TORINO : Casa del Senato
Storia del sito:
La cosiddetta “casa del Senato”, edificio che pare incredibilmente dimenticato o ignorato dalle istituzioni, presenta una serie di caratteristiche che ne fanno uno dei testimoni più insigni della storia di Torino antica. Ammirato da illustri medievisti alla fine del XIX secolo e parzialmente restaurato da uno di essi (Riccardo Brayda) intorno al 1890, ritratto in tele e acqueforti ottocentesche e novecentesche, oggi il palazzo in questione, non gode nemmeno di una titolazione univoca, essendo chiamato, come si è detto, “casa del Senato” o, meno frequentemente, “palazzo longobardo”. Le stesse guide turistiche si trovano in comprensibile imbarazzo nel dover illustrare un edificio del quale in genere non sanno molto e di cui non riescono a spiegare il cattivo stato di conservazione ai visitatori sbigottiti, onde per cui questo importante frammento della città pre-sabauda viene il più delle volte evitato dai canonici percorsi di visita.
Per comprendere la grande mole di dati racchiusa nelle scure pareti di questo edificio, prendendo coscienza della necessità che si faccia qualcosa per salvarlo, occorre procedere a un rapido esame della costruzione e delle sue pertinenze. La facciata del palazzo si trova orientata lungo un decumano romano (oggi ricalcato dalle vie Cappel Verde e Corte d’Appello): questo fatto fa presumere che la fondazione dell’edificio risalga ai primissimi secoli del medioevo, quando ancora resisteva la rigida scacchiera stradale di Augusta Taurinorum, dal momento che gli edifici circostanti hanno orientamenti che invece nulla hanno in comune con l’antico tracciato romano, tipici di un periodo assai posteriore; nel cortile adiacente si trova un muro di epoca romana (con riadattamenti medievali) disposto ortogonalmente all’edificio, ulteriore dimostrazione del fatto che la casa del Senato sorge sull’antica maglia urbana pre-medievale.
Anche i blocchi lapidei impiegati per la costruzione del portone sono romani e vengono sovente definiti “di reimpiego”, cioè si suppone che questa sia una loro collocazione secondaria; peraltro, in funzione di quanto appena detto circa l’allineamento del palazzo, si può anche pensare che tali blocchi non si siano mai mossi dalla loro sede originaria (occorrerebbe effettuare un’analisi delle fondamenta) e che siano ciò che resta di un importante edificio pubblico riutilizzato e riedificato in epoca medievale; considerando che ci troviamo a ridosso della piazza del Municipio, un tempo il foro romano, si può dunque ipotizzare che il palazzo ospitasse la curia (qualche volta si cita invece impropriamente il prætorium), ossia il centro di comando della colonia romana; il motivo per cui si pensa a un edificio pubblico, al di là delle considerazioni sull’ubicazione, sta nel fatto che le abitazioni popolari di Augusta Taurinorum erano generalmente realizzate con tecnica mista e non interamente in pietra, meno che mai, poi, utilizzando grandi blocchi.
La “casa del Senato” ha fondamenta molto profonde, indizio di un’antichità che potrebbe affondare le radici almeno nell’alto medioevo: oltre alla cantina e al tipico “infernotto” di molte case torinesi, l’edificio possiederebbe un terzo piano sottoterra; alcuni autori danno per certo che si trattasse delle prigioni della curia romana.
L’edificio è anche detto “palazzo longobardo”, in quanto si ritiene che possa essere stata la sede dei duchi torinesi durante la dominazione longobarda; ad avvalorare questa ipotesi è un insieme di considerazioni. Anzitutto nella zona immediatamente a ovest del giardinetto di piazza IV Marzo, all’angolo tra le attuali via Tasso e via Berchet, si trovava, ancora nel XVIII secolo, la chiesa di S. Pietro in curte ducis, detta anche “S. Pier del Gallo” per via dell’evangelico animale effigiato sulla stessa; la titolazione della chiesa porta il nome di uno dei santi più venerati dai Longobardi, insieme a san Michele, e il “duca” di cui si parla è, appunto, il duca longobardo (prima dei Savoia, gli unici duchi a dominare Torino furono quelli longobardi; la chiesa di S. Pietro in curte ducis è citata a partire dal 1102, mentre i Savoia divennero duchi solo nel 1416);a quanto detto bisogna aggiungere che, nel momento in cui i Longobardi divennero i nuovi padroni della città tardoromana (VI sec.), era procedura ordinaria l’insediamento della struttura dirigente nel precedente luogo di comando, la curia, appunto. La vicinanza all’area più sacra della città (il complesso episcopale preesistente al duomo attuale) e a una porta urbica di cui assicurarsi il controllo (l’attuale porta Palatina che, ricordiamo, era un vero e proprio edificio fortificato e non un semplice varco nelle mura) potrebbe aver giocato un ruolo non secondario nella scelta di insediarsi in questa zona; si tratta di congetture, ma avvalorate da modalità insediative comuni nel panorama altomedievale dell’Italia che si andava via via “longobardizzando”.
In ultima analisi, la valutazione dei dati diretti e indiretti di cui disponiamo circa questo edificio suggerisce la seguente ipotesi. Ci troviamo di fronte a una costruzione che affonda le sue origini nell’età romana, probabilmente di rilevanza pubblica, come dimostrerebbero i blocchi in pietra (se in giacitura primaria), l’ubicazione a ridosso dell’antico spazio del Foro e la continuità nei secoli successivi come luogo di una certa importanza. Pare anche plausibile che i Longobardi vi abbiano fissato dimora e che per questo abbia conservato a lungo, nella memoria collettiva cittadina, il ruolo di edificio di rango elevato, come suggerisce l’altezza inusuale della costruzione. Ben inteso, mancano dati ulteriori, di tipo archeologico o documentario, che avvalorino ulteriormente queste ipotesi.
Descrizione del sito:
Nonostante la casa del Senato sia dunque uno degli edifici più antichi (e insigni, si direbbe) della città, e nonostante i recenti restauri del 2011-2012 che hanno interessato la porzione al numero civico 17, la parte sinistra della sua facciata (corrispondente al numero 15) si sta ancora lentamente sbriciolando; per quanto sembri assurdo, questa parte di edificio – di altra proprietà – non è stata mai interessata da restauri. Dal nudo paramento in laterizio del palazzo si affacciano una finestra gotica e due a crociera; altri resti di finestre medievali ammiccano sulla zona sinistra della parete, tra gli antichi mattoni consunti e rivestiti da una patina di smog. Al primo piano dell’edificio, sulla destra, si trova ciò che rimane di una cornice lobata che un tempo ospitava un affresco (ancora visibile intorno al 1950); la parte superiore della cornice è crollata alla fine dello scorso secolo, nel mutismo più generale. Incredibilmente, i restauri del 2011-2012 non hanno ripristinato questa interessante testimonianza, che oggi appare come una sbavatura sulla parete.
Un rozzo portale definito da blocchi in pietra, probabili elementi di reimpiego da qualche edificio di epoca romana, dà accesso a un piccolo cortile. Alcune finestre ad arco acuto si aprono sulla facciata (solo una evidenziata dai restauri ottocenteschi) e ci informano che già nel basso medioevo (XIII-XIV sec. circa) l’edificio contava quattro piani fuori terra; questo dato, da solo, denuncia l’importanza della costruzione, poiché a quel tempo in genere le case torinesi (domuncule) non superavano un piano d’altezza, raggiungendo i due o tre piani quando si trattava di abitazioni di famiglie di rango (domus, palacia ). Come testimoniato da più fonti, inclusa la veduta della città a opera del Caracca datata 1572, gli edifici tenderanno a crescere solo dal XV secolo in poi. Sembra quindi che questa costruzione, a partire dall’età romana, attraverso l’epoca longobarda per giungere in pieno periodo medievale, sia rimasta una sorta di punto di riferimento urbano resistente alle demolizioni. Le finestre a crociera (dette anche “guelfe”) risalgono alla fine del XV o all’inizio del XVI secolo, quando una gran parte di dimore torinesi, non necessariamente di matrice pregiata, vennero “modernizzate”. Probabilmente alla stessa epoca, sebbene da alcuni ritenuto un’aggiunta seicentesca, risale il loggiato dell’ultimo piano, molto simile a quello rinvenuto e riaperto nel 2002 nella vicina casa del Pingone (via Porta Palatina ang. Via Basilica).
Da molti decenni, peraltro, manca all’appello una torre scalare, un tempo affacciata sulla corte interna, di cui rimangono solo testimonianze documentarie della fine del XIX secolo (un bel quadro di Francesco Garrone,custodito nella Galleria d’Arte Moderna di Torino) e qualche rilievo degli anni ’50, quando venne demolita e l’intero assetto interno dell’edificio radicalmente riplasmato; la moderna “torre” che svetta a fianco dell’edificio medievale è un’integrazione del tutto arbitraria realizzata nel 2011-2012.
Se la parte sinistra della facciata non cadrà a pezzi nell’attesa, la casa del Senato è comunque destinata a subire nuovi restauri, prima o poi.
Informazioni:
Piazza IV Marzo, 15 e 17
Links:
http://www.archeogat.it/archivio/torinomedievale/percorsoTAPPE/11MONcasasenato.htm
http://www.museotorino.it/view/s/0d064b1645f14b418c5bed1e5b2f2130
Bibliografia:
AA.VV. Guida Archeologica di Torino (terza edizione), volume II, Gruppo Archeologico Torinese, Torino, 2010, pp.117-122 e bibliografia relativa
Fonti:
Testo in gran parte tratto da: AA.VV. Guida Archeologica di Torino, volume II, Gruppo Archeologico Torinese, Torino, 2010, pp.117-122 Fotografie archivio GAT.
Data compilazione scheda:
20 novembre 2003 / 2 novembre 2009 /Scheda aggiornata a cura dei Soci GAT a febbraio 2014.
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Fabrizio Diciotti; Anna Ferrarese – Gruppo Archeologico Torinese