Tortona – Rivalta Scrivia (AL) : Abbazia

01_Facciata Rivalta Scrivia

Storia del sito:
Esisteva già in quella località una chiesa dedicata a S. Giovanni, con una piccola comunità monastica documentata fin dal 1151. In quell’anno il vescovo di Tortona Guglielmo faceva dono a Guido, priore della chiesa di Rivalta, del luogo di Goide dove l’anno precedente si era insediata una piccola comunità di tre frates guidati da un sacerdote chiamato Bartolomeo, su un terreno donato da Guglielmo de Sala e dalla moglie Zusiana, per costruirvi un oratorio.
Fu il dominus Ascherio, un laico datosi alla vita comunitaria, a far crescere la piccola comunità monastica composta in questa fase iniziale sia da laici sia da religiosi. Nel 1153 compare nei documenti come agente della chiesa di San Giovanni, mentre dal 1155 acquisisce il titolo di abbas.
Negli anni tra il 1155 e il 1165, approfittando della crisi politico-sociale provocata a Tortona dalle vicende legate alla lotta del comune contro l’imperatore Federico I Barbarossa e i suoi alleati, la comunità rivaltese rafforzò la base fondiaria della comunità acquisendo molti terreni intorno al monastero. Lo sviluppo notevole della comunità impose ad Ascherio di aggregare il monastero rivaltese al potente ordine cistercense.
Le origini dell’abbazia di Rivalta Scrivia risalgono quindi al 16 gennaio 1180, quando Folco, abate dell’abbazia cistercense di Lucedio, nel vercellese, promise ad Oberto, vescovo di Tortona, di facere ecclesiam de Ripa alta abbatiam del proprio ordine e di rispettare i diritti della chiesa tortonese.
L’inizio dei lavori di questo cantiere cistercense di Rivalta Scrivia è circoscrivibile tra gli anni 1180 e 1183 per volere dell’abate Ascherio: è infatti in quest’ultimo anno che è indicata per la prima volta la dedicazione a Maria per il monastero. Oratorium e ambiente monastico crescevano attorno al chiostro con uno sviluppo “ad quadratum, con una giustapposizione progressiva di diversi blocchi di lavori.
L’abbazia cistercense di Rivalta Scrivia è stato il fulcro di uno di quei centri definiti “grange”, vocabolo francese di derivazione latina “granico o granea” con riferimento specifico a un edificio in cui si conserva il raccolto. Nell’estensione della parola, “grange” assume il significato di complesso di costruzioni di un’azienda rurale con terreni annessi.
Nel XIV secolo il cenobio rivaltese iniziò un lento declino morale ed economico dovuto soprattutto alle difficili condizioni economiche generali (carestie, pestilenze), alle lotte politiche che coinvolsero il tortonese e al cambio frequente degli abati.
L’abbazia fu concessa in commenda nel 1478 da papa Sisto IV a Guidone de Torelli, chierico di Parma e notaio apostolico, a cui succedette nel 1494 Antonio Galeazzo Bentivoglio e nel 1504 Bernardino Bottigelli. Nel 1523 ne era abate commendatario Ottobono Fieschi. I primi anni del XVI secolo furono caratterizzati dal continuo passaggio di eserciti e da diverse pestilenze che impoverirono drammaticamente tutto il tortonese e il monastero rivaltese.
Con bolla del 12 novembre 1538 papa Paolo III unì l’abbazia di Rivalta alla Congregazione cassinese di S. Giustina, consegnando il monastero ai monaci di S. Nicolò del Boschetto di Genova. Il 30 gennaio 1546 i monaci benedettini del Boschetto, succeduti ai cistercensi nella proprietà del monastero rivaltese, vendettero la maggior parte dei terreni di Rivalta al marchese genovese Adamo Centurione. L’abbazia divenne chiesa parrocchiale alla metà del XVI secolo e i monaci benedettini abbandonarono il monastero alla fine del XVII secolo, lasciando un parroco secolare a mantenere la cura delle anime, sempre nominato dall’abate dei S. Nicolò di Genova fino ai primi anni del XIX secolo, quando le leggi napoleoniche soppressero tutti i monasteri piemontesi e liguri.
Gli antichi beni del monastero passarono da Adamo Centurione ad Antonio Carcassola di Milano nel 1558. Nel 1651 Ottavio Carcassola vendette Rivalta al senatore Casnedi di Como, che a sua volta la rivendette nel 1653 al genovese Agostino Airoli. Il nuovo proprietario nel 1654 fu investito del feudo di Rivalta con il titolo di marchese e iniziò la costruzione di una residenza nobiliare utilizzando anche parte del monastero medievale (l’ala dei conversi). Inoltre, dato che la chiesa abbaziale era addossata a detta residenza, l’Airoli propose ai monaci e al Vescovo di Tortona di potersi scostare dalla chiesa “che soffoca una parte del Palazzo”, demolendone alcune campate e “farci piazza, con rimodernare la restante”, per adibirla ad oratorio parrocchiale. Come risulta da una pianta di Rivalta del 1687, la facciata fu così abbattuta e la chiesa fu ridotta da quattro a tre campate. In seguito furono feudatari di Rivalta Giovanni Battista Airoli dal 1682 al 1684 e Camillo Spinola dal 1693 al 1695. Dal 1707 la vasta tenuta fu acquisita nuovamente dai Carcassola e a partire dal 1734 divenne proprietà dei Castellani-Varzi di Alessandria. A partire dal 1879 la vasta tenuta iniziò ad essere frazionata in diverse cascine, mentre lungo la nuova strada sabauda (edificata intorno al 1820) sorgeva l’attuale centro abitato di Rivalta Scrivia.

Descrizione del sito:
La chiesa presenta all’esterno una certa uniformità, nonostante sia mancante l’intera prima campata; la zona absidale, con l’abside affiancata da due cappelle per lato, è coperta con volte a botte ad arco acuto, sul cui transetto poggiano sostegni per la ricca decorazione dei capitelli; la sacrestia, già menzionata nel 1203, rappresenta un primo esempio di cella bi-modulare del corpo di fabbrica dedicato ai monaci: è un vano rettangolare diviso da due campate quadrate coperte da volte a crociera, segnate da costoloni con il calpestio in cotto ed una monofora aperta sul lato est del monastero.
Dalla stessa parte sono stati realizzati due vani sotterranei. coperti da volte a botte e che ricevono luce e aria da due bocche di lupo aperte sugli orti: dove erano probabilmente conservati “vinum, caseos bonos, sive formagias e zuncatas (ricotta)” prodotti in quegli anni dal monastero. Il campanile, a forma di torre a pianta quadrilatera, s’innalza all’intersezione del transetto. Le tre campate, che in origine erano quattro, sono divise tra loro da un alternarsi di pilastri forti e pilastri deboli, questi ultimi di forma circolare in mattoni con semplici capitelli in pietra che fanno da contraltare ai primi, costituiti da varie forme di pilastri ottagoni che dividono la prima dalla seconda campata e che oggi sono inglobati nella facciata della chiesa.
A pianta rigidamente rettilinea, che rispecchia il lucidus ordo mentale di san Bernardo di Clairvaux, la chiesa misura 40 metri di lunghezza e 16 di larghezza: ha tre navate di tipo basilicale. Nel braccio destro del transetto sale ancora un’antica scala a due rampe secondo uno schema piuttosto raro. L’abside ha forma rettangolare che conferma come tutto l’edificio si ispiri ad uno spirito di austerità. L’interno è caratterizzato da un’alternanza di mattone e pietra, di sostegni forti e di snelle colonne cilindriche: nell’insieme presenta una commistione tra elementi costruttivi locali (i tipici cornicioni in cotto lombardi), la concezione stilistica cistercense (la pianta ispirata ad una ferrea logica di tipo matematico) ed elementi propri della cultura borgognona (le cadenze decorative e strutturali). Questi dati, che la rendono straordinariamente simile all’abbazia di Santa Maria di Casanova presso Carmagnola, fanno di Rivalta anche uno dei più interessanti esempi del cosiddetto “Stile di Transizione”, che prepara per alcuni motivi lo stile gotico, ma che offre anche un notevole impiego di caratteri romanici. A fianco della chiesa è da notare anche un edificio risalente alla metà del Seicento, con impianto a loggiati sovrapposti: è il palazzo voluto dal patrizio genovese Agostino Airoli, uno dei molti proprietari succedutisi dopo la crisi economica del convento.
Già alla fine del XII secolo doveva aver preso forma l’ala dei conversi, parallela a quella dei monaci sul lato opposto del chiostro, e collegata alla chiesa con un accesso posto nella prima campata della chiesa. In quest’ala si sviluppavano il cellier (farmacia, magazzino, ecc.), il dormitorio, il refettorio e gli altri locali di servizio. Oggi sopravvive solo il cellier, sala divisa da cinque serie di campate, coperta da volte in mattone ad anelli concentrici, forse seicentesche. Intorno al nucleo del monastero furono costruiti i laboratori dei conversi, gli edifici dell’economato e gli ambienti per la ricezione dei “forestieri” e per l’assistenza dei poveri e dei malati. Del monastero oggi sopravvive solo la sala capitolare, che prendeva luce dal chiostro per mezzo di due trifore a colonnette binate con capitelli a fogliame. La sala è suddivisa in nove campate coperte da volte a crociera archiacute munite di ogive poggianti su quattro snelle colonne lapidee.
Seguendo la rigida regola di S. Bernardo, che rifiutava il superfluo dell’arte pittorica e scultorea, momenti di distrazione dalla meditazione e dalla preghiera, l’edificio in origine non presentava nessun inserimento pittorico. Solo a partire dalla seconda metà del XV secolo, quando ormai le vicende del monastero avevano determinato un declino delle risorse e dei rigori spirituali del passato, il manufatto architettonico accoglie un ricco apparato pittorico ad affresco che si sviluppa sui pilastri, lungo le pareti, ad ornamento di alcuni altari. Gli interventi pittorici, intrapresi alla metà del Quattrocento, proseguirono per tutto il secolo sino a giungere probabilmente agli inizi di quello successivo. Uno straordinario corpus di pitture che comprende ben 34 raffigurazioni di santi e viene prodotto nell’arco di pochi decenni, dal 1460 circa fino alla fine del secolo: un patrimonio che solo un restauro degli anni 1942-43 ha riportato alla luce e che riveste un grande interesse sotto il profilo della storia artistica di questo territorio.
Una matrice ancora tardo-gotica, rivolta al valore decorativo, è presente negli affreschi più antichi (quelli visibili sulla parete di fondo dell’abside ed alcuni sul primo pilastro destro), mentre una volontà improntata ad un più preciso realismo di forme si osserva nelle figurazioni con santi distribuite sui pilastri della chiesa e nelle cappelle del transetto di destra. Accanto all’operare di frescanti anonimi, emerge certa la presenza di Franceschino Boxilio.
Franceschino (documentato dal 1481 al 1513) firma due affreschi nell’abbazia di Rivalta: il “san Cristoforo”, datato 1497, sul quarto pilastro destro della navata centrale e la “Madonna con Bambino e donatore certosino” (circa 1490) sul pilastro della seconda cappella a destra del presbiterio. A lui sono attribuiti da parte della critica anche gli “affreschi con santi” delle due cappelle a destra del transetto, e la “Lactatio Virginia” . La Vergine, sotto gli occhi di Sant’Apollonia, fissa uno sguardo trasognato negli occhi di chi guarda la scena da fuori del quadro; il bambino appoggiato sul braccio materno ha una rondine sulla mano sinistra. E il getto di latte sprizza diritto dal petto della donna fino a raggiungere le labbra di un san Bernardo inginocchiato e per nulla sorpreso dall’evento.
Il rifacimento delle coperture della chiesa abbaziale si è concluso nel dicembre 2000, mentre nel 1999 con il contributo dei fondi messi a disposizione dallo Stato in occasione del Giubileo 2000 è stato recuperato tutto il monastero, compresa la sala capitolare e la vasta galleria posta al primo piano, risalente al periodo Benedettino.

Informazioni:
Parrocchia 0131817150 – 339.9172442  Dal 1996 è operante il Comitato di “Amici dell’abbazia di Santa Maria”. L’Abbazia  è sita nella frazione Rivalta Scrivia.

Links:
http://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Santa_Maria_di_Rivalta
www.comun.tortona.al.it
https://webthesis.biblio.polito.it/14220/

 Bibliografia:
AA.VV., Scripta manent. Le pagine della memoria, Biblioteca Civica di Tortona, 2001.
Dal 1996 è operante il Comitato di “Amici dell’abbazia di Santa Maria”, presieduto dallo storico locale Fausto Miotti, autore dei pannelli esposti all’interno dell’abbazia, che ripercorrono le vicende storiche ed edilizie degli ambienti monastici. La scheda riassume questi studi.
Miotti F., Denegri P., L’Abbazia cistercense di Santa Maria di Rivalta Scrivia, Tortona, 2006

Fonti:
Fotografie tratte dai siti sopra indicati e dall’archivio GAT.

Data compilazione scheda:
10/11/2005 – aggiornamento febbraio 2014 – maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – G. A. Torinese

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