Villar Focchiardo (TO) : Certosa di Banda e Certosa di Monte Benedetto

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Storia dei siti:
I monaci certosini giunsero in Valle di Susa alla Losa, nei pressi di Gravere, tra il 1189 e il 1191. Pochi anni dopo, nel 1197, chiesero al conte Tommaso I di Savoia di potersi trasferire a Monte Benedetto, sopra Villar Focchiardo, in quanto la prima sistemazione non soddisfaceva il loro desiderio di isolamento. La loro Regola infatti esaltava l’estraneità dal mondo della vita monacale, inducendo i certosini a collocare i propri monasteri in luoghi isolati. L’espansione fondiaria della certosa, promossa inizialmente dal conte Tommaso, continuò grazie alle numerose donazioni da parte di nobili valsusini e ad un’oculata politica di acquisti. I monaci certosini, che conducevano vita eremitica ciascuno nella propria cella, non svolgevano attività manuale; la gestione dei beni era affidata a conversi e salariati sotto la guida di un priore. Agli inizi del XV secolo le condizioni di vita della Certosa di Montebenedetto divennero precarie a causa dei frequenti straripamenti del rio della Sega e del rio delle Fontanelle che scorrevano ai lati della Certosa stessa. Dopo vari disastri susseguitisi negli anni, solo nel 1498 venne data l’autorizzazione del Capitolo Generale, ad abbandonare la Certosa per trasferirsi più a valle, a Banda (una grangia nata intorno al 1206). Il priore di Montebenedetto, non molto tempo prima del trasferimento, aveva infatti fatto costruire cinque celle e qualche edificio accessorio, ma già in precedenza, essendo Banda diventata molto importante ai fini produttivi e di servizio, si costruirono camere per i conversi, un chiostro (1435) e una piccola foresteria; senza dubbio la chiesa doveva essere adatta alle pratiche religiose dei conversi presenti, del priore e del procuratore quando vi si recavano. Con il trasferimento a Banda, altre costruzioni furono adattate agli usi certosini ma Banda non assunse mai l’aspetto di una Certosa ben definita, rimanendo molto simile alla configurazione di una Certosa primitiva e di una grangia. La particolare morfologia di questa grangia-Certosa la rende unica nel suo genere e ne rende importante la conservazione

Descrizione dei siti:
LA CERTOSA DI MONTE BENEDETTO I resti della certosa, limitati al nucleo principale e alla chiesa abbaziale, sono oggi di proprietà privata. La chiesa, un tempo ridotta a fienile, è stata recentemente fatta oggetto di un intervento di restauro da parte del Parco Orsiera-Rocciavrè, all’interno del cui territorio si trova oggi il complesso monastico. L’edificio è a una sola navata, ed è stato ampliato in fasi successive come rilevabile dalle tracce sulle pareti esterne. Nel complesso la chiesa è in stile romanico anche se non mancano alcuni particolari gotici. Il campanile è dell’inizio del XIII secolo. La certosa è oggi ridotta a rustico mentre delle celle non resta più traccia. Le linee architettoniche essenziali, concretizzano gli ideali di povertà e distacco dal mondo dello spirito certosino. Sopra quello che fu l’ingresso principale, oggi murato, è visibile un affresco quattrocentesco rappresentante la Vergine col Bambino venerata da alcuni monaci. Poco più a valle della certosa sono situati i ruderi della correria, i locali che erano riservati ai conversi e ai salariati.

LA CERTOSA DI BANDA Attualmente la Certosa di Banda, abitata da pochissimi privati, si presenta divisa in tre nuclei, disposti a semicerchio: la chiesa, i resti del chiostro e di alcune celle. Arrivando dalla mulattiera da Villarfocchiardo si incontra un cortile rurale attorniato da fabbricati. Di questi il più antico è quello disposto sul lato nord caratterizzato dalla presenza di una grande finestra con montanti e architrave in pietra, databile al XIII secolo e i cui spigoli murari sono rinforzati da grossi elementi orizzontali in pietra da taglio. Ad ovest e visibile un portico, sottostante ad un primo piano a cui si accede da una scala in pietra. Dal lato sud del portico, attraverso un arco a tutto sesto, si entra in un’ala di chiostro dissestata rispetto al porticato, con archi sorretti da pilastri poggianti su un muro continuo. Esisteva fino a qualche anno fa una finestrella della “ruota”, che probabilmente era quella della cella priorale. Quel che resta del porticato continua fino alla chiesa; verso ovest un’ala di chiostro cerca di compiere un quadrilatero, con pilastri che poggiano direttamente a terra, unici superstiti di quello che doveva essere un portico. L’ala del portico claustrale gira verso est dove diventa un corridoio chiuso e buio: poco più avanti la parete della chiesa che lo costeggia si apre con la porta del coro dei padri, preceduta da un tratto di corridoio a volta. La chiesa, in stile romanico, orientata, costruita tra il 1200 e il 1250 su un roccione strapiombante, è ad unica stanza ad abside piatta con la presenza di una bella finestra trilobata, coperta da una volta a crociera gotica, con costoloni poggianti su colonne addossate, i cui capitelli portano decorazioni antropomorfe fortemente espressionistiche, e ciò in violazione del divieto del Consiglio Generale di raffigurare “imagines curiosae”. La facciata della chiesa è aperta da una finestra molto rimaneggiata; non vi è portale d’ingresso. L’interno della navata è occupata da un coro ligneo semplicissimo con stalli chiusi da baldacchini profondi, appoggiato alle pareti, di cui è stata ipotizzata la provenienza da Montebenedetto. Si tratta di un’opera notevole di un intagliatore franco-piemontese della seconda metà del XV secolo. La chiesa era ricca di arredi trasferiti successivamente in altre sedi, come il trittico della Madonna con Bambino e i santi Ugo di Lincoln e di Grenoble, della fine del XV secolo, ora nella cattedrale di San Giusto a Susa. Alcune celle si trovano in fondo al corridoio, disposte sfruttando ogni possibilità di disposizione; privilegiano l’altezza più che la superficie in piano, munite come sono di un primo piano, come di norma; probabilmente altre celle dovevano trovarsi dietro l’abside della chiesa, volte verso valle. Nel 1642 il monastero fu infine soppresso e incorporato nel patrimonio della Certosa di Collegno.

Il paese di Villar Focchiardo, centro di antica origine, feudo dei visconti di Torino, conserva la casa-forte (sec. XI) di cui restano considerevoli resti, il castello dei Carroccio e i resti della casa-forte di Roland.

Informazioni:
Dal paese e si seguono le indicazioni per le Certose (è possibile raggiungerle in macchina o tramite un sentiero in mezzo al bosco). Ente di gestione aree protette Alpi Cozie, Uffici di Bussoleno Tel. 0122.47064 e-mail: parco.orsiera@ruparpiemonte.it

Links:
http://www.cartusia.it/home.html

http://www.rupestre.net/archiv/cult2.htm

http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-vfocchiardo2 Monte Benedetto

http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/beni-culturali/beni/vsusamed/vsusamed-vfocchiardo3 Banda

Bibliografia:
AA.VV.(a cura della Regione Piemonte), Guida alla Certosa di Monte Benedetto e al parco dell’Orsiera-Rocciavré, CDA Centro documentazione alpina, Torino 1995

Fonti:
Il testo della presente scheda è tratto nel 2004 dalle pagine internet del Gruppo Cartusia (http://www.geocities.com/cartusia/S800/prima.html, sito risultante chiuso nel 2014) e del Gruppo Ricerche Cultura Montana (www.rupestre.net)
Immagini dai siti sopracitati.

Data compilazione scheda:
28 settembre 2003 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Gabriella Monzeglio – Gruppo Archeologico Torinese

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