Collegno (TO) : Chiesa di San Massimo
Storia del sito:
L’antica chiesa di San Massimo era posta fuori del borgo cittadino ed era una tappa della Via Francigena; subì nei secoli molti interventi e modifiche e giunse sino alla metà del 1900 con un impianto molto diverso dall’attuale. Le ricerche e gli scavi compiuti nel 1958 hanno portato a individuare in modo più chiaro rispetto ai lavori del 1949, la presenza di varie fasi costruttive.
Le origini di questo luogo di culto risalgono al periodo paleocristiano alla fine del V secolo; la dedicazione a San Massimo si riferisce al vescovo di Torino (ca. 395-415 d.C.) o, più probabilmente, al suo omonimo successore dal 452 al 465. L’edificio paleocristiano fu edificato su un preesistente edificio romano; furono in gran parte riutilizzati i muri perimetrali ed il colonnato interno e, sul lato breve occidentale, fu impostata la facciata, sfondando il lato opposto per la costruzione di un’abside della quale una struttura semicircolare rinvenuta all’interno dell’abside romanica potrebbe rappresentare la traccia. Il rinvenimento, ancora in situ, di due basi di colonne, di molte lastre in pietra destinate a ripartire i carichi delle colonne sulle fondazioni e il ritrovamento di un frammento di capitello corinzio (IV-V secolo d.C.) fanno supporre che la divisione interna dell’edificio paleocristiano riprendesse quella romana, a tre navate divise da colonnati.
Una seconda fase altomedievale, tra la fine del sec. VIII e la prima metà del IX, non modificò nella sostanza l’impianto paleocristiano: fu demolito il vano laterale nord e realizzata, previa chiusura della porta verso il presbiterio, una piccola abside ricavata in uno spesso muro.
Una terza fase “romanica primitiva” risale al secolo XI e una più propriamente romanica al XII secolo. De Bernardi indica come appartenenti alla prima di queste soltanto pochi elementi strutturali, datando invece all’alto medioevo gli otto pilastri di mattoni ancora portanti degli archi a tutto sesto, che dividevano la navata centrale dalle laterali. Gli archi apparivano più larghi rispetto alla distanza fra i sottostanti pilastri a cui si raccordavano grazie a un profilo a ferro di cavallo. I pilastri si appoggiavano sulle medesime lastre della primitiva basilica, della quale due basi in marmo rimasero inglobate nei rispettivi pilastri. Residui di altri due pilastri, in asse con i precedenti e conservati per un’altezza di 55 cm dal piano di fondazione, furono trovati all’esterno della chiesa barocca. In seguito all’asportazione dell’intonaco dalle pareti, si mise in luce anche parte della muratura fino a 50 cm di altezza dalla chiave degli archi. Tra gli elementi inseriti dalla De Bernardi nella fase “romanica primitiva” si ha la costruzione, al termine della navata a sud, di una cappella a pianta rettangolare coperta da una volta a botte intersecata dalla copertura a semicatino dell’abside. Un grande arco con curvatura concentrica alla volta a botte fu costruito in aderenza al muro del presbiterio della chiesa del V sec. d.C., incorniciando la primitiva apertura. Il lato sud era ornato da quattro lesene collegate in alto da una cornice liscia. La muratura di questa parete, piuttosto grossolana, era in ciottoli e materiali di spoglio; l’abside della stessa navata sud presentava sei lesene formanti cinque campi sormontati ciascuno da due archetti pensili. Nelle tre svecchiature centrali era aperta una piccola finestra a doppia strombatura e ad arco. L’abside della navata maggiore, riconoscibile, per questa fase, fino all’altezza di m. 3,10 da terra, era semicircolare divisa da lesene in quattro campi, in ognuno dei quali venne aperta una finestra. La muratura dell’edificio e dell’abside, formata da mattoni romani di spoglio intersecata da ciottoli a spina di pesce, e il gioco delle lesene collegate a coppie di archetti pensili sono tipici della prima metà dell’XI sec. Le murature dell’abside maggiore e il collegamento a tre archetti denotano invece una cronologia posteriore, ma sempre prima del XII sec.: ciò fa riportare questa fase dell’edificio alla fine dell’XI sec.
Una ulteriore successiva fase si riconosce nella struttura muraria della parte superiore dell’abside maggiore. L’abside venne, infatti, ricostruita nella parte superiore e forse sopraelevata: la nuova muratura in mattoni e ciottoli si presenta con corsi più sottili di quelli della parte inferiore. Le quattro finestre preesistenti vennero murate e se ne aprono invece tre, sempre strombate e più alte, a m. 3,75 dal pavimento. Le due finestre laterali furono aperte esattamente sopra le più antiche, la terza al centro dell’abside andando a interrompere la lesena centrale. Le altre lesene furono continuate fino alla sommità. In alto serie di tre archetti pensili, lesena, sei archetti pensili, lesena, tre archetti. Il raggruppamento a sei degli archetti e la tecnica costruttiva permettono una generale datazione al XII secolo.
La fondazione del campanile risale probabilmente a una delle fasi romaniche.
L’impianto romanico è quello che sopravvisse sino al sec. XVIII con tre navate. Nel 1606, a causa della lontananza dal centro urbano, venne dichiarata cappella campestre. Nel 1637 venne rilevato che la struttura era fatiscente e alla fine del secolo vennero eseguiti alcuni lavori di manutenzione. Nel 1688 I Padri Certosini offrirono “i materiali della Chiesa di San Massimo cadenti in rovina” all’amministrazione civica offrendo in cambio di erigere un’altra chiesa e casa parrocchiale, ma non si giunse ad un accordo. Nel 1689 si eseguì un primo intervento di recupero, però insufficiente, perché nel 1700 l’autorità civica si rivolse all’arcivescovo di Torino per avere il permesso di demolire parzialmente la chiesa. In un documento del 1701 la comunità vendette del “materiale edilizio” appartenente alla “diroccata chiesa di San Massimo dei padri Certosini”.
Si sa che nel 1725 vennero terminati dei notevoli interventi strutturali e i lavori di rifacimento della facciata e della struttura conferendo un impianto barocco ed una riduzione di superficie, che si potrebbe definire come una ulteriore fase costruttiva dell’edificio che all’epoca appariva composto da un’unica navata a pianta rettangolare con abside semicircolare; a destra dell’altare maggiore vi era un piccolo transetto con relativa abside; l’edificio era coperto da una volta a botte lunettata e l’abside centrale coperta da una volta a quarto di sfera. La facciata era a intonaco con quattro lesene e un frontone curvilineo (fotografia prima del 1949).
Nel 1949 si procedette a un restauro che ha consentito una lettura dei vari periodi storici, però ha comportato una ricostruzione ideale che ha lasciato visibile ben poco della antiche strutture.
Descrizione del sito:
Oggi la Chiesa appare con una facciata in cotto con archetti e lesene e coperta da tetto a capriate. Le tre absidi presentano una muratura omogenea, quella sud ha archetti e lesene. L’interno della chiesa è a tre navate con pilastri quadrati, le pareti sono intonacate; nell’absidiola sud vi è la statua lignea di san Massimo, eseguita intorno al terzo decennio del sec. XV, stilisticamente vicina a modelli jaqueriani.
Descrizione dei ritrovamenti:
All’interno della navata meridionale furono ritrovate alcune tombe di età altomedievale delle quali solo una fu, parzialmente, documentata. La tomba, addossata alla parete laterale della navata, era costituita da tre lastre di pietra e conteneva un inumato deposto con uno scramasax (spada corta a un solo taglio) che consente la datazione della tomba al VII secolo. Un altro scramasax e un coltello recuperati nei pressi indicano la presenza di almeno una o due tombe simili. Un altro gruppo di sepolture è stato individuato esternamente al lato sud della facciata. Sono documentate almeno quattro tombe tre delle quali a cassa in muratura, chiuse da lastre di pietra, con defunto disteso supino e orientamento ovest-est; la quarta era invece posta esattamente di fronte alla porta di ingresso e delimitata da quattro lastre di pietra di reimpiego, una delle quali è l’epigrafe di Calpurnia Marcellina. La tomba era coperta da due lastre ugualmente di pietra. Questi ritrovamenti permettono di evidenziare un legame della chiesa con longobardi cristianizzati.
Una lunga epigrafe, conservata in tre frammenti non contigui, potrebbe essere datata alla fine del VII-inizi dell’VIII secolo, ciò la collegherebbe a interventi di iniziativa regia, riguardanti modifiche apportate all’edificio e al rinnovo dell’arredo liturgico. Allo stesso periodo potrebbero appartenere frammenti marmorei di pilastrini, di lastre e colonnine e alcuni capitelli, sicuramente destinati a una recinzione. Non sono state evidenziate tracce murarie che permettano di stabilire l’estensione del recinto né se interessasse il solo presbiterio. Si può ipotizzare una delimitazione principale costituita da pilastrini e lastre, con un avancorpo verso la navata; sui piastrini (fine VII sec.-prima metà VIII sec.) dovevano appoggiare le colonnine con capitelli, sui quali doveva poggiare una trabeazione. Altri elementi scultorei collocano nella 2° metà del secolo VIII una ristrutturazione della recinzione.Altri cambiamenti, testimoniati da alcune lastre decorate e caratterizzate dalla notevole diffusione di moduli decorativi a intreccio, sono collocabili nella prima metà del IX secolo.
Informazioni:
Via XX Settembre, 10. Info Parrocchia tel. 011 781327
Bibliografia:
D. DE BERNARDI FERRERO, La chiesetta di San Massimo in Collegno in “Palladio”,Vicenza, n° III-IV, 1958
P. VERZONE, Da Bisanzio a Carlomagno, Il Saggiatore, Milano, 1968
A. CROSETTO, La chiesa di San Massimo “ad Quintum”: fasi paleocristiane e altomedievali, in L. PEJRANI BARICCO (a cura di), Presenze longobarde. Collegno nell’alto Medioevo, Torino, 2004
AA.VV Publica Strata, catalogo della mostra, Ed. Gruppo Archeologico Torinese, G A. Ad Quintum, Assoc. Amici Scuole Leumann, Torino, 2005
Fonti:
Fotografie archivio GAT.
Data compilazione scheda:
29/04/2007 – aggiornam. giungo 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese