Chieri (TO) : Chiesa collegiata di S. Maria della Scala – Duomo

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Storia del sito:
L’edificio gotico, quale oggi si può ammirare, risale ad una fabbrica apertasi nel 1405 e conclusasi nel 1436. L’origine della chiesa è tuttavia più antica e documentata sia dalle sopravvivenze architettoniche che dai documenti d’archivio. Un diploma del 1037 ricorda con diversi particolari i lavori di costruzione condotti dal vescovo di Torino Landolfo a Chieri, il quale “comandò che fosse costruita la chiesa in onore di Santa Maria madre di Dio, non lontano dallo stesso castello”. Sotto l’edificio gotico sopravvive una parte della cripta della chiesa landolfiana, mentre sull’assetto della chiesa non è possibile formulare ipotesi. Pesanti restauri di gusto neogotico, effettuati verso il 1875 da Edoardo Mella, hanno modificato non solo la facciata, ma anche l’interno della chiesa, appesantendolo con l’intonaco a fasce chiare e scure e con la doratura dei capitelli.

Descrizione del sito:
La facciata è divisa in cinque zone da marcate lesene sormontate da pinnacoli cuspidati. Elemento caratterizzante è il portale principale, affiancato da numerose colonnine lungo tutta la strombatura e sormontato da una ghimberga decorata a elementi vegetali di derivazione francese. Nella lunetta sopra il portale vi è una copia (l’originale è all’interno del Battistero) della Madonna del melograno. Le porte laterali e i tondi che le sovrastano sono frutto di interventi ottocenteschi. L’interno è diviso in una navata centrale, due laterali, e due serie di cappelle. La navata centrale è divisa in quattro campate. Il quadrato, i cui angoli sono i quattro pilastroni fasciati che delimitano ogni campata, è il modulo sul quale si sviluppa la chiesa. Ad ogni campata corrispondono due campatelle nelle navate laterali, ad ogni campatella corrisponde una cappella. Sorte con la chiesa nella prima metà del XV secolo, le 15 cappelle (la sedicesima corrisponde all’ingresso del Battistero) furono rimaneggiate più o meno pesantemente in epoca barocca. Il transetto divide le navate dal presbiterio, che a sua volta è collegato al coro e all’abside poligonale a cinque lati. Ai lati del presbiterio due grandi cappelle non absidate ospitano i due altari laterali.
Partendo dall’ingresso, nella navata sinistra si allineano otto cappelle, in origine con volte a crociera, in età barocca trasformate nelle attuali volte a botte (ad eccezione della terza cappella).
1. Cappella di Santa Rita da Cascia
2. Cappella di Sant’Anna e S. Antonio di Padova con sull’altare una pala di Giovanni Miel (1654), raffigurante La Vergine tra sant’Anna e sant’Antonio e le Sante Agata, Barbara, Caterina e Orsola
3. Cappella di S. Margherita da Cortona (conserva la volta a crociera)
4. Cappella della Madonna delle Grazie disegnata dal Vittone
5. Cappella dei Santi Piemontesi
6. Cappella dei SS. Giuliano e Basilissa (con formelle seicentesche)
7. Cappella delle Anime Purganti
8. Cappella delle Reliquie, che conservava un tempo il Tesoro del Duomo, attualmente non esposto al pubblico.
Anche la cappella a sinistra del transetto ospita opere secentesche, tra cui la pala del Crocifisso con la Maddalena, Maria e S. Giovanni di Carlo Dauphin.
Di grande interesse il coro ligneo quattrocentesco. Sui dorsali sono raffigurate piante eduli e medicinali (castagno, malva, fico e cardo), mentre le due porte laterali ed i fianchi illustrano, in bassorilievo, scene di vita della Vergine e del Cristo. Il baldacchino è coronato da statuette a tutto tondo di Apostoli e Profeti.
Dalla cappella a destra del transetto si accede alla CRIPTA unica parte superstite della chiesa landolfiana. La cripta divenne oggetto di attenzione solo nel secolo scorso, per merito del canonico Antonio Bosio, che per primo si calò nell’ambiente sotterraneo. L’assetto odierno della cripta è dovuto alle campagne di restauri che si sono succedute. Soltanto nel 1957 veniva realizzata la scala di accesso dalla chiesa superiore, secondo un percorso diverso dall’originario. Rimane dell’impianto originale una porzione ridotta a due sole campate, relativa alla terminazione orientale absidata. Un muro di tamponamento realizzato posteriormente, ha interrotto lo sviluppo longitudinale della sala. Le volte seguono tecniche costruttive collaudate: crociere prive di bombatura a nervature perimetrali, con una sporgenza costante ed una larghezza dei costoloni di 23 cm. Tale larghezza non sembra essere casuale, e corrisponde alle dimensioni di sesquipedali di 45 cm tagliati in due parti, ancora visibili in tratti non intonacati. Il riutilizzo di materiale romano di recupero è una costante delle opere landolfiane. Le ricadute delle volte sono sorrette lungo le pareti da semicolonne, realizzate con elementi curvilinei laterizi in cotto.
Sull’abside si aprivano tre finestre, tutte monofore arcuate a doppia strombatura con un restringimento al centro costituito da mattoni posti di taglio. La tessitura muraria risulta composta da elementi incoerenti uniti da malta abbondante, in grande prevalenza frammenti laterizi di recupero. I sostegni sono costituiti da colonnine, con il fusto intagliato in modo irregolare. Un interesse particolare è assunto dai capitelli ancora inglobati nei due sostegni occidentali, ridotti a semicolonne inglobate nel muro di tamponamento. Si tratta di semplici dadi rastremati agli spigoli, con decorazioni appena accennate che seguono l’andamento della scantonatura.
Al centro è conservato l’altare. Sopra uno zoccolo murario oggi ricoperto di malta cementizia, di base quadrangolare, è poggiato un elemento di recupero antico, forse il frammento del capitello di un pilastro, con abaco ed echino a doppia modanatura curvilinea.
Sulle pareti della cripta (che nei secoli passati servì come tomba della famiglia Balbo) sono state murate due epigrafi. Una venne in luce nel 1957, quando fu costruita la scala di accesso della cripta, l’altra ricorda la piccola Ienesia e fu rinvenuta durante i lavori di restauro del 1875, reimpiegata nella muratura gotica del Duomo. Per la sua datazione (488 d.C.) è un’importantissima testimonianza attestante la presenza del cristianesimo a Chieri fin dal V secolo.
Dalla cappella del transetto posta a destra dell’altar maggiore si accede anche alla base del campanile, trasformata in cappella dalla famiglia Gallieri e decorata tra il 1414 e il 1418, da un artista non lontano dallo stile dei Fantini, nel quale alcuni critici vorrebbero riconoscere Giovanni, lo zio del pittore del Battistero. Gli affreschi raffigurano scene della Vita del Battista (sulle pareti) e i quattro Evangelisti (sulla volta). Il campanile che sovrasta la cappella è opera precedente la costruzione della chiesa gotica; riedificato agli inizi del Quattrocento e quindi innalzato in due successive riprese, fino a raggiungere gli attuali 50 metri.
Nella navata di destra, dalla cappella del transetto ritornando verso l’ingresso troviamo, dopo un accesso laterale della chiesa:
1. Cappella della Resurrezione, con una pala del Cristo risorto, attribuita a Giovanni Crosio e una dell’Assunta, attribuita a F. Fea
2. Cappella dei Tabussi con affreschi quattrocenteschi di scuola jaqueriana, se non dello stesso Jaquerio, rappresentanti la Natività, la Presentazione al Tempio e la Adorazione dei Magi, restaurati nel 2006-7
3. Cappella della Visitazione di Maria
4. Cappella del Ritrovamento della Croce con una tela della Madonna con i santi Sebastiano e Antonio attribuita al Moncalvo
5. Cappella di S. Giuseppe e della Natività
6. Cappella di San Tommaso con una tela di Vittorio Amedeo Rapous, rappresentante santa Elisabetta d’Ungheria.
7. Cappella di Nostra Signora di Loreto con la pietra tombale cinquecentesca di Bernardino Biscaretti, proveniente dalla distrutta chiesa di San Francesco.

Informazioni:
Associazione Carreum Potentia tel. 345 4463201 oppure 388 3562572 ;  email:  info@carreumpotentia.it

Links:
http://www.duomodichieri.com/storia_main.php

http://web.tiscali.it/margheritaronco/dipinti%20e%20affreschi.htm

http://www.carreumpotentia.it/

Bibliografia:
VANETTI G., 2000, Chieri. Dieci itinerari tra Romanico e Liberty, Edizioni Corriere
TOSCO C., 1997, Architettura e scultura landolfiana, in Il rifugio del vescovo. Testona e Moncalieri nella diocesi medievale di Torino a cura di G. Casiraghi, Scriptorium, Torino
PANTÒ G., 1994, Venti anni di interrogativi sulle testimonianze archeologiche del Battistero, in Il Battistero di Chieri tra archeologia e restauro, a cura di PANTÒ e D. BIANCOLINI, Torino, pp. 49-77

Fonti:
Fotografie archivio GAT; foto  4  e 5 dal sito web.tiscali.it sopra indicato. Affresco foto 2 da www.carreumpotentia.it

Data compilazione scheda:
6 maggio 2004 – aggiornamento giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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