Albugnano – Vezzolano (AT) : Santa Maria
Storia del sito:
Il primo documento noto che si riferisca alla Prepositura di Vezzolano è l’investitura del 27 febbraio 1095, nel quale i firmatari del documento investono Teodulo, detto Fausto ed Egidio, ufficiali della chiesa di Vezzolano, dei beni che aveva e che avrebbe avuto. Tutto lascia credere che Vezzolano sia nata come canonica di castello, fondata da un consorzio di famiglie locali (un consortile) sui loro possessi. Nulla vieta l’esistenza di una chiesa prima del 1095, ma di essa non resta traccia se non nella leggenda della fondazione ad opera di Carlo Magno. Nel 1159 Federico Barbarossa prende sotto la sua protezione la chiesa ed il luogo di Vezzolano. Sul finire del secolo XII era una delle più ricche e rinomate prepositure piemontesi ed è in quest’epoca che vengono eseguite le maggiori opere di edificazione. Per il rilassarsi della disciplina secondo alcuni, per lo scarso numero di religiosi secondo altri, nel 1405 la prepositura di Vezzolano passa in commenda a sacerdoti, figli cadetti di famiglie nobili, chiamati “Prevosti Commendatari” prima, e “Abati Commendatari” poi. Il 26 settembre 1800 tutti i possessi di Vezzolano furono dal governo francese occupante dichiarati beni nazionali. Dopo esser stato venduto a privati il complesso tornò allo Stato nel 1935. Dal luglio 1969 al giugno 1971 tornò ad ospitare una comunità religiosa diventando per breve tempo filiale dell’abbazia benedettina di Finalpia (Savona). È questo l’unico periodo in cui si sia potuto legittimamente parlare di un’abbazia di Vezzolano; il termine infatti è spesso utilizzato impropriamente perché fu in realtà, come abbiamo visto, una canonica regolare.
Descrizione del sito:
La FACCIATA, eretta nel XII secolo e rielaborata già nel XIII, in puro stile lombardo, spicca per il gioco cromatico derivante dall’accostamento del rosso del mattone alternato a fasce di pietra arenaria. Il portale ha gli stipiti in pietra tufacea, colonne e pilastri arabescati con teste di animali fantastici e fogliami; sopra i capitelli gli emblemi dei due evangelisti Luca (il bue) e Marco (il leone). Nella LUNETTA, in bassorilievo di pietra dolce, è rappresentata la Vergine incoronata in trono con la colomba dello Spirito santo, fra l’arcangelo Gabriele ed un devoto. Sopra l’arco del portale ed inferiormente alla finestra bifora, vi è una serie di sei colonnette di pietra di tutto rilievo, alcune poligonali, altre rotonde, ed una a spire con capitelli tutti a diversi fogliami. Al di sopra si apre la grande finestra bifora, nel mezzo della quale vi è la statua in pietra di grandezza quasi naturale del Redentore in atto di benedire e lateralmente quella di due arcangeli: Michele, che con la spada sconfigge l’angelo ribelle e Raffaele, che uccide con il bastone il mostro marino. Accanto a queste statue vi sono altre sei colonne, tre per parte. Sopra i due archi della stessa finestra vi sono due angeli in figure più piccole, ciascuno dei quali regge con le mani una grossa torcia; lateralmente ai medesimi vi sono tre patere, o piatti in terracotta verniciata a diversi colori e disegni. I primi due ordini di colonnette sono architravati in piano, il terzo è archeggiato obliquamente nel senso della pendenza del tetto da ambo le parti. In quest’ultimo in mezzo alle colonne sono posti due serafini, o cherubini, in pietra, stanti ciascuno sopra una ruota, come li descrive Ezechiele. Nel centro del frontone e sotto la cornice si vede una testa con busto che rappresenta il Padre Eterno o il Redentore in atto di benedire.
INTERNO: Archi a sesto acuto e volte a crociera caratterizzano la copertura della due navate della chiesa (quella di destra è inglobata nel chiostro), ma ciò che sorprende è il nartece (o cosiddetto jubé), sorta di portico collocato con funzioni divisorie all’altezza della prima campata della nave maggiore. Al di sopra di cinque arcate a sesto acuto è posto un bassorilievo con figure distribuite in due fasce sovrapposte: su quella inferiore una lunga teoria di patriarchi, antenati della Vergine, seduti; sulla superiore, oltre ai simboli degli evangelisti, i tre momenti della morte, dell’incoronazione e della resurrezione di Maria. Dall’iscrizione ai piedi dei patriarchi si apprende che l’opera fu compiuta nel 1189, regnando Federico Barbarossa.
Nell’architrave della porta sottostante che dà adito al rimanente della chiesa, si può notare una serpe che si morde la coda, simbolo dell’eternità. Sull’altare maggiore vi è un trittico in terracotta policroma risalente al 1494, che rappresenta la Vergine con il Bambino; sulla destra Sant’Agostino, a sinistra un barbuto monaco od eremita che presenta alla Madonna un personaggio in abiti regali, inginocchiato in atto devoto. Sul pavimento vi è uno scudo con tre gigli dorati su fondo rosso; lo scudo rosso era l’arma dei Monferrato, mentre i tre gigli potrebbero essere stati concessi da Carlo VIII, re di Francia (il personaggio in abiti regali) in ricordo del suo passaggio in Piemonte in quell’anno.
Due pregevoli rilievi romanici raffiguranti l’Annunciazione ornano gli stipiti della finestra centrale dell’abside. Da una porta sulla destra si entra nel chiostro.
CHIOSTRO. Nel lato nord, per alcuni studiosi “già terza navata della chiesa”, si trovano i sepolcreti di importanti famiglie locali, probabilmente fra le fondatrici della canonica: i Rivalba e i Radicati. I capitelli sono variamente scolpiti con intrecci e fregi.
Nella prima arcata, nella lunetta sopra la porta, un affresco rappresenta la Madonna con il Bambino fra due angeli con i turiboli.
Nella seconda (sepolcreto dei Rivalba) è dipinto il più celebre affresco di Vezzolano, insigne esempio dell’arte piemontese del XIV secolo. Sulla volta su fondo azzurro erano dipinti i quattro dottori latini, dei quali si vede soltanto più san Gregorio Magno.
Nelle fasce degli archi si vedono santa Caterina e santa Margherita con sotto i ritratti di due devoti. La parte è divisa in quattro zone. In alto vi è la figura del Redentore assiso sopra l’iride e con intorno gli emblemi degli Evangelisti. Nella seconda una Natività; nella terza “l’incontro dei tre vivi e dei tre morti”, motivo pittorico allora di moda. Nella quarta zona, molto danneggiata, un personaggio giacente in toga rossa, sicuramente un individuo della famiglia dei Rivalba, signori di Castelnuovo e Moriondo. Nella terza arcata una Madonna seduta con Bambino. La presenza nella fascia superiore di alcuni scudi con l’aquila d’oro in campo nero indica l’esistenza qui del sepolcreto dei Radicati. Nella quarta, molto rovinata, un Cristo benedicente. Nella quinta di nuovo il Salvatore con gli emblemi degli Evangelisti. Sotto la Madonna con il Bambino e a destra il Battista che presenta un militare inginocchiato e a sinistra san Pietro con le chiavi.
In fondo a questo lato è dipinta una Crocifissione e sotto nuovamente un cavaliere con scudieri e cani. Sul lato est del chiostro si aprono due grandi saloni, di cui uno probabilmente adibito in origine a sala capitolare.
Informazioni:
Str. dell’Abbazia, tel. 011 9920607 ; e-mail infopoint@turismoincollina.it
Links:
www.vezzolano.it
http://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Vezzolano
Bibliografia:
SETTIA A.A., 1975, Santa Maria di Vezzolano, una fondazione signorile nell’età della riforma ecclesiastica, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino
MARCHISIO E., 1990, Abbazia di Vezzolano, Buttigliera.; ROMANO G. (a cura di), 1994, Piemonte romanico, Torino
Fonti:
Fotografie GAT.
Data compilazione scheda:
1 dicembre 2003 – aggiornam. luglio 2014
Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese