato connesso ad un focolare e ad un pozzo; il piano di calpestio del portico si presentava drenato da anfore intere, capovolte e disposte ordinatamente tra i pilastri.
Le necropoli si situano rispettivamente all’inizio di viale Cappuccini e sotto l’ex edificio del Seminario, poi Scuola Don Milani, in via Vittorio Emanuele II, con una probabile collocazione sull’antica via Fulvia, lungo il tratto ricostruibile Villanova-Riva di Chieri-Chieri. La vicinanza delle aree sepolcrali al centro cittadino ha fatto ipotizzare la mancanza di una fascia di suolo pubblico inedificabile all’esterno della città e quindi comproverebbe ulteriormente l’assenza di una logica “urbanistica” nell’organizzazione della Chieri romana.
Al problema dell’approvvigionamento dell’acqua si collegano i resti di un acquedotto: Vedi Scheda “Acquedotto romano”.

Nelle aree limitrofe alla città si sono poi reperite altre opere idriche, non più visibili, in particolare, nel 1960, in regione Maddalena, località Fontaneto, il perimetro di un edificio in muratura con tre vasche rettangolari che si dicevano alimentate da una piccola sorgente alla quale la regione di Fontaneto doveva il proprio nome. Di questo e dell’edificio attiguo, composto di due locali, uno absidato ed il secondo a camera, non si conosce la destinazione. Che si tratti di un santuarietto rustico piuttosto che di un complesso finalizzato al rifornimento idrico del territorio extraurbano (con o senza collegamento con l’acquedotto), come ipotizzato, sembra comunque confermare l’impegno degli amministratori pubblici chieresi nei confronti del “bene acqua”.

Altri ritrovamenti di rilievo sono da riconnettere alle attività artigianali chieresi più fiorenti e con organizzazione definita preindustriale, vale a dire la produzione di laterizi e ceramica, favorita dalle caratteristiche geologiche della pianura chierese, ricca di formazioni argillose (loess). In particolare i manufatti edilizi (tegole piane per la copertura dei tetti e mattoni sesquipedali) sono spesso rinvenuti come materiale di riutilizzo nelle tombe, ad es. nella copertura di quelle “a cappuccina”, indicano una distribuzione su vasta area, in grado di rifornire almeno il territorio municipale. Oltre al materiale prodotto, sono testimoniati sia i luoghi di produzione, ovvero le fornaci, come in vicolo Tre Re, sia il nome dei produttori forse più importanti della zona (ricorre spesso come marchio di fabbrica la gens Petronia).

La ceramica è rappresentata da parecchi esemplari del tipo c.d. “sigillato”, a vernice arancione, caratteristica, oltre che per il colore, anche per la tecnica di lavorazione “à la barbotine” consistente nel decorare esternamente il vaso applicandovi elementi figurati o geometrici in rilievo ottenuti diluendo l’argilla, senza utilizzo di matrici. La quantità di manufatti immessi nel mercato locale induce a ritenere che sul territorio chierese esistessero officine in grado di raccogliere l’eredità della ceramica padana “a figure rosse” e di porsi in alternativa alla produzione della Gallia meridionale in un periodo compreso tra l’età neroniana e la metà del II sec. d.C.  Vedi Scheda “Civico Museo Archeologico”.

Luogo di custodia dei materiali:
Presso il Museo Archeologico di Torino e la “Mostra Archeologica” presso il Municipio di Chieri, vedi scheda.

Informazioni:

Bibliografia:
AA.VV. – Museo Archeologico di Chieri – Contributi alla conoscenza del territorio in età romana – Torino, 1987
D. BETTALE, M. MONETTI, P. TAMAGNONE – Relazione dell’attività archeologica della Sez. GEI di Chieri, anni 1957-70, Chieri, 1973, pp. 29-31
A. DORO, Alcune osservazioni sull’antico culto delle acque nella zona di Chieri, in “Epoche. Cahiers di storia e costume del Piemonte I”, 1962, pp. 138-140
R. GHIVARELLO, L’acquedotto romano di Chieri, Boll. “SPABA” XVI, 1932, pp. 156-167
R. GHIVARELLO, Nuovi ritrovamenti dell’acquedotto romano di Chieri, Boll. “SPABA” XVI-XVII, 1962-1963, pp. 137-139
B. LA ROCCA HUDSON, Le vicende del popolamento in un territorio collinare: Testona e Moncalieri dalla preistoria all’alto medioevo, “BSBS” LXXXII, 1984, pp. 29-32
L. ROCCATI, I ritrovamenti romani – Regione Maddalena – Scavi 1958-1959, “Il Chierese” XV, 1959, nn. 30-35
E. ZANDA, Lo sviluppo della città in età romana, “I giornali di restauro” n. 3, 1994, pp. 39-47
G. PANTÒ (a cura di),  Archeologia a Chieri : da Carreum Potentia al comune basso medievale, Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del museo antichità egizie, Torino 2011

Fonti:
Fotografia GAT.

Data compilazione scheda:
28 ottobre 2000 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Marina Luongo – Gruppo Archeologico Torinese