Tortona (AL) : resti della città romana di “Dertona”

tortona muro

Storia e descrizione del sito:
La città di Dertona costituisce il centro romano piemontese di più antica fondazione ed uno dei principali della IX regione augustea. La data della sua deduzione è tuttavia incerta, probabilmente compresa tra il 123-122 e il 109 a.C., a seguito della costituzione della via Postumia (la più importante arteria dell’Italia settentrionale, in quanto univa Genova ad Aquileia) e forse parallelamente alla realizzazione della via Aemilia Scauri (che collegava la Liguria con l’area cisalpina). Nacque nell’ambito di un vasto programma di conquista e di unificazione dell’Italia nord occidentale e, quindi, come centro strategico volto al controllo delle popolazioni liguri.
Sorse nella piana di Marengo, allo sbocco del torrente Scrivia, sulle ultimi propaggini dell‘Appennino ligure (m. 122,54 s.l.m.), in un sito connotato dalla presenza di uno sperone roccioso che fungeva da naturale difesa da eventuali attacchi. E’ probabile che si sia sovrapposto ad un precedente insediamento della tribù celto-ligure degli Irienses (dall’antico nome, Iria, del corso d’acqua); in effetti, i materiali preromani rinvenuti in pieno centro abitato, in via Purricelli e nei sotterranei del Museo Civico, attestano una presenza nell’area almeno dal IV sec. a.C.
Alle funzioni militari, tuttavia, si affiancò in breve tempo il ruolo di fondamentale nodo viario legato ai principali traffici fra la pianura padana e l’area alpina centro-occidentale, dal quale passavano le strade principali, le già citate vie Postumia ed Emilia Scauri, e partivano molte ramificazioni per varie città piemontesi, quali Acqui Terme, Pollenzo, Asti, Chieri, Industria, Valenza Po.
Attorno alla sua fitta rete stradale venne organizzata anche la centuriazione del territorio, la cui estensione doveva arrivare a ovest verso il Bormida e il Tanaro, a sud verso le pendici dell’Appennino ligure, confinando con i territori di Libarna e Aquae Statiellae, a nord all’incirca fino all’incontro del Tanaro con il Po e a est lungo il corso del Curone.
Le stesse tracce di centuriazione nelle campagne circostanti dimostrano che la sua fiorente economia era basata, oltre che sul controllo dei traffici commerciali, anche sull’agricoltura, in particolare sulla produzione di grano.
Nella seconda metà del I sec. si collocherebbe una seconda fondazione voluta da Ottaviano, di cui sarebbero testimonianza sia l’appellativo “Iulia” presente in alcune iscrizioni sia il fatto che Plinio la ricordi come “colonia”, termine che lo scrittore latino utilizza solo per le colonie di età augustea, epoca alla quale, peraltro, risale l’ampliamento e la monumentalizzazione della città.
Pertanto, in linea generale, gli studiosi ritengono che la sua nascita non sia avvenuta attraverso un unico e ben definito atto di fondazione ma da una sequenza di avvenimenti e di fasi successive.
L’insediamento mantenne la sua importanza nell’ambito dei commerci e delle comunicazioni viarie anche in epoca tardoantica: tra V e VI sec. ebbe un ruolo di rilievo per i rifornimenti civili e militari (Teodorico vi fece costruire grandi “horrea”, depositi di grano), inoltre, vi sorse la principale sede episcopale del Piemonte meridionale.
Un segno di crisi è stato, tuttavia, individuato in una certa contrazione dell’abitato agli inizi del VI, desunta da una fonte letteraria (Cassiodoro), secondo la quale i dertonesi furono indotti a costruire le loro abitazioni entro il perimetro del Castello, che forse costituiva l’unica difesa del centro in quanto le mura repubblicane dovevano essere state abbattute. La continuità di vita del centro attraverso i secoli ha profondamente modificato il volto della città romana e l’organizzazione urbana di epoca romana è ancora piuttosto lacunosa. I primi rinvenimenti archeologici risalgono al XIV sec., quando sotto la chiesa di S. Marziano, distrutta da un incendio, vennero alla luce resti di urne cinerarie e strutture ipogee, mentre nel XVI sec. si ha notizia di importanti scoperte quali il sarcofago di Elio Sabino, con raffinata decorazione a rilievo.

L’insediamento romano era probabilmente distinto in due diverse porzioni topografiche: una parte collinare più antica (l’area del Castello, dove era localizzato il precedente abitato celto-ligure) e una parte bassa pianeggiante (tra il Duomo e Porta Voghera), che costituisce la fondazione ex novo del centro romano.
La prima zona insediativa era presumibilmente destinata ai più importanti edifici della città, legati al potere politico, amministrativo e religioso; la collina era recintata da un possente muro difensivo, databile ad epoca tardo-repubblicana, che, allo stato attuale delle ricerche, rappresenterebbe il più antico esempio noto in Piemonte nonché una probabile testimonianza delle prime fasi di vita della colonia.

Sulla collina del Castello, nell’area archeologica di via alle Fonti ed in prossimità del Convento dei Cappuccini, è ancora visibile la parte orientale della cinta muraria, il cui orientamento risulta coerente con il tracciato della centuriazione del territorio tortonese. Si estende per ca. 100 m con un’altezza massima conservata di 6 m; al di sotto sono state rinvenute strutture preromane databili, anche sulla base del materiale archeologico rinvenuto, tra la seconda metà del VI e la prima metà del V sec. a.C., indicando una precedente fase di frequentazione dell’altura nel corso dell’età del Ferro. La tecnica costruttiva consiste in un nucleo di pietrame irregolare (tecnica “a sacco”), rivestito esternamente da un paramento di blocchi di calcare allineati in filari orizzontali e regolari. La cortina muraria è intervallata da una torre rettangolare conservata per un’altezza di ca. 2 m sul lato interno delle mura.
Inoltre, nel 1999 in via Rinarolo, all’estremità settentrionale dell’altura del Castello è stata riportata alla luce una consistente struttura muraria che si pone su una linea di costa molto più bassa ed esterna rispetto all’abitato di Dertona . E’ lunga ca. 37 m, con uno spessore di 2 m ed un’altezza conservata poco inferiore ai 2 m; la tecnica costruttiva sia per le fondazioni che per l’elevato è la stessa della struttura di via alle Fonti. Si può ipotizzare un ampliamento successivo rispetto alla fortificazione di età tardo repubblicana ma sono presenti contrafforti sul lato esterno della struttura che richiamano opere di terrazzamento documentate nell’Italia centro -meridionale a partire dal III-II sec. a.C.
La seconda zona testimonia, invece, la presenza, in età imperiale, di un’organizzazione planimetrica castrense, fortificata da mura e torri difensive di età imperiale (a partire dalla metà del III sec. d.C.), con due principali porte di accesso identificate nell’area di Largo Borgarelli (Porta Genuensis) e all’incrocio fra via Emilia e le vie Pellizza da Volpedo e Rinarolo (Porta Ticinensis), ancora visibili nella cartografia del XVII sec.
La pianta della città mostra una forma all’incirca quadrata con 600 m di lato, quindi conforme alle misure canoniche dei castra romani, ed un impianto ortogonale impostato sul decumano massimo, corrispondente alla via per Ticinum-Pavia e rintracciabile a tratti nelle attuali via Emilia angolo via Pellizza da Volpedo-via Rinarolo e all’altezza di via Montemerlo, su cui verosimilmente si apriva la porta urbica Ticinensis; ancora oggi l’andamento longitudinale conferito dal tratto urbano della via Aemilia Scauri si riflette sulla viabilità moderna.
Gli assi coincidenti con via Giulia-via Busseti corrispondevano invece al sistema dei cardines, su cui si apriva la Porta Genuensis.
Non vi è ancora ancora certezza sull’esatta ubicazione delle principali aree pubbliche. Alcuni indizi archeologici sembrano indicare una loro presenza nel settore periferico sud-ovest della città; in particolare, sono state identificate con resti delle terme urbane di età augustea le pavimentazioni in marmo bianco percorse da canalizzazioni in piombo ritrovate fuori della Porta Leone nel XVII sec.
Tale ipotesi sembra confermata dal ritrovamento di parti di condutture idrauliche e frammenti di trabeazione pertinenti ad un edificio di rilievo presso l’odierno Palazzo Frascardi, tra corso Montebello e via Carducci, nell’area che doveva segnare l’inizio della zona urbana.
Peraltro, fra le più importanti scoperte avvenute nell’area urbana vanno menzionati i resti di un’imponente costruzione a pianta rettangolare (m 8,90 x 8,70), con pavimentazione in arenaria e fondazione profonda ca. 4 m, rinvenuti all’interno della canonica di S. Matteo (sita in via Emilia, nei pressi di via Pellizza da Volpedo), noti come parte del cosiddetto “Mausoleo dell’imperatore Maioriano”, imperatore ucciso, secondo la tradizione, proprio a Dertona da Ricimero nel 461. E’ però probabile che siano pertinenti ad un edificio a carattere pubblico-sacro o celebrativo della tarda età repubblicana o del periodo augusteo. Inoltre, il complesso era parallelo alla via Emilia, su cui si affacciava occupando un isolato di ca. 90 m di lato e sembra sorgesse in prossimità di un’area a destinazione pubblica, forse il foro, di cui è stata rinvenuta la pavimentazione in basolato.
Le tracce del sistema idrico testimoniano anche la presenza di un acquedotto che riforniva l’abitato. Il tracciato dell’impianto, che probabilmente era alimentato direttamente dallo Scrivia, non è completamente noto ma si ritiene fosse in buona parte parallelo alla via Postumia e si snodasse attraverso lunghi tratti a cunicolo in muratura con copertura in parte a botte e in parte a tavelloni. Tuttavia, il rinvenimento di tratti di conduttura e di selciato stradale sia oltre Porta Voghera-piazza Roma sia a ovest, all’altezza di via Giordano Bruno, ha consentito di definire il presumibile percorso dell’acquedotto almeno per il suo tratto urbano principale come anche quello del Decumano Massimo; in effetti, l’impianto ortogonale nel suo complesso è stato in parte ricostruito sulla base della rete idrica e fognaria. Quanto alla parte residenziale, sono venute alla luce strutture abitative anche di un certo livello in varie zone della città, tra cui un intero quartiere alle pendici del castello in via Massa Saluzzo e via Perosi, resti di un edificio signorile in piazza delle Erbe, una ricca abitazione e un impianto per la fusione del bronzo del I secolo d.C., poi sostituito nel secolo successivo da abitazioni, in via Visconti. A testimonianza della prassi in uso nel mondo romano, i recuperi archeologici dei reperti funerari sono avvenuti nelle aree extraurbane, come in corso Repubblica o lungo il tracciato della via Postumia. Alcuni notevoli monumenti funerari, sicuramente da collegare ad una committenza di rango elevato, sono stati individuati nell’ambito di un sepolcreto emerso negli anni ottanta del ‘900 in Località Fitteria, tra le via Emilia, Arzani e Fratelli Pepe. Di particolare interesse due strutture del tipo “a podio”, che rimandano a tipologie attestate in altre città dell’Italia centro-settentrionale (quali Aquileia e Bologna), la cui monumentalità Si tratta di due basamenti quadrati di ca. 10 m di lato, uno dei quali tagliato da una cella circolare al centro, mentre l’altro presenta una complessa struttura con spazi poligonali intorno a un vano romboidale. Al secondo con buona probabilità apparteneva un coronamento a cuspide in pietra ritrovato nello scavo dell’area circostante.
PONTE ROMANO sulla Via Emilia. Databile tra la fine del I secolo a.C. e la seconda metà del I d. C., venne scoperto ngli anni ‘8o dello scorso secolo e fu raggiunta la base d’imposta sull’antico fondo ghiaioso. Ricavate contro il terreno, le spalle evidenziano il nucleo di calcestruzzo e tracce del rivestimento in blocchetti squadrati di calcare.

Informazioni:
Comune tel. 0131 8641 oppure IAT tel./fax 0131 868940 e-mail: iat@comune.tortona.al.it

 

Link:
http://www.comune.tortona.al.it/Sezione.jsp?titolo=Tortona+ligure+e+romana&idSezione=110&lookfor=dertona

Fonti:
Fotografie dal sito del Comune

Data compilazione scheda:
29 giugno 2012 – aggiornamento febbraio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Marina Luongo – Gruppo Archeologico Torinese

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