TORINO : Area archeologica Lavazza
Storia del sito:
Nel 2013-2014 i lavori di scavo per la costruzione della “Nuvola”, la nuova sede della società Lavazza, hanno portato alla luce, tra corso Palermo e via Ancona, un’area archeologica con i resti di una chiesa collocabile tra la seconda metà del IV-V secolo, e sviluppata a sua volta sopra le strutture di una precedente necropoli. La chiesa potrebbe essere quella dedicata a San Secondo martire, le cui reliquie furono spostate all’interno delle mura della città durante le incursioni “saracene”, all’inizio del X secolo. Un diploma del 1041 del vescovo Guido (1039-1044) rivela che la chiesa di San Secondo fuori le mura era stata distrutta dai saraceni; nel 1044 lo stesso vescovo concesse all’abate Alberico la chiesa, rovinata dai “pagani”, affinché la restaurasse e vi istituisse un monastero. I tentativi di ripristino, che in base a qualche muratura databile tra XI e XII secolo sembrano esserci stati, non portarono risultati duraturi e la chiesa di San Secondo con l’annessa zona cimiteriale, i cui materiali furono depredati, trasformati e reimpiegati altrove, scomparvero del tutto nel giro di pochi secoli. Si perse addirittura memoria dell’antica ubicazione: è per questo che l’attuale attribuzione della chiesa a San Secondo, mancando dati inoppugnabili, rimane un’ipotesi, sebbene plausibilissima.
Il percorso dell’Area Archeologica (divenuta realtà nel 2018 grazie alla sinergia tra la competente Soprintendenza e la Lavazza, che ha anche contribuito finanziariamente) è stato ottimamente musealizzato, completato e arricchito dall’esposizione degli oggetti ritrovati durante gli scavi e da chiari pannelli esplicativi. Una vetrata a livello della strada e un’illuminazione scenografica consentono anche ai passanti, in qualunque momento, una vista d’insieme del complesso.
Descrizione del sito:
L’area archeologica individuata ha un’ampiezza di 1.600 metri quadrati, di cui 400 sottostanti il nuovo centro direzionale. La chiesa, a navata unica di m 12,70 x 20, è caratterizzata da una serie di tombe sia all’interno che all’esterno del suo perimetro. La datazione del complesso non è agevole, ma le sue caratteristiche complessive suggeriscono il periodo tra la seconda metà del IV e il V secolo.
La necropoli del IV secolo è caratterizzata da un complesso cimiteriale con più mausolei o recinti funerari. Quello centrale, rettangolare e aperto sul lato est, include una tomba al centro, costruita in muratura, pavimentata e intonacata; intorno se ne inseriscono altre, poi in gran parte spogliate delle loro strutture. Al tempo dell’abbandono del sito infatti le tombe più antiche furono sistematicamente svuotate e in gran parte smantellate per recuperare i materiali edilizi. A nord di questo mausoleo vi sono altre strutture simili che definiscono un recinto o un mausoleo più grande; a sud si affianca un modesto edificio ad aula con abside semicircolare a ovest e un piccolo vano di ingresso. L’interno, sia nell’abside sia nell’aula, fu in seguito occupato da alcune tombe.
Descrizione dei ritrovamenti:
Una grande stele in marmo di Foresto, ritrovata nel 2011 durante un limitato intervento manutentivo in corso Palermo angolo via Ancona (a pochi metri dall’attuale area archeologica), è stata musealizzata nel sito medesimo. Si tratta di un manufatto databile al II sec. d.C., proveniente da una vicina necropoli pagana e reimpiegato nel IV secolo come copertura di una sepoltura cristiana, coerente alla necropoli appena descritta.
Il testo della stele recita: Q(uinto) Coesio Q(uinti) f(ilio) / Ste(llatina tribu) Secundo/ Coesia Q(uinti) l(iberta) Aphrodisia / uxor v(iva) f(ecit) e ricorda Q. Coesius Secundus, cittadino romano ascritto alla tribù Stellatina – quella a cui Augusta Taurinorum fu assegnata – ; la committente dell’iscrizione fu la moglie, Coesia Aphrodisia.
La stele presenta una decorazione ridondante, forse realizzata da più di un artigiano. Il registro superiore, il cui timpano era sovrastato da due creature marine (una sola conservatasi in parte), illustra il mito di Ganimede rapito da Zeus sotto forma di aquila; appena sotto, in testa all’iscrizione, due leoni a dorso contrapposto poggiano la zampa su teste bovine; nel registro inferiore, frammentario, si intravede la figura di Ercole bambino che strozza i serpenti inviati da Era per ucciderlo in culla. L’iconografia, inconsueta per l’area torinese, fa supporre che l’epigrafe sia stata realizzata in una bottega lapidaria di un certo pregio.
Altri oggetti di corredo funerario e monete di varie epoche ritrovate durante gli scavi dell’area sono esposti in una lunga teca sotto la vetrata e raccontano la loro storia intrecciata con quella del sito.
Informazioni:
Corso Palermo angolo via Ancona. Ingresso dal Museo Lavazza, Via Bologna, 32.
Prenotazioni visite:
https://www.lavazza.it/it/museo-lavazza/scopri-il-museo/visita-area-archeologica.html
Links
https://www.lavazza.it/it/museo-lavazza/scopri-il-museo/visita-area-archeologica.html
Bibliografia:
Pejrani Baricco L.; Ratto S., L’inattesa scoperta di una chiesa paleocristiana, in: Rivista Torino Museo n° 7, dicembre 2014, pp. 10-13
Pejrani Baricco L.; Ratto S., Torino, corso Palermo (centro direzionale Lavazza). Chiesa funeraria paleocristiana, in: Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte n. 30, 2015, pp. 377-380
Fonti: Notizie e foto tratte dal sito della Lavazza e dai testi in bibliografia. Ultima foto in basso da https://www.torinoggi.it/2019/09/25/
Data compilazione scheda:
28 maggio 2020
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Gruppo Archeologico Torinese