Provincia di Torino

Susa (TO) : Convento di San Francesco

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Storia del sito:
La chiesa ed il convento, secondo la tradizione, vennero fondati nel 1244 da Beatrice dei conti di Ginevra, moglie di Tommaso I di Savoia, in seguito al passaggio di san Francesco diretto in Francia nel 1213 o 1214. Il complesso venne citato in una Bolla pontificia del 1254. La collocazione del convento – appena fuori le mura della città – ne determinò la vocazione ad essere una comunità di sosta e di accoglienza, tradizione ancora oggi viva. Questo luogo è da sempre abitato, salvo il periodo delle soppressioni napoleonica e sabauda, dai Frati Minori Conventuali.
Gli edifici vennero costruiti con materiali di recupero del vicino anfiteatro romano, in forme gotiche con ancora influssi romanici. La chiesa presenta una semplice facciata a salienti e tripartita da lesene, abbastanza rara in Piemonte, con una ghimberga, (il frontone a forma triangolare che ingloba il portale), forse il primo esempio piemontese.
La chiesa sorge ad un livello ribassato rispetto al suolo circostante a causa, si ritiene, delle frequenti inondazioni del rio Gelassa. La chiesa venne rimaneggiata nel ‘600 con la costruzione di volte. La decorazione interna della chiesa risale ai restauri degli anni 1880-87 eseguiti da Arborio Mella. Dello stesso periodo sono gli arredi, tipici del gusto neogotico di fine ‘800. Si sono conservati due bellissimi chiostri e, in varie parti dell’edificio, AFFRESCHI del XIV – XV secolo.

Descrizione del sito:
Il PORTALE della chiesa è in pietra arenaria composto da archi concentrici lievemente acuti con colonnine a strombo, il tutto racchiuso dalla ghimberga. Nel concio di chiave dell’arco principale vi è una formella con la figura dell’Agnello Mistico. I capitelli delle colonnine sono decorati con una fascia ad altorilievo e continua, non essendoci una separazione tra la decorazione di un capitello e quello successivo. La fascia scolpita continua sui due lati della strombatura del portale come mensola sotto la ghimberga. Sul lato sinistro si trovano cinque teste umane incorniciate da foglie e cinque uccelli che beccano dei grappoli d’uva. Sul lato destro si trovano tre teste umane tra coppie di uccelli e la scena di un cane che insegue una lepre. Queste sculture, caratterizzate da una certa grazia e delicatezza soprattutto nelle teste e da particolari acconciature, possono essere orientativamente datate verso il 1320.
L’INTERNO presenta una pianta a tre navate con transetto, ora chiuso per ricavarne due cappelle (quella di destra attualmente è adibita a sacrestia). La parte dell’abside, eretta probabilmente in un secondo tempo, tra la fine del Duecento e i primi anni del Trecento, è quella meglio conservata secondo l’architettura originale. E’ poligonale a sette lati, secondo uno schema del gotico del sud della Francia e piuttosto raro nell’Italia del ‘200.
I CAPITELLI scolpiti delle colonne della navata centrale sono databili tra gli anni trenta e cinquanta del Duecento. La lettura di questi capitelli è oggi difficile, poiché sono stati ridipinti e dorati durante i restauri ottocenteschi. I capitelli della seconda e della terza colonna a destra, della prima e della terza colonna a sinistra e delle semicolonne addossate ai lati dell’abside presentano motivi vegetali variegati. Il capitello alla sommità della seconda colonna di sinistra presenta invece quattro scene di lotta tra coppie di animali: due uccelli che si affrontano; un uccello e un drago; una scena di caccia con una lepre inseguita da un felino; due chimere.
GLI AFFRESCHI.
Nell’ANTICA SACRESTIA DEL CONVENTO (la cappella terminale della navata di destra) si conservano affreschi tre-quattrocenteschi. La volta quadripartita della cappella presenta gli Evangelisti seduti su grandiosi seggi, mentre scrivono il Vangelo, del quale appare su un cartiglio un versetto; accanto a ciascuno i loro simboli: l’aquila per Giovanni, il vitello alato per Luca, il leone con viso di uomo per Marco, l’angelo per Matteo. I due apostoli raffigurati sull’arcone della cappella portano i rispettivi simboli: le chiavi san Pietro e il libro per san Paolo. Durante recenti restauri sono venuti alla luce affreschi della metà del 1300: santa Chiara e san Francesco che riceve le stimmate sul monte della Verna.
Nella attuale sacrestia – in antico parte del transetto – si notano un san Bernardo e unasanta Maria Maddalena, resti mutilati dell’originaria decorazione.
Gli affreschi dell’ULTIMA CAPPELLA DELLA NAVATA SINISTRA sono opera della bottega dei Serra, che mostrano di essere influenzati dalla cultura jaqueriana e da quella franco-fiamminga. In una bianca cornice quadrilobata inscritta in un cerchio sono inseriti i santi e i beati francescani: il beato Leo con la mitra vescovile; il beato Ottone; il beato Duns Cicotus (Scoto); sant’Antonio da Padova; il beato Nicolò; il beato Accursio ed infine due figure il cui nome è cancellato.

I due CHIOSTRI adiacenti alla chiesa sono di epoca diversa e testimoniano rimaneggiamenti anche profondi di epoche successive. Durante la soppressione napoleonica vennero utilizzati come abitazioni e per usi agricoli. Ripresa la vita del convento alla fine del secolo, riacquistarono la fisionomia claustrale con i lavori di riadattamento compiuti tra il 1927 e il 1931. Il chiostro meridionale, più antico, presenta un loggiato al secondo piano detto “loggia di frate Elia”, a grandi aperture architravate inframmezzate da semplici pilastri quadrangolari. Il porticato al piano terreno, denominato di Sant’Antonio, è suddiviso in campate con volte a crociera di fattura settecentesca. Sulle lunette sono visibili alcuni affreschi rappresentanti la vita di sant’Antonio. Scendendo alcuni scalini si giunge al chiostro denominato di San Francesco (sulle pareti sono dipinte ad affresco scene di vita del Santo). Nel chiostro vi è un affresco di fine XV secolo raffigurante la Madonna con il Bambino e sant’Anna ed una serie di dipinti risalenti al XVII secolo, inseriti in quattordici lunette, raffiguranti episodi relativi alla vita di san Francesco.
Sotto il porticato sono conservati alcuni frammenti architettonici: una balaustra in pietra del XIV secolo, alcune lapidi in marmo, pietra o terra cotta del XIII secolo, un bel paliotto settecentesco in stucco a intarsi policromi. Interessante è anche il Cristo Crocifisso, in legno scolpito, della fine del XV secolo. Sul lato occidentale sono state murate due finestre quattrocentesche ad arco acuto in cotto, già appartenenti ad un fabbricato annesso al convento, tradizionalmente denominato “torre di Beatrice”. Sono composte da due colonnine cordonate inframmezzate da una fascia a motivi vegetali con aggraziate teste femminili.

Informazioni:
Tel. 0122 622548

Links:
http://www.cittadisusa.it/ComSchedaTem.asp?Id=6631

http://www.sanfrancescosusa.it/sito/index.php/la-storia

http://it.wikipedia.org/wiki/Convento_di_San_Francesco_%28Susa%29

Fonti:
Fotografia in alto, n°2 e 3 da Wikipedia; foto n°4 da www.sanfrancescosusa.it

Data compilazione scheda:
13/01/2008 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Susa (TO) : Chiesa di San Saturnino

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Storia del sito:
La Chiesa di San Saturnino è situata fuori città, nel luogo in cui, secondo la tradizione, il santo fu martirizzato. Non si conosce l’anno di fondazione di questa chiesa, ma si sa che anticamente esisteva già una cappella dedicata a questo santo, e che in seguito fu costruita (forse sulle rovine di un tempio pagano) la chiesa che troviamo nominata già nel diploma del Vescovo di Torino Cuniberto (1065) col quale essa venne donata – insieme a Santa Maria Maggiore di Susa – alla Prevostura di Oulx. Si può presumere che sia stata edificata verso la metà del sec. XI.
Una maggiore rozzezza rispetto ad altre costruzioni coeve si può spiegare col carattere rurale dell’ambiente cui era destinato. Pare infatti che essa fosse di poca importanza ed officiata solo saltuariamente, poiché nel 1231 un certo Rodolfo Baralis (o Barralis) di Susa lasciò per testamento i terreni che possedeva in regione S. Saturnino alla Congregazione dei Canonici di Oulx, affinché erigesse nella chiesa di S. Saturnino, dipendente dalla Congregazione stessa, un Priorato di almeno tre canonici, con l’obbligo di risiedervi e di officiarla. Il testamento del 1231 è importante, sia in sé – fu redatto dal notaio imperiale Corrado e lo sottoscrissero come testimoni, fra gli altri, il Priore di Montebenedetto Falco e il Prevosto di S. Antonino Ponzio – sia soprattutto per S. Saturnino. Infatti esso fu l’occasione che da semplice chiesa diventasse monastero, con tutte le varianti, anche per le costruzioni, che la nuova destinazione comportava. Lo stesso testatore aveva disposto che vi si introducessero delle migliorie. Il Priorato fu sicuramente costituito giacché ne parlano ripetutamente le “carte” posteriori e lo conferma l’aspetto delle costruzioni tuttora collegate con la Chiesa; tuttavia non pare che abbia mai raggiunto una grande prosperità né una particolare importanza, tanto che nel 1607 la famiglia “patrona” dei Baralis si lagnava per la sua scarsa efficienza.
Soppressa nel 1748 la Prevostura di Oulx – da cui dipendevano i Canonici di S. Maria e di S. Saturnino – anche il Priorato venne soppresso come tale, e naturalmente gli edifici, quasi abbandonati, e specialmente la Chiesa, decaddero ulteriormente. La proprietà del complesso passò alla nuova Collegiata di Canonici eretta nel 1748 in S. Giusto di Susa mediante l’unione dei precedenti Canonici Lateranensi con quelli di S. Maria Maggiore (entrambi “canonici regolari”), e quando nel 1772 venne fondata la Diocesi, passò ai Canonici del Capitolo della Cattedrale”.
La chiesa, già in decadenza all’inizio del XVIII secolo, nei secoli seguenti venne abbandonata e andò in rovina.
Negli anni ’80 sono stati compiuti lavori di restauro sul campanile; nel 2001 invece il restauro ha riguardato l’interno della chiesa, il pavimento e il tetto.

Descrizione del sito:
All’esterno la struttura muraria è ancora ben conservata, evidente lo stile romanico della costruzione con facciata abbellita da lesene e archetti pensili.
Il campanile romanico è a pianta quadrata, esile ed elegante; presenta negli ultimi tre piani eleganti bifore che si ingrandiscono gradualmente nei vari piani. Cornici marcapiano con archetti pensili dividono i piani della costruzione.

Informazioni:
Ubicata su un terreno privato.  Museo Diocesano di Arte Sacra; tel. 0122 622640

Link:
http://www.cittadisusa.it/ComSchedaTem.asp?Id=6632

Bibliografia:
FABIANO G.; SAVI S., San Saturnino di Susa, “Segusium” – Società di Ricerche e Studi Valsusini, Susa TO, 1982

Fonti:
Notizie e fotografia tratte dal sito del Comune di Susa.

Data compilazione scheda:
12/01/2008 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Susa (TO) : Cattedrale di San Giusto

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Storia del sito:
La chiesa venne edificata fuori le mura da Olderico Manfredi, probabilmente a partire dal 1011, e fu consacrata nel 1027. Dal 1029 al 1581 fu affidata ai Benedettini; nel 1583 nel monastero sopraggiunsero i canonici Lateranensi, nel 1749 San Giusto venne trasformata in canonica regolare a cuiCATTEDRALE erano associati i canonici della chiesa di Santa Maria Maggiore. Nel 1772 una bolla papale trasformò i canonici in preti secolari e San Giusto divenne cattedrale.
Nel XII secolo la chiesa venne prolungata in avanti di una campata, incorporando parte delle mura e, nell’angolo sinistro, una delle torri romane della porta detta “Savoia” o “del Paradiso”. Alla fine del XII o nel XIII secolo venne voltata la parte anteriore della navata maggiore; nel XIV e XV secolo venne voltato il resto della navata e ricostruita l’abside maggiore; nel XVIII venne costruito il corridoio dietro l’abside e nel XIX secolo le cappelle laterali. Nei secoli vennero più volte rifatti il pavimento e gli altari. Delle strutture del convento annesso alla chiesa non è rimasta traccia.
Nel 1863-65 avvenne il rifacimento della decorazione interna progettata dall’arch. Edoardo Mella.
I restauri del 1985-2000 hanno permesso di precisare la varie fasi costruttive dell’edificio e riconoscere l’edificio originale (blu nella piantina) a tre navate con cinque absidi coperte da soffitti lignei.

Descrizione del sito:
Il CAMPANILE è alto m 51, di stile romanico, appartiene alla prima fase della chiesa; costruito in pietra, a base quadrata, si addossa alla navata laterale destra, circa alla metà, ma ne rimane staccato. Rinforzato agli angoli da contrafforti costruiti nel Settecento per consolidarlo, presenta sei piani separati da archetti pensili a tutto sesto; nei tre piani inferiori reca delle monofore e feritoie, nei piani superiori bifore, trifore e quadrifore i cui archi a doppia ghiera poggiano su capitelli a stampella. Il campanile termina con strutture gotiche realizzate dopo il 1481: una slanciata cuspide ottagonale fra quattro alti pinnacoli in cotto ricoperti di lamiera; fra quest’ultimi corre una balaustra traforata in cotto con doccioni in pietra.
Il locale al piano terra del campanile, che è voltato a crociera con costoloni, presenta AFFRESCHI datati al terzo decennio del secolo XI, frammentati per cadute di intonaco: nella parete meridionale un velario che reca, nei riquadri inferiori di ogni drappo, tracciati a monocromo, le figure di animali fantastici e simboli; nella parete occidentale il velario prosegue con figure mutile di animali e uomini; nella parete settentrionale una bella figura di guerriero a vivi colori, con baffi, cotta ed elmo a punta.

ESTERNO della Cattedrale. La facciata, addossata alla torre romana, ha un semplice portale ed è conclusa da archetti e pinnacoli. Il fianco destro, meridionale, sotto gli archetti dell’ordine inferiore presenta un bel fregio romanico con animali e due figure di santi, risalente alla prima fase costruttiva. Dei due portali, quello dietro il campanile, ha la lunetta affrescata con la Crocifissione, databile tra il 1125 e il 1130. A destra, inseriti in una cornice dipinta, l’affresco che raffigura due angeli che reggono le insegne del cardinale Guglielmo d’Estouteville, realizzati negli anni compresi tra il 1457 e il 1483. Nell’arco a carena rovesciata, che sormonta la porta d’ingresso del Battistero, è dipinto l’ingresso di Cristo a Gerusalemme, opera che risale agli anni compresi tra il 1483 e il 1490.
Il portale laterale esterno è databile alla fine del XVII secolo, formato da pannelli rettangolari riccamente scolpiti.
Nella parte posteriore della chiesa vi sono l’abside gotica semicircolare e l’alzata della navata mediana, coronata da archetti intrecciati e sormontata da un piccolo campanile gotico, detto “dei canonici”, con due piani di monofore e che termina con una alta cuspide.

L’INTERNO ha forma di croce latina, con tre navate e un transetto. Le tre navate sono separate da pilastri di forma irregolare, con evidente derivazione della forma a T primitiva, che nei primi due poteva anche essere cruciforme; sui pilastri si impostano archi longitudinali a tutto sesto senza capitello delle navate laterali; la navata centrale ha volte a sesto acuto.
Nel fianco sinistro della navata si aprono cinque cappelle con altari barocchi, come nel braccio sinistro del transetto e nella navata. La navata destra ha la medesima copertura di quella sinistra; termina con presbiterio voltato a crociera ed abside rettangolare voltata a botte con cupolino. Due cappelle sono ricavate di fianco al campanile; una coperta da volta retta da arconi, l’altra costituita da un solo nicchione arcato.
In prossimità del transetto destro restano parti della cappella di san Mauro, ricordata nel 1443, poi eliminata, con affreschi con storie benedettine che risalgono all’inizio del XII secolo. Nel sottarco della cappella sono state ritrovati gli affreschi di teste di profeti di fattura quattrocentesca.
Presso l’altare delle reliquie, nel transetto a destra, è conservato un trittico, databile agli anni 1490-1500, proveniente dalla certosa di Banda, presso Villarfocchiardo. Il dipinto rappresenta al centro la Madonna col Bambino, ai lati i santi certosini Ugo di Lincoln e Ugo di Grenoble, sul coronamento l’Eterno benedicente. Tra i dipinti collocati in sacrestia e nella sala capitolare si segnalano il “polittico di san Nicola”, dipinto su legno della fine del XV secolo, e la “Natività”, opera di Defendente Ferrari, databile verso il 1518. Nella cappella delle reliquie sono stati ritrovati resti di decorazione ad affresco risalente al XIV secolo e, al di sotto, tracce di un velario risalente alla decorazione precedente. Tracce di pitture trecentesche con motivi cosmateschi sono state recuperate nella navata centrale. Dalle indagini archeologiche sono stati recuperati centinaia di frammenti di intonaco affrescato, con ornamentazioni geometriche, qualche lettera e parti di figure.
Nel sottotetto del battistero, difficilmente accessibile, sono stati studiati i resti di pitture romaniche (secondo quarto del secolo XI) rappresentanti gli apostoli seduti a gruppi di tre intervallati da una figura in piedi, di cui resta solo la parte inferiore.
L’ALTARE della cattedrale di Susa, collocato ora nella sala capitolare, reca la firma di Pietro da Lione (“Petrus lugdunensis me fecit”), ed è databile agli anni 1220-1230. È dubbia la provenienza di questo splendido altare, in marmo cipollino di Susa; forse era l’antico altare maggiore, sostituito da quello odierno nel 1724 o forse proviene dall’antica chiesa di Santa Maria Maggiore.
Capitelli in pietra scolpiti del XIV secolo, con figure umane grottesche e con decorazione di tipo corinzio, si trovano sulla porta principale, su alcune colonne del transetto, del presbiterio e dell’abside. La grandiosa Vasca battesimale trecentesca, collocata nel Battistero presso l’attuale ingresso laterale della chiesa, è scavata in un solo blocco di marmo verde di Foresto e ha forma ottagonale.
Il CORO LIGNEO, che è costituito da 18 stalli maggiori addossati all’abside e da solo alcuni degli stalli minori originari (alcune fiancate sono state adattate ad inginocchiatoio), si dice provenga dalla chiesa di Santa Maria Maggiore di Susa chiusa al culto nel 1749 ed è un esemplare rarissimo dell’arte dell’intaglio ligneo del terzo decennio del XIV secolo circa; l’autore fu verosimilmente un maestro oltrealpino. Si tratta del più antico insieme di stalli superstite nel Piemonte occidentale, uno dei più antichi dell’Europa medioevale e presenta un ricco repertorio iconografico.
Un leggio ligneo presenta una decorazione ricca e fantasiosa, ma di minore qualità esecutiva rispetto al coro. Le quattro facce del mobile sono intagliate con monofore, archi moreschi, gigli di Francia, scene di caccia con animali in fuga. L’esecuzione, databile alla fine del XV secolo, si deve ad una maestranza locale.
Addossata alla parete della navata destra vi è una statua lignea rivestita con una vernice bronzea, databile intorno al 1520, che si credeva rappresentasse la marchesa Adelaide di Susa, ma la tipologia iconografica è però quella della Maddalena e forse faceva parte di un gruppo scultoreo del Calvario. Addossati ai pilastri della terza cappella a sinistra figurano due statue lignee della fine del XVII secolo, san Michele e a destra un angelo custode. Nella VI cappella a sinistra, altre tre statue in legno databili tra la fine del XVII secolo e l’inizio del successivo. Nella sacrestia un Crocifisso del 1520.

Descrizione dei ritrovamenti:
Scavi archeologici del 1900 sulla piazza antistante la chiesa rilevarono strutture romane; altre, assieme a resti altomedievali del XIII sino al XVII, furono ritrovate durante gli scavi del 1985 e del 1993. In corrispondenza della navata sinistra, si vede chiaramente ancora un tratto della struttura romana in un’intercapedine del muro di facciata.

Informazioni:
Tel. 0122 622053

Links:
http://www.cittadisusa.it/ComSchedaTem.asp?Id=1700

http://www.archivoltogallery.com/photogallery/susa/chiese/Sangiusto/index.asp

http://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_di_San_Giusto_%28Susa%29

Bibliografia:
AA VV, La Basilica di San Giusto: la memoria millenaria della Cattedrale segusina, atti del Convegno 21/10/2000, Ed. Graffio, Bussoleno TO, 2002
AA.VV., Il Tesoro della cattedrale di San Giusto, – Ormae editrice s.r.l., CLUT s.c.r.l.

Fonti:
Foto in alto da Wikipedia; piantina tratta nel 2014 dal sito, non più attivo nel 2020 www.amicicastellosusa.it; fotografie dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
21/02/2008 – aggiornam. luglio 2014 – maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Susa (TO) : Castello della Contessa Adelaide

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Storia del sito:

In questo edificio nacque Adelaide,tra il 1010 e il 1016, figlia del marchese di Torino Olderico Manfredi e moglie di Oddone, figlio di Umberto Biancamano, conte di Moriana e di Savoia. Fu poi suocera dell’imperatore Enrico IV, a cui aveva dato in sposa la figlia Berta.

La data di costruzione del Castello di Susa è incerta, ma potrebbe essere stato edificato dai primi sovrani di questa zona e abitato dai Cozi. L’edificio ha subito molte trasformazioni e altrettante vicissitudini, prima di diventare la dimora dei marchesi di Susa. Olderico è stato il primo a stabilirvi la sua residenza ma soprattutto ci ha vissuto la marchesa Adelaide, il personaggio più noto della storia millenaria di Susa, che qui ha cresciuto i suoi figli: Pietro, Oddone e Amedeo, divenuti poi principi di casa Savoia.

Dopo essere stato dimora di Adelaide, il Castello lo è stato dei suoi discendenti, e tra il 1213 e il 1214 ha visto anche la presenza di San Francesco d’Assisi, in viaggio verso la Francia. Dopo la pace di Chateau Cambresis, nel 1559, e il ritorno della valle di Susa ai Savoia, il Castello ha ospitato l’incontro che ha suggellato la pace. Una pace che però non è durata molto: il Seicento è caratterizzato dalle guerra con la Francia e il Castello diventa nuovamente luogo per le trattative. Nel 1629 Luigi XIII e il cardinale Richelieu vi hanno soggiornato a lungo.

L’aspetto attuale gli deriva dalla ristrutturazione effettuata nel 1750 in occasione delle nozze tra Carlo Emanuele III e l’infanta Maria Antonia.

Caduto progressivamente in abbandono, nel 1806, con un decreto napoleonico, il Castello è stato tolto ai sabaudi e affidato alla municipalità, con l’obbligo di aprire al suo interno delle scuole, e dopo il 1814 è diventato sede del supremo comando militare e politico della città e della valle. Ma è stato l’uso scolastico della costruzione, a durare di più: oltre 150 anni. Un uso che ha modificato notevolmente sia l’esterno che l’interno del palazzo, che oggi è sede del Museo Civico, della Biblioteca e dell’Archivio Storico. Dagli anni ’80 è stato oggetto di interventi di restauro, ancora in corso. Nel 2017 è stato riaperto il piano terreno.
Vedi anche la scheda:Castello e_AreaArcheologica_Susa

Descrizione del sito:

Le parti rimaste dell’antica costruzione medievale sono oggi assai limitate in seguito ai vari interventi che si sono succeduti nei secoli: le bifore e le caditoie sulle pareti che si affacciano sul centro storico.

Informazioni:

Tel.  3711607141    E-mail: castellosusa@gmail.com

Links:

http://www.cittadisusa.it/ComSchedaTem.asp?Id=20686

https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_della_Contessa_Adelaide

Fonti:

Fotografie dal sito del Comune di Susa.

Data compilazione scheda:

11/01/2008 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:

Angela Crosta – G.A.Torinese

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Susa (TO) : Arco di Augusto

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Storia del sito:
L’arco fu eretto da Cozio, re dei Segusii, divenuto attraverso il patto stipulato con Roma prefetto di 14 città delle Alpi Cozie, in onore di Augusto nel 9-8 a.C. La grande iscrizione celebrativa, ripetuta su ciascun lato dell’attico, ed il sottostante fregio ricordano un fatto memorabile di pochi anni prima: il trattato di pace ed alleanza con Roma stipulato da Cozio intorno al 13 a.C. In seguito a tale trattato il territorio delle città entrava a far parte dello Stato Romano, gli abitanti divenivano cives di diritto latino, il re Cozio assumeva lo status di cavaliere romano, nonché il nome della dinastia Iulia. È evidente il carattere ufficiale della dedica di questo monumento eretto per iniziativa pubblica. Pare logico dedurre che l’erezione dell’arco dovette essere deliberata dagli organismi amministrativi delle quattordici civitates che costituivano la prefettura di Cozio, entità territoriale ed amministrativa che probabilmente coincideva con il vecchio regno alpino di Donno.

Descrizione del sito:
Rivestito da blocchi di marmo bianco delle vicine cave di Foresto, presenta un solo fornice, con archivolto che poggia su pilastri lisci incassati nella muratura e sormontati da capitelli a volute vegetali. Ai quattro angoli dei pilastri laterali, colonne scanalate impostate su alti dadi lisci sorreggono la trabeazione, costituita da architrave liscio, fregio a bassorilievo figurato e da una cornice a mensole, decorate a fogliette, cassettoni con rosoni a rilievo e altri ornati, fra cui un’aquila. La parte superiore è costituita da un attico sul quale era l’iscrizione dedicatoria, privo dei gruppi statuari che dovevano decorarne la sommità ed oggi scomparsi. I numerosi fori visibili sulla superficie del monumento sono dovuti al prelievo – avvenuto già in epoca antica – delle grappe metalliche che tenevano uniti i blocchi. Pure strappate sono le lettere in bronzo dell’iscrizione dell’attico, che quindi si presenta leggibile soltanto attraverso la posizione dei fori di fissaggio delle lettere e delle incisioni di guida per le lettere stesse. Il testo così recita “M. Giulio Cozio, figlio del re Donno, prefetto delle città qui nominate (Segoviorum, Segusiuorum, Belacorum, Caturigum, Medullorum, Tebaviorum, Adanatium, Savincatium, Ecdiniorum, Veaminiorum, Venisamorum, Iemeriorum, Vesubianorum, Quariatium), e le città che furono sotto la sua prefettura in onore dell’imperatore Cesare Augusto, figlio di Cesare, pontefice massimo, nell’anno XV della sua tribunicia podestà e nel XIII anno del suo impero”. Il fregio figurato, ben leggibile nonostante alcune abrasioni e lacune, è integralmente conservato sui lati maggiori nord e sud e sul lato breve occidentale, mentre sul lato orientale ne rimane solo un tratto presso l’angolo sud. I rilievi rappresentano scene relative al patto concluso con Roma. Sui lati lunghi (nord e sud) è rappresentata la stessa scena, sia pure con qualche differenza: si tratta del solenne sacrificio compiuto da Cozio alla presenza dei Romani (rito chiamato suovetaurilia, dal nome delle vittime sacrificate: un maiale = sus, un ariete = ovis, un toro = taurus), con il quale il patto fra i due popoli riceveva la sua sanzione religiosa e giuridica. Sul lato ovest la scena rappresenta proprio l’atto della stipulazione del patto. Al centro, ai lati di un’ara che serve da tavola, sono due personaggi togati (Cozio e il generale romano), che tenendo nelle mani il rotolo del patto abbracciano il rappresentante della più importante delle 14 città. Ai lati magistrati romani e i rappresentanti delle altre 13 città.

Informazioni:
Acropoli Romana. A.T.L. Montagne Doc, tel. 0122 622447

Links:
http://www.cittadisusa.it/ComSchedaTem.asp?Id=1698

http://it.wikipedia.org/wiki/Arco_di_Augusto_%28Susa%29

Bibliografia:
FOGLIATO D., 1984-85, Ceivitates Cottianae, in AD QUINTUM, 7
CAVALIERI MANASSE G., MASSARI G., ROSSIGNANI M.P., 1982, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Bari, p. 40 ss.
FELLETTI MAJ B.M., 1961, Il fregio figurativo dell’Arco di Susa, in Rendiconti della Pontificia Accademia di Archeologia XXXIII, p. 129 ss.

Fonti:
Fotografia in alto dal sito del Comune; foto 2 e 3 tratte dal sito http://www.villardora.org/documenti/susa_romana.html

Data compilazione scheda:
16 luglio 2004 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Fabrizio Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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Susa (TO) : Antica chiesa di Santa Maria del Ponte

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Storia e descrizione del sito:
L’edifico è situato al centro della città di Susa, sulla destra orografica della Dora Riparia, in posizione strategica in corrispondenza del “Ponte Nuovo”, ed è conosciuto oggi come “Chiesa di Santa Maria della Pace” o con l’antica titolazione di “Santa Maria del Ponte”.
La chiesa della Madonna del Ponte a Susa, è stata edificata tra il 1266, data dell’ultimo elenco di chiese della valle in cui essa non compare, e il 1369, anno in cui viene redatto un documento in presenza del rettore di Sanctae Mariae de Ponte.
La titolazione della chiesa deriva da una preziosa statua lignea della Madonna con il Bambino risalente probabilmente al XII secolo. Nel corso dei secoli la chiesa ha subito numerose modifiche e ristrutturazioni, del 1846 è la creazione della cappella della Madonna Addolorata, confinante a ovest con la preesistente sacrestia, mentre successivi ampliamenti hanno interessato i piani superiori della medesima Cappella che è posta più in basso rispetto alla navata centrale.
Dal 2000 il complesso è sede del Museo Diocesano di arte sacra che ospita preziosi oggetti artistici che vanno dal VII sec. ai giorni nostri. I lavori per l’adeguamento come sede museale sono stati anche occasione indotta per ricercare diverse fasi costruttive dell’edificio e riportare alla luce significative porzioni di epoche diverse.

Descrizione dei ritrovamenti:
Tra i ritrovamenti risultano di particolare interesse:
– un tratto di strada antica interrata, oggi lasciata in vista da un percorso in vetro strutturale appositamente realizzato e caratterizzante le sale di accoglienza e l’ingresso al Museo
-alcune cesure costruttive sul paramento murale sud della Chiesa, che documentano l’avvicendarsi di successivi ampliamenti;
– i segni dell’antica abside al livello fondale (che orientava la Chiesa medesima ad est).

Descrizione del materiale esposto:
La STATUETTA DELLA MADONNA DEL PONTE è un piccolo manufatto in legno di tiglio, opera di uno scultore ignoto, che l’ha eseguita probabilmente nel XII secolo. Anticamente doveva essere collocata in una nicchia intus parietem e deve aver subito qualche rimaneggiamento nel XVI secolo. Si tratta di una scultura romanica assai pregevole, restaurata alla fine del Novecento. La statua è collocata nella sede del Museo.

Informazioni:
È una delle sedi del Museo Diocesano di Arte Sacra, vedi scheda, tel. 0122 622640

Link:
http://www.cittadisusa.it/ComSchedaTem.asp?Id=20693

Bibliografia:
AA.VV., Forme e Colori per il servizio Divino, Edizione Ormae editrice s.r.l., CLUT editrice s.a.r.l.

Fonti:
Fotografie dal sito sopra indicato.

Data compilazione scheda:
11/01/2008 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Susa (TO) : Anfiteatro romano

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Storia e descrizione del sito:
Nel 1881 furono eseguiti i primi sondaggi, a seguito di lavori agricoli che rilevarono la presenza di resti antichi, che furono però subito ricoperti. Le indagini ripresero nel 1928 anche se lo scavo definitivo avvenne solo tra gli anni 1956 e 1961. Nel 1969 il sito fu aperto al pubblico.
La datazione non è sicura: secondo Barocelli l’anfiteatro fu eretto tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C.; secondo Carducci nella seconda metà del II secolo; secondo Prieur ad una prima edificazione in età augustea seguì la definitiva realizzazione nella seconda parte del II secolo d.C.
L’anfiteatro, di forma ellittica, era di piccole dimensioni (45 m sull’asse maggiore, 37 m su quello minore) tanto che, insieme all’anfiteatro di Cemenelum-Cimiez in Francia, costituisce uno dei più piccoli edifici di spettacolo del mondo romano. Le gradinate della cavea poggiano in parte su sostruzioni artificiali e in parte sul declivio di una collina; i gradini sono realizzati in pietra locale e raggiungono lo spessore di 80 cm; nella sostruzione della cavea è stato ricavato un cunicolo anulare con volta a botte che corre lungo il muro (podium), alto 2,60 m, che circonda l’arena ed è dotato di alcune aperture (fauces) verso le camere (carceres). Lungo l’asse minore dell’anfiteatro si collocano due tribune destinate agli spettatori più illustri (in estate, al tramonto, l’ultimo punto toccato dal sole è la tribuna d’onore orientale). Il podio era finemente intonacato e probabilmente decorato con sculture architettoniche. Nel Museo Civico di Susa è conservato infatti un interessante bassorilievo, rinvenuto nell’anfiteatro, che rappresenta una figura femminile (forse una Nemesi) che regge un pugnale nella mano destra. La medesima provenienza hanno forse numerose cornici bronzee di chiara funzione decorativa. Alle estremità dell’asse maggiore si trovavano gli ingressi, probabilmente dotati di porte monumentali, dai quali entravano gli spettatori.
L’edificio appare molto restaurato a causa delle numerose vicende che lo sconvolsero: l’abbandono in epoca tardoantica, le distruzioni belliche e i vandalismi, gli smottamenti di terreno e le alluvioni, le inondazioni del torrente Gelassa del 1610 e del 1728 che lo seppellirono, sconvolgendo le gradinate e nascondendolo alla vista per più di un secolo.

Informazioni:
A.T.L. Montagne Doc, tel. 0122 622447

Links:
http://www.cittadisusa.it/ComSchedaTem.asp?Id=1699

http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/it/musei/aree-archeologiche/70-aree-arch-prov-di-torino/345-aree-archeologiche-di-susa

Bibliografia:
LANZA E., MONZEGLIO G., 2001, I Romani in Val di Susa, Ed. Susa Libri, pp. 62-64
MERCANDO L., 1998, Archeologia in Piemonte, vol.II, L’età romana, Torino
BAROCELLI P., 1932, Susa. Anfiteatro romano, “NSc”, pp. 3-11
CARDUCCI C., 1968, Arte romana in Piemonte, Torino
MAGGI S., 1987, Anfiteatri della Cisalpina romana (Reg. IX; Reg. XI), Firenze

Fonti:
Fotografia da http://www.volipindarici.it/appunti/susa/susa04.htm

Data compilazione scheda:
27 ottobre 2003 – aggiornam. luglio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Maurizio Belardini – Gruppo Archeologico Torinese

Strambino (TO) : Castello

Strambino 2

Storia del sito:
Sul significato del nome “Strambino” vi sono due ipotesi contrastanti:- la prima, che appare come la meno probabile, fa derivare il nome Strambino da «Strannin-bini» (due paesi), ma non è possibile provare l’esistenza, in epoca imprecisata, di due paesi successivamente riunitisi;- la seconda fa derivare il nome da «extra ambitum», intendendo ambitus nel significato proprio di “cerchia di mura”, se non anche di “giurisdizione”. Una conferma di tale ipotesi ci è data da un documento della fine del XIV secolo, in cui il luogo di Strambino è indicato col nome di “Extrambino”.
L’area di Strambino fu certamente colonizzata in età romana, come si evidenzia dalle tracce di centuriazione risalenti all’epoca repubblicana; tuttavia la prima citazione documentaria risale alla fine del X secolo: infatti in un documento del 996 in cui Ugo Marchese di Toscana dona al Vescovo di Vercelli il castello di Caresana con le attinenze, compare fra i testimoni un Giselfredus de Strambino. Tutto ciò fa pensare che prima del Mille il luogo di Strambino fosse di ben poca importanza e che la sua storia si intrecciasse con quella della vicina città di Ivrea. Dopo questa citazione non esiste né nei documenti né nei trattati di storia del Canavese, alcun accenno a Strambino fino agli inizi del XII secolo.
Di un ‘castrum Strambini’ non si ha notizia che dal XII secolo, quando dipendeva molto probabilmente dall’alta signoria del vescovo d’Ivrea. Il primo affermarsi di Strambino come comune va collocato probabilmente agli inizi del XIII secolo, quando avvenne il passaggio dalla dominazione vescovile a quella dei Conti San Martino e dei Valperga di Masino. Sappiamo infatti da un documento del 1279, in cui si procedeva alla regolamentazione dei confini con Romano, che Strambino era già in quel tempo Comune. Dalla fine del XIII secolo, durante le lotte tra Guelfi e Ghibellini, che si sono protratte per circa tre secoli, Strambino fu più volte saccheggiata ed una volta completamente incendiata e distrutta: solo il Castello seppe opporre resistenza. Nel XVI secolo nelle terre piemontesi si scontrarono a più riprese le armate francesi e spagnole con gravi danni per le popolazioni. Il feudo di Strambino ed il relativo vassallaggio verso i Savoia continuarono ad esistere fino al 1797, anno a partire dal quale i Conti San Martino divennero proprietari allodiali  del castello e dei terreni circostanti.

Descrizione del sito:
È un imponente complesso costituito da diversi corpi di fabbrica: il “castello arduinico” (XI sec.), il “castello gotico” (XIV sec.) e le dimore signorili del XVII secolo.
Del “castello arduinico” restano le imponenti e suggestive rovine di un fabbricato a pianta rettangolare difeso esternamento nel lato meridionale da tre torri, di cui quella centrale a pianta circolare, modificata nei secoli successivi, è ora alta 18 metri, presenta finestre impreziosite da cornici in cotto ed è conclusa da un coronamento di merli ghibellini parzialmente chiusi e coperti che deliminano sei aperture.
Il secondo corpo di fabbrica, databile all’inizio del XV secolo, è definito tradizionalmente “castello gotico” e sorge a sud del castello antico. La facciata meridionale è intonacata e adornata, sulle eleganti finestre ogivali e al marcapiano, da fregi in cotto, a decorazione di tipo vegetale e geometrico. All’interno del castello gotico il salone al secondo piano ha le pareti decorate a rombi bianchi e neri; il salone al terzo piano aveva originariamente un soffitto cassettonato in legno, dipinto con immagini di cavalieri, dame, prelati, giovani, stemmi e animali che all’inizio del ‘900 fu trasportato su richiesta di Alfredo D’Andrade nel castello di Pavone: operazione che garantì la conservazione della singolare opera, in cui ogni cassettone «contiene una testa coi costumi del tempo» (Boggio).
Accanto al castello gotico è situata la semplice Chiesa di San Michele, di antiche origini: l’edificio sacro ebbe funzione di coparrocchiale, prima unitamente all’ex chiesa di San Solutore e in seguito con la nuova Parrocchiale.
Nel XVII secolo i conti San Martino di Strambino costruirono, a sud del castello gotico e sugli spalti dell’antica fortezza, tre Palazzi Signorili con parchi e giardini. Le semplici facciate sono arricchite da affreschi che incorniciano le aperture.

Informazioni:
Tra via Conti di San Martino e via Villanova. Adibito a bed & breakfast.  Tel. 0125 637500

Link:
http://www.comune.strambino.to.it

Bibliografia:
RAMELLA P., Strambino : dalle origini al Medioevo : ambiente naturale, colture agrarie, mondo animale, insediamenti umani, dal neolitico, il territorio, vie di comunicazione, popolazione, attivita umane, i beni materiali, guerre, Tuchinagium, castelli, chiese, arte, storia, la chiesa, i signori, la comunita, gli statuti, il catasto, Comune di Strambino e Centro studi canavesani Ivrea, 1999
RAMELLA P., Uomini e paesi nell’anfiteatro morenico di Ivrea : l’area di Strambino, Associazione Amici museo del Canavese, Ivrea, c1980
RONCHETTI S., Cinque lustri di cronaca (1978-2003) con oltre un secolo di storia : Strambino, Romano, Scarmagno, Mercenasco, Tip. Valdostana, Aosta 2003

Fonti:
Notizie e fotografia in alto e n° 2 tratte dal sito del Comune.
Disegno dal sito: http://www.francescocorni.com/
Fotografia 4 da http://www.anfiteatromorenico.it/index.php/castello-di-strambino.html

Data compilazione scheda:
28 luglio 2010 -aggiornamento maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Sparone (TO) : La “Rocca” e la chiesa di Santa Croce

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Storia del sito:
L’esistenza della Rocca di Sparone, che domina la strada che porta verso l’Alta Valle dell’Orco, è attestata anteriore all’anno 1000; venne infatti già citata da Ottone imperatore come possedimento arduinico in un’ordinanza di confisca e di donazione alla chiesa di Vercelli, anche se di fatto il Marchese di Ivrea Arduino continuò a rimanerne in possesso. Nella Rocca si svolse lo storico episodio dell’assedio subito da Arduino ad opera dell’esercito imperiale di Enrico II di Germania tra il 1004 e il 1005: la fortezza era un tempo imprendibile e quindi la resistenza degli arduinici ed il rigore dell’inverno ebbero ragione dei soldati imperiali che si ritirarono in Germania. Dopo la morte di Arduino nel 1015, si hanno notizie della Rocca nel 1185 e 1193, come proprietà indivisa dei San Martino e dei Valperga. Dopo breve occupazione da parte del marchese di Monferrato, la Rocca venne ceduta nel 1389 ai Savoia. Nelle guerre che si svolsero nei secoli il castello subì gravi danni e venne definitivamente smantellato nel XVI secolo durante le lotte fra Spagnoli e Francesi.

La CHIESA DI SANTA CROCE. L’edificio originario è databile, secondo A. Kingsley Porter, intorno al 1025 e forse fu eretto su commissione dello stesso Arduino che volle onorare il luogo della sua vittoria con una grande chiesa. Finché vi fu una guarnigione ed un castello presso la Rocca, la sua cappella, funzionò come chiesa parrocchiale del paese. Dell’edificio originario rimane l’abside, le altre parti sono del XIV secolo. L’unica cappella e l’atrio sono elementi aggiunti nel secolo XVII.
Nel 2001 furono compiuti lavori di restauro e vennero scoperti AFFRESCHI absidali di varie epoche, dal XII al XV secolo, che in parte erano stati coperti da tinteggiatura molto probabilmente durante i lavori di restauro effettuati nel 1882 dal parroco Don Faletti.
Fino alla fine del ‘600, vicino alla chiesa di Santa Croce, vi era un’altra chiesa più piccola, citata nelle visite pastorali del XVII secolo, dedicata a San Silvestro papa, dove era conservata l’antica croce lignea (in seguito trasferita nella chiesa di Santa Croce) con molte reliquie, notate in un antico scritto di ricognizione del 22 marzo 1498, firmato dal nobile Cristoforo di Valperga, come cita Mons. Asinari nel 1647. Nel 1670 Mons. Trucchi descrive la cappella già spoglia. Nel 1699 Mons. Lambert segna sotto la dicitura “San Silvestro e Santa Croce”: una chiesa che probabilmente è la fusione dei due edifici, prima leggermente scostati. I visitatori successivi riportano soltanto la chiesa di Santa Croce e non menzionano più l’antica cappella di San Silvestro.

Descrizione del sito:
Dell’antica ROCCA di Arduino, marchese d’Ivrea, resta solo un muro dove è ben visibile la tecnica di costruzione detta a “spina di pesce”.
Attigua ai ruderi è l’antica CHIESA DI SANTA CROCE, con l’abside, risalente al secolo XI, che presenta archetti pensili gotico romanici e la tipica disposizione delle pietre murarie a lisca di pesce.
Il campanile presenta le antiche finestre ad arco murate, poste più in basso rispetto alle finestre attuali perché fu elevato nel 1717, come citato nel “Libro degli Ordinati” conservato nell’Archivio Comunale.
Le pareti sono costruite in pietra; l’atrio e l’interno ad un’unica navata sono intonacati e spogli. Nel ‘600 non esisteva soffittatura, come annota Mons. Asinari nel 1647; la volta in muratura, intonacata ed imbiancata, fu costruita molto probabilmente nei primi decenni del ‘700. La volta venne poi demolita verso il 1960 durante i lavori di rifacimento del tetto ed il soffitto rimase con la travatura a vista, come si presenta tutt’oggi. All’interno della chiesa, a destra, si apre la cappella di San Vincenzo Ferrer, edificata nel 1700.
L’elemento più rilevante sono gli AFFRESCHI absidali databili nel periodo tra la fine del ‘300 e primi anni del ‘400, attribuibili ad un pittore formatosi sulla tradizione post-giottesca. Ai due lati dell’abside, sotto i due pennacchi a tromba posti tra le pareti laterali e l’arco absidale è conservata un’Annunciazione, con l’arcangelo Gabriele alla sinistra e la Vergine alla destra.
Nel catino absidale è raffigurato il Cristo Pantocratore in mandorla circondato dai quattro Evangelisti; i dodici Apostoli sono dipinti nel cilindro absidale. I lavori di restauro hanno rilevato la presenza di affreschi sottostanti più antichi, probabilmente romanici.

Informazioni:
Dal centro del paese parte una strada che, volgendosi ad est, sale sul monte della Motta dove sorgono i resti della rocca arduinica e la chiesa di Santa Croce.  Comune, tel. 0124 808804

Links:
http://www.comune.sparone.to.it/?p=35

http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Croce_%28Sparone%29

Bibliografia:
SCALVA G. (a cura di), La Rocca e la chiesa di Santa Croce a Sparone. Il restauro, Ed. Nautilus, Torino, 2007

Fonti:
Notizie e fotografie n° 2 e 3 sono state tratte nel 2007 dal sito del Comune di Sparone. Foto in alto e n°4 da Wikimedia.

Data compilazione scheda:
14/09/2007 – aggiorn. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Sparone SantaCroce4

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Sparone (TO) : Caseforti ed edifici medievali

Sparone 2 Onzino-casaforte

Storia e descrizione dei siti:
ONZINO: Casaforte. Il borgo di Onzino, o Onsino, è stato costruito in epoca tardo-medievale su rocce polite dai ghiacciai del Quaternario che portano incisioni rupestri alpine risalenti all’età del Ferro ed ulteriori risalenti al tardo medioevo. Si riconoscono varie incisioni, fra cui un balestriforme, vari canaletti, un centinaio di coppelle, delle croci celtiche e latinizzanti, filetti ed altri segni. Sulla roccia a scudo delle fondamenta della casaforte sono incise coppelle e croci.
La “casaforte”, esempio di una tipizzazione costruttiva medievale, è una “costruzione protetta” in cui venivano conservati i prodotti agricoli, per impedire furti di viandanti o masnadieri. Attualmente l’edificio è in stato di degrado.
La casaforte di Onzino è un edificio a tre piani di dimensioni significative (le misure interne del vano sono di circa 550 x 485 cm), congiunti internamente da scale in legno. L’unico ingresso è composto da un robusto portale trilitico di dimensioni notevoli (cm 180 x 115); un secondo portale trilitico, simile al primo è al secondo livello, tamponato. È ben identificabile la struttura muraria medievale, con maglia portante a massi squadrati e tamponamento di ciottoli lavorati a spina di pesce.

VASARIO: Casaforte delle Coste (o di Costa) e casa delle Ciause. A circa quindici minuti di cammino dalle ultime case di Vasario, ripercorrendo il primo tratto della mulattiera del “Molinetto” e poi salendo verso sinistra nel bosco, sono visibili i ruderi dell’antica casaforte delle Coste, costruita con il caratteristico metodo a “spina di pesce”, che conserva ancora la struttura perimetrale pur tra pesanti segni di brecce e crolli parietali. La casa, costruita come una torre per consentire un’ottima difesa, venne adibita successivamente a privativa del sale, detta appunto “Ciensa”, dove risiedeva il messo controllore.
Le finestre sono strettissime, a feritoia, fatte con due lastre di pietra disposte in modo obliquo verticalmente a sostegno dell’architrave ed i portali presentano massicci architravi e stipiti in pietra.
Sempre nella borgata di Vasario, nel rione Ciause, vi è una casa molto antica che presenta vari segni di edificazione muraria a “spina di pesce”.

ARPERA Nel rione Arpera vi sono i ruderi di una costruzione medievale.

APIATOUR. Anche in borgata Apiatour di sotto vi era una modesta costruzione a torre con presenza di architravi in pietra.

AIA DI PIETRA. Davanti alla chiesa di Sant’Anna vi è una casa romanica che porta la data del 1659 (un restauro?): presenta due portoni in legno scolpiti, posti in ingressi con stipiti in pietra ed arco; vi è pure un balcone di legno con parapetto a listelli sagomati. Sotto lo spiovente vi sono degli archetti di pietra, ricavati da lastre di ardesia, a sostegno del tetto. Un’altra casa, più piccola e situata verso le case sotto il campanile, porta la data del “1624”: ha una scalinata in pietra che sale alla porta del primo piano con parapetto di pietre: questa riporta però i segni evidenti di rimaneggiamenti più recenti.

Nel CENTRO STORICO DI SPARONE, nei pressi della Chiesa Parrocchiale di San Giacomo, si sono conservati gli antichi portici, dall’architettura tipicamente canavesana, sovrastati da un complesso abitativo tra cui la sede del vecchio municipio. In un vicolo vi è una bottega medievale con la porta a bandiera e il banco nell’area porticata.

Informazioni:
Gli edifici si trovano nelle borgate di Onzino, Vasario, Arpera, Aia di pietra e Apiatour.
Comune di Sparone, tel. 0124 808804

Link:
http://www.comune.sparone.to.it/?p=37

Bibliografia:
CIMA M., Uomini e terre in Canavese tre età Romana e Medioevo, Ed. Nautilus, Torino, 2003
VIGLINO DAVICO M., Case-forti montane nell’alto canavese. Quale futuro?, Lions Club Alto Canavese, Castellamonte TO,1993

Fonti:
Fotografie e parte delle notizie sono state tratte nel 2007 dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
13/09/2007 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

Sparone 3 Vasario-c Coste casaforte

Sparone 5 Aia-di-Pietra-casaforte

Sparone 4 Apiatour-casaforte