Villar San Costanzo (CN) : Abbazia di S. Costanzo al Monte

absidi

Storia e descrizione del sito:
La chiesa di S. Costanzo al monte è uno dei monumenti romanici più interessanti, e allo stesso tempo uno dei meno conosciuti, della regione La chiesa sorge poco distante dal luogo dove era l’antica abbazia detta del Villare o di Villar San Costanzo, ricordata già nella sua Cronaca di Saluzzo da Gioffredo della Chiesa nel 1450 circa. Quest’abbazia era costruita nel piano, in regione Cannetum (dove oggi è la parrocchiale di Villar), mentre la chiesa di San Costanzo sul Monte San Bernardo era la cella che si dice sorta sul luogo del martirio del santo. L’abbazia di San Costanzo, il cui primo documento storico sicuramente autentico è del 1190, è ricordata nel XV secolo quale fondazione di Ariberto I, mentre, a partire dal XVII secolo, la tradizione storiografica la attribuisce ad Ariberto II (701-712). Conforta quest’attribuzione il ritrovamento di alcuni frammenti scultorei reimpiegati nella parrocchiale del Villar e soprattutto la più ricca messe di marmi conservati nella chiesa dipendente di San Costanzo sul Monte – alcuni certamente relativi al primo decennio del VIII secolo – i quali vengono quindi a costituire la prova che la tradizione della nascita dell’abbazia di San Costanzo per opera di Ariberto II è da ritenersi fondata. Distrutta dai Saraceni nel X secolo, la chiesa primitiva fu ricostruita in diverse riprese fra l’XI e il XIII secolo, e subì aggiunte anche in età posteriori, come la semplice facciata settecentesca. Il motivo di maggior interesse della chiesa è la presenza al suo interno di una cripta d’eccezionale ampiezza, che viene a costituire in pratica una ‘chiesa inferiore’ di dimensioni pari a quelle dell’aula superiore. Appena entrati, infatti, si dipartono due scale: una che sale alla chiesa, l’altra che scende alla cripta. Salendo la prima ci si trova in una vasta aula a tre navate che terminano con tre absidi. La parte anteriore – tre campate che poggiano su tozze colonne in pietra e su pilastri rettangolari – presenta una muratura irregolare in ciottoli e pietrame, ed un tetto a capriate. Le colonne hanno basi e capitelli scolpiti con motivi prevalentemente geometrici. Si tratta del completamento del XIII secolo, che si innesta sulla parte orientale della chiesa, d’età precedente. Venne infatti aggiunto nel XIII secolo un organismo di quattro campate, eccedenti quindi le tre sottostanti, di modo che l’ultima cade oltre la lunghezza della chiesa inferiore e crea una sorta di nartece interno o atrio comune ai due organismi.
I restauri, eseguiti negli anni 50, riportarono il monumento ad una leggibilità sufficiente, dopo che era stato tramezzato e diviso in più parti (un po’ come S. Giustina a Sezzadio). Vennero alla luce sulla parete meridionale della chiesa, all’altezza della prima campata, tracce di affreschi (storie di Adamo e Eva) datati dalla Gabrielli all’XI secolo, il che fa ritenere che a quell’epoca fossero già stati rialzati in gran parte i muri perimetrali dopo la distruzione saracena.
villar_schemaLa parte orientale della chiesa, costruita nel XII secolo avanzato, inizia con la campata che precede il tiburio, e prosegue poi oltre il tiburio stesso con un’altra campata, il presbiterio e le tre absidi. Questa appare immediatamente diversa dalla parte anteriore, per l’impiego di muratura in conci ben squadrati, e per il sistema di coperture a volte a crociera non costolonate. Numerosi sono i particolari che in questa zona richiamano stilemi lombardi. Per esempio il tiburio ottagono su pennacchi a tromba, disposto con l’asse maggiore nord-sud, è un tema architettonico di origine borgognona che trova puntuali riprese in Lombardia e in area basso piemontese a Gavi. Così anche i capitelli finemente scolpiti con temi animali, vegetali, mostruosi, richiamano esemplari lombardi. A questo proposito il Checchi ricorda che nel 1190 il monastero chiese la protezione del vescovo di Milano per sottrarsi al potere dei marchesi di Busca e Saluzzo. Anche la chiesa inferiore rivela diverse epoche costruttive. La parte occidentale presenta le stesse caratteristiche costruttive della corrispondente parte superiore: tozzi pilastri in pietra reggono le basse volte a crociera su cui poggia il pavimento superiore. La zona orientale invece è nettamente più antica, tanto da far ritenere possa trattarsi della cripta dell’antica chiesa distrutta dai Saraceni; nella muratura compaiono spesso elementi in cotto alternati a conci di pietra e alcune lastre scolpite che sono chiaramente databili all’VIII e IX secolo. I pezzi altomedievali sono stati reimpiegati in tutta la chiesa, inferiore e superiore, sia nella parte romanica sia in quella gotica, all’interno come all’esterno, con un criterio non frequentemente riscontrabile nel basso medioevo, in quanto usati in qualità di materiali lavorati, non solo perché lasciati con la faccia operata in vista, ma anche perché collocati in ragione del loro valore ornamentale. A San Costanzo si impongono con forza maestranze non locali che sono state da più parti identificate come lombarde, formatesi direttamente sui cantieri cruciali di Milano (in particolare Sant’Ambrogio) e di Rivolta d’Adda, prima ancora che apparissero all’orizzonte le variazioni più sensibili (ma spesso ridondanti) di Piacenza, Parma e Pavia. Il rapporto con Milano e Rivolta, così come la presenza di scultori ancora di cultura arcaizzante nella zona delle loggette absidali e nella navata meridionale, impongono una data precoce per la parziale ricostruzione di San Costanzo, probabilmente non oltre il primo decennio del XII secolo; anche la qualità molto alta delle soluzioni architettoniche e decorative induce ad anticipare a ridosso dei prototipi lombardi la realizzazione della chiesa che, pur nelle attuali condizioni di abbandono, domina imponente la valle con le absidi luminose, aperte da fornici profondi (come a Rivolta e a Como), e con la superba regolarità del suo apparato murario in pietra locale, gentilmente variato da pochi tocchi cromatici in cotto, questi ritorneranno, all’interno, nel prezioso rosone a commesso bicolore del pavimento sotto il tiburio. Di notevole interesse anche la serie di arcature cieche che percorre le pareti di questa cripta, poggiando su colonne addossate; lo stesso motivo si ritrova nella cripta di S. Anastasio ad Asti, datata pur essa all’VIII secolo. Esternamente la parte che presenta il maggior interesse è quella orientale, che rivela organicità di progettazione e finezza di esecuzione, tanto nell’apparato murario in grossi conci ben squadrati che nella ornamentazione. Le tre absidi si elevano slanciate, solcate da lesene che dividono ciascun cilindro in tre campiture. Fa eccezione l’abside meridionale ove una delle lesene si interrompe a circa un metro e mezzo da terra. Le tre absidi sono coronate da una galleria di fornici larghi e profondi, certamente i più pregevoli visti nella regione piemontese, assai vicini per proporzioni alle più note gallerie milanesi di S. Ambrogio e pavesi di S. Michele. Le colonnine reggono capitelli scolpiti con tratto vivace, e la linea degli archi è animata da tratti in cotto che creano un piacevole effetto cromatico. Il motivo degli archetti compare nella forma più comune sul tiburio, nel quale si aprono anche quattro finestre ad occhio. Sul fianco meridionale infine si conserva, all’altezza della campata antecedente il presbiterio, un tratto dell’antico campanile – demolito alla fine del Settecento – sopra il quale è stato innalzato un piccolo campaniletto a vela. Su quanto rimane dell’antico campanile si può osservare una decorazione con cinque archetti su lesene angolari; la fattura di questi elementi, confrontati con quelli del tiburio, appare chiaramente databile ad epoca anteriore, presumibilmente all’XI secolo.
Gli ultimi restauri, durati tre anni, si sono conclusi nel 2019. In questa occasione è stato rinvenuto sulle pareti perimetrali della chiesa, parte ovest, un ciclo di affreschi dove sono rappresentati episodi della vita di Gesù secondo la narrazione dei Vangeli apocrifi, articolati entro cornici a nastro, stilisticamente ascrivibili alla fase romanica dell’edificio fra XI e XII secolo, in corso di studio da parte della Soprintendenza competente.

Informazioni:
Seguendo le indicazioni si giunge alla chiesa sul monte S. Bernardo, dopo circa 2 km di strada in parte sterrata. Tel 0171 902087 (segreteria comunale), email:  sancostanzo@provillar.it oppure  info@sancostanzoalmonte.it

Link:
https://www.chiesasancostanzo.it
http://provillar.it/progetto%20san%20costanzo.html
https://www.comune.villarsancostanzo.cn.it/archivio/pagine/San_Costanzo_al_Monte.asp

Bibliografia:
ARNAUDO A., 1979, La Cappella di San Giorgio nella ex chiesa abbaziale di Villar San Costanzo, Rotary club
OLIVERO E., 1929, L’antica chiesa di san Costanzo sul monte: in Villar San Costanzo (Cuneo), Lattes
CHIERICI S., 1979, Il Piemonte, la Val d’Aosta, la Liguria, Jaca Book
AA.VV., 1994, Piemonte romanico, Banca CRT
CASARTELLI NOVELLI S., 1974, La diocesi di Torino, C.I.S.A.M., Spoleto

Fonti:
Foto in alto dal sito sopra indicato. Le fotografie in basso sono di proprietà GAT.

Data compilazione scheda:
12/04/2006 aggiornamento giugno 2013 – maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Emanuela Calvo – Gruppo Archeologico Torinese

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