Provincia di Biella

Massazza (BI) : castello

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Storia del sito:
Tipico “castello consortile”, cioè castello-recinto formato da varie strutture intorno ad una torre all’interno di una cerchia fortificata che rappresenta una delle fasi più antiche dell’incastellamento del nord Italia. Insediamento arroccato su sperone baraggivo, inizialmente Celto Ligure poi passato ai Romani e successivamente fortificazione Longobarda. Venne citato nel diploma di Ottone III del 999 col nome di “Matascum”, ma il primo documento riguardante il castello è solo del 1235.
Nel 1239 si parla di “Torre di Massazza” che dal 1265 diviene un vero e proprio castello sotto la signoria degli Avogadro, i quali nei secoli aggiunsero edifici e abbellirono la costruzione. Il castello si trovava inserito nella rete difensiva dei manieri degli Avogadro: tutti gli insediamenti erano comunicanti fra di loro a mezzo di segnalazioni visive, che, in caso di pericolo, permettevano di apprestare in poco tempo le opportune difese. Il castello era anche un centro di raccolta dei prodotti agricoli delle terre che ne dipendevano e possedeva tutto l’occorrente per la coltivazione della campagna. Nel 1404 Massazza e il feudo degli Avogadro passarono per spontanea donazione sotto il dominio del conte Amedeo VIII di Savoia.
Dal 1978 appartiene alla famiglia Cavallari, la quale sta operando un recupero della Rocca come abitazione ed in parte come struttura per eventi, mostre ecc.; è stato inoltre creato un teatro-arena.

Descrizione del sito:
È caratterizzato dall’alta torre con solo alcune strettissime feritoie, che potrebbe risalire ad un’epoca compresa tra il X e l’XI secolo. Il tracciato dell’antica cerchia muraria è scomparso.
Tra gli edifici più recenti è molto interessante la rocchetta situata nella parte sud est del complesso, con caratteri tardo quattrocenteschi, con tratti residenziali e solo il residuo di una bertesca. Molto bella una monofora con ricche modanature in cotto sul fabbricato laterale all’antico ingresso, sul versante orientale del poggio.
All’interno vi è una cappella dedicata anticamente a Sant’Antonino ed ora a Sant’Anna, che presenta una interessante abside romanica e resti ormai illeggibili di affreschi del 1435.

Informazioni:
Dalla S.S. 230, sull’altura che domina a nord l’abitato, sullo sperone terminale della Baraggia, a destra del piccolo Rio Valpitol. Di proprietà privata,  “Rocca dei Cavallari” tel. 0161 852020 oppure 3358001258

Links:
http://www.castellomassazza.com

http://www.comune.massazza.bi.it/

Bibliografia:
RABAGLIO M., Castelli del Biellese, Ediz. Leone Griffa, Pollone BI, 2003

Fonti:
Fotografie tratte dal sito al n° 1.

Data compilazione scheda:
10/08/2006 – aggiornamento giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Magnano (BI) : Ricetto

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Storia del sito:
L’antico paese di Magnano sorgeva intorno alla chiesa di San Secondo, fondata nella prima metà del secolo XI, probabilmente ad opera dei benedettini. Feudo del Vescovo di Vercelli, come d’altra parte quasi tutto il Biellese, passò poi agli Avogadro di Cerrione nel 1165.
Nel 1204 il comune di Vercelli, in accordo con la comunità locale, fonda un borgo franco su un’altura a ovest del paese originario, offrendo agli abitanti che si fossero trasferiti lì franchigie, privilegi vari e la proprietà delle abitazioni. L’intento del comune era consolidare la sua influenza sui territori acquisiti nell’area, difendendo così i propri confini occidentali dal comune di Ivrea e al contempo assicurandosi la fedeltà dei manganesi. L’operazione prevedeva anche la distruzione dell’antico borgo presso la chiesa di San Secondo e il trasloco di tutti gli abitanti nel neonato ricetto.
Nel 1373 Magnano passò ai Savoia e, dopo un periodo di sudditanza ai Dal Pozzo, il paese fu reintegrato nel territorio degli Avogadro.
Nel 2012 e 2013 sono stati condotti scavi archeologici dall’Università di Venezia “ Ca’ Foscari” volti a documentare, disegnare e studiare le strutture del ricetto.

Descrizione del sito:
Particolarità del Ricetto di Magnano è quella di essere costruito in collina: proprio perché adagiato su un crinale presenta una pianta irregolare (ancora in gran parte leggibile), di forma stretta e allungata, con cellule abitative distribuite lungo tre assi viari in direzione NO–SE.

Magnano piantina ricetto1La cortina muraria – in grossi ciottoli di fiume – correva lungo tutto il perimetro, già naturalmente difeso dai pendii scoscesi del poggio. L’accesso al complesso fortificato è tuttora protetto da un’imponente torre-porta in pietra e a base quadrata, con un unico passaggio carraio ad arco.
Alcune cellule abitative originarie sono tutt’oggi visibili e forniscono un esempio di quello che era il modello edilizio comune a pressoché tutto il ricetto. Si articolano su due piani sovrapposti e sono caratterizzate da muri portanti in pietrame; interventi del XV sec. arricchiscono alcune facciate e portali con inserti laterizi.
Dove l’isola edilizia è compresa tra due vie di diverso livello stradale, l’abitazione presenta due accessi sui lati opposti: uno al piano inferiore, l’altro a quello superiore. In questi casi i due piani non risultano altrimenti comunicanti.
Di particolare interesse la casa cosiddetta “della comunità”, sita nella fascia settentrionale del borgo e con accesso, a differenza delle altre, rivolto non sulla strada bensì a occidente: questo fa presumere che fruisse di uno spazio antistante. L’edificio comunitario è costituto da un nucleo chiuso cui si accede da un’apertura arcuata. Lo precede un portico coperto, con struttura portante formata da tre grandi pilastri cilindrici di pietra. Sulla strada è presente un enorme pietrone ottagonale, probabile base da torchio o maglio per i ferrai.

Informazioni:
Nel centro storico. Associazione Turistica Pro loco Magnano, via Campi, 3/1 info@prolocomagnano.it

Links:
http://www.prolocomagnano.it/patrimonio.php

http://www.biellaclub.it/_fotografia/magnano

Bibliografia:
VIGLINO DAVICO M., 1978, I ricetti, Torino
VIGLINO DAVICO M., 1979, I ricetti del Piemonte, Torino

Fonti:
Fotografia in alto da http://www.laprovinciadibiella.it/web/alla-scoperta-del-ricetto-di-magnano-2586.
Fotografia in basso da Wikipedia.

Data compilazione scheda:
12/11/2004 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Valentina Faudino ed Enrico Di Nola – G. A. Torinese

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Magnano (BI) : Chiesa di S. Secondo

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Storia del sito:
Le origini della Chiesa risalgono alla prima metà del sec. XI e se ne ipotizza una fondazione benedettina. Attorno a essa sorse il paese di Magnano. La costruzione della Chiesa di S. Marta ne sminuì l’importanza al punto che nel 1606 se ne autorizzò la demolizione e il riutilizzo dei materiali per la costruzione della nuova Chiesa. Ma, in seguito all’opposizione dei magnanesi, l’edificio venne invece restaurato secondo il gusto e la cultura del sec. XVII.
Nel 1968/70 venne eseguito un restauro e la chiesa venne riportata al primitivo assetto romanico, diventando un esempio tipico di architettura medioevale.

Descrizione del sito:
Il campanile con monofore e trifore, ornato da archetti e cornici marcapiano, è uno dei più significativi esempi di arte romanica.
La facciata è molto semplice, le tre eleganti absidi sono ornate da lesene e archetti. Un’abside è occupata dal massiccio campanile cuspidato a due ordini di trifore.
Nell’interno a tre navate sono conservati alcuni resti di affreschi del XIV secolo.

Informazioni:
Poco fuori dell’antico abitato, nei pressi delle comunità di Bose.  Comune di Magnano tel. 0156 79158

Links:
http://www.nedi-bardone.eu/parrocchiale_000004.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Secondo_%28Magnano%29

Bibliografia:
RABAGLIO R., Castelli del Biellese, Ed. Leone griffa, Pollone BI, 2003
LAMBROCCO G., La chiesa romanica di San Secondo a Magnano, Leone & Griffa, Biella, 2000

Fonti:
Fotografia in alto di Fiorenzo Rosa; in basso da Wikimedia.

Data compilazione scheda:
08/08/2006 – aggiornamento giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Gaglianico (BI) : Castello

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Storia del sito:
Il primo documento in cui si parla del castello è del 1390, ma sicuramente le strutture difensive, in particolare il dongione (ora inglobato nel fabbricato e posto di spigolo al torrione d’angolo nord-ovest) sono preesistenti. Attorno ad esso si costituì il castello che venne rimaneggiato ad ampliato, prima sotto la signoria della famiglia Challant poi, alla fine del 1400, della famiglia Ferrero. Questa seconda e ampia ristrutturazione avvenne sotto la direzione di Charles d’Amboise che diede al castello caratteri transalpini e grande ricchezza di decorazioni. Nel XVI secolo venne occupato dai Francesi che costruirono attorno al castello varie strutture difensive, poi smantellate dopo la pace di Cateau-Chambrésis. Il castello ritornò poi ai Ferrero Fieschi e successivamente cambiò diversi proprietari.
All’inizio del 1900 vennero realizzati alcuni lavori di restauro degli edifici.

Descrizione del sito:
Il castello è un insieme eterogeneo di fabbricati, incastonati l’uno nell’altro, su un impianto quadrilatero dal quale sporgono i quattro torrioni angolari.
Sulla facciata est vi è la torre-porta con ponte levatoio e doppia chiusura con saracinesca e antoni. La torre ha merlatura ghibellina e caditoie.
All’interno un cortiletto rinascimentale su cui si affacciano due ordini di loggiati con belle decorazioni in cotto.
Sulla sinistra del cortiletto la cappella gentilizia, costruita nel XV secolo, conserva alcuni pregevoli affreschi cinquecenteschi. Molto suggestivo il doppio fossato che ancora lo circonda.

Informazioni:
Il castello, di proprietà privata, si trova lungo la strada per Ponderano. Info Comune tel. 015 2546400

Link:
http://www.comune.gaglianico.bi.it

Bibliografia:
RABAGLIO M., Castelli del Biellese, Ed. Leone Griffa, Pollone BI, 2003

Fonti:
Fotografia in alto tratta dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
09/08/2006 -aggiorn. marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

Dorzano (BI) : Resti della Pieve di San Secondo

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Storia del sito:
Nel territorio degli odierni comuni di Salussola e Dorzano, collocato su uno sperone della Serra, sorgeva l’antica “Victimulae” abitata dalle popolazioni indigene che sfruttavano le risorse auree della Bessa; fu poi centro romano di grande importanza che mantenne anche durante l’alto medioevo, confermata dalla presenza, in un territorio ristretto, di ben tre pievi: San Secondo; San Pellegrino di Puliaco in località San Pellegrino di cui resta il campanile romanico; San Pietro Levita, oggi incorporata nella cascina San Pietro all’ingresso di Salussola e completamente trasformata in periodo barocco.
LA PIEVE DI SAN SECONDO sorse nel territorio di Victimulae e fu la prima pieve del Biellese, edificata sul luogo del martirio di San Secondo, ai tempi di Sant’Eusebio, tra il 345 e il 371 d. C.
I documenti più antichi della pieve di San Secondo sono le due lapidi che un tempo si trovavano nella chiesa monastica del Beato Pietro Levita. Risalgono ai secoli V–VI e servivano in origine da pietre sepolcrali a due cristiani, uno di nome Anastasio e l’altro Vitale. La prima si trovava appesa alla facciata della chiesa del Beato Pietro Levita, la sua esistenza è ricordata e attestata dagli Atti riguardanti la traslazione del corpo del Beato Pietro da questa chiesa alla parrocchiale di Salussola del 1782. Purtroppo è andata smarrita, mentre la seconda, di pietra bianca, si trova attualmente al Museo del Territorio di Biella.
Per trovare un documento scritto che ricordi la chiesa plebana di San Secondo, si deve arrivare al X secolo. Vittimulo era senz’altro il centro più importante dell’“ager vercellensis” e quando l’organizzazione plebana s’irradiò dalla città alla periferia, fu certo uno dei primi, se non il primo, a beneficiare di questo privilegio. Nel secolo VII il corpo del Beato Pietro Levita fu trasportato da Roma a Vittimulo, e anche questo sta a testimoniare l’importanza religiosa raggiunta da questa pieve.
Le guerre dei secoli VIII – IX, portarono alla distruzione dell’intero abitato di Vittimulo, non escluse le sue chiese. La chiesa di San Secondo fu certamente ricostruita per conservare i diritti plebani. I resti giunti fino a noi denotano un edificio di piccolissime dimensioni, non corrispondente alle necessità della popolazione dell’antico Vittimulo; devono quindi risalire all’epoca della sua ricostruzione.
La decadenza materiale portò anche a quella religiosa; entrambe si accentuarono dopo il Mille; verso la metà del secolo XIII i diritti plebani della pieve di San Secondo passarono alla chiesa di San Pietro di Cavaglià, che fu eretta pieve. San Secondo mantenne ancora il titolo di pieve fino al XVI secolo, ma solo come titolo onorifico.
Nei secoli XIV–V–XVI le numerose lotte, tra cui la guerra di Salussola del 1312 durante la quale andarono distrutti tutti i villaggi intorno alla pieve di San Pellegrino e le scorrerie di Facino Cane, portarono alla distruzione della pieve che, in un documento del 1350 era definita “campestris” e in un altro del 1463, semplicemente cappella. Durante la Visita Pastorale del 1606, era ridotta ad un mucchio di rovine e si ordinava di demolirla e di impiegare i materiali a beneficio della parrocchiale di Salussola.
Durante gli scavi condotti dalla Sovrintendenza di Torino, nel 1953, vennero scoperti reperti riferibili a Victimulae e nei successivi scavi condotti nel 1992-94 si portarono alla luce le fondamenta dei resti della pieve di S. Secondo.

Descrizione del sito:
I resti dell’antica pieve di San Secondo si trovano presso la strada, che segue con ogni probabilità un tracciato di età romana e attraversa la valletta di San Secondo, presso cui la critica archeologica contemporanea è propensa a localizzare l’insediamento romano di Victimulae (vedi scheda del comune di Salussola). Gli scavi condotti dal 1992 al 1994 e ripresi nel 1998, hanno riportato alla luce un edificio a tre navate con abside a ferro di cavallo, databile nel suo nucleo originario tra la seconda metà del IV e il V secolo, che è stato identificato con una chiesa paleocristiana. Il ritrovamento confermerebbe così l’ipotesi, formulata da una parte della critica, che la fondazione della pieve di S. Secondo sia da collocare nella seconda metà del IV secolo, sotto l’episcopato di Eusebio. La scelta del sito di S. Secondo per l’erezione della prima pieve del Biellese testimonierebbe l’importanza che il centro romano rivestiva ancora nella tarda antichità.

Informazioni:
I resti della pieve di San Secondo si trovano in regione Porte ed emergono dal terreno a sinistra della strada, poco dopo il confine comunale fra Salussola e Dorzano. Vedi anche le schede su Salussola.

Link:
http://www.salussola.net/vittimulo_-_la_prima_pieve_paleocristiana_del_biel.html

Bibliografia:
BRECCIAROLI TABORELLI L., Dorzano, loc. S. Secondo. Edificio di culto paleocristiano, in “QuadAPiem” 11 (1993), e in “QuadAPiem 12 (1994)
BRECCIAROLI TABORELLI L., Salussola, loc. S. Secondo. Strutture pertinenti ad un edificio di età romana, in “QuadAPiem 13 (1995), pp. 328-329
LEBOLE D., Le Pievi di Vittimulo e Puliaco, Tip. E Lib. Biellese, Biella, 1979
MANDOLESI A., Paesaggi archeologici del Piemonte e della Valle d’Aosta – Guida ai siti e ai musei dalla Preistoria al Tardoantico, “Antichità e Arti Subalpine”, Torino 2007

Fonti:
Notizie e foto in alto tratte dal sito sopra indicato (vedi anche le pagine seguenti).

Data compilazione scheda:
10/02/2007 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Dorzano (BI) : resti del ricetto

Storia del sito:
Il sito, citato per la prima volta nel 1177, nel tardo medioevo faceva parte della giurisdizione di Cavaglià. Nei secoli XI e XII i conti di Cavaglià fortificarono i loro possedimenti e a questo periodo forse appartiene il primo incastellamento di Dorzano. Il paese passò ai Savoia nel 1427 e venne infeudato ad un membro della famiglia Valperga. Il ricetto sembra aver avuto una fase di ricostruzione nel XV secolo, periodo cui si fa risalire la torre-porta.

Descrizione del sito:
Il ricetto è formato da un nucleo “a guscio”, di forma quadrangolare con un’unica via anulare. Si entrava nel ricetto attraverso la torre-porta con doppio ingresso pedonale e carraio, muniti entrambi di ante sollevabili. Oggi la costruzione è monca alla sommità.
Le cellule edilizie sono di piccole dimensioni, ormai poco leggibili a causa del continuo e massiccio riutilizzo nel tempo; l’edificio a ponente della torre-porta ha una struttura muraria più curata e maggiori dimensioni, probabilmente era la sede del feudatario locale, se si accetta la tesi che a Dorzano vi fosse un castello-ricetto.
Le mura sul lato occidentale sono rimaste pressoché integre, concluse da una torre cilindrica sullo spigolo nord, con muratura in ciottoli posti a spina di pesce.

Informazioni:
Nella parte più alta dell’abitato, dietro la Chiesa; vi si accede dal Vicolo Castello. Info Comune, tel. 0161 96212

Bibliografia:
VIGLINO DAVICO M., I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medioevale, Edialbra, Torino, 1978
RABAGLIO R., Castelli biellesi, Edialbra, Pollone BI, 2003

Link:
https://www.capotrenogio.it/ricetto-di-dorzano/

Fonti:
Fotografia dal sito sopra indicato, in cui vi sono altre immagini del ricetto.

Data compilazione scheda:
15/10/2006 – aggiornam. maggio 2014 e febbraio 2023

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

Cossato (BI) : Castello di Castellengo

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Storia del sito:
Benché la tradizione attribuisca la fondazione del castello all’opera di Alberico di Monterone, nel X secolo, gli studi più recenti ritengono più probabile che le sue origini siano più antiche. Nei documenti più antichi riguardanti Castellengo si può riscontrare con frequenza il toponimo “Monte Limone” (o “Monte Livione”, “Montis Thitioni” o “Montis Timoni”) associato al termine “villa”: quindi potrebbero essere stati proprio gli abitanti della “villa di Monte Limone” ad organizzare la propria difesa in quello che probabilmente era, almeno in origine, un ricetto collettivo. Del resto il “castri Castellengij” è nominato per la prima volta solo nel documento di investitura del feudo del 26 ottobre 1392. Il castello fu di proprietà della famiglia De Bulgaro che dal XII secolo assunse il nome di “De Castellengo”.
I fatti salienti del periodo medioevale sono la dedizione a casa Savoia, avvenuta nel 1374 e l’occupazione del castello nel 1406 da parte del soldato di ventura Bando di Firenze che costò ai De Castellengo l’accusa di tradimento nei confronti dei Savoia. Pochi anni dopo, nel 1410, il fortilizio venne suddiviso e venduto a quattordici nobili biellesi e per i due secoli successivi quello di Castellengo fu a tutti gli effetti un castello di tipo consortile. Nel marzo del 1420 compaiono per la prima volta, quali acquirenti di una parte del feudo, i membri della famiglia Frichignono che conservarono il possesso del castello fino alla loro estinzione, nel 1883.
Nel 1630 Prospero Frichignono venne insignito del titolo comitale da Carlo Emanuele I. Negli anni successivi il castello dovette subire una serie di profonde modifiche, volte a trasformare il fortilizio in residenza. I documenti del 1500 testimoniano l’esistenza di strutture militari, quali il rivellino ed il ponte levatoio, oggi non più esistenti e non identificabili con certezza. La mappa più antica del castello è databile intorno al 1692 e presenta l’edificio pressoché nella situazione attuale. Per i secoli anteriori si hanno poche notizie; è da rilevare che il sistema castello-feudo di Castellengo ha continuato a funzionare attraverso i secoli fornendo le risorse necessarie al suo mantenimento ed alle sue stesse trasformazioni e producendo prodotti agricoli diversi (vino sino al secolo scorso; un mulino sorgeva ai piedi del castello).
La dissoluzione del feudo derivante dalla lottizzazione dei latifondi, che a Castellengo si conclude alla metà del 1900, ruppe definitivamente il legame castello-territorio e causò il graduale abbandono degli edifici. Con l’estinzione dei Frichignono il castello venne frazionato per passare nelle mani di diverse famiglie (nei primi anni del ‘900 una parte del castello divenne di proprietà dell’Avv. Luigi Borello, storico e studioso di araldica) e venne utilizzato come mera volumetria da sfruttare per la locazione e via via depauperato delle sue qualità nobiliari perdendo in quegli anni parte delle pitture, degli affreschi, delle tappezzerie e dei pavimenti originali.
Oggi il castello è di proprietà di diverse famiglie e sta riacquistando il passato decoro. Alcune parti, specie quella denominata “castello Ballestrero” a nord-est (1776), sono ormai irrimediabilmente compromesse, ma il restauro sul corpo sud-occidentaleha reso fruibile l’area più antica e architettonicamente più interessante. Integre sono fortunatamente rimaste le due torri angolari a nord e a sud del castello. Quest’ultima in particolare è sempre presente nelle rappresentazioni più antiche del castello: nel 1750 la torre è raffigurata con una copertura conica, probabilmente in coppi che non compare nella veduta di Enrico Gonin del 1856, in cui la torre è praticamente nello stato attuale, il che farebbe escludere che la torre sia stata oggetto di interventi nel XIX secolo.

Descrizione del sito:
Il castello, arroccato su una delle prime alture ai margini della pianura biellese, sulla riva destra del torrente Cervo, si trova nella frazione di Castellengo, che fino al 1929 fu comune autonomo ed ora fa parte del comune di Cossato. Il castello, isolato rispetto al piccolo abitato sottostante, è raggiungibile attraverso due strade. La strada più antica, detta “la Solata” almeno a partire dagli ultimi anni del ‘500, raggiunge il castello da nord-ovest. Superata la prima porta del castello, detta “del Moro”, si arriva nella “piazzetta della scuderia”. Salendo ulteriormente si giunge ai piedi del castello dove si aprono due ingressi. Attraverso la porta detta “di Ferro” si entra nel “cortile inferiore” in cui si trova il pozzo, la Cappella barocca di San Giovanni (1727 un tempo cappella gentilizia del castello e recentemente restaurata) ed il grande scalone di pietra (1780) che conduce al “cortile superiore”; attraverso l’androne di quella che veniva chiamata la “porta verde” si giunge invece nel più ampio cortile meridionale.
La seconda strada è quella che oggi è ritenuta la strada di accesso principale al castello, benché la sua realizzazione risalga alla seconda metà dell’800. Attraverso tre tornanti raggiunge il castello da sud-est, ove sono i giardini terrazzati, articolati su tre livelli e il cui impianto risale al 1900; la torre angolare merlata (1420 circa) e la manica sud-orientale con la sua facciata barocca (1759-1776).
Dell’originaria struttura medievale non restano che una torre angolare cilindrica della cinta esterna, piuttosto degradata; parte delle mura inglobate nei corpi di fabbrica; alcuni setti murari che si evidenziano soprattutto nelle cantine e, fortunatamente conservatasi in ottime condizioni, la quattrocentesca TORRE SUD. La torre é cilindrica, quasi interamente realizzata in laterizio e presenta una notevole altezza rispetto a quella raggiunta dal recinto; è coronata da merlature a coda di rondine con false caditoie.
Gli ambienti seminterrati delle cantine sono coperti con volte in laterizio a botte o a crociera, con l’unica eccezione dell’androne del pozzo. Al piano nobile si trovano alcuni ambienti coperti a volta sebbene nella maggioranza dei casi i soffitti siano in legno, talvolta a cassettoni decorati; gli interni del castello si presentano molto eterogenei: affreschi e pitture di diverse epoche più o meno conservati. Gli arredi originali, descritti in un minuzioso inventario del ‘700, sono andati completamente dispersi.

Informazioni:
In frazione Castellengo, di proprietà privata, una parte è adibita a centro per meeting, cerimonie, mostre ecc.  email: info@castellengo.it

Link:
http://www.castellengo.it

Bibliografia:
CICCIONI C., Il castello di Castellengo, in AA.VV., I Castelli del Biellese, a cura di L. SPINA, Silvana Editoriale, Milano, 2001.
RABAGLIO R., Castelli del Biellese, Ediz. Leone Griffa, Pollone BI, 2003

Fonti:
Notizie tratte in parte dal sito sopra indicato. Fotografie GAT.

Data compilazione scheda:
26/08/2006 – aggiornam. marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Cossato (BI) : chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Castellengo

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Storia del sito:

La chiesa è a poche centinaia di metri dal torrente Cervo. É una costruzione isolata, tra il bosco, la baraggia che le sta di fronte e i campi alle spalle. Accanto sorge il piccolo cimitero di Castellengo, a indicare che la chiesa in passato fu una pieve.
La chiesa fu Rettoria della pieve di San Pellegrino di Puliaco e compare nella bolla del 1155, in cui l’imperatore Federico I ne concede il patronato a Bonifacio e Giovanni di Biandrate. Deposti i Biandrate nel 1335, il patronato passò agli Alciati, poi ai Bulgaro di Castellengo ed infine ai Frichignono.

Descrizione del sito:

Si riconoscono i vari interventi che si sono affiancati e sovrapposti lungo i secoli: esternamente spiccano il corpo non finito di un ampliamento della parte absidale e del coro, risalente alla fine del XVIII secolo, e il campanile, posto in facciata. Il portico antistante fu edificato nel XVII secolo mentre la navata centrale, che si apre immediatamente dopo l’entrata, rappresenta il corpo più antico dell’intero edificio originario, il quale era a navata unica e con forme romaniche. La navata di destra, decorata all’esterno con una serie di archetti pensili, fu aggiunta in epoca gotica; quella di sinistra invece fu edificata successivamente. 20 settembre 1460 è datato l’affresco con la figura di san Cristoforo, in facciata, proprio sul limitare della navata centrale.
All’interno dell’edificio, nel 1999, sono emersi alcuni frammenti di AFFRESCHI di grande valore e iscrivibili tra le testimonianze più interessanti e meglio conservate di pittura in stile tardo-gotico biellese. Il ciclo è attribuito al pittore Daniele De Bosis (e ai suoi figli) – attivo alla fine del XV secolo soprattutto nel novarese e biellese – e raffigura Storie di Maria e di Gesù. Nei sottarchi figure di Profeti. Sulla parete sinistra della navata centrale i resti di figure di santi hanno conservato la firma di Daniele de Bosis e la data (1496), mentre sul lato opposto è raffigurato il Martirio di sant’Agata.

Nel centro di Cossato, la parrochiale dell’Assunta fu edificata nel Seicento su preesistente chiesa, di cui rimane il presbiterio del 1261.

Informazioni:
La chiesa si trova  ai piedi del Castello di Castellengo (vedi scheda), nella frazione omonima, e poco distante da esso. Biblioteca Civica, 0159 893520 o scrivere a biblioteca@comune.cossato.bi.it

Links:
http://www.comune.cossato.bi.it

http://arteimmaginecossato.altervista.org/nuovosito/gli-affreschi-del-de-bosis-a-castellengo/

Bibliografia:
SPINA L. (a cura di), Antica pieve di Cossato VIII/IX-XVI sec. (La Bibbia illustrata dei De Bosis), Eventi & Progetti Editori, Biella 2000

Fonti:
Notizie e fotografia in alto dal sito del Comune. Foto in basso tratta dal sito al n° 2, dove si possono trovare molte fotografie degli affreschi.

Data compilazione scheda:
15 dicembre 2011 – aggiornam. marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Cerrione (BI : rovine dei castelli degli Avogadro e di Mongivetto

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Storia del sito:
Si ritiene che la prima fortificazione di Cerrione risalga al X-XI secolo: al 1165 risale il documento di infeudazione agli Avogadro. Il castello subì notevoli rimaneggiamenti e ampliamenti nel secoli XVI-XVIII.
Il castello di Mongivetto (il toponimo è citato per la prima volta nel 1150) entrò a far parte del complesso feudale degli Avogadro insieme a quello di Cerrione nel 1165. I due castelli comunicavano a vista. Il castello di Cerrione probabilmente aveva funzione di controllo sulla rete viaria tra Biellese e basso Canavese.
Dal XVII secolo, esaurita la funzione militare, assunse l’aspetto di residenza signorile. Ciascun castello aveva una cappella gentilizia, citata rispettivamente nel 1361 e nel 1197, che venne ristrutturata in periodo barocco.
Durante la seconda guerra mondiale i due castelli furono per breve tempo sede di comandi partigiani e, benché abbandonati, furono cannoneggiati e distrutti dai comandi tedeschi il 10 Ottobre 1944.

Descrizione del sito:
Dei due castelli e delle relative cappelle restano purtroppo solo imponenti ruderi. Del castello degli Avogadro di Cerrione resta la torre-porta, tracce del ponte levatoio e del fossato, interrato nel 1500, alcuni tratti di spesse murature e i sotterranei e, soprattutto, l’alta TORRE, singolare perché cilindrica alla base e poligonale nella parte superiore, coronata da merli a coda di rondine.
Del castello di Mongivetto restano alcuni muri e una torretta a pianta quadrata.

Descrizione dei ritrovamenti:
Nel territorio di Cerrione è stata scavata una necropoli romana con tombe databili dal II sec. a.C. al I – II sec. d.C.

Informazioni:
Le rovine del castello degli Avogadro di Cerrione sono in Via Libertà 30.
I pochi resti del castello di Mongivetto si trovano nella località omonima, lontana dall’abitato. Info Comune tel. 015 671341

Bibliografia:
RABAGLIO R., Castelli del Biellese, Ed. Leone Griffa, Pollone BI, 2003

Fonti:
Fotografia 1 da http://castelliere.blogspot.it/2010_11_01_archive.html

Data compilazione scheda:
06/08/2006 – aggiornamento marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

Quaregna – Cerreto (BI): Castello di Cerreto

Cerreto_castello

Storia del sito:
Alla famiglia Avogadro viene attribuita la costruzione di una casaforte nel XIII secolo, ma il primo documento dell’esistenza di una struttura fortificata è del 1153.
Il castello consentiva il controllo della dorsale collinare tra Cossato e Biella e tutto il fondovalle del torrente Cervo. Gli edifici del castello subirono vari rimaneggiamenti e ampliamenti, in particolare nel XVIII secolo, quando una parte venne adibita ad azienda agricola. Seguì un lungo periodo di abbandono che portò al degrado di molte parti del complesso.
Nel 1987 iniziarono i lavori di recupero e restauro, compresa la costruzione ex-novo di un’intera ala che era crollata.
Il corpo di fabbrica che congiunge la torre al complesso presentava alcune stanze con affreschi rinascimentali, ormai però irrimediabilmente degradati.

Il comune di Cerreto Castello dal  1° gennaio 2019 è estinto a seguito di fusione con il Comune di Quaregna; il nuovo comune ha preso la denominazione: Quaregna-Cerreto

Descrizione del sito:
La parte più antica che si è conservata è la grande TORRE cilindrica a sud, che presenta un tessuto murario in ciottoli posti a spina di pesce ed è coronata da alcune belle bifore

Informazioni:
Il castello è sulla collina sovrastante il paese, diproprietà privata;  Comune tel. 015 881962

Bibliografia:
RABAGLIO R., Castelli del Biellese, Ed. Leone Griffa, Pollone BI, 2003

Fonti:
Fotografia da Wikipedia.

Data compilazione scheda:
04/08/2006 – aggiornamento marzo 2014 – maggio 2020

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese