Provincia di Torino
Caprie (TO) : “Pera marsa”
Storia e descrizione del sito:
La pietra è nota localmente col nome di “Pera Marsa”, cioè pietra marcia. Segnalata per la prima volta dal Sacco nel 1922, con la superficie incisa di 100 x 95 cm. Roccia serpentino-talcosa e anfibolite. Presenta 29 coppelle, 8 canaletti, vaschetta, date (1916-1917), lettera “M”.
Presenta numerose coppelle di medie e grandi dimensioni, sia isolate che collegate da canaletti ortogonali. Date moderne sono state incise spianando a scalpello l’area che le raccoglie. Immediatamente a valle, al di là del sentiero, su roccia affiorante, si trovano altre coppelle sparse, una croce martellinata, tre segni paralleli e tre coppelline in fila, probabile risultato di segnatura di confine.
Informazioni:
In località Peroldrado, è la parte superiore di un complesso roccioso situato poco sopra il sentiero, che vi gira attorno, presso il confine comunale Caprie-Condove.
Link:
http://www.rupestre.net/archiv/2/ar26.htm
Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra indicato.
Data compilazione scheda:
06/07/2007 – aggiornam. maggio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Buttigliera – Rosta (TO) : Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
Storia del sito:
Il nome Ranverso deriva dalla fusione di due parole, “rio inverso” (ruscello all’inverso, cioè a nord, all’ombra, contrapposto a indritto, a sud, al sole).
Il complesso di Sant’Antonio di Ranverso come si presenta attualmente si è venuto formando nel corso dei secoli; esso comprende, oltre alla chiesa, anche l’ospedale, il convento, alcuni mulini e le cascine in cui risiedevano i fittavoli che coltivavano i terreni appartenenti alla Precettoria. Sant’Antonio di Ranverso era una Precettoria, cioè una fondazione dipendente dalla casa madre, la chiesa abbaziale di Saint-Antoine-du-Viennois.
La sua economia si fondava sui proventi delle terre coltivate e dei pascoli; i possedimenti, la cui origine sta in una donazione agli Antoniani da parte del beato Umberto III conte di Savoia, andarono ampliandosi con gli anni grazie ad acquisti, lasciti testamentari e donazioni, tanto che S. Antonio di Ranverso divenne una potenza economica, anche se non paragonabile alla vicina Sacra di San Michele, che vantava dipendenze, oltre che in Italia, anche in Francia e in Spagna.
La chiesa venne fondata in prossimità della via Francigena che, giungendo da Rivoli, passava sotto le mura del complesso religioso per poi dirigersi verso Avigliana; essa, attraverso la Val di Susa e i passi del Moncenisio e del Monginevro, collegava la Francia con la pianura padana e, passando per l’Italia centrale, con Roma. La scelta della località è stata determinata dagli scopi che il complesso religioso si prefiggeva: l’accoglienza ai viaggiatori e ai pellegrini che percorrevano la via Francigena, e in particolare la cura dei malati, testimoniata dalla presenza dell’ospedale. La malattia che si curava in modo specifico era l’ergotismo, detto anche fuoco di Sant’Antonio; questo spiega perché Umberto III di Savoia, fondatore della Precettoria, abbia chiamato a risiedervi gli Antoniani, appartenenti ad un ordine ospedaliero fondato in Francia nel 1095 da un nobiluomo francese, il cui figlio era stato guarito da questa malattia. Gli Antoniani si occupavano particolarmente della cura di questo morbo (che si manifesta come un’infezione cutanea), molto diffuso tra i poveri per motivi dovuti alla loro alimentazione: il fuoco di Sant’Antonio infatti era provocato soprattutto dall’ingestione di segale cornuta (veniva così chiamata la segale contaminata da un fungo, nella quale si sviluppava un alcaloide che provocava l’infezione). Gli Antoniani in origine erano infermieri e frati laici; solo nel 1297 divennero ordine di canonici, aderendo alla regola di Sant’Agostino. La sede dell’ordine antoniano era in Francia, a La Motte St. Didier (ora Bourg St. Antoine) in Delfinato, dove nel 1080 le reliquie di sant’Antonio erano state trasportate da Costantinopoli.
Gli Antoniani usavano il grasso di maiale come emolliente per le piaghe provocate dalla malattia e per questo motivo erano stati autorizzati dal papato ad allevare maiali nei loro possedimenti: questo giustifica la raffigurazione di questi animali in uno degli affreschi all’interno della chiesa. La particolare natura del male curato (il fuoco, cioè un’infiammazione che colpisce i gangli delle radici nervose spinali), e le sue conseguenze (la cancrena con la frequente amputazione degli arti inferiori) spiegano il ricorrere negli affreschi di una fiamma stilizzata e di una ‘tau’, la lettera greca τ, simbolo che è stato adottato dagli Antoniani perché, oltre a ricordare la croce, rappresenta la stampella usata dagli ammalati; inoltre la ‘tau’ allude alla parola thauma, che in greco antico significava “prodigio”. Accanto a questi due simboli compare anche una campanella, con la quale gli Antoniani annunciavano il loro arrivo durante gli spostamenti.
Descrizione del sito:
La chiesa, inizialmente costruita in stile romanico, in seguito alle trasformazioni subite ha assunto forme gotiche, che culminano nel gotico tardo dell’ultimo intervento. La facciata attuale, che risale al XV secolo, è a capanna e presenta tre portali con archi a sesto acuto a cui si sovrappongono le ghimberghe, sormontate da un pinnacolo. La ghimberga centrale non è in asse con la facciata, ma spostata verso la destra di chi guarda, in modo tale da non coprire completamente il rosone, testimoniando così che le ghimberghe costituiscono un’aggiunta posteriore; esse risalgono infatti all’ultima grande sistemazione della chiesa, avvenuta per opera di Jean de Montchenu, cellerario (cioè amministratore) della Precettoria (abbazia) dal 1470 al 1497 (un suo omonimo aveva rivestito la medesima carica dal 1430 al 1458). Ai lati della ghimberga centrale si aprono due finestre monofore, situate in corrispondenza del cosiddetto coro d’inverno dei monaci, soprastante il nartece. La facciata è abbellita e movimentata da una ricca decorazione in terracotta, fatta mettere in opera dallo stesso Jean de Montchenu, che fece apporre il suo stemma (un’aquila) all’interno della ghimberga centrale. Questo tipo di decorazione rappresenta la fusione di creazione artistica ed esecuzione artigianale: infatti gli elementi decorativi ideati dall’artista (foglie, rami, frutti, fiori, serie di archetti…) venivano riprodotti in formelle tramite stampi, che consentivano di ripetere innumerevoli volte i motivi ornamentali. A Sant’Antonio di Ranverso sono state così create cornici per ornare i portali, le ghimberghe, le finestre, il rosone della facciata, ma anche i coronamenti del tetto, i pinnacoli, i fianchi della chiesa, l’abside, il campanile. La facciata presenta inoltre una decorazione dipinta a motivi geometrici, eseguita agli inizi del XVI secolo; essa è stata ripristinata nel corso del recente restauro, che ha recuperato anche le due ‘tau’ affrescate al di sopra delle monofore. L’abside poligonale, risalente all’ultima sistemazione della chiesa, è rinforzata da alti contrafforti, che sono sormontati da pinnacoli.
I tre portali della facciata danno accesso a un portico o nartece, eretto intorno alla metà del XIV secolo. Esso è coperto con volte a crociera, la mediana delle quali è decorata con affreschi cinquecenteschi; la scena più facilmente leggibile rappresenta la nave che trasporta da Costantinopoli alle coste francesi il corpo di sant’Antonio, che sarà poi sepolto nella chiesa di La Motte St. Didier in Delfinato. Le volte sono sostenute da pilastri con capitelli e da mensole, tutti realizzati in pietra verde, che crea un contrasto cromatico con il rosso delle strutture in cotto; sia i capitelli sia le mensole, scolpiti da un anonimo artista piemontese intorno al 1350, sono ornati con teste umane, animali e mostri, secondo l’usanza diffusa nel Medioevo. Dal portico si accede alla chiesa, oltre che da una piccola porta laterale che dà nel chiostro, da tre portali; nella lunetta del portale centrale si trova un affresco risalente alla fine del XV secolo, che raffigura una Madonna con Bambino tra S. Giovanni Evangelista e un altro Santo, con angeli sullo sfondo.
All’inizio della strada che si diparte davanti alla chiesa, sulla destra si trova la facciata dell’ospedale, che è tutto quanto resta dell’edificio, costruito alla fine del XV secolo, in cui gli Antoniani ospitavano e curavano i malati. Essa ha la forma a capanna, con un portale centrale con arco a sesto acuto e ornato da un’alta ghimberga, una porta a destra e una finestra a sinistra, anch’esse con arco a sesto acuto. La facciata presenta una ricca decorazione in cotto, estesa anche ai pinnacoli che si ergono sul coronamento. Alla parte interna della facciata agli inizi del XX secolo è stato addossato un rustico, mentre nel luogo in cui era situato il fabbricato dell’ospedale, nei primi decenni del XVIII secolo è stata costruita una cascina; al di sopra delle finestre del primo piano di questo edificio è dipinta la lettera ‘tau’, mentre a un’estremità si trova un orologio solare con la scritta Sine sole sileo (senza il sole taccio).
L’interno è a tre navate divise da pilastri che sostengono archi a sesto acuto e volte a crociera. L’impressione di asimmetria e irregolarità che esso suscita trova la sua spiegazione nelle diverse fasi costruttive, attraverso ampliamenti successivi che hanno attribuito a Sant’Antonio di Ranverso il suo aspetto odierno. La chiesa primitiva, iniziata nel 1188, era ad una sola navata con un’abside semicircolare. Queste ridotte dimensioni presto però non furono più sufficienti, dato l’incremento del numero dei fedeli e l’accresciuto prestigio e potere della Precettoria; si ebbe così nel XIII secolo il primo intervento, con la trasformazione dell’abside in presbiterio a pianta quadrata coperto da una volta a crociera. Nel corso del XIV secolo venne attuato un imponente piano di ampliamento della chiesa: nella prima metà del secolo vennero costruite le cappelle del lato settentrionale; nella seconda metà venne edificato un nuovo presbiterio a pianta quadrata più grande del precedente, coperto da una volta a crociera, fu costruita la cappella ora adibita a sacrestia (in origine forse cappella funeraria od oratorio destinato ai pellegrini) a cui si accede dal lato destro del presbiterio e dalla navata meridionale, la navata centrale ricevette una copertura con volte a crociera impostate su pilastri; infine venne eretta la navata meridionale; durante il XV secolo venne aggiunto il coro d’inverno dei monaci al di sopra del portico esterno, Gli ultimi interventi risalgono alla fine del XV secolo e sono dovuti a Jean de Montchenu, il quale fece costruire l’abside poligonale e rifare la volta del presbiterio.
Al fianco meridionale della chiesa è addossato un piccolo chiostro, di cui rimane solo un lato; è stato costruito nel corso dell’intervento architettonico dovuto a Jean de Montchenu e risalente alla fine del XV secolo. Esso è coperto da volte a crociera e si apre sul giardino con archi sostenuti da massicci pilastri in mattoni, cui sono addossate semicolonne.
Anche gli affreschi, così come la struttura architettonica, risentono degli interventi che si sono succeduti nella Precettoria nel corso dei secoli. Sulla parete all’inizio della navata destra un affresco staccato del XVII secolo rappresenta lo sposalizio mistico di santa Caterina. In fondo alla navata la cappella di san Biagio è ornata con affreschi attribuiti al maggior esponente del gotico internazionale nello stato sabaudo, il pittore torinese Giacomo Jaquerio (1375 circa – 1453): ai lati della finestra di fondo sono rappresentati santa Barbara e due Santi, sulla parete destra e sopra l’arcata scene della vita di san Biagio. A questo proposito la Griseri soffermandosi sul miracolo del bambino liberato dalla spina e sulla scena di san Biagio tra gli animali (i due affreschi del registro superiore), sottolinea il patetismo e l’intimismo della rappresentazione, nella quale la resa degli stati d’animo prevale sulla narrazione dei fatti. Su una delle due volte della cappella sono rappresentati i simboli dei quattro Evangelisti, mentre all’interno di un medaglione è dipinto un ritratto, che secondo alcuni rappresenterebbe lo stesso pittore.
Nel lato sinistro della navata centrale, sopra l’arco d’ingresso della seconda cappella, un affresco quattrocentesco raffigura la Madonna con il Bambino tra san Bernardino da Siena e sant’Antonio abate, il quale presenta una donna inginocchiata (moglie di Eugenio Raspa, committente dell’affresco) di nome Bianchina, come ricorda l’iscrizione sottostante; al di sotto vi sono alcuni affreschi duecenteschi: una natività, i santi Pietro e Paolo con il Cristo benedicente, la cui figura è stata tagliata in seguito all’apertura dell’arcone. Sopra l’arcata che segue la base del campanile si trovano un altro Cristo benedicente fra i simboli degli Evangelisti e sei Apostoli: gli affreschi sono molto deperiti e risalgono agli inizi del XIV secolo.
Nella prima cappella della navata sinistra sono affrescati episodi della leggenda della Maddalena, risalenti al 1395 ed eseguiti molto probabilmente da Pietro da Milano, autore, insieme ai suoi discepoli, della decorazione tardo trecentesca della Precettoria; sulla parete di fondo è dipinta una Crocifissione.
Nella seconda cappella della navata sinistra (così come nella prima e nell’ultima) rimangono tracce di una decorazione tardo trecentesca consistente in un velario ricamato.
Nella cappella al termine della navata sinistra è rappresentato un ciclo di storie della Vergine, attribuite a Jaquerio che iniziano dalla parete a destra rispetto alla finestra laterale con l’Annunciazione, proseguono ai lati dell’arcone d’ingresso alla cappella con la Visitazione e la Natività, mentre sulla parete di fronte all’altare in due registri sovrapposti sono dipinte l’Adorazione dei Magi e la Presentazione al tempio; sulla sinistra della finestra è affrescata la Dormitio Virginis, mentre negli sguanci della stessa finestra sono ritratti sant’Eutropio a sinistra e san Dionigi a destra. Gli affreschi sono stati scoperti durante il restauro condotto nel 1910, che ha eliminato l’imbiancatura che li ricopriva. Le pitture, già in cattivo stato di conservazione, sono state in alcuni casi ulteriormente danneggiate dalla eccessiva raschiatura che, oltre ad eliminare la vernice sovrapposta, talora ha asportato anche strati di colore.
Gli affreschi del presbiterio hanno una grande importanza, non solo artistica, ma come documento dell’attività di Jaquerio: infatti sono l’unica opera firmata dal pittore torinese tramite un’iscrizione scoperta, insieme agli affreschi, durante il restauro nel 1914; essa è posta sopra la fascia inferiore dei dipinti sulla parete settentrionale e recita: “[picta] fuit ista capella p[er] manu[m] Iacobi Iaqueri de Taurino”. La decorazione pittorica, come appare attualmente, è molto diversa da quella originaria: infatti alla fine del XV secolo, per permettere la costruzione dell’abside e delle nuove volte, furono distrutte la parete terminale del presbiterio e le volte antiche, eliminando così una parte consistente degli affreschi jaqueriani.
Secondo il Castelnuovo la parete settentrionale del presbiterio presenta una decorazione coerente e un rapporto molto studiato con l’architettura: nella zona centrale, tra le due finestre, è rappresentata la Vergine con in braccio il Bambino che si sporge verso un donatore inginocchiato; la Vergine è seduta su un trono e alle sue spalle due angeli reggono un tendaggio, mentre il trono è situato all’interno di una complessa struttura architettonica di stile gotico sormontata da alte cuspidi. Le finestre ai lati della scena centrale, che erano state murate in precedenza e poi riaperte nel restauro del 1914, rientrano nel progetto complessivo; sono infatti decorate con elementi architettonici e sulla superficie degli sguanci sono dipinte figure di Santi all’interno di edicole gotiche: nella finestra di sinistra san Giovanni Battista e sant’Antonio abate, nella finestra di destra santa Marta e santa Margherita. Lateralmente alle figure di questi santi e sante, sono ancora rappresentati a sinistra l’arcangelo Michele e a destra i santi vescovi Nicola e Martino. Al di sotto di questa fascia vi sono sette figure di re e profeti dell’Antico Testamento, impostati con una chiarezza prospettica inusuale per il tempo e rappresentati “con la forza di un fare scultoreo”. Di essi, che in origine erano otto, soltanto il re Davide è identificabile con sicurezza.
La decorazione sulla parete meridionale del presbiterio è disposta in modo molto diverso; infatti manca il coordinamento con l’architettura e nella parte superiore gli affreschi sono suddivisi in tre registri, mentre nella parte inferiore, la cui superficie è interrotta da un arcosolio e da due porte che introducono nella cappella adibita a sacrestia, è rappresentata un’unica scena. I tre registri superiori mostrano episodi della vita di sant’Antonio abate, nella quale hanno uno spazio rilevante le tentazioni del Santo; inferiormente, da destra verso sinistra, sono raffigurati una coppia inginocchiata con offerte, accanto alla quale si trova un bambino che porta un cero, e poi gruppi di pastori, anch’essi con offerte, che spingono davanti a sé capre e maiali: si tratta forse di una cerimonia in onore di sant’Antonio. Tra i registri superiori e la scena che si sviluppa inferiormente il restauro ha messo in luce tracce di affreschi precedenti. Nell’arcosolio è rappresentato Cristo che si erge dal sepolcro con accanto i simboli della passione, affresco di Jaquerio o di scuola jaqueriana, mentre i dipinti sulle lunette sovrastanti le due porte sono stati eseguiti nel Trecento.
La datazione della decorazione del presbiterio non è certa; secondo alcuni risalirebbe agli anni posteriori al 1429, data del ritorno definitivo di Jaquerio a Torino, mentre secondo altri, e questa è l’opinione più comunemente accettata, essa sarebbe da collocare nella seconda decade del XV secolo.
Un’ultima osservazione riguardo alla decorazione del presbiterio: manca qui, come nella cappella adibita a sacrestia, la rappresentazione della Crocifissione. Per giustificare questa assenza, si è ipotizzato che la Crocifissione fosse affrescata sulla parete terminale del presbiterio, demolita alla fine del secolo XV, mentre altri pensano che dovesse esistere una tavola con questo tema sull’altare della cappella, e congetturano che sulla parete distrutta fosse raffigurata una Natività, anche perché questa scena è al centro del polittico di Defendente Ferrari sull’altare maggiore.
Un’immagine della Crocifissione si trova nell’oratorio di Jean de Montchenu (il primo dei due cellerari con questo nome), l’affresco, attribuito a Jaquerio, rappresenta Cristo in croce fra quattro Santi, con il committente, lo stesso Jean de Montchenu, inginocchiato all’estremità sinistra.
Sulla volta della cappella adibita a sacrestia sono rappresentati i quattro Evangelisti, ognuno dei quali è identificabile grazie al simbolo che gli è proprio; sulla parete meridionale sono effigiati i santi Pietro e Paolo, mentre sulle altre tre pareti vi sono episodi della vita di Maria e di Gesù: sulla parete orientale l’Annunciazione, su quella settentrionale la Salita al Calvario, al di sopra dell’ingresso dalla navata la Preghiera nell’Orto degli Ulivi.
Nell’Annunciazione la Vergine e l’Angelo sono inseriti ai due lati di una finestra aperta nella parte superiore della parete, che è sovrastata da un arco a sesto acuto. L’atteggiamento delle due figure si adatta perfettamente al margine curvilineo della superficie che le contiene; esse hanno in comune con la Preghiera nell’Orto la resa coloristica e il trattamento del panneggio. È interessante il proposito di rendere la profondità spaziale mediante il tentativo di rappresentazione prospettica del sedile della Vergine e del pavimento su cui poggia l’Angelo.
La Preghiera nell’Orto è rappresentata secondo le convenzioni presenti in dipinti e miniature del tempo: Cristo si trova al centro della scena, che è spoglia e chiusa sullo sfondo da un traliccio di rami, come a sottolineare l’isolamento e la solitudine spirituale del protagonista.
Informazioni:
L’Abbazia è situata a cavallo dei comuni di Rosta e Buttigliera Alta a pochi chilometri da Torino. Sulla strada statale del Moncenisio lungo il tratto tra Rivoli ed Avigliana da Torino, oltre Rivoli, al Km 19.5 della statale del Moncenisio in direzione di Avigliana. Info: tel. 0119367450 (attivo durante l’orario di apertura) – email: ranverso@ordinemauriziano.it
Versione multimediale dei pannelli esplicativi: https://www.afom.it/qr-in-italiano/
Links:
http://www.ordinemauriziano.it/precettoria-di-s-antonio-ranverso
http://www.santantonioabate.afom.it/buttigliera-altarosta-to-precettoria-di-santantonio-di-ranverso-scheda-1/ Vedi le successive schede.
http://www.jaquerio.afom.it/buttigliera-altarosta-to-precettoria-di-s-antonio-di-ranverso-scheda-1-storie-della-vergine/ Vedi anche le successive schede.
http://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Sant%27Antonio_di_Ranverso
http://www.medioevo.org/artemedievale/pages/piemonte/Ranverso.html
Bibliografia:
GRISERI A., Jaquerio e il realismo gotico in Piemonte, Torino 1965
CASTELNUOVO E., Giacomo Jaquerio e l’arte nel ducato di Amedeo VIII, in Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale, Torino 1979
GRITELLA G. (a cura di), Il colore del gotico, Savigliano 2001
ROTUNNO E., CONIGLIO A., Torna a splendere la Precettoria di S. Antonio di Ranverso
Fonti:
Testo tratto dal Quaderno del Volontariato Culturale n. 2, Torino, 2002
Fotografie dai siti sopra indicati. Ultima da www.medioevo.org
Data compilazione scheda:
12/03/2005 – aggiornamento luglio 2014 e 2023
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Maria Gabriella Longhetti – Amici della Fondazione Ordine Mauriziano
Bussoleno (TO) : Mura, Casa Aschieri e Casa Amprimo
Storia dei siti:
La zona di Bussoleno fu abitata fin dall’età del bronzo, come testimoniato dai reperti dell’Orrido scavato dal rio Rocciamelone; situata lungo la via delle Gallie divenne importante nel medioevo, nel punto d’incontro con la nuova via di Francia sulla riva sinistra della Dora.
Al centro del suo mercato e della sua importante “fiera franca”, il paese viveva di scambi e botteghe ma anche del marmo delle cave di Foresto e dell’agricoltura praticata oltre il “borgo della paglia” sulla riva sinistra del fiume. Di quel periodo sono testimonianza il cosiddetto “Castel del Borgo”, la stupenda Casa Aschieri in via Walter Fontan e Casa Amprimo.
L’attuale centro storico di Bussoleno viene a volte chiamato “Castel del Borgo”, ma la definizione non è propriamente corretta, non si può infatti definire ‘castello’ ciò che non è altro che una spessa cinta muraria munita di torri e destinata alla protezione dell’abitato sulla riva destra della Dora. Edificato nella seconda metà del XIV secolo per volere del conte Amedeo VII di Savoia, lo spesso muro venne ulteriormente consolidato nel 1407. Da questo momento il borgo sarà conosciuto come “burgus clausus”, per distinguerlo da quello aperto e non fortificato della Contrada d’Oltre Dora.
Descrizione dei siti:
Sono visibili alcuni resti della CINTA MURARIA e di una torre semicircolare. Vedi sito al n° 2.
CASA ASCHIERI rappresenta il tipico esempio di abitazione medievale: in essa viveva il maestro, che vi lavorava insieme ai propri apprendisti. La facciata della Casa presenta un’intelaiatura in legno e una muratura in mattoni; il resto dell’abitazione è invece in pietra intonacata.
CASA AMPRIMO è una tipica costruzione medievale; presenta al pianterreno un portico sorretto da colonne in muratura che sostengono un imponente architrave in legno. La facciata è arricchita da alcune finestre a crociera incorniciate in cotto. All’interno della Casa sono stati scoperti alcuni affreschi tardo-gotici, con i Gigli di Francia e il Leone inglese.
Informazioni:
Nel centro storico. Comune, tel. 0122 49002
http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-bussoleno2 (cinta muraria)
Fonti:
Fotografia in alto dal sito del Comune. Foto in basso dal sito www.cittametropolitana.torino.it
Data compilazione scheda:
01/06/2006 – aggiorna. giugno 2014 -maggio 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
Bussoleno (TO) : Incisioni rupestri
Storia e descrizione del sito:
Il masso misura 110 x 85 cm, è un calcescisto e presenta cinque figure antropomorfe, eseguite a martellina, che non trovano per il momento riscontro in altri esemplari di simile fattura in Valle. Delle cinque figure due sono più piccole, mentre delle altre tre, tutte a “grandi mani”, la figura maggiore ha in evidenza le dita dei piedi, e presenta inoltre all’interno della testa tre linee parallele. L’incisione è molto consumata e poco visibile. La composizione della roccia è una delle poche, tra quelle presenti in Valle, adatta a permettere una buona precisione del segno, conservando i dettagli della martellinatura. Risulta simile a quella di SUS 212, e si trova solo nella bancata calcarea che corre lungo il basso versante del massiccio del Rocciamelone. L’incisione è stata rovinata (febbraio 1989) da sconosciuti con 13 colpi sparsi di martellina.
Informazioni:
Le incisioni si trovano in località Foresto, presso il sentiero.
Link:
http://www.rupestre.net/archiv/2/ar28.htm
Note:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra indicato.
Data compilazione scheda:
06/07/2007 – aggiornam. giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Bussoleno (TO) : Castel Borello
Storia del sito:
Non vi sono notizie di questo Castello prima del XIV secolo, quando viene menzionato come parte del patrimonio dei Rotari e successivamente dei Calvi e dei Bonini. La costruzione sembrerebbe risalire al XII secolo e si narra sia stato realizzato ad opera dei Cavalieri Templari. Castel Borello appartenne ai signori Borello e ai tempi della marchesa Adelaide servì da rifugio per la popolazione locale in caso di guerra.
Il castello passò poi agli Aschieri, ai Bartolomei e ai Rotari di Susa e quindi al medico Fiocchetto che si prodigò grandemente durante la peste del 1630.
Descrizione del sito:
L’edificio ha una pianta quadrangolare e la sua struttura è in pietra intonacata, con ampie finestre con inferriate (ora visibili solo su un lato). Il tetto è realizzato in lose.
Informazioni:
Si trova al di fuori dell’abitato di Bussoleno, a circa 3 km dalla statale 24, verso l’Orsiera. Il Castello è privato ed è sede della “Società Meteorologica Subalpina “; tel. 0122 641726, e-mail: info@nimbus.it
Fonti:
Fotografia dal sito sopra indicato.
Data compilazione scheda:
01/06/2006 – aggiornam. giugno 2014 – maggio 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
Bussoleno (TO) : Campanile di Santa Maria Assunta e campanile di Foresto
Storia dei siti:
CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA
La costruzione originaria della chiesa di Bussoleno risale all’XI secolo, ma di essa non rimane che il campanile in stile romanico.
La costruzione originaria aveva la facciata rivolta ad ovest e l’abside a est, ma nel 1725 la Chiesa è stata oggetto di una completa ristrutturazione interna ed esterna ad opera dell’architetto Francesco L. de Willencourt, che ha anche modificato l’ingresso aprendolo a Est.
CAMPANILE DI FORESTO
Rimane come unica traccia dell´antica chiesa romanica, sorge isolato nell’area cimiteriale comunale. Risale alla metà dell’XI secolo.
Descrizione dei siti:
CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA
La facciata della chiesa è settecentesca e ha un portale in legno in tipico stile barocco. Nel corso del Medioevo la chiesa venne decorata da affreschi e dotata di arredi di pregio, di cui restano pochissime tracce (una tavola dell’Annunciazione, fatta realizzare dal pinerolese Bartolomeo Serra nel 1466 è ora scomparsa; un trittico del Giovenone fu trafugato dalla cappella di San Basilio nel secondo dopoguerra).
Il crocifisso ligneo che ancora si conserva alla destra del presbiterio è, con tutta probabilità, ciò che resta di una raffigurazione del Calvario di scuola piemontese e ascrivibile al secondo quarto del XV secolo.
Il CAMPANILE, originario del secolo XI e inalterato, è sulla destra dell’edificio, nascosto dalla facciata settecentesca, troppo grande e massiccia rispetto al primitivo edificio. Ha sei piani segnati da cornici marcapiano ad archetti, con monofore, eccetto l’ultimo piano che presenta una trifora su ogni lato. Sul penultimo piano è installato un orologio, e al secondo piano conserva una delle più antiche tracce di quadrante d’orologio esistenti in Piemonte.
CAMPANILE DI FORESTO
Interrato di circa due metri rispetto al livello originario del piano stradale. La muratura è in pietrame a vista. Ha quattro piani, i primi con feritoie; gli altri presentano bifore con colonnine e capitelli a stampella di pietra.
Informazioni:
Parrocchia Santa Maria Assunta tel. 0122 49152
Il campanile della frazione Foresto è nel cimitero.
Links:
http://www.comune.bussoleno.to.it/ComSchedaTem.asp?Id=2502
http://it.wikipedia.org/wiki/Bussoleno
Fonti:
Fotografia in alto tratta da wikipedia.
Per il campanile di FORESTO vedi www.cittametropolitana.torino.it, sito da cui è tratta la foto in basso.
Data compilazione scheda:
13/05/2006 – aggiornam. giugno 2014 – maggio 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
Busano (TO) : Ricetto e chiesa di San Tommaso
Storia del sito:
Secondo la “Cronaca dell’Abbazia di Fruttuaria”, nel 1019 il Conte Emerico (o Eimerico o Armerico) signore di Barbania, di Corio, Busano, Rocca e Rivara fondò un convento femminile a Busano. Il conte dotò il monastero di vari beni tratti dal suo feudo e rese consignora di Rivara sua figlia Libania che venne eletta prima badessa del nuovo monastero.
In seguito, per l’impossibilità di difendere il monastero da ingerenze esterne, nel 1114, la famiglia fondatrice rinunciò ad ogni prerogativa e lo pose sotto la giurisdizione dell’Abbazia di Fruttuaria.
I conti di Valperga successivamente si impossessarono di Rivara ed estesero la loro influenza anche sul monastero e sul borgo di Busano: mentre alcune dame della famiglia assunsero la guida del monastero, i Conti inglobarono il borgo nel feudo di Rivara. Pare che i feudatari di Rivara fossero soggetti al marchese del Monferrato e in un documento del 1164 l’imperatore Federico confermava loro, fra varie terre, anche Rivara.
Nei secoli tra il XIII e il XIV intorno al monastero si sviluppò un borgo fortificato o ricetto, costituito da parecchie “celle” costruite su zona rialzata e due torri-porta. Queste caratteristiche, anomale per i ricetti canavesani, fanno pensare ad un’origine abitativa consortile e rurale attorno ad una casa-forte.
Guglielmo, conte di Rivara e di Valperga, dal 1232 al 1240 fu in lite col monastero di Fruttuaria e di Belmonte per il possesso di beni del monastero di Busano; fu condannato e dovette restituire ai Busanesi quanto aveva loro sequestrato. Il territorio di Busano nei secoli seguenti seguì le vicende di Rivara e passò ai Savoia.
Oggi dell’antico monastero rimane solo la chiesa che vi era annessa, dedicata a san Tommaso apostolo e ora, dopo ampliamenti e rifacimenti, parrocchiale del paese.
Descrizione del sito:
RICETTO: il nucleo difensivo del borgo, sviluppatosi tra il XIII e il XIV secolo, presentava forma ellittica irregolare; fu edificato su una zona rialzata di 2,5 metri rispetto al piano ed era costituito da 2 torri-porta a sud e ad est e da 2 fasce di celle alte ben 8,6 metri, costruite in muratura compatta di blocchi di pietra e ciottoli di fiume. Oggi la forma del ricetto è riconoscibile percorrendo a piedi il suo perimetro. Rimangono i resti di alcune celle; la torre sud ora è inglobata in un altro edificio.
TORRE-PORTA: sul lato est del ricetto, vicino alla chiesa parrocchiale, si è conservata la massiccia torre, alta 19 metri, formata da pietre squadrate angolari e pietrame; era munita di ponte levatoio di cui rimangono le aperture dei bolzoni sul lato esterno (dal lato interno si apriva a circa 8 metri una porta (ora murata) per l’accesso al cammino di ronda. Sulla torre vi era anche un affresco tardo-gotico oggi non più leggibile. In tempi più recenti alla torre vennero aggiunte una cella campanaria e l’orologio.
La CHIESA PARROCCHIALE DI SAN TOMMASO: della iniziale costruzione annessa al convento, iniziata verso il 1040, sono conservate esternamente le tre absidi in stile romanico, con archetti pensili e nicchie cieche o fornici; la muratura venne purtroppo ricoperta da intonaco. Secondo la tradizione vi fu sepolta nel 1064, in luogo ignoto, la santa badessa Libania.
Nel 1630 venne sostituita la copertura a capriata con volte in muratura; il lavoro richiese un adeguamento dei muri perimetrali con conseguente alterazione dei volumi originari. L’interno e la facciata della chiesa vennero rifatte in stile barocco.
Informazioni:
Comune, tel. 0124 48000; Parrocchia tel. 0124 48088
Link:
http://www.comune.busano.to.it
Bibliografia:
VIGLINO DAVICO M., I Ricetti, Edialbra, Torino, 1978
OLIVERO E., La millenaria Parrocchia di Busano, Tip. G. Anfossi, Torino, 1929
TOSCO C., Architettura e riforma ecclesiastica nel secolo XI: il San Tommaso di Busano, in “Bollettino della Soc. Piemontese di archeologia e belle arti”, 47/1995, Torino, 1995
Fonti:
Fotografie GAT.
Data compilazione scheda:
08/05/2006 – aggiornam. giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
Burolo (TO) : Chiesa di Santa Maria Maddalena
Storia del sito:
La chiesa fu edificata presumibilmente nel secolo XI e rimaneggiata nei secoli successivi.
Il tetto dell’edificio è stato rifatto nel 2013.
Descrizione del sito:
Oggi la chiesa è composta da tre parti: l’edificio principale a navata unica, sulla destra un vano oggi adibito a sagrestia (che forse anticamente era parte di una navata poi demolita) e il campanile unito alla chiesa e alla sagrestia da un muro. Un muretto delimita un piccolo cortile davanti all’edificio. L’abside rotonda è rivolta verso valle, sullo strapiombo.
Il CAMPANILE ha forma rettangolare; la parte inferiore ha una doppia porta di accesso e la parte superiore presenta tre campiture irregolari. Venne restaurato nel 1848, come indica la data sulla lesena a destra in alto. Il campanile é posto sul lato sud, accanto alla facciata ed in posizione obliqua rispetto alla chiesa, per seguire la forma della roccia.
Nella sagrestia esiste un AFFRESCO, attribuito al pittore detto “Pseudo Domenico della Marca di Ancona” vedi scheda, e realizzato intorno al 1430, rappresentante Cristo in croce tra due Sante, di cui quella a sinistra potrebbe essere Maria Maddalena. I personaggi, fra i quali emerge centrale il Crocifisso, presentano elementi tipici della pittura gotica.
Descrizione dei ritrovamenti:
All’esterno della chiesa, sul lato nord, è murata una LAPIDE funeraria tardo-romana che, per le croci che reca incise, potrebbe essere stata riutilizzata come mensa d’altare. L’iscrizione reca la data “anno 440 attestato dal Consolato di Valentiniano Augusto e di Anatolio” e il nome del “negotiator Basilius (nativo) del vicus Atarca (probabilmente in Siria)”
Informazioni:
Su un masso erratico, al centro della contrada Santa Maria Maddalena, poco distante dalla strada. Parrocchia di Burolo, tel. 0125 57351
Link:
http://www.comune.burolo.to.it/index.php/chiese-e-monumenti.html
Bibliografia:
Ferrero F., Arte medievale in Canavese, Priuli & Verlucca ed., Pavone can. TO, 2003
Fonti:
Fotografia in alto da wikimedia.
Data compilazione scheda:
31/01/2008 – aggiornam. giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese
Buriasco (TO) : Castello
Storia del sito:
Nell’anno 1000 il territorio di Buriasco, allora Buriades, era diviso in due parti: superiore e inferiore. Buriasco superiore comprendeva le terre fra il comune di Pinerolo, di cui faceva parte, e l’abitato di Buriasco inferiore. Dal 1075 al 1220 fu dominata dagli abati benedettini di S. Maria, che avevano ricevuto Pinerolo e le terre dipendenti dalla contessa Adelaide; passò quindi sotto la signoria dei Savoia.
Buriasco Inferiore, che si estendeva fino alle terre confinanti con Macello, Riva e Vigone, rientrò nella marca di Torino. Dal 1031 fu appannaggio dei canonici di S. Solutore, di S. Maria e di S. Giovanni Battista di Torino, (come confermano i diplomi di Enrico II nel 1046, Federico I nel 1158 ed Enrico III nel 1213) sino al 1399 quando il Capitolo dei canonici la cedette al Duca Amedeo VIII di Savoia. I primi signori del luogo furono i Gillio, investiti nel 1270. Buriasco inferiore subì di riflesso una parte degli avvenimenti di Buriasco Superiore: dopo che Pinerolo divenne capitale dello Stato di Piemonte e venne riconosciuto il dominio del principe Filippo I di Savoia, questi, nel 1305, investì il fedele scudiero Guglielmo di Montbel del feudo di Buriasco, e così venne costruito nel borgo il castello feudale.
Durante le lotte tra Savoia e Acaia (1356-1363) il Conte Verde penetrò nel pinerolese e pose il suo campo in Buriasco Inferiore (1359). Nel 1420 il feudo venne venduto al signore di Baldissero e nel 1452 fu confermata l’investitura alla signora di Baldissero, sposata con un Solaro. Nel 1592 le milizie francesi del maresciallo De Les Diguières, incendiarono Buriasco e, nonostante la strenua difesa degli abitanti, semidistrussero il castello. Nel 1595 le truppe di Carlo Emanuele sospinsero i Francesi oltralpe. Casa Savoia guidò le sorti del nuovo stato sino all’occupazione di Pinerolo, nel 1631 da parte delle milizie francesi dì Luigi XIII, comandate dal Cardinale Richelieu. Con il trattato di Cherasco (7 aprile 1631) le terre di Pinerolo, Baudenasca, Buriasco superiore, Costagrande, Abbadia, Val Lemina, Porte, Villar, Dubbione, Pinasca e Perosa furono annesse al Regno di Francia, mentre Buriasco inferiore restò sotto i Savoia, segnando il confine con la Francia con una porta i cui resti sono in Piazza Gonnet. Buriasco superiore rimase francese fino al 1696, anno in cui tornò ai Savoia che la unirono a Buriasco inferiore con regia patente del 1818, ma, per l’ostruzionismo di Pinerolo, che chiese la revoca del provvedimento, ciò fu possibile solo nel 1824. Da quel momento visse le vicende del regno d’Italia. Il primo Conte di Buriasco fu Maurizio Ferrero, pinerolese, dei Signori di Bibiana e Famolasco che ne otteneva la Contea e il Castello nel 1619 da Carlo Emanuele. Ultimo di questa casata fu il conte Maurizio, morto nel 1928.
Descrizione del sito:
Il Castello è stato purtroppo irrimediabilmente rimaneggiato nei secoli. Attualmente è composto da un ampio muro di cinta con torri circolari, che racchiude al suo interno diversi fabbricati moderni e un giardino. L’ultima ristrutturazione avvenne quando fu adibito a ristorante nel 1961.
La chiesa parrocchiale, dedicata a S. Michele Arcangelo, fu costruita nel 1704, dopo che si era abbattuta la precedente chiesa che possedeva probabilmente affreschi di valore. Se ne salvò un frammento quattrocentesco, un pezzo di colonna con raffigurata la Madonna del latte che venne incastonato in una cappella edificata nel 1632 come voto per la scampata peste, detta oggi Cappella della Madonna della Neve.
Informazioni:
Il Castello è attualmente adibito a ristorante, tel. 0121 56560
Links:
https://it-it.facebook.com/pages/Ristorante-Castello-Di-Buriasco/121345674585488m
http://www.comune.buriasco.to.it/viewobj.asp?id=2623
Fonti:
Fotografia in alto da http://pinerolovalli-artecultura.it, pagina non più esistente nel 2020.
Data compilazione scheda:
7/2/2007 – aggiornam. giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese
Bruzolo (TO) : Castello dei Marconcini e campanile della Chiesa di San Giovanni
Storia e descrizione del sito:
Il nucleo originario della costruzione risale probabilmente all’anno 1000: quattro torri angolari circondavano il dongione e mura merlate recingevano il centro abitato. Verso il 1200 questo nucleo venne ampliato dalla famiglia Bertrandi: fu costruita una seconda cinta muraria a protezione delle scuderie, dei magazzini e dei rifugi per i coloni e i pellegrini.
La casaforte, divenuta di proprietà dei Savoia, nel corso del XVI secolo perse le sue funzioni militari e venne trasformata in residenza signorile. Nel 1610 fu teatro di un’importante alleanza militare: vi fu firmata l’alleanza tra il duca di Savoia, Carlo Emanuele I, e il re di Francia Enrico IV, contro il sovrano spagnolo. Il trattato non ebbe seguito per l’inaspettata morte del re di Francia.
L’ingresso è dotato di un bel portale. Le sale al piano terreno mantengono la struttura originale.
Descrizione del sito:
CHIESA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA. La chiesa parrocchiale di San Giovanni Evangelista di Bruzolo è stata costruita all’inizio dell’XI secolo dai marchesi di Susa. In gran parte demolita nel 1725 perché ormai pericolante, la nuova costruzione venne portata a termine in due anni, e nel 1856 subì un ulteriore ampliamento. Dell’originaria chiesa romanica venne risparmiato il CAMPANILE, per metà incorporato nella nuova costruzione.
Informazioni:
Il castello è di proprietà privata. Comune tel. 011 9637220
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Bruzolo
Bibliografia:
MARCONCINI PAMPANA R., Il Castello, in AA.VV., Bruzolo – Storia di un comune e della sua gente, Melli, Borgone di Susa (TO), 1993.
SAVI S., Il campanile della chiesa parrocchiale di Bruzolo, in Segusium, II (1965), n. 2, pp. 145-153
Fonti:
Fotografia in alto da Wikipedia, fotografie in basso tratte nel 2014 dal sito www.provincia.torino.gov.it, non più attivo dal 2015.
Data compilazione scheda:
10/10/2006 – aggiornam. giugno 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese