Gremiasco (AL) : Area archeologico-naturalistica del Guardamonte

Guardamonte paesaggio

Storia del sito:
L’area denominata “Guardamonte” è collocata geograficamente sulle pendici meridionali del Monte Vallassa fino allo spartiacque che la sommità del monte stesso costituisce tra la provincia di Alessandria e quella di Pavia (comuni di Gremiasco, Ponte Nizza e Cecima).
Le prime indagini archeologiche furono intraprese negli anni Cinquanta, in seguito a rinvenimenti fortuiti, dalla Soprintendenza archeologica del Piemonte, a cui fecero seguito sporadiche ricerche negli anni Settanta, solo parzialmente documentate. Nel 1994 il gruppo Grotte di Acqui e quello di Novara, reperirono una grotta con segni di crollo, esplorandola e rilevando sia la prima parte, sia la seconda parte della grotta alla quale si accede tramite un passaggio disostruito artificialmente con l’asportazione del terriccio che lo occludeva. A partire dal 1995 l’Università degli studi di Milano, diede avvio a un progetto di ricognizioni e scavi nell’area interessata dalla presenza dell’insediamento. Le indagini tuttora in corso hanno messo in evidenza una complessa situazione insediativa a partire dal Neolitico medio fino all’epoca romana, probabilmente alto-imperiale.

Descrizione del sito:
Le prime frequentazioni dell’altura sono da riferire al V millennio a.C., per il Neolitico finale e per la successiva età del Rame (tra la seconda metà del III e la seconda metà del II millennio a.C. ); molto interessanti i frammenti riferibili alla Cultura del vaso campaniforme. Testimonianze più significative sono comunque riferibili all’età del Bronzo, in particolare a un periodo compreso tra una fase avanzata del Bronzo medio e una iniziale del Bronzo recente (XVI-XIII sec. a.C.). e illustrano l’attrattiva che il monte doveva rappresentare per i gruppi umani che si sono succeduti in queste valli, e che culminò con la fondazione di un abitato già a partire dal XV sec. a.C.
Un saggio, pur raggiungendo la profondità di più di 2 metri, non è arrivato alla base della sequenza. È emerso un numero molto significativo di frammenti di bucchero (ceramica nera anche in frattura caratteristica della produzione etrusca) e di ceramica golasecchiana che sembrano indicare che nel I millennio a.C. il monte Vallassa fosse un importante crocevia dei traffici verso il mondo etrusco e il Mediterraneo e verso il Nord.
Gli scavi dell’Università di Milano hanno evidenziato che la prima edificazione sul monte Vallassa di un insediamento dotato di opere di terrazzamento artificiali (“castelliere”) risalga almeno al XIII sec. a.C. circa. Successivamente a questo periodo dovette verificarsi una fase di abbandono cui fece seguito una nuova occupazione che, nonostante non abbia restituito strutture, è comunque ben attestata dalla cultura materiale. Dopo un nuovo periodo di abbandono, protrattosi forse per quasi trecento anni, l’intera area del monte venne interessata da una nuova importante fase di occupazione, con interventi anche di notevole entità: le strutture ritrovate mostrano la sistemazione dell’area a terrazze pianeggianti e la successione di diverse fasi di vita in un arco di tempo compreso, sulla base dei dati attuali, tra il VI e il III-II secolo a.C. Sono stati ritrovati resti di strutture pavimentali ben conservate di quasi 10 cm di spessore, costituite da tritume di arenaria impastata con argilla, una soluzione tecnica che a tutt’oggi costituisce un unicum per i siti liguri; infatti è in questo periodo che è possibile riferire l’occupazione dell’insediamento a popolazioni “liguri”.
La fase di maggiore sistemazione dell’area è databile tra la metà del V a.C. e la metà del secolo successivo. Nell’area, di notevole importanza strategica, venne installato uno dei più antichi presidi militari romani di età tardorepubblicana (II – I sec. a.C.).
E’ stata localizzata un’area da fuoco con evidenti segni di una complessa sequenza riferibile alle attività artigianali in loco che prevedeva il rifacimento continuo delle strutture utilizzate con la sovrapposizione, l’intercettamento e in parte l’obliterazione dei resti precedenti.

Descrizione dei ritrovamenti:
Vedi Allegato

Luogo di custodia dei materiali:
I reperti sono conservati al Museo di Antichità (Archeologico) di Torino e al Museo Archeologico di Casteggio (PV).

Informazioni:
La zona è raggiungibile da Tortona tramite la provinciale per Volpedo-San Sebastiano Curone-Caldirola. Risalendo il corso del Curone, visibile solo dopo il bivio con Castellar Guido Bono, si giunge all’abitato di San Sebastiano Curone e dopo aver superato prima il ponte sul piccolo Rio cittadino e poi quello sul Torrente Curone, si svolta a destra per imboccare una stretta strada in salita che raggiunge la valle Staffora. Superata la frazione Musigliano dopo meno di 1 km, si giunge infine in cresta. Sullo spiazzo antistante la cascina Guardarmonte si possono lasciare le auto. Nell’area sono presenti sette percorsi naturalistici guidati da apposite bacheche e segnaletica CAI della lunghezza di circa 50 km ed un sentiero archeologico limitato al Monte Vallassa di circa 1 km.  info tel. 0131 304562; email: antonella.armando@provincia.alessandria.it

Links:
http://www.appennino4p.it/guardamonte.htm

http://www.openspeleo.org/openspeleo/caves-view-176.html

http://archeo.piemonte.beniculturali.it

allegato  Archeologia tra Staffora e Curone (Dove comincia l’Appennino)

Fonti:
L’allegato e la fotografia 2 sono tratte dal sito: http://www.appennino4p.it/guardamonte.htm

Data compilazione scheda:
6/11/2008 – aggiornamento maggio 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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