Oleggio (NO) : Chiesa di San Michele

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Storia del sito:
Scarsissime sono le notizie sull’origine di questa chiesa, che viene ufficialmente citata con certezza per la prima volta in una bolla di papa Innocenzo II al vescovo di Novara del 1133, in cui viene enumerata fra le pievi soggette alla diocesi novarese. Sicuramente la basilica esisteva già ben prima di quella data: Oleggio è infatti località molto antica con tracce di presenze romane e longobarde. Deboli resti di fondazioni di una costruzione preromanica sono ancora visibili. La basilica attuale è attribuita dagli studiosi all’XI secolo, con varie sfumature. La datazione degli affreschi al terzo quarto del secolo fa ragionevolmente ritenere l’edificio coevo o di poco anteriore. La chiesa viene citata come arcipretura (titolo che equivale a quello di matrice plebana) in un documento del 1347, a testimonianza del persistere della sua importanza per tutto il Medioevo. A metà del XV secolo, allorquando venne costruita la nuova parrocchiale nel borgo, cominciò a decadere rimanendo isolata e assolvendo unicamente alla funzione di cappella cimiteriale. Copiosamente restaurata in epoca barocca, la chiesa rimase in tali condizioni fino al 1897 quando Filippo Ponti scoprì una prima parte del ciclo di affreschi che coprono la chiesa. Successivamente (1920) venne radicalmente restaurata e riportata all’aspetto originale, con l’eliminazione delle modifiche barocche e l’asportazione dell’intonaco esterno, che rimise in vista il paramento murario romanico. L’unitarietà del ciclo di affreschi di San Michele (dopo la vecchia ipotesi di un’esecuzione scalata nel tempo) risulta chiara dopo il restauro condotto fra il 1980 e il 1984. Dirige l’impresa un pittore fortemente impregnato di cultura bizantina, coadiuvato da maestranze locali di tradizione lombarda, che in certe parti, come nei diaconi dell’abside destra, mostra una stretta adesione a modelli bizantini della prima metà dell’XI secolo, giunti forse a Novara con il vescovo Oddone, che tra il 1054 e il 1055 aveva svolto un’importante missione diplomatica a Bisanzio per l’imperatore Enrico III.

Descrizione del sito:
La chiesa è un edificio dalla pianta a tre navate e tre absidi caratterizzato dalla strana angolazione della facciata, non perfettamente perpendicolare alle due navate laterali. L’esterno rivela il piacevole gioco policromo della muratura, nella quale si alternano ciottoli, in prevalenza, e parti in laterizio, impiegato principalmente per segnare le spalle e l’arco delle finestre, le lesene che scandiscono tutto il perimetro della chiesa e il fregio di archetti ciechi che corre al culmine delle pareti. Il motivo decorativo ad archetti su lesene non è applicato con regolarità, come in altri edifici dell’alessandrino e del monferrato: la cadenza prevalente è di gruppi di tre archetti, ma non mancano i gruppi più numerosi. Sulla facciata dal profilo a salienti interrotti, i gruppi di archetti si mantengono orizzontali, anziché seguire, come di solito, avviene la linea degli spioventi. Caratteristica è poi l’assenza di aperture, se si escludono la finestrella a croce in alto ed il semplice portale spostato verso sinistra.Oleggio-sMichele-piante
La zona absidale si caratterizza per la nitidezza dei volumi: i tre semicilindri delle absidi si staccano con nettezza dalla parete di fondo e va notato come siano volumetricamente indipendenti l’uno dall’altro. Gli archetti sono presenti solo sulle absidi minori, a gruppi di tre. Le aperture sono monofore ad arco a doppia strombatura e ad esse vanno aggiunte le due finestrelle a croce sui due frontoni della navata centrale. L’interno si mantiene fedele alla severa semplicità che caratterizza l’edificio, riscontrabile nell’assenza di qualunque decorazione plastica, nell’essenzialità dei sostegni rettangolari, nell’assenza di coperture di tipo ricercato. Il tetto è infatti a capriate su tutta la chiesa.

Semplicissima si presenta la volumetria dell’interno, che si anima nella parte orientale per la presenza della CRIPTA, che comporta la sopraelevazione del presbiterio. A quest’ultimo si accede con una scala al centro della navata maggiore, ai lati della quale sono due finestrelle che danno sulla cripta, mentre al locale sotterraneo si accede dalle navate laterali. La cripta è del tipo ad oratorio, a tre navate, divise in quattro campate da sei colonne, prive di base e di capitello; due dei sostegni sono monolitici a sezione rettangolare, quattro sono in cotto, ottagoni. La copertura è realizzata con voltine a crociera dalla caratteristica imposta bassa, che si scarica direttamente sul fusto dei sostegni, e dalle nervature a spigolo. Le pareti sono animate dalla serie dei pilastrini sui quali cadono le volte; questi sporgono in misura non lieve dalle pareti, determinando quasi una serie di nicchie lungo tutto il perimetro dell’ambiente. Anche la cripta è priva di decorazione plastica. Tre finestrelle ad arco a doppio strombo sulla curva dell’abside danno luce al locale, mentre le due altre monofore che guardano verso la navata, più larghe hanno spalle rette.

All’assenza di decorazione scolpita, caso raro in edifici dell’epoca, fa riscontro un vasto ciclo di AFFRESCHI. La conca dell’abside presentava una rappresentazione della maiestas Domini, secondo il canone classico, con il Redentore benedicente entro una mandorla attorniato dalle gerarchie angeliche. Della figura del Cristo non resta che la mano benedicente che sporge dalla mandorla dalla linea tondeggiante; dei gruppi di angeli rimane un vasto frammento nella parete sinistra: vi compare il busto di un arcangelo che regge un’asta; dietro questo personaggio sono altre due teste angeliche. Il colore ha per tonalità dominante il rosso in diverse sfumature, dall’arancione fino a toni più cupi. Al di sotto della conca absidale, sulla parete del semicilindro si stende un affresco, centro di vivaci dibattiti della critica, ed ora purtroppo pressoché illeggibile. Al centro si vedevano – secondo la descrizione degli scopritori – due gruppi di cavalieri che si inseguivano; del gruppo degli inseguitori (dieci) faceva parte una figura femminile, di cui si intravede ancora il manto rosso che le incorniciava il viso, con un bimbo stretto al petto; uno dei cavalieri inseguiti (sette) cadeva a terra colpito dalla lancia di uno degli inseguitori. A sinistra di questa scena rimane un gruppo di affreschi di diverse epoche, fra i quali risalgono all’epoca medievale una testa virile rivolta verso il centro dell’abside e i contorni di due animali di controversa identificazione. Sul lato opposto un personaggio, vestito di una tunica bianca e di un manto rosato, nell’atto di indicare con la mano destra un libro che regge nella sinistra. Nella parete di fondo, sopra l’abside, il frontone ospita due cervi posti di profilo affrontati, ai lati della finestrella a croce, sopra la quale è rappresentato l’agnello mistico. Delle due absidi laterali solo quella meridionale conserva tracce di affreschi; nel catino è ancora riconoscibile un Cristo in maestà entro una mandorla circolare sostenuta da angeli; nel cilindro sottostante sono alcune figure di diaconi, visti frontalmente in posa ieratica. La tonalità è imperniata sui toni chiari del rosso, dell’arancio, del giallo.

La parete di controfacciata ospitava una rappresentazione del Giudizio Universale, strutturata su tre zone sovrapposte intorno alla figura del Cristo Giudice. Nella zona superiore erano figure di angeli e santi con la Vergine, in quella intermedia gli apostoli, in quella inferiore un gruppo di dignitari ecclesiastici e monaci. Al di sotto ai lati del portale era la rappresentazione dei beati e dei dannati, scomparsi i secondi rimane la prima scena: entro una struttura architettonica di arcate gialle e rosse, tre figure di patriarchi rappresentati frontalmente con barba e capelli bianchi reggono in grembo tre piccole figure maschili, secondo una schema rappresentativo di tipica matrice orientale. Degli affreschi della navata centrale non rimangono che un piccolo frammento sulla parete settentrionale e una più vasta scena su quella meridionale. Il primo consiste nel busto di una donna aureolata, la seconda è una delle più interessanti del ciclo. Compresa fra due alti fregi con un motivo policromo a greca prospettica, mostra una coppia di uomini che in riva ad un corso d’acqua tolgono da un’arca scoperchiata il corpo di una santa con un’aureola gialla, avvolta in un lenzuolo. Dietro ai protagonisti ci sono altri due personaggi: quello a destra sembra indicare il fondo della scena, quello a sinistra, chinato, sembra rivolgersi ai portatori. Altri due personaggi sono ai due estremi della scena quasi ad osservare. Sullo sfondo una serie di architetture a simboleggiare una città e due arcate. Al di sotto di questa scena, nella vela che la curva del primo arco longitudinale forma con la controfacciata, è dipinto un pavone con poche tracce di colore, ma dalle linee ancora leggibili. Tipico simbolo tombale paleocristiano, la sua presenza sembrerebbe avvalorare l’ipotesi che san Michele sia sempre stata chiesa cimiteriale. La qualità degli affreschi è molto alta, soprattutto nella grande scena del Giudizio finale ed il bizantinismo che vi si riscontra è più diretto e di prima mano della pittura lombarda successiva, tale da giustificare una data entro il sesto decennio del secolo. La componente bizantineggiante stempera la pittura ottoniana in ritmi compositivi più composti e solenni, introducendo un repertorio fisionomico caratterizzato da una serie di formule grafiche, che saranno poi largamente assimilate.

Informazioni:
La chiesa si trova fuori del paese, all’interno del cimitero, sulla destra, lungo la strada che conduce verso Momo.  Comune di Oleggio 0321 969811

Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Michele_(Oleggio)

http://www.ssno.it/html/arno/aromnov55.htm

Bibliografia:
AA.VV.,  Italia Romanica. La Val d’Aosta, la Liguria, il Piemonte, Milano, 1978,
G. ROMANO (a cura di), Piemonte romanico, Torino 1994
GABRIELLI N.,  Repertorio delle pitture romaniche del Piemonte, 1944,
MOSSETTI C.,  in D.BIANCOLINI (a cura di), Problemi di conservazione e tutela nel Novarese, catalogo della mostra, Borgomanero, pp. 112-121, 1984
STROBBIA V., La decorazione pittorica romanica della basilica di san Michele di Oleggio, tesi di laurea in Storia dell’arte medievale, Università di Torino, Facoltà di Lettere, a.a. 1982-1983, relatore E. Castelnuovo
VENTUROLI P. (a cura di), San Michele di Oleggio, Editris, 2009

Fonti:
Fotografie tratte dai siti sopra indicati.

Data compilazione scheda:
20 luglio 2004 – aggiornamento 2012 e maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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