Chivasso (TO) : “Lapis Longus”

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Storia del sito:
Nel 1499, per ordine del Viceclavario Giovanni di Rivara, una lunga pietra (lapis longus), ritrovata nei lavori di ristrutturazione della Piazza del Castello nei pressi della Chiesa di San Michele, venne modificata con l’aggiunta di catene in ferro fissate con piombo e trasformata in berlina con una pietra liscia collocata alla base per la punizione dei debitori insolventi: la sua collocazione era al centro della piazza del Castello, al bordo del fossato. I condannati, oltre al sequestro di tutti i loro beni, erano esposti al pubblico ludibrio semivestiti e costretti per dileggio a battere le natiche nude sulla pietra (cessio bonorum). La notizia viene fornita da B. Siccardi nel 1533 con l’esposizione della “iurium Municipalium… collectio”, la raccolta delle disposizioni giuridiche del Comune di Chivasso. Non si conoscono le circostanze del ritrovamento originario della stele: il fatto che essa fosse considerata un’antica pietra di confine tra Piemonte e Lombardia fa pensare che ne fosse ancora vivo il ricordo del ritrovamento al di fuori della cerchia cittadina. In effetti tra il 1398 ed il 1403 il marchese di Monferrato Teodoro II fa eseguire ai cittadini di Chivasso diversi lavori di scavo per la realizzazione di una roggia che prelevasse l’acqua dall’Orco a sud di Foglizzo e delle “cerche”, originariamente fossati difensivi intorno alla città, dall’Orco presso Montegiove al Po. È possibile che proprio in questi estesi lavori, che comportarono scavi e spianamenti, fosse rinvenuto il monumento e che l’identificazione come oggetto di culto pagano ed una comune cautela tra religione e superstizione ne consigliassero la collocazione presso la Chiesa di S. Michele (costruita poco dopo il 1000 nell’area tra il castello ed il Duomo e cancellata completamente nella risistemazione della piazza nel 1649). In via del tutto ipotetica potrebbe venire proprio dalla località di Montegiove, a nordovest della città, dove evidentemente nel tempo è stata spianata una piccola altura (un tumulo?), oppure dalla regione “La Pagana” presso la località Torassi, ad est di Chivasso, dove ancora alla fine dell’800 era stato rinvenuto un “massiccio idolo di pietra” di cui non è nota l’attuale collocazione. Dopo la metà del ‘600, con la sistemazione della piazza, la berlina fu spostata per ordine della Credenza (il consiglio dei reggitori comunali) ed appoggiata ai muri sul lato occidentale: qui ci viene mostrata ancora da un quadro della metà del ‘700, conservato nel Duomo, che mostra la facciata della chiesa e la parte settentrionale della Piazza al di sotto del trionfo del Beato Angelo Carletti, protettore della città. Con l’arrivo dei Francesi e delle idee rivoluzionarie nel 1798 la pietra venne rimossa come simbolo del passato regime e collocata alla periferia ovest di Chivasso, mentre nella piazza si innalzava l’albero della Libertà. La sistemazione dei giardini e della piazza d’Armi ai primi del ‘900 la trasformava in panchina, di fronte al Cinema Politeama. Riconosciuta come reperto d’interesse archeologico dalla Soprintendenza, veniva recuperata nel 1992 d’intesa con l’Amministrazione Comunale per essere sottoposto a studio e restauro.

Descrizione del ritrovamento:
Diversi elementi permettono di proporre come stele funeraria del VII-VI secolo a.C. la stele di Chivasso. Il monumento, pesante circa 1,5 tonnellate e ricavato da un grosso masso di gneiss di trasporto fluvioglaciale, doveva essere stato sbozzato sul posto e trasportato per una pur limitata distanza non senza difficoltà, probabilmente con rulli o slitte. Era in origine collocato eretto con un adeguato rinforzo alla base e tracce del limite di interramento sono visibili ancora oggi. Le grosse coppelle (incisioni circolari a profilo a conca), realizzate con strumenti metallici e rifinite con martelli di pietra sulla faccia anteriore (le due superiori sono state poi riempite di piombo nel 1499 per il fissaggio delle catene in ferro della berlina), si confrontano con analoghe incisioni su stele funerarie del VII-VI secolo, in particolare da Castelletto Ticino (NO). D’altra parte tutta la superficie appare accuratamente rifinita, con abbondanti tracce di bocciardatura che in alcuni punti sembrano seguire un andamento circolare o spiraliforme. Le dimensioni e la forma della stele, terminante a punta ed alta circa 4 m (per una sporgenza dal terreno di circa 12 piedi romani), richiamano analoghi reperti di Mazzè e di Lugnacco, a sottolineare una diffusione del tipo nell’area canavesana. La mancanza sinora di ritrovamenti in giacitura originaria obbliga a cercare al di fuori del Piemonte modelli interpretativi: nel Palatinato Renano (la regione di Heidelberg e Mannheim in Germania occidentale) stele identiche sono state rinvenute alla sommità di tumuli terragni rivestiti con grosse pietre databili a momenti avanzati della cultura di Hallstatt (VII-VI secolo a.C.). Tali tumuli risultano coprire sepolture plurime, a cremazione con spargimento delle ceneri o ad inumazione, caratterizzate da un corredo limitato per lo più ad oggetti metallici. Riferite a capi o a defunti eroizzati queste tombe rappresentavano un punto di riferimento ideale e culturale per tutta la comunità e ne marcavano il territorio come segno di prestigio e potere. In un certo senso l’interpretazione medievale della pietra di Chivasso come antico segno di confine tra diversi regni poteva reinterpretare uno dei significati di tali evidenze monumentali sul territorio, come appare dalla loro collocazione ricostruibile in posti eminenti ed in prossimità del corso dei fiumi. Il dato sembra confrontarsi con la presenza nel Piemonte nordoccidentale nell’età del Ferro della popolazione dei Salassi, che Catone riteneva affine al gruppo celtico nordalpino dei Taurisci: è probabile che questa popolazione sia penetrata in Canavese intorno al 600 a.C. dai valichi della Val d’Aosta, a partire dal Gran S. Bernardo, la cui importanza nella protostoria risulta ben documentata. Nel secolare spianamento delle ricche tombe monumentali dell’età del Ferro per lo sfruttamento agricolo del territorio, queste stele sembrano dunque costituire la principale testimonianza superstite della presenza di tombe a tumulo in Canavese prima dell’arrivo, dal V-VI secolo a.C., dei Galli e della diffusione dei modelli funerari tipici della cultura di La Tène.

Informazioni:
In un’aiuola tra Via Torino e Via Orti.

Links:
https://www.comune.chivasso.to.it/it/page/lapis-longus

Fonti:
Il testo è stato tratto nel 2004 da un depliant in distribuzione gratuita edito dal Lions Club Chivasso e redatto da F. M. GAMBARI della Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Fotografia da www.ilmonferrato.info

Data compilazione scheda:
18 agosto 2004 – aggiornam. giugno 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Federico Vigo – Gruppo Archeologico Torinese

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