Avigliana (TO) : “Quadragesima Galliarum”

stelematrone

Storia del sito:
Il toponimo Avigliana richiama la gens Avillia, della quale abbiamo notizie in altre zone del Piemonte (Benevagienna, Savigliano, Industria) e dell’Italia (Valle d’Aosta, Veneto, Lazio, Umbria ecc.). Si ricorda ad esempio l’attività in campo laterizio degli Avili di Padova o la presenza di questo nome nella costruzione di un ponte in Valle d’Aosta. Si può pensare ad una gens documentata in origine soprattutto nel Lazio, trasferita poi con qualche suo ramo nel Veneto e ai piedi della Valle di Susa per attività industriali legate allo sfruttamento dei terreni argillosi.

Descrizione del sito:
Le strutture murarie individuate nella zona appartenevano ad edifici di uso pubblico e a luoghi di culto, come confermerebbero le epigrafi votive dedicate a numerose divinità (le Matrone, Giove) e una testa marmorea femminile riferibile a una statua di culto. I frammenti ceramici e le monete ritrovate indicano una vita dell’insediamento lungo un notevole arco di tempo, almeno fino all’avanzata epoca tardo antica. Il sito di ad Fines, la stazione dove veniva riscossa la quadragesima Galliarum, fu individuato nel 1858 dal Padre cappuccino Placido Bacco. L’identificazione è stata possibile grazie alle epigrafi ritrovate con l’indicazione della Quadragesima Galliarum e dei fines Cottii. La parola finium si leggeva su un frammento, ma l’espressione FIN.COTT (Fines Cottii) era in due iscrizioni simili poste da un Pudens, “Servus, SOC.PUBL XL” che aveva l’incarico di controscriba, o di tesoriere: uno schiavo della società pubblicana per la quadragesima. Padre Bacco credette di riconoscere un unico ampio edificio quadrangolare di circa 40 metri per 80, diviso in cinque ambienti, con ingresso a nord. In realtà in tale area sono da distinguere fasi successive, ad esempio per la presenza di tombe tardo-antiche o medievali. Gli scavi ripresi nel 1987, in occasione dei sondaggi di accertamento previsti per il tracciato della Superstrada del Fréjus, hanno restituito soltanto qualche sporadico frammento di ceramica e una struttura muraria ubicata all’interno di un cortile della Borgata Ghetto-Malano. A tal proposito va fatta una considerazione di carattere geomorfologico: attualmente il fiume scorre a circa 350 m a sud della Borgata Malano, e la fascia compresa tra il fiume e l’abitato è apparsa interessata da periodiche inondazioni, con apporto di depositi alluvionali, e conseguente cancellazione delle tracce dei più antichi percorsi della Dora. Nel 1989 nuove ricerche hanno portato all’individuazione del limite estremo settentrionale delle esondazioni della Dora Riparia, di un canale di drenaggio posto a protezione e limitazione dell’abitato stesso e della statio vera e propria.
Le indagini effettuate nel 1994 su una superficie di circa 100 mq hanno accertato due fasi edilizie principali, risalenti alla prima età imperiale, caratterizzate da murature lapidee spesse m 0,40 (piccoli conci legati da malta di buona consistenza); e una terza fase di occupazione basso-imperiale, con strutture precarie, relative a un solo settore dell’edificio. Alla prima fase appartiene un muro conservato per una lunghezza di m 5 sino alla quota pavimentale, costituita da un battuto di cocciopesto. La seconda fase consiste in una completa ristrutturazione dell’area edificata, con la costruzione di un edificio a pianta rettangolare di m 13 x 5,50. Esso appare ripartito in tre ambienti. L’ambiente W misura m 3,20 x 4,50 con un piano d’uso in terra battuta limo sabbioso fortemente compattato, steso su un vespaio di ghiaia per uno spessore totale di cm 25 circa. Le pareti conservano un’intonacatura biancastra con una fascia verticale rossa presso l’angolo NW. L’ambiente centrale, di m 4,50 x 5, verosimilmente il più importante, è caratterizzato dalla presenza di una piccola esedra semicircolare, che si apre verso l’esterno al centro della parete N del vano. Le pareti sono intonacate e dipinte con colore rosso, la pavimentazione è in battuto di calce e pietrisco. L’ambiente E, simmetrico all’ambiente W, è il meglio conservato e misura m 3,30 x 4,50. Il piano pavimentale è costituito dal parziale reimpiego del cocciopesto della prima fase livellato con limo sabbioso. Sulle pareti rimane parte del rivestimento d’intonaco dipinto di rosso. Della fase di occupazione più tarda dell’edificio, in gran parte distrutto e spoliato, si sono rilevate tracce cospicue in corrispondenza dell’ambiente E: un deposito di terriccio nerastro carbonioso, con buchi di pali residuali di una struttura precaria, in connessione con un focolare costituito da un semplice piano di tegole di reimpiego. Il materiale rinvenuto in questo deposito (ceramica e monete del tardo Impero) permette di datare la fase più recente di utilizzo dell’area al IV-V secolo d.C.

Tra il materiale rinvenuto in Borgata Malano, ricordiamo anche:
– nel 1858 alcune epigrafi votive di I-II secolo d.C., tra le quali una dedicata a Giove, due alle Matrone, una alla Fortuna; un rilievo in marmo di Foresto raffigurante un prigioniero. Il cippo dedicato a Giove Ottimo Massimo da un Alypus, liberto di Flavio e da una Andria o Alexandria, liberta di Augusto, conserva nella parte anteriore la raffigurazione di un’aquila sopra un’edicola frontonata e la dedica ALYPVS · AV[G · L ·] / V · [S · ]; sul lato opposto si legge: [I ·]O · M [T · FL]AVIVS [AVG ·] L · ALYPVS [TABVL · ] XL GALIC ET [CLAV]DIA · AVG · LIB [A]NDRIA [L ·] M· Interessante è la citazione della “XL GALIC.” Probabilmente Alypus era tabularius, cioè tesoriere della quadragesima Galliarum. Il cippo dedicato alle dee Matrone da Tiberio Giulio Aceste, liberto di Prisco, raffigura cinque di queste divinità che fanno catena con le loro braccia: MATRONIS / TI · IVLIVS · PRISCI · L ACESTES Sul fianco sinistro del marmo è rappresentato un vaso sacrificale. Il rilievo si trova oggi al Museo Archeologico di Torino. L’altra dedica alle Matrone è più semplice, da parte di un servus villicus stationis. Essa ci informa della presenza di una statio e di schiavi ad essa addetti CAES./ SER(vus) · VI(llicus) / STATIO(nis) / MATRO… – nel 1874 tracce di strada; testa marmorea femminile di I-II secolo d.C.; epigrafe dedicata a Marco Aurelio del 175-180 d.C.; frammento epigrafico del I secolo d.C.; miliario di Magnenzio del IV secolo d.C.; monete di metà I-seconda metà IV secolo d.C.; numerosi mattoni bipedali; frammenti di vetri colorati; ceramica (terra sigillata aretina e sud gallica); una statua di “rame” di 52 cm raffigurante un uomo loricato, a braccia levate, con braccia e gambe nude, con calzari. Sarebbe interessante accostare a tale statua il bassorilievo di Borgone di Susa, raffigurante un personaggio a braccia levate, probabilmente una divinità. – nel 1968 materiali vari di I-IV secolo d.C. (terra sigillata tardo italica e sud gallica, sigillata chiara, ceramica comune, vetri, bronzi, monete).

Vedi allegato La “statio ad fines” in borgata Malano 2010
Luogo di custodia dei materiali:
Museo Archeologico di Torino  e Museo di Susa, c/o Castello della Contessa Adelaide.

Informazioni:
Frazione Drubiaglio, Borgata Malano, lungo la SS 24 del Monginevro, sulla sinistra orografica della Dora Riparia. L’area non è accessibile.

Link:
http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/avigliana/statio-ad-fines

Bibliografia:
LANZA E., MONZEGLIO G., 2001, I Romani in Val di Susa, Ed. Susa Libri, pp. 77-84
MERCANDO L. (a cura di), 1998, L’età romana, in Archeologia in Piemonte, Umberto Allemandi Ed.
GRAZZI R.R., CIELO A., 1997, Il territorio di Avigliana dalla preistoria agli inizi dell’epoca sabauda, Ed. Morra
BRECCIAROLI TABORELLI L., 1995, Avigliana, fraz. Drubiaglio, Borgata Malano. Edificio pertinente alla statio ad Fines della Quadragesima Galliarum, in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte”, 13, pp. 370-371

Fonti:
Fotografia tratta dall’allegato.

Data compilazione scheda:
13 ottobre 2002 – aggiornam. 2010 e luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Gabriella Monzeglio – Gruppo Archeologico Torinese