Valle di Susa

Borgone di Susa (TO) : Cappella di San Valeriano

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Storia del sito:
La cappella, la cui origine risale al XI – XII secolo, è stata restaurata a partire dal 1970, recuperando gravi danni al pavimento e al tetto causati da anni di abbandono e dalla crescita di un albero all’interno dell’edificio.

Descrizione del sito:
L’edificio è a pianta rettangolare con abside che presenta tre monofore. La struttura esterna ha evidenti caratteristiche romaniche.
All’interno conserva lacerti di un affresco absidale raffigurante Cristo Pantocratore benedicente. Oggi non presenta arredi, ma in alcuni documenti del 1700 si parla di tre statue dei santi Tiburio, Valeriano e Cecilia, di candelieri e di una croce.

Informazioni:
in frazione San Valeriano



Links:

http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-borgone2

https://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/borgone-susa/borgone-di-susa-cappella-di-san-valeriano

http://rete.comuni-italiani.it/wiki/Borgone_Susa

Fonti:
Fotografie tratte nel 2014 dal sito www.provincia.torino.gov.it, non più attivo dal 2015.

Data compilazione scheda:
06 agosto 2010 – aggiorn. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Bardonecchia – Rochemolles (TO) : Chiesa di San Pietro

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Storia del sito:
La chiesa parrocchiale di Rochemolles esisteva già nel XIII secolo; l’edificio fu ampliato nel 1452-1456 e, come si legge nella relazione della Visita pastorale di Monsignor Beggiamo, nel 1673 si presentava a navata unica, con il presbiterio e il coro voltati. In questa occasione si menziona per la prima volta anche il campanile.
Conserva affreschi della fine del XV o inizio XVI secolo ed arredi lignei eseguiti tra il XV e il XVIII secolo. Per la sua antichità ed il pregio artistico di alcune sue parti è segnalata come monumento nazionale.

Descrizione del sito:
La chiesa, cui si accede attraverso un atrio (costruito nel 1699) posto sulla fiancata laterale e preceduto da una gradinata, conserva la struttura antica. L’interno, ad aula unica, è separato per la parte presbiteriale da un arco a tutto sesto. Sulla destra del presbiterio si apre un vano in cui è posto il coro. L’abside conserva le linee gotiche della volta con costoloni in pietra. Da una porta che si apre nel muro absidale si accede alla sacrestia. La mensa dell’altare maggiore è realizzata in tufo locale. L’acquasantiera è datata 1552.
Nella prima cappella, a destra della porta d’ingresso, sulla parete sinistra vi è nel registro superiore un AFFRESCO col Martirio di san Sebastiano ed in quello inferiore san Sebastiano a cavallo, databili agli anni compresi tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500.
Gli ARREDI LIGNEI ad intaglio della chiesa sono di grande interesse e si sono conservati quasi integralmente. Il soffitto ligneo, con una decorazione policroma a stelle su fondo monocromo, è ripartito da cornici in rilievo in spazi quadrati e presenta arcatelle lobate lungo tutto il perimetro esterno del solaio e relativamente alle principali partizioni dell’intelaiatura. Opera di intagliatori attivi nell’alta Valle, si data alla fine del XV secolo. Esempi analoghi si conservano al di là delle Alpi a Lanslevillard (cappella di Saint-Sébastien) e a Bessans (cappella di Sant-Antoine) in Moriana.
La tribuna aderisce alla parete occidentale della chiesa riprendendo i modelli tardogotici diffusi in Valle nel XVI secolo. Datata 1758 sulla parte destra della balconata che si distende lungo le pareti della navata, è caratterizzata da una fitta serie di colonnine tornite a formare il parapetto. I seggi del coro (XVII secolo) sono sistemati nel vano laterale aperto a fianco del presbiterio e sono un prodotto locale rustico. Al centro è posto il leggio corale del 1571 (la data è incisa sullo sportello). Risale al 1621 il leggio con decorazioni intarsiate e intagliate che raffigurano su un lato il sole raggiante entro architetture turrite e sull’altro gli strumenti della passione e il trigramma di Gesù.

Informazioni:
La chiesa è la parrocchiale della frazione Rochemolles. Tel. 0122 96629 o Pro loco Bardonecchia tel. 0122 99032

Links:
http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/bardonecchia/chiesa-di-san-pietro-apostolo-di-rochemolles

http://www.cittaecattedrali.it/it/bces/16

http://www.bardonecchia.it/scoprire/cultura-e-storia/edifici-religiosi-chiese-e-cappelle

Fonti:
Scheda redatta da materiale del Centro Culturale Diocesano di Susa.
Da www.cittaecattedrali.it  è tratta la fotografia in basso.
Fotografia in alto da www.bardonecchia.it

Data compilazione scheda:
4 Maggio 2006 – aggiorn.  giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Bardonecchia – Rochemolles (TO) : Cappella/pilone di Pra Lavin

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Storia e descrizione del sito:
La minuscola cappella campestre, simile a un pilone votivo, fu edificata nella seconda metà del XV secolo ed è costruita in pietra e calce ed è sormontata da un tetto in lose.
Internamente presenta nella parete di destra una nicchietta rettangolare e sulla parete di fondo un altarino di pietra, sul quale sono stati affissi, dopo il 1977, una Madonna di gesso ed i due vasetti. All’interno, presenta AFFRESCHI databili tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500.
Nella lunetta che sormonta l’altare è dipinta la Pietà, mentre la volta è interamente affrescata con le figure di santa Barbara, san Sebastiano, san Giacomo, san Bernardo ed il mancato martirio di santa Caterina d’Alessandria.

Informazioni:
Sulla strada che da Rochemolles porta alle  grange Mouchequite  e al Rifugio Scarfiotti.

Links:
http://www.comune.bardonecchia.to.it

https://www.cittaecattedrali.it/it/bces/491-pilone-di-pra-lavin

http://www.bardonecchia.it/scoprire/cultura-e-storia/edifici-religiosi-chiese-e-cappelle/#sthash.MAbyA4WJ.dpuf

Fonti:
Scheda redatta da materiale del Centro Culturale Diocesano di Susa. Fotografia d’archivio.

Data compilazione scheda:
4 Maggio 2006 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Bardonecchia – Millaures (TO) : Cappella dei Santi Giacomo e Andrea di Horres

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Storia del sito:
La cappella è citata nei documenti già nel 1646, ma la sua costruzione risale forse al XV secolo o precedente. All’esterno e al suo interno si trovano affreschi ben conservati del XV e XVI secolo, ma l’iconografia e le modalità espressive sono ancora tipicamente gotiche.

Descrizione del sito:
Gli AFFRESCHI ESTERNI della cappella di Horres rappresentano la “Cavalcata dei Vizi”, tipica rappresentazione lungo le vie di pellegrinaggio per ricordare ai fedeli le pene infernali. I vizi sono personificati, secondo la tipica iconografia medievale, da uomini e donne che cavalcano bestie allegoriche, legate gli uni agli altri da una catena e diretti verso la bocca di un mostro infernale. L’orgoglio è un re a cavallo di un leone, l’avarizia stringe una borsa di denari e monta una scimmia, la gola addenta un prosciutto in groppa a un lupo. La collera si pugnala al petto e cavalca un leopardo, l’invidia in groppa a un cane indica i vicini, l’accidia è una donna lacera che si abbandona su un asino. La lussuria, a cavallo di un capro, è una bella donna, ritratta con notevole carica espressiva, che tiene uno specchio e si scopre le gambe.

Gli AFFRESCHI INTERNI. Nel presbiterio, datati 1530, sono gli affreschi di un Vescovo che si salva dalla tentazione e il ciclo delle Storie di sant’Andrea che viene raffigurato mentre placa la tempesta provocata dal demonio e mentre benedice un carcerato. Sulla parete di fondo sono dipinti la flagellazione, la crocifissione del Santo e la sua sepoltura.
La navata della cappella ospita invece il ciclo quattrocentesco delle Storie di san Giacomo, dapprima nell’atto di predicare e scacciare i demoni, poi martirizzato. Nell’archivolto è da rilevare la bella santa Lucia, dalla tipica iconografia con gli occhi nel piatto simbolo del suo martirio.

Informazioni:
La Cappella si trova oltre la frazione Millaures, in località Horres, ai margini di un alpeggio.
Centro Culturale Diocesano tel. 0122 622640; Pro Loco Bardonecchia tel. 0122 99032

Links:
http://www.comune.bardonecchia.to.it

http://www.vallesusa-tesori.it/fr/luoghi/bardonecchia/cappella-dei-ss-andrea-e-giacomo-di-horres

Fonti:
Fotografie 1 e 3 da www.vallesusa-tesori.it; foto 4 da http://www.piemontemese.it

Data compilazione scheda:
2 maggio 2006 – aggiorn. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Bardonecchia – Melezet (TO) : Cappella di San Sisto

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Storia del sito:
La cappella fu costruita in frazione Melezet nel XV secolo, ma dedicata a San Sisto nel 1551. Presenta affreschi della fine del 1400, sia esternamente che internamente: mentre i dipinti in facciata sono ormai quasi illeggibili, l’interno conserva il ciclo delle Storie di san Sisto, iconografia rara per le valli occitane alpine.

Descrizione del sito:

Sulla facciata è dipinto il Giudizio Universale, che risale agli anni 80-90 del 1400, ma ormai molto deperito: dall’alto in basso sono raffigurati Dio, Cristo, la Madonna, Giovanni Battista, gli Apostoli in due scanni lignei, sant’Orsola che apre la fila delle quattordici vergini, i Martiri in preghiera, san Pietro che detiene le chiavi della “Gerusalemme Celeste”, gli angeli del Giudizio con le trombe, la resurrezione dei morti e, nella parte inferiore, i dannati che subiscono pene infernali.
Scendendo alcuni scalini si entra nella chiesetta, dove sulla parete sinistra è dipinta una Crocifissione del 1546; una cancellata lignea separa l’altare di muratura intonacata dal resto dell’edificio.
Gli affreschi del XV secolo appartengono a diverse campagne decorative: i tre riquadri della parete destra sono del 1475, mentre le storie di san Sisto, in 12 riquadri, risalgono agli anni tra l’80 e il ‘90 del Quattrocento. I due frescanti mostrano stile e gusto assai lontani. Gli affreschi sulla parete destra sono opera di un artista colto e raffinato che realizza i tre riquadri che rappresentano Annunciazione, Martirio di san Sebastiano e san Cristoforo. Il tono più solenne, i movimenti composti, i colori intensi e solari ricordano il linguaggio fiammingo e la pittura gotica di influenza jaqueriana.
Sulla parete di fondo la storia di papa Sisto e del suo diacono Lorenzo, invece, sono vivaci e straordinarie per l’espressività dei volti e le fattezze rustiche delle figure che richiamano il Mazzucco: l’apice della drammaticità è raggiunta nella scena del martirio e nel riquadro in cui il carnefice infierisce sul corpo ormai esanime del Santo.
Anticamente la chiesetta conservava sull’altare un candelabro e due statue lignee – una di san Sisto ed una di san Lorenzo, poi sostituita con la Vergine – rimosse e portate nel Museo di Melezet fatto allestire da don Masset.

Informazioni:
Pro Loco Bardonecchia tel. 0122 99032.   Visitabile installando l’app:  https://play.google.com/store/apps/details?id=it.cittaecattedrali.chieseaporteaperte&hl=it

Links:
http://www.comune.bardonecchia.to.it

http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/bardonecchia/cappella-di-san-sisto-di-melezet

http://www.cittaecattedrali.it/it/bces/19

Fonti:
Scheda redatta da materiale del Centro Culturale Diocesano di Susa.
Fotografie da www.vallesusa-tesori.it e da http://www.cittaecattedrali.it

Data compilazione scheda:
3 Maggio 2006 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Bardonecchia (TO) : Parco Archeologico della Tur d’Amun

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Storia del sito:
L’edificio è citato con nomi lievemente differenti (tour, tor, tur; Amount, Amoun, Amun).
La Tur d’Amun  si trova sulle estreme pendici della dorsale che scende dal vallone della Rho nel punto dove si congiunge con il vallone del Frejus. La data di fondazione non è nota ma si presume risalga al XIII-XIV secolo: il nucleo più antico è la torre quadrata centrale, dotata di pareti spesse alla base oltre due metri. Quasi subito essa fu inclusa all’interno di una cortina quadrangolare, di cui sono stati individuati per ora il lato ovest, quello sud, che si sviluppa per 22 metri terrazzando l’area del castello verso valle, e parte del lato est. Una cisterna circolare venne successivamente ricavata presso l’angolo sud-ovest, mentre all’interno di quello opposto si ricavò un piccolo vano chiuso.
Il complesso era rappresentativo della signoria locale dei De Bardonisca (De Bardonnèche nel dialetto volgare francese). Nel XIV secolo si unirono i Delfini di Francia che acquistarono il castello del Bramafam e parte del feudo di Bardonecchia. I De Bardonisca erano una famiglia di tradizioni militari molto radicata nella propria terra di origine; controllavano infatti il territorio dalla valle del Rio di Bardonecchia sino ai colli della Rho e della Scala. Nacque e si affermò così una signoria locale molto attenta agli sviluppi economico-politici che portarono dopo il 1140 ad un aspro confronto la casa Savoia e i conti d’Albon (delfini di Francia) per il controllo dei valichi di montagna. Il tutto senza mai determinare uno schieramento esclusivo a favore di uno dei due contendenti da parte dei De Bardonisca. Intorno alla Tour d’Amount i signori della città seppero sfruttare ed edificare al meglio l’antico borgo medievale.
In una successiva fase edilizia il muro di cinta venne in parte sostituito e modificato per la costruzione di un grande ambiente rettangolare comunicante con una torre angolare cilindrica conpiccola corte, si accedeva alla porta della grande sala, posta al centro della parete sud. Una cinta più ampia proteggeva questa manica, annessa alla torre maestra, e una corte a nord. Di poco successive alla fase precedente furono l’elevazione della torre circolare innestata sullo spigolo sud-est. L’ingresso con la scala semicircolare fu chiuso e il lato sud delle mura si prolungò verso ovest. Le tre fasi si collocano tra i secoli XIV e XV, nel momento in cui il Delfino venne a far parte del consortile. Due descrizioni del 1339 ci parlano di un castello organizzato intorno a tre torrioni, con sale, camere, cantine, cucine, stalle e altri edifici di servizio; tutto l’insieme era circondato da una cinta muraria che si sviluppava per circa 160 metri di perimetro. La torre centrale, alta 23 metri, era suddivisa in quattro piani mediante solai lignei, affiancata da una grande sala, una loggia e una camera con camino.
L’ammodernamento del castello cessò tra il XV e il XVI secolo, quando i consignori si trasferirono nelle caseforti all’interno del borgo. Il complesso non fu quindi sottoposto a rilevanti modifiche almeno fino al 1562, quando il castello fu occupato dagli Ugonotti e successivamente riconquistato dalle truppe cattoliche del generale La Cazette che nel contrattacco diedero fuoco all’edificio e danneggiarono pesantemente le strutture fortificate. Nel tardo Cinquecento vi furono alcune ristrutturazioni per migliorare la manica residenziale, prima estendendone lo spazio verso nord e creando un androne centrale, poi modificando l’edificio in profondità e in altezza: nella parte est fu ricavato un nuovo ampio vano interrato, coperto da un soffitto di legno e collegato con l’androne mediante una scala a chiocciola; scale in muratura nell’androne collegavano il piano terreno con i livelli superiori. Nel XVII secolo la proprietà passò alla famiglia De Jouffrey che vi apportò alcuni adeguamenti: nel basamento della torre centrale furono aperte alcune brecce, che consentirono il collegamento di questo ambiente con le altre aree del castello, e furono costruite delle volte a botte in sostituzione degli originari solai lignei.
Nel 1670 la comunità di Bardonecchia acquistò i diritti signorili e la piena proprietà; l’evento è citato nella “carta topografica in misura della Valle di Susa” ancora conservata nell’archivio di Stato di Torino. All’epoca della conquista dell’alta Valle di Susa da parte di Vittorio Amedeo II di Savoia il castello avava già iniziato un lento ed inesorabile declino, segnato dal degrado degli edifici in muratura: la cartografia settecentesca ancora indicava il complesso con le tre torri, ma il catasto del 1866 registra solo la torre centrale, circondata da pascoli. Quest’ultima era conservata, ancora ad inizio Novecento, fino alla merlatura, ma dei crolli negli anni Venti e l’utilizzo dell’area come zona di esercitazione per tiri balistici durante la Seconda Guerra Mondiale ridussero la torre all’attuale altezza di circa sette metri e alla conservazione dei soli piano terra, di quello intermedio e della base del terzo.
Un primo intervento di recupero dell’edificio, acquistato dal Comune nel 1998, avvenne con lo scavo fra aprile 1999 e dicembre 2001. Il secondo intervento di recupero, iniziato nel giugno del 2003, riportò alla luce parti interessanti dell’antico complesso. Il 9 luglio 2005 si è svolta l’inaugurazione del parco archeologico e castello della Tur d’Amun.

Descrizione del sito:
Sono visibili le strutture messe in luce nel primo intervento di scavo: la parte inferiore del torrione, alcune parti della piccola torre orientale e tratti della cinta muraria che delimita il complesso a valle.
Dopo il secondo intervento vengono rese visibili possenti murature collegate al complesso fortificato. Oltre alle due piccole torri circolari lungo il lato meridionale sono evidenti tre vani di forma quadrangolare. Il complesso è stato restaurato e completato di camminamenti per le visite.


Descrizione dei ritrovamenti:
Necropoli in Borgo Vecchio, a nord di via San Giorgio, a circa 200 m a ovest della Tur d’Amun, indagata nel 2005. (1)
Le 12 tombe, riferibili a una comunità alloctona, sono a semplice fossa o a cassa di lastre di pietra ordinate per file e contengono pochi elementi di corredo o di complemento delle vesti databili dal VI al VII secolo avanzato, ma alcune sepolture prive di corredo possono appartenere all’VIII. Nei dintorni dell’area funeraria probabilmente sorgeva un abitato coevo che sfruttava le stesse opportunità strategiche e di buona esposizione della fortezza medievale, ma future scoperte potrebbero anche dimostrare una continuità di occupazione del sito tra i due periodi.

Informazioni:
I resti del castello sono nel punto più alto dell’abitato, a monte del Borgo Vecchio.
Pro loco Bardonecchia tel. 0122 99032; email: info.bardonecchia@turismotorino.org

Links:

http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/bardonecchia/parco-archeologico-e-castello-della-tur-damun

http://www.vallesusa-tesori.it/media/place/doc/10_Schede_Introduttive_Siti_10_TourAmount_Bardonecchia.pdf

http://www.bona1858.it/portfolio/bardonecchia-scavo-e-parco-archeologico.html

Bibliografia:
Pejrani Baricco L.; Cerrato N., Bardonecchia. Tour d’Amount, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte vol. 18 (2001) p. 113-117

(1)  Pejrani Baricco L.; Uggè S., Per un aggiornamento della carta archeologica della valle di Susa, in: Destefanis E.; Lambert C., Per diversa temporum spatia. Scritti in onore di Gisella Cantino Wataghin, Vercelli 2011, pp. 171-201

Fonti:
Fotografia in alto da www.vallesusa-tesori.it, in basso da www.bona1858.it

Data compilazione scheda:
11 Maggio 2006 – aggiornam. 2010 e giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Bardonecchia (TO) : Cappella di N.D. du Coignet di Les Arnauds

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Storia del sito:
La cappella romanica, decorata esternamente ed internamente da affreschi del XV secolo, è uno dei capolavori della bottega dei pittori Serra di Pinerolo. I dipinti risalgono a due campagne pittoriche, la prima del 1496 e la seconda del XVI secolo. Gli affreschi sono stati recentemente restaurati.

Descrizione del sito:
Gli AFFRESCHI ESTERNI sulla facciata raffigurano l’Annunciazione posta fra il gigante san Cristoforo e sant’Antonio abate.
Gli AFFRESCHI INTERNI raffigurano sanguinose scene di martìri: san Grato regge la testa di Giovanni Battista, santa Lucia mostra un piatto contenente i propri occhi. Nel martirio di sant’Agata il pittore indugia particolarmente su dettagli macabri e cruenti: i carnefici dall’espressione feroce e arcigna torturano la donna stringendole i seni con corde.
Nel presbiterio trovano spazio due cicli distinti. Il primo raffigura in stile arcaico e popolare le Storie della Vergine, descrivendo Visitazione, Dormitio Virginis e Assunzione.
Opera di altro autore è invece il capolavoro della cappella, la Deposizione dalla croce, affiancata dalla Resurrezione. Vera e propria Pietà occitana; nella Deposizione le figure di Cristo e Maria risaltano grandiosamente sul povero sfondo di colline desolate, e la postura della Vergine conferisce alla composizione un afflato severo e drammatico. Il corpo del figlio, privo di connotazioni anatomiche, appare tempestato di piaghe sanguinanti, conformemente all’iconografia della Germania meridionale.

Informazioni:
Su un poggio a monte della borgata Les Arnauds, presso la località Pian del Sole.  Pro Loco Bardonecchia tel. 0122 99032.    Visitabile installando l’app: https://play.google.com/store/apps/details?id=it.cittaecattedrali.chieseaporteaperte&hl=it

Links:
http://www.cittaecattedrali.it/it/bces/11

http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/bardonecchia/cappella-di-notre-dame-del-coignet

Fonti:
Fotografie da www.vallesusa-tesori.it

Data compilazione scheda:
2 Maggio 2006 – aggiornam. ottobre 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Bardonecchia (TO) : Campanile della Chiesa di Sant’Ippolito

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Storia del sito:
Il campanile è l’unica parte conservata della chiesa precedente all’attuale chiesa di San Ippolito. La chiesa era dedicata a Santa Maria e crollò a causa del cedimento del terreno. Sull’etimologia del nome Bardonecchia, si possono formulare molte ipotesi, il nome antico era Diovia, oppidum Liguriae (la citazione è dell’Anonimo Ravennate). Quello moderno, attestato fin dal IX secolo, pare di matrice longobarda. Questa spiegazione sembra avere una conferma nel suffisso -iscus utilizzato anche in latino, con un aggancio al germanico -isk. La denominazione Bardisca viene scritta nel diploma dell’imperatore Ottone III nell’anno 1001; viene anche citata Bardonisca nel Chronicon Novalicense dell’anno 1050. Il nome ha molte interpretazioni ipotetiche e una di queste risulta abbastanza prosaica, dal francese Bardot (o Bard) che può essere tradotto in ‘mulo’ o ‘sella’; tutto ciò deriverebbe dal commercio e dal transito delle merci attraverso il valico, e dal passaggio obbligato in Bardonecchia. Lo studioso Paul Louis Rosset scrive che il toponimo Bard ha chiaramente una radice celtica, che sta a significare ‘altura’ o ‘baluardo’. La storia di Bardonecchia si può definire leggendaria. Le prime notizie storicamente certe che riguardano tutta la vallata di Susa sono risalenti al 58 a.C. e riguardano il passaggio delle legioni romane di Cesare che miravano alla conquista delle Gallie. La capitale del regno valsusino era Susa e il suo re era Donno. Suo figlio Cozio si alleò con i Romani nel 9 a.C. per evitare che il suo regno fosse ridotto a provincia, evitando inoltre che le sue tribù venissero assoggettate ai Romani. Tra queste tribù vi erano i Belaci, abitanti di Bardonecchia e di Beaulard. Con l’avvento di Nerone il regno venne comunque aggregato all’impero e ridotto a provincia con la reggenza di un prefetto. In seguito avvenne l’evangelizzazione della valle, che ebbe il suo picco più alto nell’VIII secolo con la fondazione di Novalesa, sotto la cui giurisdizione passò Bardonecchia. Alla fine delle invasioni effettuate dai Barbari, si formò una sorta di unione, con il patrocinio dei Franchi, tra le vallate della Dora e dell’Are (Moriana e Savoia). Questo sodalizio apparentemente fittizio, venne distrutto, condividendo la sorte di Nuova Lesa, a causa delle frequenti incursioni dei Saraceni. Con la cacciata dei Saraceni da parte di Arduino il Glabro, in Bardonecchia troviamo Vitbaldo, capostipite della famiglia dei visconti di Bardonnèche, il cui stemma fa parte tuttora dello stemma comunale, composto da due sbarre intrecciate e fermate da chiodi, con il motto: Tutum Forti Praesidium Virtus

Descrizione del sito:
Il campanile insiste sul lato sinistro dell’attuale chiesa parrocchiale dedicata a Sant’Ippolito. Lo stile del campanile è chiaramente romanico; la cella campanaria e i tre piani sottostanti hanno una bifora per ogni lato, con archi a tutto sesto e colonna centrale in pietra; il capitello è a stampella. La chiesa possiede anche un altro campanile, ottocentesco, avente la base quadrata e terminazione a cupolino cosiddetto ‘a cipolla’.

Informazioni:
Parrocchia tel. 0122 99047

Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Sant%27Ippolito_%28Bardonecchia%29

Fonti:
Fotografia tratta nel 2014 da www.provincia.torino.gov.it, sito non più esistente nel 2020.

Data compilazione scheda:
28 Febbraio 2004 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Valter Bonello – Gruppo Archeologico Torinese

Avigliana (TO) : Torre dell’Orologio

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Storia del sito:
La torre, un tempo inserita nel circuito fortificato trecentesco del Borgo Nuovo e innalzata alla fine di quel secolo, è prossima all’area in cui sorgeva la residenza della famiglia Testa – che diede i natali al frate agostiniano Cherubino (1451-1479), beatificato nel 1865 e forse ne è riconoscibile come una delle tracce residue.

Fedelmente riprodotta nel Borgo Medievale di Torino, costruito al Valentino per la mostra del 1884, viene erroneamente denominata “Torre dell’Orologio” forse a ricordo di un’altra vicina torre d’angolo, già sede del comune medievale e secondo la tradizione fornita di un orologio pubblico trecentesco tra i più antichi d’Italia, posteriore probabilmente solo a quello di Sant’Eustorgio a Milano. Questa torre, facilmente identificabile nell’iconografia seicentesca del borgo, si ergeva al fondo dell’omonima via, all’angolo della cortina muraria, e venne incendiata e distrutta presumibilmente durante la presa di Avigliana del 1691 e poi definitivamente rasa al suolo.

Descrizione del sito:
Ricca di decorazioni in cotto, di forma ottagonale con un giro di archetti pensili ad imitazione di beccatelli, la torre si allarga verso l’alto formando un’altana di laterizi non intonacati con otto finestre ogivali.

Informazioni:
Nel centro storico. Iinformazioni Ufficio I.A.T. Avigliana – tel. 0119366037

Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_dell%27Orologio_%28Avigliana%29

http://www.comune.avigliana.to.it

Fonti:
Il testo fu tratto nel 2004  dal pannello posto all’esterno del monumento.
Fotografia da Wikipedia.

Data compilazione scheda:
14/11/2004 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – G. A. Torinese

Avigliana (TO) : “Quadragesima Galliarum”

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Storia del sito:
Il toponimo Avigliana richiama la gens Avillia, della quale abbiamo notizie in altre zone del Piemonte (Benevagienna, Savigliano, Industria) e dell’Italia (Valle d’Aosta, Veneto, Lazio, Umbria ecc.). Si ricorda ad esempio l’attività in campo laterizio degli Avili di Padova o la presenza di questo nome nella costruzione di un ponte in Valle d’Aosta. Si può pensare ad una gens documentata in origine soprattutto nel Lazio, trasferita poi con qualche suo ramo nel Veneto e ai piedi della Valle di Susa per attività industriali legate allo sfruttamento dei terreni argillosi.

Descrizione del sito:
Le strutture murarie individuate nella zona appartenevano ad edifici di uso pubblico e a luoghi di culto, come confermerebbero le epigrafi votive dedicate a numerose divinità (le Matrone, Giove) e una testa marmorea femminile riferibile a una statua di culto. I frammenti ceramici e le monete ritrovate indicano una vita dell’insediamento lungo un notevole arco di tempo, almeno fino all’avanzata epoca tardo antica. Il sito di ad Fines, la stazione dove veniva riscossa la quadragesima Galliarum, fu individuato nel 1858 dal Padre cappuccino Placido Bacco. L’identificazione è stata possibile grazie alle epigrafi ritrovate con l’indicazione della Quadragesima Galliarum e dei fines Cottii. La parola finium si leggeva su un frammento, ma l’espressione FIN.COTT (Fines Cottii) era in due iscrizioni simili poste da un Pudens, “Servus, SOC.PUBL XL” che aveva l’incarico di controscriba, o di tesoriere: uno schiavo della società pubblicana per la quadragesima. Padre Bacco credette di riconoscere un unico ampio edificio quadrangolare di circa 40 metri per 80, diviso in cinque ambienti, con ingresso a nord. In realtà in tale area sono da distinguere fasi successive, ad esempio per la presenza di tombe tardo-antiche o medievali. Gli scavi ripresi nel 1987, in occasione dei sondaggi di accertamento previsti per il tracciato della Superstrada del Fréjus, hanno restituito soltanto qualche sporadico frammento di ceramica e una struttura muraria ubicata all’interno di un cortile della Borgata Ghetto-Malano. A tal proposito va fatta una considerazione di carattere geomorfologico: attualmente il fiume scorre a circa 350 m a sud della Borgata Malano, e la fascia compresa tra il fiume e l’abitato è apparsa interessata da periodiche inondazioni, con apporto di depositi alluvionali, e conseguente cancellazione delle tracce dei più antichi percorsi della Dora. Nel 1989 nuove ricerche hanno portato all’individuazione del limite estremo settentrionale delle esondazioni della Dora Riparia, di un canale di drenaggio posto a protezione e limitazione dell’abitato stesso e della statio vera e propria.
Le indagini effettuate nel 1994 su una superficie di circa 100 mq hanno accertato due fasi edilizie principali, risalenti alla prima età imperiale, caratterizzate da murature lapidee spesse m 0,40 (piccoli conci legati da malta di buona consistenza); e una terza fase di occupazione basso-imperiale, con strutture precarie, relative a un solo settore dell’edificio. Alla prima fase appartiene un muro conservato per una lunghezza di m 5 sino alla quota pavimentale, costituita da un battuto di cocciopesto. La seconda fase consiste in una completa ristrutturazione dell’area edificata, con la costruzione di un edificio a pianta rettangolare di m 13 x 5,50. Esso appare ripartito in tre ambienti. L’ambiente W misura m 3,20 x 4,50 con un piano d’uso in terra battuta limo sabbioso fortemente compattato, steso su un vespaio di ghiaia per uno spessore totale di cm 25 circa. Le pareti conservano un’intonacatura biancastra con una fascia verticale rossa presso l’angolo NW. L’ambiente centrale, di m 4,50 x 5, verosimilmente il più importante, è caratterizzato dalla presenza di una piccola esedra semicircolare, che si apre verso l’esterno al centro della parete N del vano. Le pareti sono intonacate e dipinte con colore rosso, la pavimentazione è in battuto di calce e pietrisco. L’ambiente E, simmetrico all’ambiente W, è il meglio conservato e misura m 3,30 x 4,50. Il piano pavimentale è costituito dal parziale reimpiego del cocciopesto della prima fase livellato con limo sabbioso. Sulle pareti rimane parte del rivestimento d’intonaco dipinto di rosso. Della fase di occupazione più tarda dell’edificio, in gran parte distrutto e spoliato, si sono rilevate tracce cospicue in corrispondenza dell’ambiente E: un deposito di terriccio nerastro carbonioso, con buchi di pali residuali di una struttura precaria, in connessione con un focolare costituito da un semplice piano di tegole di reimpiego. Il materiale rinvenuto in questo deposito (ceramica e monete del tardo Impero) permette di datare la fase più recente di utilizzo dell’area al IV-V secolo d.C.

Tra il materiale rinvenuto in Borgata Malano, ricordiamo anche:
– nel 1858 alcune epigrafi votive di I-II secolo d.C., tra le quali una dedicata a Giove, due alle Matrone, una alla Fortuna; un rilievo in marmo di Foresto raffigurante un prigioniero. Il cippo dedicato a Giove Ottimo Massimo da un Alypus, liberto di Flavio e da una Andria o Alexandria, liberta di Augusto, conserva nella parte anteriore la raffigurazione di un’aquila sopra un’edicola frontonata e la dedica ALYPVS · AV[G · L ·] / V · [S · ]; sul lato opposto si legge: [I ·]O · M [T · FL]AVIVS [AVG ·] L · ALYPVS [TABVL · ] XL GALIC ET [CLAV]DIA · AVG · LIB [A]NDRIA [L ·] M· Interessante è la citazione della “XL GALIC.” Probabilmente Alypus era tabularius, cioè tesoriere della quadragesima Galliarum. Il cippo dedicato alle dee Matrone da Tiberio Giulio Aceste, liberto di Prisco, raffigura cinque di queste divinità che fanno catena con le loro braccia: MATRONIS / TI · IVLIVS · PRISCI · L ACESTES Sul fianco sinistro del marmo è rappresentato un vaso sacrificale. Il rilievo si trova oggi al Museo Archeologico di Torino. L’altra dedica alle Matrone è più semplice, da parte di un servus villicus stationis. Essa ci informa della presenza di una statio e di schiavi ad essa addetti CAES./ SER(vus) · VI(llicus) / STATIO(nis) / MATRO… – nel 1874 tracce di strada; testa marmorea femminile di I-II secolo d.C.; epigrafe dedicata a Marco Aurelio del 175-180 d.C.; frammento epigrafico del I secolo d.C.; miliario di Magnenzio del IV secolo d.C.; monete di metà I-seconda metà IV secolo d.C.; numerosi mattoni bipedali; frammenti di vetri colorati; ceramica (terra sigillata aretina e sud gallica); una statua di “rame” di 52 cm raffigurante un uomo loricato, a braccia levate, con braccia e gambe nude, con calzari. Sarebbe interessante accostare a tale statua il bassorilievo di Borgone di Susa, raffigurante un personaggio a braccia levate, probabilmente una divinità. – nel 1968 materiali vari di I-IV secolo d.C. (terra sigillata tardo italica e sud gallica, sigillata chiara, ceramica comune, vetri, bronzi, monete).

Vedi allegato La “statio ad fines” in borgata Malano 2010
Luogo di custodia dei materiali:
Museo Archeologico di Torino  e Museo di Susa, c/o Castello della Contessa Adelaide.

Informazioni:
Frazione Drubiaglio, Borgata Malano, lungo la SS 24 del Monginevro, sulla sinistra orografica della Dora Riparia. L’area non è accessibile.

Link:
http://www.vallesusa-tesori.it/it/luoghi/avigliana/statio-ad-fines

Bibliografia:
LANZA E., MONZEGLIO G., 2001, I Romani in Val di Susa, Ed. Susa Libri, pp. 77-84
MERCANDO L. (a cura di), 1998, L’età romana, in Archeologia in Piemonte, Umberto Allemandi Ed.
GRAZZI R.R., CIELO A., 1997, Il territorio di Avigliana dalla preistoria agli inizi dell’epoca sabauda, Ed. Morra
BRECCIAROLI TABORELLI L., 1995, Avigliana, fraz. Drubiaglio, Borgata Malano. Edificio pertinente alla statio ad Fines della Quadragesima Galliarum, in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte”, 13, pp. 370-371

Fonti:
Fotografia tratta dall’allegato.

Data compilazione scheda:
13 ottobre 2002 – aggiornam. 2010 e luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Gabriella Monzeglio – Gruppo Archeologico Torinese