Tesoro di Marengo

Bosco Marengo (AL) : Tesoro di Marengo

Bosco Marengo (AL) - Tesoro di Marengo - Lucio Vero

Descrizione del sito e dei ritrovamenti:
Si tratta di un composito ed eccezionale complesso costituito da numerosi oggetti, di varia natura e riccamente decorati, in lamina d’argento decorata a sbalzo e a cesello e talora con notevoli resti di doratura. 

In epoca tardo-romana venne probabilmente occultato in un “ripostiglio”, per essere poi scoperto nel 1928 fortuitamente, durante lavori agricoli lungo l’odierna strada Alessandria-Tortona nei pressi di Marengo (località Cascina Perbona) e non lontano dal Bormida. 
Tutti i pezzi, salvo un vaso a foglie di acanto, presentavano schiacciamenti e deformazioni, tagli intenzionali e, in qualche caso, resti di bruciature; sottoposto a due restauri, nel 1936 e nel 1989, è oggi conservato nel Museo Archeologico di Torino. 
L’oggetto più noto è rappresentato dal busto a grandezza naturale in cui, sin dai primi studi sul tesoro, si è riconosciuto l’imperatore Lucio Vero (161-169 d.C.), raffigurato nelle sue sembianze giovanili e in atteggiamento eroico, secondo schemi ritrattistici propri dell’epoca. 
Gli elementi del volto, che presenta notevole vivacità espressiva, sono trattati a martellina; capelli e barba sono resi con incisioni a bulino e a cesello, “in modo da ottenere un raffinato effetto coloristico” (Sena Chiesa). Ulteriore prerogativa del personaggio è l’abbigliamento militare, evidenziato da una corazza ornata da una testa di Medusa stilizzata tra un ampio intrico di squame a foglie. Tale prerogativa potrebbe rappresentare la specifica caratteristica di un tipo particolare di ritratto imperiale destinatario di atti di omaggio o di devozione resi all’imperatore nell’ambito del mondo militare. 
Pertanto il busto potrebbe essere considerata una di quelle immagini di imperatori in metallo prezioso, oro o argento, che venivano esposte in cerimonie ufficiali o luoghi pubblici. Spesso si trattava di oggetti che potevano essere montati su anime o piedistalli di legno o fissati su supporti (nel busto di Marengo sono visibili fori per chiodi) e facilmente trasportati grazie alla leggerezza della lamina metallica. 
Un altro busto maschile è inserito, a rilievo, in un medaglione: si tratta di un’opera di grande qualità, di forte influenza ellenistica e dall’accentuato realismo; anche qui il personaggio potrebbe rappresentare un sovrano raffigurato in atteggiamento eroico, identificato, seppure con riserva, con Alessandro Magno. 
Anche una testa femminile in origine forse faceva parte di una statuetta o di un busto, come suggerito dalla lamina strappata alla base del collo, dove hanno inizio le pieghe della tunica; potrebbe trattarsi di una Vittoria, alla quale verrebbe ad appartenere un frammento di braccio che regge una corona. 
Vi sono, inoltre, vari esempi di decorazione vegetale derivati dal naturalismo plastico di età ellenistica, ma trasformati da un’interpretazione essenzialmente disegnativa (Carducci): un elegante vaso a forma di capitello corinzio, decorato da foglie di acanto e di loto e, di fattura più modesta, un frammento di oggetto anch’esso decorato con acanto e loto, un probabile frammento di coppa con foglie di quercia e di ghiande, una ghirlanda di spighe ornata di nastri. 
Un’altra particolarità del tesoro è l’abbondanza degli elementi di rivestimento, con o senza decorazione, di cui parecchi appartenenti a mobili, mentre alcuni altri forse ornavano zoccoli o supporti, sebbene lo stato frammentario non consenta di ricostruirne l’aspetto originario. Alcuni sono decorati con rilievi eseguiti a sbalzo, come la striscia ornata di spighe o come il frammento con trofei d’armi su cui compaiono elmi, scudi, lance, una clava ed una corazza. Di particolare interesse la lunga fascia argentea ornata da una serie di tredici figure, che, almeno in parte, sono identificabili con divinità grazie a specifici attributi ed atteggiamenti: oltre a Giove con lo scettro, si riconoscono Minerva, Giunone, Nettuno, Anfitrite (con un drago marino), Marte, Mercurio, Venere, i Dioscuri ed un gruppo forse costituito da Proserpina, Cerere e la Fortuna accanto ad una colonna ionica. L’atteggiamento monumentale delle figure presuppone l’utilizzo di modelli tratti dalla grande scultura seppure reinterpretati con una certa pesantezza visibile nei dettagli, nei volti, nelle mani e nelle vesti dalle pieghe spesse, meccaniche e rigide cui si aggiungono alcune sproporzioni tra i personaggi e incongruità o distorsioni nelle posizioni (Baratte). 
Altre due probabili raffigurazioni di divinità compaiono in un’applique, dove due giovani di sembianze identiche, posti di fronte, si tengono per le spalle, uno appoggiato ad una clava, il secondo ad una lira, classici attributi di Ercole e Apollo. 
Di rilievo anche il fulcrum, elemento di mobilio pertinente ad un letto, attribuito alla metà del I sec. a.C., decorato da eleganti motivi floreali, tra i quali è inserita una donna sdraiata, una Menade o forse Arianna, presentata di dorso nell’atto di bere da una coppa; probabile la derivazione di questa figura femminile da una delle tante scene di banchetto riprodotte sul coperchio di sarcofagi. 
Una serie di elementi di aspetto disparato, tra cui due protomi caprine, la parte anteriore di una testa d’aquila, un pesce, sono stati ipoteticamente accostati ai frammenti di un grande disco raggiato presente nel tesoro, facendo supporre un’originaria composizione con motivi zodiacali, simile, ad esempio, a quella dell’altare di Gabi al Louvre. 
Quanto alla datazione del complesso, la cronologia relativa è specificamente suggerita da una tabula ansata (tabella) recante l’iscrizione dedicatoria alla Fortuna Melior da parte di Marco Vindio Veriano, che per motivi storici ed epigrafici si colloca agli inizi del III sec. d.C., e dal busto di Lucio Vero, attribuibile per motivi iconografici ai primi anni di regno dell’imperatore. 
Più in generale, a fronte del prevalere di oggetti situabili nel II sec., si riscontra una datazione non omogenea che induce a ritenere il complesso una raccolta di pezzi collezionati nel tempo, mentre sulle circostanze che hanno portato al seppellimento del tesoro sono state elaborate varie ipotesi. 
L’occultamento in un momento difficile da parte di un legittimo proprietario, in attesa di poter recuperare gli oggetti in tempi più favorevoli, sembra poco attendibile per lo stato in cui sono stati rinvenuti. Più verosimilmente si tratta di refurtiva, raccolta alla rinfusa e quindi abbandonata in seguito ad azioni di guerra o saccheggio e, comunque, per un pericolo incombente: il danneggiamento intenzionale presuppone l’esigenza di un più agevole trasporto di un carico che interessava probabilmente più per il valore intrinseco del metallo, in vista di una rifusione, che per quello artistico dei pezzi. 
Del resto la datazione del complesso sembra rimandare ad un periodo di instabilità politica ed economica, in cui si collocano le prime incursioni barbariche che avrebbero causato il seppellimento anche di altri tesori monetali e di argenterie emersi sia in Gallia che in Italia settentrionale. 
Ipotesi piuttosto controversa è quella che vede nel tesoro parte dell’arredo di un santuario o di un sacello, oppure della sede di un collegio addetto al culto imperiale, per la presenza della dedica alla Fortuna Melior e per la possibile identificazione dei vari pezzi con doni votivi; tuttavia in proposito lo studioso Baratte sostiene che nessun oggetto possiede un carattere votivo palese. 
È stato anche ipotizzato che la sede del sacello depredato fosse la città di Pavia (l’antica Ticinum), non lontana dal luogo di ritrovamento del tesoro, nella quale è attestata la presenza della gens Vindia, cui poteva appartenere il Marco Vindio Veriano ricordato nella tabula ansata. 
Di certo rimane l’eterogeneità cronologica, di qualità, di stile e di funzione dei diversi manufatti, attribuiti all’opera di fabri argentarii operanti in officine dell’Italia settentrionale.

Informazioni:
I reperti sono custoditi nel Museo di Antichità (Archeologico) di Torino (vedi scheda). Un nuovo allestimento fu fatto nel 2013.

Link:
https://www.archeomedia.net/torino-nuovo-allestimento-del-tesoro-di-marengo-al-museo-di-antichita/

Bibliografia:
MERCANDO L., Museo di Antichità, Le Collezioni, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, pp. 17-21 .

in “Archeologia in Piemonte” – Torino, 1998 – vol. II – “L’età romana” :
SENA CHIESA G., Un pezzo eccezionale del tesoro di Marengo: il ritratto di Lucio Vero – pp. 359-368.
BARATTE F., Il Tesoro di Marengo, pp. 369-379.
CARDUCCI C., 1968, Arte Romana in Piemonte, Torino, p. 72.

Fonti:
Foto tratte dalla pagina internet sopra indicata.

Data compilazione scheda:
10 novembre 2004 – aggiornamento agosto 2014

Nome del Rilevatore e associazione di appartenenza:
Marina Luongo – G. A. Torinese

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