Orta San Giulio (NO) : Basilica di San Giulio

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Storia del sito:
La tradizione, non si sa quanto fondata, vuole che questa sia la centesima chiesa fondata da San Giulio, che la dedicò ai dodici Apostoli, nella sua opera di evangelizzazione della zona intorno al 350. Di questa costruzione non è stata trovata traccia. Fu riedificata dai vescovi di Novara Vittore ed Onorato tra il 488 e il 489, e dedicata a san Giulio. L’isola divenne importante centro strategico-difensivo e fortificata nel periodo longobardo. Vi venne ucciso nel 590 Mimulfo “dux de insula Sancti Iuliani” secondo Paolo Diacono, a seguito della ribellione contro il re longobardo Agilulfo. Recenti indagini archeologiche condotte sull’isola avevano evidenziato un impianto cruciforme, scelto come luogo di sepoltura dal vescovo di Novara Filacrio alla metà del VI secolo ed una stratificazione datata tra la fine del V ed il VII secolo. Da Carlo Magno l’isola viene restituita al vescovo novarese, che vi stabilisce un collegio di canonici. La primitiva chiesa venne completamente distrutta nel corso dell’assedio che nel 962 Ottone I pose alle truppe di Berengario, asserragliate sull’isola e ricostruita agli inizi dell’XI secolo. I vari sovrani che si succedettero nel governo del territorio novarese confermarono tutti la giurisdizione del Vescovo sull’isola e sulla riviera: Gian Galeazzo Visconti nel 1390; Filippo Maria Visconti nel 1428; Ludovico XII e Francesco I, Carlo V nel 1529 e da allora tutti i re di Spagna. Il 3 gennaio del 1581 sull’isola, per volere del Vescovo, venne istituito il seminario per l’istruzione di chierici che dovevano poi servire sia la collegiata che le altre chiese della diocesi. Nel 1736 il territorio divenne possedimento della casa Savoia, che confermò il pieno potere al Vescovo di Novara. All’incirca a metà del XIX secolo sull’isola venne edificato il nuovo grande Seminario Vescovile.

 Descrizione del sito:
Una visione unitaria della basilica dominata dalla mole massiccia del seminario e in parte nascosta dal Palazzo dei vescovi risulta difficile. La costruzione avvenne nel suo insieme in un’unica epoca, ma periodicamente i vari vescovi sotto la cui giurisdizione si trovò apportarono modifiche più o meno percettibili, che ne fanno un complesso con testimonianze di diverse epoche, ma proprio per questo nel suo insieme poco omogeneo. L’impianto originario dell’attuale chiesa, forse su resti di edifici più antichi, risale alla prima metà dell’XI secolo. Perfettamente orientata secondo l’asse est-ovest, si presenta come una costruzione a tre navate, con transetto sporgente, tre absidi terminali, la maggiore al centro e due più piccole ai lati, i matronei, la copertura a volta e la cupola impostata su un tamburo ottagonale retto da quattro alti pennacchi all’incrocio dei bracci. La facciata dà sul piazzale prospiciente il lago: qui una croce in pietra posta al centro segna il luogo destinato a sepoltura e due lapidi a terra indicano il sepolcro degli uomini e quello delle donne, divisi per volontà espressa del vescovo Cesare Speciano durante la sua visita pastorale del 1591. giu_pianta
La FACCIATA è tripartita: la parte centrale termina a cuspide ribassata, delimitata da una cornice ad archetti di cotto e due grossi contrafforti dalla muratura disposta in modo regolare in pietre ben squadrate verticali alternate ad orizzontali. Nella parte più alta una piccola finestra a forma di croce e una finestra più grande, aperta nel sec. XVII, che riprende l’antico tracciato di un oculo di cui è possibile intuire la circonferenza: la sua presenza è confermata da numerose stampe raffiguranti la chiesa e l’isola fino al 1604. Il portale architravato, con arco a scarico cieco, contornato da una risega è preceduto da un pronao a due colonne con volta a vela costruito nel secolo XVII. Le due parti laterali, delimitate da due piccoli campanili, hanno due strette finestre ciascuna e appaiono slegate dalla parte centrale. I due campanili laterali, bassi, con piccole feritoie e bifore, le cui colonnine hanno capitelli a stampella e ghiera in cotto disposta a raggiera. La copertura, qui come dappertutto, è in tegole d’ardesia. La muratura è in conci rettangolari di granito disposti alternati, a spesso strato di malta, rinforzati agli angoli da pietre più grosse squadrate, disposte in modo regolare. Il fianco destro oggi appare coperto dal Palazzo Vescovile. Di fianco al Palazzo, costruito in varie riprese dai vescovi novaresi che spesso vi risiedevano, vi è l’ingresso alla basilica, una volta secondario, oggi principale per motivi di sicurezza: fu infatti il vescovo Bascapè ad ordinare lo spostamento, a causa delle piene del lago e dei venti che rendevano a volte impraticabile l’accesso originario. La scalinata è a due campate con copertura a vela, sorrette all’inizio da una colonna che si ritiene l’unica conservata della primitiva costruzione. Sulla parete laterale, lungo la scalinata, si scorgono resti di affreschi recentemente portati alla luce con figure femminili dalle mani giunte in preghiera o incrociate sul petto, apparentemente della fine del XIV secolo. Il transetto sporgente aveva il braccio destro notevolmente più corto dell’altro nella costruzione originaria per evidenti motivi di spazio. Fu portato poi successivamente alla lunghezza attuale per equipararlo al braccio di sinistra. Presenta una muratura molto regolare, rinforzata con conci quadrati e rettangolari ai fianchi, una bifora a metà altezza oggi murata, una finestra con cornice di mattoni ed in alto un’apertura a croce.
L’ABSIDE MAGGIORE si presenta molto più profonda delle due minori e con apparato murario più accurato e regolare, di pietra granitico-scistosa con intercalato qualche embrice romano. È caratterizzata in alto dalla galleria di fornici in pietra con archi in cotto a doppia ghiera che le fa da coronamento. L’abside venne scavato all’interno per inserire gli stalli dei canonici nel secolo XV e nel 1696 per costruire la cripta. Anche il fianco sinistro come quello destro appare rafforzato per sostenere le spinte delle volte e sacrificato dalle case addossate, le antiche case dei canonici.
All’incrocio tra la navata centrale ed il transetto si innalza il TIBURIO OTTAGONO, altro elemento tipico di matrice lombarda. Alterato alla fine del Settecento con l’apertura di finestre, conserva in un solo lato integro l’aspetto antico: sotto la cornice contigua di archetti si apre una trifora cieca, con colonnine snelle e capitelli a fogliami appena segnati.
INTERNO. La basilica all’interno è a tre navate ad andamento non perfettamente regolare e simmetrico: la navata di sinistra è leggermente più larga della navata minore di destra: la copertura è costituita da volte a crociera con nervature a vista impostate su pilastri e su grossi archi trasversali che delimitano le campate a pianta quadrata. Fra le più evidenti trasformazioni barocche dell’interno sono la sorta di endonartece addossato alla controfacciata con tre campate dalla inusitata forma rettangolare, che nel piano superiore funziona da galleria di collegamento fra i due matronei, e l’apertura della cripta sotto il presbiterio. L’elemento forse più interessante è dato proprio dai matronei, ai quali si accede attraverso due scale a chiocciola, poste all’interno dei campanili che fiancheggiano la facciata. I matronei percorrono tutta la lunghezza delle navate laterali, fino all’altezza del vasto transetto, che sporge dal corpo della chiesa, creando così una pianta a croce latina.
Addossato al pilastro sinistro, all’altezza del presbiterio si trova uno dei maggiori documenti della scultura romanica italiana, il bellissimo PULPITO in marmo nero (scultore lombardo 1110-1120). Il pulpito poggia su quattro colonne, due lisce e due scolpite con un motivo ad intreccio: di notevole bellezza i capitelli, due interamente a fogliami, un terzo con fogliami e testine, il quarto privo di decorazione. Il pulpito è quadrato e al centro di ciascuno dei lati si apre una lunetta semicircolare. La balaustra offre così su ogni lato tre parti, due lisce ed una curva, tutte decorate con sculture. Il lato che dà verso la navata minore offre da sinistra a destra la raffigurazione di un centauro nell’atto di scagliare una freccia verso una coppia di fiere che sta ghermendo un cerbiatto, e termina sulla terza lastra con un motivo decorativo a foglie. Il centauro ha lunghi capelli che ricadono sulle spalle, resi sommariamente, una corta barba ondulata, naso pronunciato e occhi grandi e rialzati agli estremi. Il corpo è anatomicamente solo accennato e lavorato con una fitta picchiettatura. La figura è inserita in uno sfondo animato da una serie di larghe foglie che si avvolgono riempiendo ogni parte della lastra. Gli stessi caratteri presenta la scena delle fiere che ghermiscono il cerbiatto: pochi sono i particolari posti in evidenza, molto marcati, come i denti delle belve, per ottenere massima suggestività attraverso l’essenzialità dei tratti. Sullo sfondo prosegue il motivo a fogliami della lastra precedente. La terza lastra di questo lato è invece occupata da una composizione a fogliami, la cui fattura appare più raffinata rispetto alle precedenti: l’horror vacui che caratterizza le prime lastre lascia qui il posto ad una limpida ricerca di equilibrio compositivo. Sul lato centrale sono posti tre simboli di evangelisti: il toro, l’angelo e il leone; tutti e tre reggono il libro del Vangelo. La superficie dei corpi qui non è più picchiettata ma liscia e pone in risalto la splendida luminosità del serpentino di Oria, trattato con superfici larghe e levigate. Tutta l’attenzione è dedicata proprio al gioco luminoso dei volumi netti, lasciando poco spazio alla sottolineatura di particolari – si vedano le mani dell’angelo che regge il libro – appena accennate. Sul lato che si affaccia sulla navata maggiore, infine – il quarto lato manca – al centro è posta l’aquila, anch’essa mentre regge fra le zampe il testo evangelico; alla sua sinistra è una figura maschile, identificata da alcuni autori in Guglielmo da Volpiano, che nacque proprio ad Orta. L’uomo ha la stessa posizione frontale dell’angelo e rivela la mano del medesimo autore; il corpo è avvolto in un mantello originariamente fermato da una fibula, oggi perduta, sulla spalla destra; sotto al manto sporgono le mani appoggiate su un bastone a tau, simbolo della dignità di abate. Il volto ha molte analogie con quello dell’angelo, gli stessi occhi sporgenti, naso grande e diritto, i riccioli sulla fronte bassa, la forma dei piedi. L’aquila sporge molto dalla parete ed il suo corpo ha forma assai affusolata; grande cura è posta nel realizzare il manto delle penne che coprono il corpo, tondeggianti, e quelle delle ali, più allungate. Sulla parete alle spalle dell’aquila, dalla bocca spalancata di una maschera esce una doppia serie di racemi che danno vita ad un lungo intreccio assai fitto. Alla destra dell’aquila è un’altra scena di lotta fra animali, rappresentante un grifo che attacca un coccodrillo; quest’ultima scena torna ad un’esecuzione meno raffinata. L’insieme delle lastre viene così a presentare le figure dei quattro evangelisti attraverso i loro simboli, un abate, una lastra a carattere semplicemente decorativo e due scene di lotta, che rappresentano in modi diversi il contrasto tra bene e male. La datazione dell’opera comunemente accettata la fa risalire al primo quarto del XII secolo.

Il CAMPANILE sorge staccato dal corpo della chiesa, dietro le absidi. È una costruzione massiccia a larga pianta quadrata, diviso internamente in sei piani, e solcato sui lati da tre ordini di specchiature, i primi due doppi, il terzo semplice segnato da una cornice di archetti. Questa costruzione, al contrario della basilica, si colloca visibilmente nel solco della scuola architettonica piemontese. I riscontri non mancano nella regione, a partire da quello con il campanile di Fruttuaria, opera legata, come forse la nostra, alla figura di abate e di architetto di Guglielmo da Volpiano, per proseguire con quello della Consolata a Torino, di Santa Maria a Testona e di San Giusto a Susa.

Sul Sacro Monte sorge la CHIESA DI SAN NICOLAO che, secondo la tradizione, sarebbe stata fondata da monaci dipendenti dall’abbazia di San Gallo intorno al X secolo. La chiesa ha subito parecchie trasformazioni. Il simulacro di stile bizantino è scolpito nel legno e risale al IX secolo circa. Altre notizie qui

Informazioni:
La Basilica sorge sull’isola, quasi al centro del lago d’Orta (l’antico Cusio). Tel. 0322 905614

Links:
https://benedettineisolasangiulio.org/lisola-di-san-giulio/la-basilica/

http://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Giulio

Bibliografia:
DELL’ACQUA, DI GIOVANNI, MELZI D’ERIL, 1977, Isola San Giulio e Sacro Monte d’Orta, Torino
AA.VV., 1978, Italia Romanica. La Val d’Aosta, la Liguria, il Piemonte, Milano
ROMANO G. (a cura di), 1994, Piemonte romanico, Torino

Fonti:
Fotografia in alto da Wikipedia. Foto in basso archivio GAT.

Data compilazione scheda:
6 ottobre 2003 – aggiornamenti maggio 2014 e giugno 2024

Nome del rilevatore e associazione di appartenenza:
Mauro Marnetto – Gruppo Archeologico Torinese

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