Provincia di Novara

Carpignano Sesia (NO) : Chiesa di San Pietro

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Storia del sito:
La chiesa dedicata a San Pietro venne edificata nel castrum di Carpignano, forse inizialmente come cappella castrense, nella prima metà del secolo XI. Nel 1141, la chiesa passò ai monaci cluniacensi del priorato di Castelletto (oggi Castelletto Cervo – BI), per iniziativa dei conti di Biandrate. Tale situazione fu riconfermata dai papi Celestino II (1143 – 1144), Anastasio IV (1153 – 1154) e infine Lucio III, con una bolla emanata a Verona nel 1184, da cui si apprende che i cluniacensi in Carpignano possedevano anche altre chiese, nonché alcuni mansi, ossia aziende agricole con servi. Il priore di Castelletto poteva nominare i sacerdoti delle chiese che dipendevano da lui; quindi la vita religiosa e quella economica del paese erano in massima parte sotto il suo controllo.
Dopo una lenta decadenza tra il secolo XV e il secolo XIX, la chiesa di San Pietro venne sconsacrata e venduta a privati nella seconda metà dell’800, a seguito delle leggi di soppressione degli enti ecclesiastici del 1866 – 1867.
Solo in anni recenti è iniziata una lenta opera di recupero dell’edificio, passato nel frattempo in proprietà dell’amministrazione comunale.

Descrizione del sito:
L’area del monastero di San Pietro era piuttosto vasta e protetta all’interno delle mura del castrum e comunicava con l’esterno grazie ad un’apertura, posta a sud, nel muro di cinta verso quella zona chiamata “Arale”; un altro ingresso immetteva direttamente nel resto del castello dove, oggi, vicolo Carducci si incrocia con l’attuale via Castello. La chiesa conserva l’abside romanica, con lesene ed archetti.
I primi interventi di restauro hanno messo in luce preziosi affreschi del secolo XII, nei quali paiono evidenti influssi della pittura coeva della regione di Salisburgo.

Informazioni:
Via Manzoni 11 – Piazza G. Carducci, nel ricetto.
Per le visite, contattare l’Associazione “Amici del San Pietro di Carpignano Sesia”,  e-mail: amicidelsanpietro@gmail.com ; tel. 349 5928850.

Links:
http://www.comune.carpignanosesia.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=1045
http://www.amicidelsanpietro.info
http://www.fausernet.novara.it/~iccarpi/medioevo/Tour/pietro.htm
https://issuu.com/turismonovara/docs/carpignano_sesia  (storia e descrizione)

Bibliografia:
DESSILANI F., La chiesa di San Pietro e il castello di Carpignano Sesia, guida storica ed artistica, Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale della provincia di Novara, Novara 2011
ROSCI M. (a cura di), Rilettura degli affreschi del S. Pietro in Castello a Carpignano Sesia, Atti del convegno di studi “Signoria, popolamento e difesa tra la Sesia e il Ticino: il castrum di Carpignano nel Medioevo”, Carpignano Sesia, 2 settembre 1994,  A.S.A. Carpignano Sesia No, ASAC, 2000
VIGLINO DAVICO M., I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medioevale, Edialbra, Torino, 1978

Fonti:
Info e fotografie 1 e 2 dai siti sopra citati.
Vedi anche wikipedia da cui è tratta la foto 3.

Data compilazione scheda:
3 /12/ 2006 – aggiornam. marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Carpignano Sesia (NO) : Castello-ricetto

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Storia del sito:
Il castrum di Carpignano sorse su una superficie occupata precedentemente da costruzioni di epoca romana. Viene citato in una pergamena della metà del X secolo e poi nel XIII secolo. Nel XII secolo, ai tempi di Guido Di Biandrate, signore e feudatario del territorio, il castello di Carpignano era al suo massimo splendore: era cinto da alte mura in ciottoli disposti a spina di pesce legati da una forte malta, con all’interno la cappella castrense di S. Pietro, il mastio, la casa-torre e altre costruzioni. Per i Biandrate l’edificio era molto importante perché si trovava vicino ai guadi del fiume Sesia e lungo la Via Biandrina che portava alla Valsesia. L’importanza della famiglia sul territorio diminuì notevolmente dopo che furono annientati dal Comune di Novara; così anche il castello di Carpignano perdette di valore. Per alcuni anni il castrum venne dimenticato; si ritornò a parlarne in documenti che risalgono alla metà del Duecento, quando apparteneva alla famiglia dei Da Momo, che furono nominati feudatari della zona dal Vescovo di Novara nel 1211. Nel XIII secolo il castello venne restaurato e vennero utilizzate strutture difensive che rispondessero all’evoluzione dei metodi di guerra: il ponte levatoio, la “scarpatura” del mastio, la fortificazione di alcuni edifici nella zona del dongione e la grande torre a nord-est della struttura.
Nella seconda metà del XIV secolo il castello di Carpignano, passato al dominio dei Visconti, venne da loro stessi distrutto perché, nel caso fosse stato conquistato dai nemici piemontesi, questi ultimi non avrebbero potuto utilizzarlo come loro fortificazione. Il miglioramento delle condizioni economiche, l’aumento della popolazione e le difficoltà difensive all’inizio del XV secolo portarono i Visconti nel 1421 a concedere agli abitanti di ricostruire il castello distrutto. Si innalzarono le mura, si costruì il rivellino, ecc. Sempre in questo secolo, occupato tutto lo spazio edificabile all’interno delle mura, vennero sopraelevate le primitive caneve o celle del ricetto, trasformandole in abitazioni stabili. Sulle altre strutture si intervenne ben poco: nel 1711 si demolì quello che era rimasto dell’antico ponte levatoio; si iniziò il riempimento del fossato, intervento terminato soltanto negli ultimi anni del 1800. Una mappa del 1723 permette di identificare la planimetria del nucleo difeso, che comprendeva la chiesa di San Pietro.
Il castello-ricetto di Carpignano ha subito numerose demolizioni, soprattutto negli anni tra il 1950 e il 1960, che videro l’abbattimento della Casa della Credenza o Broletto Comunale.

Descrizione del sito:
Il cosiddetto “castello” di Carpignano, in realtà un ricetto, era di forma pseudocircolare  circondato da mura, diviso in due parti da Via Castello, con andamento est-ovest. A sud-ovest, la grande area della chiesa di San Pietro, sede della cappella castrense, con locali dell’antico monastero (vedi scheda); a nord quella del RICETTO dove i proprietari terrieri depositavano i loro raccolti nelle canee; non si sa con certezza se l’area a sud-est fosse di pertinenza del monastero o comunitaria.
Tratti delle MURA, costruite in ciottoli posti a spina di pesce, sono ancora visibili nella zona a nord di Via al Castello e sono stati inglobati in fabbricati posteriori.
Carpignano_sesia_planimetriaLa via d’accesso (Via Castello) ha la pavimentazione a ciottoli, sul suo lato destro si trovano brevi vicoli, che conducono al centro del RICETTO: di particolare interesse sono le case quattrocentesche di Vicolo San Martino e quelle  di Vicolo Castelfidardo n° 2 e 18. La sua architettura è simile a quella degli altri ricetti della zona (Ghemme, Candelo): gli edifici, chiamati caneve, sono piccolissimi e formati da due ambienti comunicanti utilizzati per lo più come magazzini, sopra un piccolo solario. Nel XV secolo l’aumento della popolazione portò a sopraelevare alcuni di questi edifici. In origine questo settore aveva una pianta quadrata più piccola di quella attuale; al suo interno fu costruito, verso la metà del Quattrocento, il broletto comunale demolito alla fine degli anni ’60 del 1900. Oggi rimane la Piazzetta della Credenza.
Si può individuare anche un’AREA FORTIFICATA: Il grande edificio alla destra dell’ingresso era il mastio, che dalle sue caratteristiche architettoniche sembra essere costruito fra il XIII e il XIV secolo. Probabilmente nel Duecento l’edificio era l’abitazione del feudatario; oggi sono ancora visibili le merlature. Proseguendo verso destra, lungo quello che un tempo era il fossato (l’attuale via della Fossa) si trova ciò che rimane dell’antica CASA-TORRE (non menzionata da alcun documento). Si può ipotizzarne qui, nell’angolo a nord-ovest, la sua costruzione, perché era il punto meno difeso dell’antico recinto, ma allo stesso tempo più aperto verso la campagna. Doveva essere un’imponente costruzione, con muri spessi costruiti con ciottoli disposti in una primitiva struttura a spina di pesce, non manca, però, l’utilizzo di materiale riciclato da edifici preesistenti.
Poco lontano, un EDIFICIO NOBILIARE, costruito nella seconda metà del XV secolo, è abbellito da finestre tardogotiche in cotto: questa sembra essere stata la residenza del notaio Mughetti, che abitò nel castello nella seconda metà di quel secolo.
Al limitare dell’antico nucleo, sulla strada che si apre nella piazza della Chiesa, si può notare sulla sinistra la Casa dei Cordonale (o Bordonante) che reca in facciata un affresco quattrocentesco, raffigurante una Madonna con Bambino con committente e S. Bernardino da Siena; tra i molti graffiti che deturpano l’affresco vi sono anche date riguardanti le piene del vicino fiume Sesia.

Informazioni:
Nel centro storico, Via Castello, Via della Fossa, Piazza Marconi. Pro Loco, tel. 348 9505670 o Comune, tel. 0321 824401 Al centro del perimetro un edificio a due piani conserva strutture murarie medievali e avanzi di una torre: presumibilmente era la residenza signorile.

Link:
http://www.comune.carpignanosesia.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=1046

Bibliografia:
DESSILANI F., La chiesa di San Pietro e il castello di Carpignano Sesia . guida storica ed artistica, Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale della provincia di Novara,Novara 2011
VIGLINO DAVICO M., I ricetti, difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medioevale, Edialbra, Torino, 1978
FIORI S., Il castello-ricetto di Carpignano Sesia: indagine critica, Carpignano Sesia, Associazione Storica Archeologica Carpignanese, 1987

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra indicato.

Data compilazione scheda:
5/12/2006 – aggiorn . marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – Gruppo Archeologico Torinese

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Cameri (NO) : Oratorio di San Biagio

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Storia del sito:
Costruita nella seconda metà del secolo XI. Nel corso dei secoli subì vari rimaneggiamenti: furono aperte diverse finestre rettangolari e un portoncino sul lato sud. Attualmente l’oratorio versa in stato di degrado.

Descrizione del sito:
È un edificio ad aula unica absidata, orientato. Il tetto in tegole poggia su un ordito di legno. La facciata è a capanna, l’abside è suddivisa in quattro settori da lesene collegate da archetti pensili. La muratura originaria, dell’XI secolo, è tuttora visibile ed è composta da laterizi e ciottoli disposti a spina di pesce
Sulle pareti interne sono parzialmente visibili alcuni affreschi. Il più leggibile raffigura san Biagio fra due personaggi. L’antica ancona, posta sopra l’altare, raffigura la Vergine in trono con il Figlio tra san Biagio e san Giovanni Battista. Interessanti e sicuramente più antichi gli affreschi parietali rimaneggiati nel corso dei secoli successivi.

Il santuario della MADONNA DI SAN CASSIANO sorge sull’area di un antico oratorio dedicato al santo vescovo già documentato nel 1012 e poi nel 1140; la chiesa attuale risale al Seicento e conserva un affresco quattrocentesco che raffigura la “Vergine in abito rosso con il Bambino”, posto dietro l’altare dopo essere stato strappato dal muro.
Nel territorio comunale di Cameri sorgono le CASCINE BOLLINI, documentate a metà del Duecento, che risultano fortificate con un castrum nel Trecento e con un ricetto alla fine del Quattrocento.

Informazioni:
Percorrendo la statale per Arona, subito dopo l’abitato di Veveri, sulla curva destra si imbocca uno stradino campestre e si giunge all’omonima cascina. Comune, tel. 0321 511611 o alla Parrocchia, tel. 0321 518158.

Link:
http://www.provincia.novara.it/Editoria/EditoriaDoc/oratori/cameri.htm

Bibliografia:
M.R. FAGNONI (a cura di), Alla scoperta di antichi Oratori campestri, Provincia di Novara, Novara. 2003

Fonti:
Notizie e fotografie dal sito della Provincia.

Data compilazione scheda:
23/ 1/2007 – aggiornamento marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Caltignaga (NO) : Resti della chiesa di San Lupo

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Storia del sito:
La località, già sede di un insediamento romano, è documentata nel 958 e abitata da una famiglia denominata De Caltignaga. Il castello è documentato nel 1014 mentre una CHIESA DI SAN LUPO è menzionata come proprietaria di beni in Caltignaga a partire dal 1074. Nessun dubbio che la citazione riguardi questa fondazione, l’unica nel novarese con tale dedicazione. La chiesa è frutto di almeno due distinti campagne costruttive: la parte inferiore che è da considerare come la più antica, è attribuibile alla fine del sec. X; la sopraelevazione e la costruzione del campanile alla fine del XI (o inizi del XII). Una terza fase di intervento sempre romanica, anche se ormai tarda, verso il Duecento, si evidenzia nella seconda sopraelevazione meglio visibile sul lato settentrionale. Documentazioni precise su più tardi interventi si hanno a partire dal 1590. Conservava a quella data un’abside ad emiciclo percorsa da crepe profonde. A destra, presso la facciata, era una cappella ottenuta in sfondamento di muro, dedicata a San Giuseppe. La copertura era un tetto a vista, fatto di coppi e di embrici. Il campanile era integro. Non subì ulteriori importanti modifiche fin verso il 1661 allorchè si registrano interventi di restauro: venne coperta di volte la navata centrale e fu rimosso l’antico cimitero. Solo più tardi, fra il 1696 ed il 1710, la chiesa assunse l’aspetto ancora oggi visibile; l’antica abside fu sostituita da un breve coro a pianta rettangolare, si decorò l’interno con cornici a stucco, furono fatti l’altare e la facciata. Tali lavori vennero eseguiti a cura dell’arcipretura di San Lupo che era soggetta ai feudatari del castello e venne soppressa nel 1780 con una bolla di Pio VI e i cui beni vennero devoluti alla Congregazione degli Oblati. La chiesa fu probabilmente confiscata sotto il regime napoleonico e venduta a privati.

Descrizione del sito:
La chiesa dedicata a San Lupo è ad aula unica, perfettamente orientata, si presenta come un edificio del sec. XVIII con avanzi protoromantici e romanici nel lato Sud, nel campanile e nel lato Nord.
Sul fianco sud i segni della prima fase costruttiva: la muratura, fino ad una certa quota, si presenta con caratteristiche di antichità ed è formata di frammenti di mattoni di recupero rozzamente sbozzati, misti a rari ciottoli, allineati con approssimazione in corsi orizzontali, legati da abbondante malta. Tale struttura continua anche alla base del campanile che le aderisce verso Est, e si interrompe più o meno al livello di quattro ampie monofore centinate, chiaramente appartenenti ad una seconda tornata di lavori. Fra la terza di queste finestre, sostituita da un’apertura barocca, e la quarta, rimangono, come elementi decorativi della prima costruzione, una coppia di archetti pensili, una lesena e un altro archetto interrotto, apparecchiati essi pure con cotto rozzo di recupero, messo di costa a raggiera. Superiormente la parete continua con tecnica completamente diversa e molto più evolute partizioni. Su un muro regolare di mattoni ben disposti orizzontalmente, legati da spesse commessure di malta si sviluppava in origine un ordine di quattro monofore centinate, ora tamponate. Una cornice continua di archetti pensili, sormontati da pochi corsi di mattoni, fa da coronamento. La fattura è molto accurata e il materiale appare ben scelto: gli archetti sono apparecchiati con pezzi di cotto smussato disposto in curva intorno ad un semicerchio pure in cotto; poggiato su una mensolina in laterizio a piramide rovesciata. Un mattone triangolare s’incunea regolarmente fra arco e arco.
La parte orientale dell’edificio è andata completamente distrutta: rimane la controfacciata Ovest con la muratura a vista formata di corsi di frammenti di tegole a spina di pesce alternati a filari di mattoni di recupero messi di taglio. Verso Ovest rimane anche, in parte tagliata, una monofora centinata su muro piano collocabile presumibilmente nella seconda fase costruttiva, sopra e a lato dell’abside originale.
Il lato Nord si presenta liscio, senza lesene o finestre, quasi completamente ricoperto da antico intonaco, sotto il quale si intravedono corsi regolari di mattoni inframmezzati ad altro materiale nascosto. E’ coronato da una cornice a dente di sega posta fra due filari di mattoni e appoggiata a mensoline a cuneo sgusciato. Questa cornice sembrerebbe indicare una terza fase di intervento costruita da un rinforzo della parete e da una ulteriore elevazione, ora nascosto all’interno da una controsoffittatura non praticabile. Coerenti all’edificio, a Sud-Est, si trovano tuttora i primi due piani del campanile, chiuso a Sud e parzialmente a Est da costruzioni spurie. Sul lato scoperto si individua una parte più antica presso la parete inferiore della Chiesa, che ha analoga muratura. Su un alto basamento liscio si sviluppa il primo ordine scandito da due arcate cieche, divise in origine da una larga e piatta lesena. Oltre, il secondo ordine è indicato da due svecchiature parallele coronate da archetti binati di aggetto pronunciato e di fattura piuttosto rozza, analoga a quella del coronamento del lato sud. Fattura similare presenta la parte scoperta del lato orientale, in cui compare, completamente intonacata, una monofora a spalle rette. Nella restante porzione contigua alla chiesa la parete è rifatta con mattoni molto regolari e ben disposti, con tecnica decisamente tarda.

Informazioni:
All’estremità sud-ovest del paese, allineata a un tratto di muro dell’antico castello. Via Giulio Cesare – Recinto Castello. L’edificio è di proprietà privata, ora usato come laboratorio artigiano. Info Parrocchia di Caltignaga tel. 0321 652858

Link:
http://www.comune.caltignaga.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=18453
http://www.ssno.it/html/arno/aromnov16.htm

Fonti:
Notizie dai siti sopra indicati. Foto in alto dal sito del Comune; foto in basso da http://novartestoria.files.wordpress.com/2012/06/caltignaga__antica_chiesa_di_s__lupo__aprile_2007_012.jpg

Data compilazione scheda:
17/1/2007 – aggiornamento marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Caltignaga (NO) : Oratorio di San Salvatore

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Storia del sito:
L’organizzazione pievana nella diocesi di Novara risale all’età Carolingia e culmina con gli episcopati franchi del IX secolo. Il territorio della Pieve di Dulzago agli inizi dell’XI secolo era delimitato a levante dal Ticino, a mezzogiorno dalla pieve di Novara e ad occidente da quella di Proh e comprendeva anche la chiesa di San Salvatore di Caltignaga. Secondo il Verzone l’edificio è databile all’ultimo quarto dell’XI secolo. La prima menzione esplicita della fondazione è del 1074. Nelle Consignationes del 1347 si viene a conoscenza che San Salvatore aveva un preposito e due chierici beneficiari. Nel 1476, venne affrescata da Giovanni De Campo e dalla sua bottega, artista operante nel novarese tra il 1440 ed il 1483.

Descrizione del sito:
L’oratorio, orientato secondo la tradizione con l’abside a levante, è ad aula unica. La pianta si presenta a forma trapezoidale molto accentuata (cm 654 e cm 512) conclusa da un catino absidale semicircolare. La facciata, senza decorazione, mantiene la forma a capanna su cui è stata ricavata una finestrella a croce posta immediatamente sotto la trave di colmo. La posizione di questa trave non proprio corretta dal punto di vista statico-costruttivo induce alla supposizione di un rilassamento nel tempo della copertura, del resto confermata all’interno dalla bassa controsoffittatura lignea, coprente parte degli affreschi dell’arco trionfale (Annunciazione). Questo intervento di rimaneggiamento della parte superiore delle pareti laterali ha comportato la demolizione di una probabile cornice con archetti.
La porta di ingresso presenta un architrave curvo di epoca secentesca che ha modificato la lunetta originale. Sotto la finestrella a croce, leggermente spostata a destra, è stata ricavata in epoca settecentesca una finestrella a profilo rettangolare. La muratura del fianco sud, scarsamente leggibile per gli strati di intonaco sovrapposti in epoche successive, si presenta liscia, senza lesene ed archetti, con una sola finestra cinquecentesca in origine contornata da una fascia di intonaco “fino” bianco. Questa finestra è stata ridotta successivamente nella parte inferiore. All’altezza del presbiterio una porzione di arco in mattoni ben disposti denuncia l’esistenza in origine di una porta, murata probabilmente nel XV secolo. Su questo fianco non si denotano tracce del campanile i cui ultimi resti crollarono tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Sul fianco settentrionale è ben visibile l’apparato murario costituito da materiale vario: ciottoli, frammenti di laterizio disposti disordinatamente su spessi strati di malta e alternati da corsi regolari di mattoni di reimpiego. Dalle parti di intonaco staccatesi dalla facciata si nota come la muratura di questa parete sia costituita da corsi orizzontali di mattoni alternati a strati di ciottoli disposti a spina di pesce anche questi annegati in spessi letti di malta.
L’abside, ampia e piuttosto tozza, presenta alla base un robusto basamento e la parte superiore è coronata da una serie di archetti pensili molto irregolari poggianti su rozze mensoline cuneiformi. Su questa parete in origine si aprivano tre monofore a doppio strombo con piano orizzontale e apertura architravante. Le due laterali sono ancora esistenti mentre la terza, posta al centro del catino absidale, è solo leggibile sotto l’intonaco esterno poiché la parte interna è stata murata intorno al 1476, in occasione della realizzazione del ciclo di affreschi.
L’interno dell’oratorio rispecchia la semplicità del suo impianto con l’abside preceduta da una breve volta a tronco di cono che si innesta su spalle leggermente divergenti in modo da creare un arco trionfale. Il livello del presbiterio è differenziato da un basso gradino.

Gli AFFRESCHI. Solo il primo riquadro sulla parete di sinistra, verso il presbiterio, in cui sono raffigurati la Madonna in trono con Bambino tra angeli e ai lati san Rocco e san Pietro, appare più tardo e di mano diversa.
Il ciclo del De Campo inizia sulla stessa parete con un san Francesco che riceve le stigmate (l’iconografia è riconducibile a quella proposta da Giotto nella cappella dei Bardi nella chiesa di Santa Croce). Conclude la parete il riquadro con san Biagio vescovo.
Ai lati dell’arco trionfale, nella collocazione tradizionale, è raffigurata l’Annunciazione: a sinistra l’Arcangelo Gabriele, a destra la Vergine, purtroppo molto danneggiati. Nell’intradosso dell’arco, a partire dalla base di sinistra, è dipinta una Madonna in trono con Bambino dove la ricchezza decorativa delle vesti e del trono ricordano i modi dello stile cortese. Segue una sequenza di eleganti edicole trilobate di colore rosso mattone ove sono collocati a mezzo busto, su un fondo azzurro, Re Davide, i quattro Dottori della Chiesa (san Girolamo, san Gregorio Magno con la colomba sulla spalla, sant’Ambrogio con il flagello, sant’Agostino) ed infine il profeta Isaia.
Nel catino è rappresentata la maestà di Cristo come Lux mundi. Nell’elegante contorno della mandorla, realizzata con i colori dell’arcobaleno, compaiono quattro medaglioni con il monogramma di Cristo nella formulazione grafica divulgata da Bernardino da Siena. Sul lato di sinistra della mandorla è posto sant’Andrea che regge la croce e, davanti al santo, un offerente e degli storpi, mentre a destra è raffigurato san Pietro con poveri e derelitti. Il registro sottostante si apre con san Giovanni Battista; segue la figura di santa Caterina d’Alessandria. Nel riquadro successivo è dipinto san Dionigi, Vescovo di Milano. Il santo reca le insegne episcopali e davanti a lui si intravede una figura molto danneggiata e pertanto non identificabile. Segue san Nazzaro raffigurato come un giovane con la spada ed eleganti abiti di corte secondo il modulo tardo gotico. Al centro dell’emiciclo una suggestiva Deposizione di impostazione arcaica. Il riquadro a destra della deposizione comprende i santi Secondo e Gerolamo. Gli ultimi due riquadri rappresentano ancora santa Caterina d’Alessandria con un offerente. Conclude il ciclo pittorico del catino absidale il dipinto della Madonna con Bambino e sant’Anna; di questa opera molto danneggiata restano solo i tre volti, mentre la parte sottostante è andata perduta.
L’altare in muratura era a sua volta affrescato e presentava in origine un Cristo in pietà successivamente coperto da una decorazione del tipo a tappezzeria. Sulla mensa è collocata un interessante dorsale su cui figurano una Crocifissione tra i santi Bartolomeo e Bernardino da Siena a sinistra e san Francesco d’Assisi e san Zeno a destra.

Informazioni:
All’interno al Cimitero di Caltignaga. Parrocchia, tel. 0321 652858

Link:
http://www.comune.caltignaga.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=976

http://www.provincia.novara.it/Editoria/EditoriaDoc/oratori/caltignaga.htm

Bibliografia:
M.R. FAGNONI (a cura di), Alla scoperta di antichi Oratori campestri, Provincia di Novara, Novara. 2003
F. PORTALUPPI, San Salvatore di Caltignaga, Università degli Studi, Pavia, Facoltà di Ingegneria, 1998
P. VERZONE, L’architettura romanica nel novarese, Tip. Cattaneo, Novara, 1935-1936

Fonti:
Notizie e fotografie dai due siti sopra indicati.
Altre fotografie da novartestoria.wordpress.com

Data compilazione scheda:
14/1/2007 – aggiornam. marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Caltignaga (NO) : Castello

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Storia del sito:
Il toponimo Calteniaga compare per la prima volta nelle carte novaresi per indicare il locus e il vicus nel febbraio 958 ove vivevano due gruppi parentali, discendenti da Ildeprando e da Ribaldo de Calteniaga. Esisteva un castello che, dai documenti del 1044 e 1068, apparteneva a più proprietari: la famiglia del diacono Taleso, il Vescovo di Novara e i da Caltignaga, con un ramo che aveva preso il nome di Gonfalonieri perché in battaglia reggeva il vessillo della Chiesa Novarese. Mancano documenti sino al 1347; in questi anni la famiglia dei Gonfalonieri aveva perso quasi tutta la sua potenza politica ed economica. Chi comandava allora nel villaggio e nel castello era la famiglia novarese dei Caccia, a cui spettava il patronato e l’avvocazia sulla chiesa di San Lupo (vedi scheda) entro la fortificazione e che possedeva ingenti quantità di campi sul territorio. Il castello era in quel momento in rovina, (nei documenti citato come “castellatio”); un fossato attorniava la fortificazione, mentre un’altra fossa difendeva il villaggio.
Giovanni Caccia, sotto il governo di Filippo Maria Visconti, era stato nominato castellano della rocca di Pavia e ivi si era trasferito con i suoi otto figli; ma nel 1447 la famiglia si era già schierata con Francesco Sforza che, dopo alterne vicende, nel 1449, concesse ai Caccia terre e feudi in Caltignaga e località vicine, riconfermandole nel 1452. Caltignaga era in questo modo separata da Novara e poteva reggersi con un proprio podestà, nominato dai feudatari.
A metà del XV secolo i Caccia poterono pensare di edificare una dimora “bella e onorevole” entro l’antico e rovinato castello di Caltignaga, iniziando a ricomporre il mosaico delle molte proprietà in poche mani e su di una superficie compatta costruire una rocca secondo i dettati dell’architettura militare allora in uso. Nel 1450 Azzo Caccia si sistemò nella fortezza, mentre il feudo fu tenuto da suo nipote Tommaso. La prima attestazione di presenza della rocca o arce risale al 22 maggio 1492: in essa aveva residenza Matteo Caccia da Marignano, nel vetusto castello invece continuarono ad abitare gli altri rami familiari del casato.
Negli anni di guerre violente tra Francesi e Sforzeschi, i Caccia erano schierati per ragioni politiche ed economiche con i transalpini. Nel 1513, dopo la battaglia dell’Ariotta, gli Sforzeschi presero possesso del feudo di Caltignaga, abbandonato dai Caccia che riuscirono a rientrarne in possesso nel 1515. Nel 1524, avendo i Caccia cambiato alleati, l’esercito del generale Bonnivet, assediò ed espugnò la rocca, poi, dopo averla saccheggiata, la incendiò. La ricostruzione avvenne sotto il dominio spagnolo; nei secoli seguenti il feudo e il castello vennero divisi. Un documento del 1724 descrive il castello, riattato da Giovanni Francesco Caccia, e la descrizione è simile a quella eseguita dall’ing. Nigra nel 1937. Il castello, dopo vari passaggi ereditari, è tuttora di proprietà privata.

Descrizione del sito:
La facciata presenta una torre centrale e due corpi laterali. La fronte di ponente porta ancora l’intera merlatura originale del XV secolo e in essa sono aperte due belle finestre a sesto acuto incorniciate in terracotta con davanzali e archetti trilobati.
La torre si erge maestosa a difesa della porta, che aveva imposte giranti sopra grossi cardini di ferro risvoltati verso il basso. La torre reca i segni dei bolzoni del ponte levatoio e sembra essere stata sopraelevata.
Nei due angoli opposti del cortile furono aperti nel secolo XVI due portici con archi portati da colonne di pietra, aventi capitelli dello stesso secolo. Essi sono coperti da volte a crociera. Un fossato circondava la rocca e ancora adesso, benché asciutto, lo separa verso mezzogiorno da una sua dipendenza del XV secolo.

Informazioni:
Il Castello è di proprietà privata.  Comune, tel. 0321 652114

Link:
http://www.comune.caltignaga.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=978

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra citato.

Data compilazione scheda:
24/1/2007 – aggiorn. marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Caltignaga (NO) : Acquedotto romano

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Descrizione del sito e dei ritrovamenti:
Le tracce dell’acquedotto romano di Novaria (Novara) sono visibili nell’area di Caltignaga, a ca. 7 km dalla città, sulla statale N. 229 (antica via Settimia), che porta verso il lago d’Orta e l’Ossola.
Il muro di base che sostiene il canale emerge dall’attuale piano di campagna; la struttura, larga ca. 1,90 m, è in muratura a sacco con paramento in ciottoli e copertura presumibilmente in lastre di pietra; il piano di scorrimento del condotto è realizzato in mattoni sesquipedali, mentre le sponde sono in ciottoli intonacati da calce di vario spessore (maggiore su fondo e angoli per far fronte all’attrito e impedire il deposito di sedimenti).
Per motivi ignoti, forse difensivi, il condotto è stato riempito in tempi posteriori con un getto di malta e ciottoli che fuoriesce dalle dimensioni dello speco.
Probabilmente alimentato dalle acque dell’Agogna, si ritiene che la maggior parte del suo percorso si svolgesse lungo l’attuale strada Caltignaga-Novara e che in prossimità del centro urbano un sistema di condutture su arcate, analogo a quello di Acqui Terme-Aquae Statiellae, gli consentisse di superare i dislivelli del territorio.
Si ipotizza anche che in città l’acqua venisse convogliata in buona parte verso le terme pubbliche, stando al rinvenimento di cospicui resti di strutture, forse pertinenti a più complessi termali, pubblici e privati, quali tubi di piombo, suspensurae inerenti a hypocausta, frammenti marmorei, pavimentazioni musive e tracce di una sala absidata, probabilmente connessa a un calidarium (v. nota).
A tutto questo si aggiungono due documenti epigrafici, attestanti l’uno (del I sec.) il dono e l’altro (di età post-adrianea) il restauro di ambienti termali.
Inoltre, resti di condutture fittili e plumbee, in particolare nei pressi delle mura, testimonierebbero l’esistenza di un sistema fognario a completamento del complesso di approvvigionamento idrico.

Nota: nel mondo romano la tecnica fondamentale di riscaldamento degli ambienti era basato sulla circolazione dell’aria calda sotto i pavimenti, che avveniva appoggiando il piano di calpestio dei pavimenti su pilastrini (suspensurae) in modo da formare un’intercapedine (hypocaustum). Il calidarium era un ambiente termale a temperatura elevata.

Informazioni:
Strada Statale 229 (Novara-Omegna), lungo la sponda nord del canale Maioni, in località Molino di Isarno.

Link:
http://www.comune.caltignaga.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=18796

Bibliografia:
E. PANERO, La città romana in Piemonte – Realtà e simbologia della Forma Urbis nella Cisalpina Occidentale, Cavallermaggiore (CN) 2000, pp. 205-207
G. SCALVA, Gli acquedotti, in “Archeologia in Piemonte”, Torino 1998, vol. II, “L’età romana”, p. 96

Fonti:
Notizie e fotografia dal sito sopra indicato.

Data compilazione scheda:
28/01/2007 – aggiornamento marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Marina Luongo – G.A. Torinese

Caltignaga – Sologno (NO) : Oratorio dei Santi Nazaro e Celso

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Storia del sito:
La chiesa, dedicata ai martiri milanesi del IV secolo, Santi Nazaro (o Nazzaro o Nazario) e Celso, nel trecento era una delle cappelle dipendenti dalla pieve di Dulzago. Nel 1461 venne affrescata da Giovanni e Luca De Campo, pittori operanti in area novarese e valsesiana tra il 1440 e il 1483. Alla fine del sec. XVI faceva parte della Parrocchia di Santa Maria di Caltignaga. Nel 1597 venne eretta chiesa autonoma, ma non ebbe mai dignità parrocchiale ed era già definita “campestre”. Nel 1589, anno in cui Sologno divenne parrocchia autonoma, tale dignità fu conferita alla chiesa di Santa Margherita Egiziaca e San Nazzaro e Celso divenne soltanto cappella cimiteriale.
Per il tipo di muratura arcaica, la costruzione è stata attribuita alla fine dell’XI secolo.

Descrizione del sito:
L’edificio è orientato, secondo la tradizione, con la facciata a ovest, a pianta leggermente trapezoidale (i lati minori misurano cm 577 e cm 504); è a nave unica chiusa da abside semicircolare con calotta sferica e coperta da un tetto in coppi sistemato da quattro incavallature lignee. La facciata mantiene la forma a capanna e si presenta intonacata con al centro una porta con archivolto in parte intonacato ed in parte costituito da mattoni a vista molto definiti e ben disposti. Sopra la porta, leggermente disassato, è stato aperto in epoca barocca un oculo ellissoide. Per la diversità della muratura costituita da mattoni disposti in modo regolare, si può presumere che la facciata sia stata rifatta successivamente nel XV secolo.
Ai lati dell’ingresso permangono piccole tracce di affreschi probabilmente coevi a quelli ancora esistenti all’interno. Il lato meridionale presenta il paramento originario in cotto, composto da corsi di mattoni disposti orizzontalmente sui letti di malta, alternati da frammenti di tegole messi a spina di pesce, poco inclinati e legati con giunti di malta non stilata. Le lesene, leggermente pronunciate, suddividono la parete in cinque scomparti praticamente uguali (cm 157-160) che in origine erano collegate da gruppi di quattro archetti pensili dei quali sopravvive solamente qualche peduccio abraso. La porzione terminale della parete sinistra, (cm 391) verso la facciata, risulta di maggiori dimensioni e viene ritenuta un intervento successivo, probabilmente di epoca tardo romanica: è costituita da una muratura di mattoni disposti orizzontalmente, diversa dal restante paramento, e presenta un ispessimento che fa supporre possa trattarsi di un frammento di parete del campanile a base rettangolare ancora esistente agli inizi del XVII secolo. Tra la terzultima e penultima lesena è ancora visibile il profilo di una porta con archivolto formato da rozzi mattoni disposti a raggiera e legati da spessi strati di malta; la porta fu murata verso il 1890. Sopra esiste una monofora a strombo con tracce di archetto soprastante. Sulla parete figurano quattro finestre di cui tre tamponate. L’unica apertura sopravvissuta, di piccole dimensioni, è quella più vicina all’abside; le altre due più ampie, nei comparti successivi, corrispondono a due riquadri intonacati, in precedenza utilizzati come supporto di due dipinti raffiguranti rispettivamente San Bernardo da Aosta e una Madonna col Bambino, come risulta dalla documentazione fotografica del 1920. La quarta finestra più ampia, ad arco ribassato e ubicata presso la facciata, è a sua volta tamponata, ma ancora chiaramente leggibile dall’interno della chiesa. Nella campata adiacente all’abside, quasi sotto la gronda, sono evidenti due archetti a raso muro disposti l’uno accanto all’altro e costituiti da cocci di mattoni di reimpiego messi attorno ad un frammento di laterizio, probabilmente un elemento di colonna romana. Nel paramento soprastante a questi archetti sono murati alcuni mattoni circolari forse suspensurae romane. La parete settentrionale si presenta scandita da leggere lesene disposte simmetricamente a quelle del fianco sud, ma non rivela tracce di aperture. Il tratto conclusivo della parete verso la facciata, fino ad una altezza di circa cm 350, è formato da ciottoli di fiume e da frammenti di pietre di recupero messi irregolarmente su spessi giunti di malta. La parte superiore riprende il paramento spinato formato da corsi di mattoni collocati orizzontalmente e alternati da frammenti di tegole disposti a spina di pesce e conserva tracce di archetti pensili. Sullo spigolo di ponente è ben visibile la muratura di mattoni corrispondente allo spessore del muro di facciata, non immorsata con quella laterale e segnata da una profonda lesione verticale.
L’abside semicircolare, è rinforzata da due alti contrafforti ai lati e da uno basso nella parte centrale, tutti di mattoni pieni, realizzati in epoche diverse. Larga e tozza, è priva di zoccolatura rilevata ed è suddivisa da piatte lesene in cinque campiture coronate ciascuna da tre archetti pensili di discreta fattura, senza peduccio, ma terminanti a punta smussata. L’apparato murario, visibile in corrispondenza di alcuni distacchi di intonaco, sembra anch’esso costituito da laterizi di reimpiego come nelle altre pareti.

Gli AFFRESCHI. LA PARETE SINISTRA. Partendo dall’ingresso si notano alcuni frammenti di affreschi: la Madonna in trono con il Bambino. Segue una Natività: al margine di sinistra è raffigurato san Giuseppe seduto e appoggiato al bastone mentre osserva Maria che tiene in grembo un libro; al centro della scena Gesù Bambino è collocato in una cesta; a destra una donna lava il Bambino e una fanciulla regge un panno. Nel terzo riquadro è raffigurata la Madonna del latte come una giovane donna in abiti damascati con la corona sul capo mentre allatta. Segue san Biagio Vescovo. Da notare, fra i particolari ricorrenti nella pittura che contraddistingue l’opera dei De Campo, il modo di raffigurare le aureole: trattate a pastiglia, com’è tipico della pittura tardo-gotica, presentano un cerchio esterno inciso contenente per lo più dei dischetti e verso l’interno due cerchi incisi delimitano la parte campita da un successione di archetti disposti a raggiera.
Nel riquadro successivo è rappresentato san Bernardino da Siena nell’atto di compiere un miracolo; un riquadro più grande comprende i santi Sigismondo e Bartolomeo con un nobile committente inginocchiato. Successivamente si dispongono san Sebastiano e san Fabiano. Il primo è vestito da cavaliere con la spada al fianco e tiene in mano le frecce simbolo del suo martirio. Viene raffigurato per la seconda volta su questa parete san Bernardino da Siena; nel secondo riquadro san Rocco, con il bastone ed il mantello corto del pellegrino, e san Francesco mentre riceve le stimmate. Conclude la parete il riquadro con san Nazzaro raffigurato come un giovanetto con indosso un’armatura mentre tiene in mano la spada con la quale fu decapitato e il vessillo a fiamma. Poi per la terza volta, un affresco con san Bernardino, a conferma del suo culto ampiamente diffuso nel novarese.
Il CATINO ABSIDALE è diviso in tre registri: nella calotta è rappresentata la maestà di Cristo inserito in una mandorla dai colori dell’arcobaleno e con quattro medaglioni con il trigramma di san Bernardino; attorno al Cristo pantocrator sono i simboli dei quattro evangelisti. Ai lati i santi Nazzaro e Celso, titolari della chiesa: i due santi sono raffigurati come due giovani con la spada ed eleganti abiti di corte. Inginocchiato davanti a san Nazzaro il committente mentre regge il cartiglio che porta una lunga dicitura con le informazioni relative all’identità del committente ed alla data di esecuzione dell’opera: “hoc opus fecit fieri ds presbiter Jacobinus De Frano rector et beneficialis ecclesie Sancte Marie de Caltignaca et Sanctotum Nazzari e Celsi de Solomnio MCCCCVXI de mense sectembris”.
Nel secondo registro sono affrescati i dodici Apostoli. Nel terzo registro, nella parte inferiore, sono dipinte le sette opere di misericordia corporale disposte in riquadri orizzontali da sinistra a destra, con scritte esplicative. Il ciclo di Sologno è il primo eseguito dal pittore in sostituzione della più antica iconografia delle rappresentazioni dei mesi.
Ai lati dell’arco che inquadra l’abside è affrescata, nella collocazione tradizionale, l’Annunciazione.
L’antico altare in muratura è a sua volta affrescato e presenta nel lato verso i fedeli un Cristo in Pietà tutto segnato dalla piaghe della flagellazione ed infatti proprio i flagelli pendono ai suoi lati dai bracci della croce.
La PARETE DESTRA. Nel primo riquadro si possono notare tracce di una figura di cui è visibile il volto di un frate (san Francesco?). Segue un frammento con la parte inferiore di un santo scalzo con bastone, mentre la parte superiore è andata distrutta a seguito dell’apertura di una finestra in epoca seicentesca. Nella parte sottostante dell’opera è stato successivamente aggiunto un dipinto probabilmente un dorsale di un altare. Anche se fatiscente si possono notare al centro Gesù Crocifisso tra Maria e san Giovanni Battista ed ai lati san Bernardino da Siena con le tre mitrie nell’atto di trarre in salvo una fanciulla da una fontana e a destra i santi Francesco e Nazzaro. Nel terzo riquadro è presentato san Marcello I papa. Conclude il ciclo la Madonna in Trono con Bambino, tra san Gregorio Magno e san Defendente (martire della legione Tebea, raffigurato in abiti di cavaliere con la spada al fianco). La controfacciata, intonacata fino all’imposta delle capriate, non mostra apparentemente tracce di decorazione.

Descrizione dei ritrovamenti:
Nella frazione di Sologno è stata scoperta una necropoli utilizzata dal I al VII sec. d.C. con tombe a cappuccina e a fossa in terra, fornite di semplici corredi. Nella necropoli vi è un grande recinto funerario in ciottoli e malta di 7 x 6,2 m di lato, all’interno del quale si trova la base di un’ara.

 Informazioni:
All’interno del Cimitero della frazione Sologno, Via Piemonte. Parrocchia di Sologno tel. 0321 653907

Link:
http://www.comune.caltignaga.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=977

Bibliografia:
F. PORTALUPPI, L’oratorio dei santi Nazzaro e Celso di Sologno, Università di Pavia, Facoltà di ingegneria, 1930, Pavia, ristampa 1997

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito sopra indicato.
Altre fotografie da novartestoria.wordpress.com

Data compilazione scheda:
16/1/2007 – aggiorn. marzo 2014 e giugno 2024

 Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Caltignaga – Morghengo (NO) : Chiesa di San Martino

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Storia del sito:
Non si conosce la data di fondazione di questa parrocchia, probabilmente nel X-XI secolo. La località compare una volta indirettamente in un documento del 1188; si sa che fu oggetto delle aggressioni dei milanesi nel 1156. La chiesa di San Martino è nominata solo molto più tardi: dalle “Consignationes” del 1347 si sa che era beneficio di un Antonio Brusati a cui rimase almeno fino al 1365. Nel 1468 era ancora giuspatronato della famiglia Brusati.
La costruzione non sembra aver subito modificazioni sostanziali fino alla fine del 1300, quando venne addossata all’abside settentrionale una piccola sacrestia, tuttora esistente, e venne coperta da volte e decorata con affreschi.
Verso il 1619 si iniziò la cappella del battistero, rimasta incompleta almeno fino al 1761. Fra il 1661 ed il 1678 furono demolite le absidi laterali, chiuse poi da pareti diritte, a cui vennero addossati i nuovi altari. Intorno a quel periodo venne forse costruita la sacrestia nuova, a mezzogiorno e un portico d’ingresso, ora distrutto, di cui rimangono alcuni resti di colonne nell’adiacente giardino. Nel 1912 venne restaurata la facciata, già decorata da un affresco. Del 1900 è il campanile e la decorazione pittorica interna, mentre ad epoca imprecisata risale il sottotetto che copre tutta la navata meridionale e la zona presbiterale.
Laura Gavazzoli Tomea ha descritto in San Martino elementi architettonici protoromantici tra i più antichi del novarese, sicuramente riferibile alla fine del X secolo.

Descrizione del sito:
La chiesa di San Martino era ubicata fuori dalla cinta muraria dell’abitato di Morghengo: è un edificio in parte isolato e in parte chiuso entro il recinto di una costruzione già adibita a casa parrocchiale.
La chiesa ha un impianto basilicale: l’interno è suddiviso in tre navate di quattro campate ciascuna, spartite da ampie arcate a tutto sesto sostenute da massicce colonne cilindriche. La zona presbiteriale si distingue per la presenza di pilastri composti da due semicolonne di diversa altezza appoggiate, in senso longitudinale, a un corpo rettangolare. La conca absidale rimasta ha, intorno all’arco, una resega che si annulla nel muro scendendo verso terra. La muratura sia interna che esterna è composta quasi esclusivamente da frammenti di tegoloni, di diverso colore e consistenza, misti a rari pezzi di mattoni disposti in corsi a spina di pesce.
Della fine del XIV secolo vi sono ancora su di una colonna dei frammenti di una discreta pittura raffigurante la Madonna del Latte. Un affresco, datato 1400, è visibile sopra un pilastro. Altri, ora ricoperti, sono testimoniati nella navatella sinistra, presso l’ingresso.

Luogo di custodia dei materiali:
Nel muro meridionale della chiesa è inserito un sarcofago di granito e dal medesimo edificio proviene un cippo votivo con dedicazione ad Ercole, ora conservato a Novara.

Informazioni:
In frazione Morghengo. Info:  Parrocchia di Sologno tel. 0321 653907

Link:
http://www.comune.caltignaga.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=18452

Bibliografia:
BARLASSINA G. ; PICCONI A., Le chiese di Novara: guida storico-artistica, Tip. S Gaudenzio, Novara, 1933
GAVAZZOLI TOMEI M.L. (a cura di), Novara e la sua terra nei secoli XI e XII: storia, documenti, architettura, Novara, Palazzo del Broletto, 15 maggio-15 giugno 1980, Silvana Editoriale, Milano, 1981

Fonti:
Notizie e fotografie dal sito del Comune.

Data compilazione scheda:
15/1/2007 – aggiornamento marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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Caltignaga – Morghengo (NO) : Castello

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Storia del sito:
L’insediamento umano era antichissimo, anche se le fonti scritte non risalgono oltre il XII secolo: a Morghengo all’epoca vi era un castello con accanto case ed edifici rustici, cascine nella campagna, due mulini, un forno, una segheria alimentata ad acqua, almeno due chiese, una dedicata a San Giacomo e l’altra a San Martino (vedi scheda). Il tutto era racchiuso in un cerchio di mura (se l’espressione “in terra murata” non va intesa restrittivamente riferita al solo castello). La prima notizia certa del castello è la sua conquista da parte dei Milanesi nel giugno 1156.
La famiglia novarese dei Brusati, potente e ricca, fu presente per molti secoli nella storia del castello e del paese, ma è possibile seguirne le vicende a partire dal Trecento, quando la casata era ormai divisa in numerosi rami che si erano moltiplicati in modo vertiginoso continuando a dividere il patrimonio originario con la conseguenza di un vero tracollo economico. Mancavano pertanto i capitali per ristrutturare le loro case e la loro fortezza in Morghengo. Nel castello esistevano nel 1435 ampie rovine, costruzioni basse, cantine e magazzini, nonché un numero enorme di piccole quote di proprietà, che rendeva difficilissima ogni iniziativa di trasformazione. A ciò si opponevano anche le leggi dei duchi di Milano, che vietavano ai proprietari di parti di fortificazione di vendere i beni senza il permesso della Cancelleria statale. Comunque nel corso del XV e del XVI secolo vennero eseguiti alcuni lavori di ristrutturazione e recupero dei beni. Nel 1468 un documento testimonia che vi era “una casa nella rocchetta di Morghengo, fatta di muro e coperta di coppi, insieme al fondamento del torrione e a una parte del fossato; un terreno con rovine nel castello, dove un tempo vi era stato un casone, cioè un edificio di fango e di paglia con diritti sul fossato e sul torrione della rocca; una casa in muratura e coperta di coppi, con cortile, aia, orto e cascina coperta di coppi, e colombaia e il fondamento di un torrione nel castello”. Nella fortezza si lavorava e sembra di capire che il torrione oggi superstite altro non sia che il torrione della rocca, citato in questo documento, da cui si desume anche la fase costruttiva di altre due grandi torri, probabilmente angolari.
Nel 1467 il duca di Milano vendette ad Alpinolo Casati i diritti di giurisdizione, i dazi e i proventi fiscali su Morghengo, che fu dichiarato terra separata dal distretto di Novara. Da quel momento i Casati ebbero diritto a nominare un podestà per amministrare la giustizia, ma non vollero mai interessarsi della fortificazione. La rocca fu posseduta prima del 1488 da Alberto Brusati e poi dai suoi figli, Giacomo e Bernardo; nella restante parte del castello abitavano gli altri appartenenti al nobile casato. Alla metà del Cinquecento la rocca fu acquistata dal capitano Florio Tornielli, che vi stabilì la propria residenza per poter meglio amministrare i suoi beni nei vicini villaggi. La presenza di un estraneo, non integrato nelle tradizioni di famiglia, diede origine a liti relative ai diritti d’acqua. I vari proprietari procedettero a restauri e rimaneggiamenti degli edifici. I Tornelli, nel 1607, preferirono vendere a Gian Francesco Caccia “tutti i beni esistenti in Morghengo e San Bernardino, compresa la rocca nuova e quella vecchia di Morghengo”. Antonio Casati morì senza eredi nel 1598 e il feudo, che dal 1596 godeva della dignità di contea, fu acquistato nel 1614 da sua sorella Margherita col marito Gerolamo Talenti-Fiorenza. Il territorio fu possesso dell’Austria sino all’Unità d’Italia. Il castello, allora di proprietà della famiglia Panza, fu ristrutturato e in parte liberamente ricostruito all’inizio del 1900.

Descrizione del sito:
Dell’antico Castello di Morghengo, entro un ampio parco, recintato da muretto, si innalza un torrione quadrangolare sormontato da una robusta merlatura su cui poggia direttamente il tetto. Alla base si apre la grande porta carraia, affiancata dalla postierla pedonale, mentre sul muro sovrastante sono visibili le sedi dei bolzoni che alzavano un tempo il ponte levatoio.
Sul lato nord, riparato dai merli, corre il cammino di ronda con le caditoie, manufatto autentico del Quattrocento.
Attorno si dispongono ordinatamente in forma di villa signorile, con loggetta e graffiti, gli edifici realizzati nel primo Novecento.

Informazioni:
Frazione Morghengo di Caltignaga. Il castello è di proprietà privata.  Comune di Caltignaga tel. 0321 652114

Link:
http://www.comune.caltignaga.no.it/ComSchedaTem.asp?Id=18451

Fonti:
Notizie e fotografie tratte dal sito del Comune di Caltignaga.

Data compilazione scheda:
24/1/2007 – aggiornam. marzo 2014

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Angela Crosta – G.A.Torinese

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